Il posto
dove dormire si era risolto in una bella villetta in affitto, in un paesino
chiamato Santa Maria al Bagno, situato sul Mar Jonio, in quella zona così
fresca e tranquilla dove Manuel era giunto dopo ore di viaggio con l’auto.
Incredibilmente, a Marco sembrava che Manuel fosse cambiato rispetto a prima:
la mattina si svegliava alle sei e andava a fare delle lunghe passeggiate sulla
spiaggia, sorrideva più di Berlusconi in campagna elettorale e in generale era
molto più rilassato. Proprio vero che evadere da un posto ha effetti benefici
sull’organismo.
Da parte sua, Marco era felice di
accompagnarlo, non soltanto perché era la prima volta che veniva invitato da
qualcuno in vacanza con vitto e alloggio pagati, ma anche perché con Manuel
stava benissimo. Pensare a Martin lo faceva incavolare, ma tutto sommato si
stava sforzando per rimuoverlo. Il bastardo si era fatto sentire qualche volta
via sms, e un paio di volte provando a chiamare. La seconda volta, Marco era
stato tentato di rispondere, ma Manuel gli aveva strizzato l’occhio e gli aveva
detto Dammelo, che adesso ci divertiamo.
- Chi sei? – aveva esordito il
ragazzino, senza nemmeno salutare quando aveva sentito una voce diversa da
quella di Marco.
- Sono il Commissario Gianni Mirozzo. Lei chi è? – disse Manuel, impostando bene la
voce. Marco stava incominciando a ridere.
Dall’altra parte, ci fu un attimo di
silenzio. - Sono… un amico del proprietario di questo cellulare… –
- Il proprietario di questo cellulare è
passato a miglior vita. – disse Manuel, secco. Marco se la stava ridacchiando.
- Cosa?? Vuol dire che è morto? –
- Già. Si è suicidato questa notte
tagliandosi le vene. Abbiamo trovato un biglietto che diceva “Martin sei un figlio di puttana”. Lei ne
sa niente? –
Il viva voce trasmise una risatina
nervosa, come se non credeva a ciò che stava ascoltando – No… Ma… Martin sono
io. Cioè… non capisco. Oh mio dio… che terribile notizia. –
Manuel mise il microfono in muto per un
secondo – Certo che è proprio cretino ‘sto ragazzo… - disse, mentre Martin in
linea diceva “pronto? Pronto Commissario? È ancora lì?”
- Più di quanto tu creda – rispose
Marco – Dai, come la chiudiamo? –
- Gli parlo ancora io per un secondo.
Al mio segnale, entri in scena tu. OK? –
Marco annuì complice e gli strizzò
l’occhio, quindi Manuel tolse il muto.
- Sono qui, mi scusi. Avevo sentito … -
si interruppe, quindi fece un gesto con la mano e avvicinò il telefono a Marco.
- Ciao Martin… - disse. Martin
dall’altra parte rimase in silenzio.
- Chi… chi sei? –
- Come chi sono? Mi hai fatto cadere le
palle, tutte quelle volte che facevamo sesso, con quel tuo pisellino moscio. –
- Marco? –
- Sì. Sono io… ti sto parlando
dall’aldilà… -
Di nuovo la risatina nervosa – Non ci
credo… -
- Ti restano sette giorni. – disse
Marco.
- Per fare cosa? – domandò Martin.
Manuel pensò che era un ignorante solo perché non conosceva il film horror “The
Ring”.
Marco fece la voce più stridula che
poteva, quindi gli disse – Prima di morire………………. Ti ucciderò Martin, ti
ucciderò… ti ucciderò. Ti ucciderò. Ti….. – Non concluse la frase, quindi tirò
fuori la lingua e fece la pernacchia più lunga del mondo, concludendo con un –
STRONZO!!!! –
Fatto questo, Manuel chiuse la chiamata
ed entrambi si misero a ridere come due scemi.
*****
Il pomeriggio salentino era assolato ma
tutto sommato secco. Ciò era un vantaggio, se non altro perché non si sudava.
Manuel e Marco passeggiavano sul marciapiede lunghissimo che portava a Santa
Caterina, ciascuno con un gelato in mano. I capelli biondi e gli occhi chiari
di Manuel, uniti alla statura spropositata di Manuel, unita a quella troppo
ridotta di Marco, aveva attirato l’attenzione di parecchi turisti, specialmente
tedeschi, che consideravano il primo un loro connazionale e gli chiedevano
informazioni in tedesco, a cui Manuel rispondeva scuotendo la testa e alzando
le braccia, mentre il fatto che lui fosse così alto, a passeggiare insieme a
Marco sembravano una qualche coppia comica del mondo dello spettacolo. Le
ragazzine guardavano Manuel con desiderio, e ugualmente Marco, considerandoli
entrambi carinissimi. Tuttavia né Marco né Manuel avevano trovato qualcuno che
piacesse loro. Anche se non erano lì per quello, ma per godersi una vacanza
dopo le ultime vicissitudini accadute nella loro città, erano come distratti,
desiderosi solo di spendere tempo l’uno con l’altro e non pensare a nessuno.
- Mi hanno sempre detto – disse ad un
certo punto Marco, leccando il gelato – che l’amore arriva quando meno te lo
aspetti. Tu ci credi? –
Manuel diede una leccata al suo gelato,
macchiandosi le labbra di zabaione – Beh, se proprio devo essere sincero, sì.
Io alla fine trovai Adelmo in un periodo della mia vita in cui non avevo in
mente che lo studio… -
- Già – rispose Marco – Anch’io quando
incontrai Rocco ero ancora uno studente. Lui faceva il bibliotecario, sai? – lo
disse con un’aria sognante, come se fosse ancora innamorato di lui. – Tu ci
pensi ogni tanto ad Adelmo? –
Manuel sospirò e fece un’alzata di
spalle – Qualche volta. Anche se sono passati dieci anni, non si può
dimenticare ciò che mi ha dato. Sai qual è il problema, oggi? Che i giovani si
danno troppi limiti… Non vogliono persone più grandi, solo loro coetanei… Vorrei
dire a tutti loro che stare con un uomo più grande non è poi tanto male… -
A quelle parole, Marco s’indispettì. –
Non credi di stare troppo generalizzando? Se ad uno non piace stare con un uomo
anziano, non è che ci debba andare per forza, solo perché non è poi tanto male. –
- Già, hai ragione – rispose Manuel,
ridacchiando – Io mi ci sono trovato bene. Lo sai perché? Perché Adelmo mi
trattava come un figlio… ed io… Io avevo tanto bisogno di un padre. –
- Ti capisco… Anche se i miei genitori
non mi hanno mai fatto mancare la loro presenza, mio padre è stato distratto.
Parecchio distratto. Dal suo lavoro… -
- Che lavoro fa tuo padre? –
- E’ responsabile della sicurezza
presso la Società Autostrade. È sempre fuori casa… -
- Anche il mio… -
- Che cosa fa tuo padre? –
- Mio padre è un formatore di aziende –
mentre lo disse, alzò un sopracciglio, come se non fosse sicuro che quella
fosse la definizione esatta – praticamente va all’estero e crea dal nulla
sistemi industriali e li segue durante la loro vita fino alla morte. Va spesso
in Cina, Australia, Canada, Stati Uniti… e spesso è lì a lavorare sodo.
Praticamente ho passato tutta l’infanzia con mio padre che andava e veniva da
Shanghai, Melbourne, New York… e quando era a casa, non mi degnava un minimo d’attenzione,
troppo impegnato a programmare strategie, analizzare diagrammi e flussi di
mercato. – Scosse la testa e roteò gli occhi, come a sottolineare che disastro
fosse un padre del genere.
- L’unica volta che lo vidi per un
giorno intero fu quando mi laureai, ma il giorno dopo dovette subito ripartire.
D’accordo, mi ha fatto trovare un buon posto in banca e dovrei essere contento
di lavorare quando ci sono tanti giovani che sono disoccupati, ma almeno loro
un padre ce l’hanno… Io invece… - Sospirò ancora, andandosi a sedere sul
muretto. Marco lo seguì. Dietro di loro, il sole pomeridiano stava lentamente
assumendo una colorazione arancione, segno che il sole stava per tramontare.
- Mi dispiace – disse Marco,
mestamente. – Ma non credere che tuo padre non ti voglia bene… sono sicuro che
te ne vuole, solo che ama troppo il suo lavoro… -
- Già. È proprio così. In ogni caso,
ormai non saprei più cosa fare con lui. Sono cresciuto senza di lui e a momenti
anche senza mia madre. –
Marco non volle aggiungere altro, si
limitò soltanto a poggiare la sua mano minuta su quella lunga e affusolata di
Manuel, che gliela strinse dolcemente e gli regalò un debole sorriso.
- Siamo in vacanza. Vacanza è
cambiamento, è ricarica. – Marco gli strizzò l’occhio. A vederlo così, non si
sarebbe detto che solo una settimana prima era stato appena deluso da un
ragazzo.
- Hai ragione. Senti, cambiando
discorso… volevo dirti che sono stato un po’ scortese ad escluderti dalla mia
vita quando stavo con Alberto. Mi è dispiaciuto, ma avevo in mente solo di fare
del male a Thomas… -
A quel gesto di scuse, Marco disse – Ah,
sciocchezze. Non pensarci. E poi anch’io non sono stato tanto giusto a
lasciarti un mese da solo mentre frequentavo quel bimbominchia
di nome Martin. –
- Figurati – rispose Manuel – Volevo lasciarti
campo libero, per vedere se veramente andava a finire bene. –
- Ma così non è stato – rispose Marco,
sorridendo benevolo.
- Quindi… che ne diresti di ripetere la
serata in cui non ci siamo visti? –
- Cioè? – Marco sgranò gli occhioni
marroni dietro gli occhiali, sorpreso.
Manuel gli sorrise furbetto – Magari non
è il caso, ma potremmo andare a Gallipoli. C’è una discoteca gay. Che ne
diresti? –
L’idea parve un po’ fosca a Marco, il
quale ci pensò su un momento, mettendo in conto tutte le possibilità.
- Non so… per fare cosa? –
- Dai! – disse Manuel, elettrico –
balliamo un po’, ci divertiamo… eh? Che ne dici? –
- Uhm, d’accordo. – rispose Marco,
senza troppa convinzione. L’idea di tornare in una discoteca non gli piaceva,
ma sapeva che c’era Manuel accanto a lui, quindi era tranquillo.