Masticai con rabbia la caramellina
rosa e vaporosa che tenevo fra le dita, senza neppure preoccuparmi di
non sputacchiare in giro ne presi un'altra e la ghigliottinai con
gli incisivi. “No!” mugolai
vedendo il mio spuntino ormai immangiabile e sporco di terriccio misto
a polvere. “Ahi!”
esclamai, e quasi fosse un riflesso condizionato in risposta al
pizzicotto poco piacevole appena ricevuto, scalciai e il girino
volò un paio di metri più avanti con un mugolio
di dolore. Mi pentii quasi subito di quello che avevo fatto,
nell’esatto momento in cui quello per vendetta mi
annaffiò con un getto d'acqua di una potenza che non credevo
possibile per un esserino così piccolo. Annaspai, tossendo e continuando a
sputacchiare rivoli di acqua e saliva. Ci mancava solo che affogassi
per colpa di una mezza rana! Speravo tanto che quella che mi
stava rovesciando addosso fosse solo acqua,
perché se fosse stata bava di ranocchia o altre schifezze
gli avrei fatti arrosto senza rimpianti. Fortunatamente
per me non durò molto e quando riaprii gli occhi riuscii a
vedere i due Pokemon allontanarsi correndo, uno dei due si
voltò e mi guardò in cagnesco (non ero sicura che
una rana potesse guardare qualcuno in cagnesco, ma era vero anche che
quel coso mi aveva appena morso eppure ero quasi sicura che non avesse
denti in quella piccola e rosea bocca rotonda). "Maledetti..."
borbottai, se quella era una dichiarazione di guerra potevano stare
sicuri che non sarei stata io a sventolare bandiera bianca per prima! Grugnii,
lanciandogli un’occhiataccia per fargli capire che non ero in
vena di battutine e che l’ultima cosa di cui avevo bisogno
era di sentire dire quanto fossi imbranata dal mio rivale. Ero un
disastro su tutti i fronti e ne ero ben consapevole anche senza i suoi
commenti. "Un paio di
Pokemon-ranocchia-puffo mi hanno dichiarato guerra" mi tirai su e
notando il suo sguardo incredulo mi affrettai a spiegare la curiosa
faccenda "Allora, io stavo facendo tranquillamente merenda su questa
panchina, mentre due Poliwag scorrazzavano qui vicino. Poi mi sono
cadute le caramelle, quelli sono venuti per mangiarsele, uno di loro mi
ha morso e io gli ho tirato un calcio. Loro si sono arrabbiati, mi
hanno annaffiato e se ne sono andati a preparare un piano diabolico per
farmela pagare. Semplice" conclusi. Mi strizzai la maglietta
completamente zuppa e lo guardai alzando le sopracciglia come se quello
che mi era successo fosse una cosa normalissima. Quello mi
scambiò uno sguardo scettico, cercando un segno che provasse
che la mia sanità mentale era andata allegramente a quel
paese. Non disse niente. Forse non aveva trovato il segno che stava
cercando, o forse pensava che fossi sotto l'effetto di qualche droga
pesante o aspettava che mi mettessi a ridere gridando "Sto scherzando!" Silver
entrò nel centro Pokemon, mentre io da fuori osservavo la
sua figura camminare svelta verso le scale e salirle in fretta in
direzione della sua stanza. Sbuffai e mi
sdraiai sulla panchina. Avevo già tutto pronto per la
partenza, adesso dovevo solo asciugarmi un po' al sole estivo. Ero
quasi sicura di non puzzare di pesce morto, né di rana e
neppure di acquitrino. E questo era, forse, il solo lato positivo. "Muoviamoci"
Disse il ragazzo voltandosi e imboccando la strada che portava fuori da
Amarantopoli. * *
* “È
la cosa migliore che sai dire? Col cavolo che ti seguo! Vado a cercare
un autobus o un treno, un aereo, un deltaplano.. va bene anche
un motoscafo, ma io non entro in un bosco buio e minaccioso, con te che credi di
sapere la strada. Non voglio mica fare la fine di cappuccetto rosso.
Con la fortuna che mi ritrovo è probabile che il lupo decida
di farmi causa perché sono indigesta. No, grazie." Feci un
gesto di saluto con la mano e girai sui tacchi, decisa a tornare in
città e noleggiare un canotto per arrivare a Olivinopoli
senza passare da quella stradina che non mi rassicurava per niente. Non sapevo
esattamente perché mi stessi rifiutando di proseguire dove
il mio compagno mi stava indicando, semplicemente oggi ero
più nervosa del solito e sentivo come se stesse per
succedere qualcosa di orribile. Forse era colpa del caffè
che mi ero bevuta poco prima, forse era colpa delle caramelle (chissà
cosa ci mettono per farle così buone) oppure era
stata la doccia che mi avevano fatto i due Poliwag.. Non ne avevo
davvero idea, sapevo solo che io non avrei preso quel sentiero neppure
se fosse stato coperto di pepite d'oro... Okay, per qualche pezzo d'oro
l'avrei fatto (anche per della cioccolata, ma questi erano dettagli..)
Anche se
avevo deciso di seguire Rossino in quel bosco, che trovavo sempre meno
rassicurante, la sensazione che stesse per succedermi qualcosa che non
mi sarebbe piaciuto affatto non se n'era a ancora andata, anzi, ad ogni
passo il mio mal di stomaco da ansia peggiorava. Non era
colpa mia se sparare cretinate a casaccio fosse l’unico modo
per farmi passare l’ansia. Presi fiato,
sforzandomi di controllare i miei tic e aprii la bocca, pronta a
mitragliare parole a raffica. "Prima
di iniziare devo ringraziare mia madre, Emma, che mi ha cresciuta senza
l'aiuto di nessuno, se non quello dei suoi fratelli, ovvero i miei zii
che ogni tanto si intromettevano nella vita della sorellina,
perché mio padre se l'era data a gambe poco dopo la mia
nascita. Mamma dice che è scappato in una regione lontana
per non avere responsabilità. Non mi ha
mai detto molto di lui, solo che era un uomo tanto avvenente quanto
stronzo. Negli anni successivi ha cambiato fidanzati come se fossero
calzini continuando a credere che prima o poi il suo principe sarebbe
caduto dal cielo, poi è nato mio fratello e da allora ha
deciso di smetterla di cercarsi un uomo con cui passare la vita, dato
che tutti prima o poi se ne andavano. Dopo questo preambolo sulla mia
famiglia, passo a raccontare la mia movimentata ed eccitante infanzia" Feci una
pausa per respirare “Ho passato i primi anni della mia vita
tormentando quel povero sfigato di Armonio, giocando a fare
l’esploratrice, la regina della giungla insieme ai pochi
altri bambini di Borgofoglianova. È stato infatti durante
questo felice periodo che ho imparato ad arrampicarmi sugli alberi
(cosa che mi ha fatto capire quanto possa essere crudele la forza di
gravità quando vuole farti cadere a terra), a riconoscere le
bacche buone da quelle che fanno venire il mal di pancia, a fare
scherzi senza essere scoperta e a scappare velocemente dopo aver
combinato un pasticcio incolpando qualcun altro” Dissi tutto
d’un fiato. Riempii
nuovamente i polmoni d’aria, preparandomi a ripartire in
quarta con il mio racconto. Silver parve
impallidire, mi guardò malissimo e prima che potessi
ricominciare a consumarmi le corde vocali con il mio chiacchiericcio e
disintegrare definitivamente la sua già scarsa pazienza mi
afferrò il polso così forte da lasciarmi un segno
di un colore a metà fra il rosso, il bordeaux e il viola, e
mi strattonò in avanti. Quando gli fui abbastanza vicino mi
premette l’altra mano sulla faccia, inutile dire che non fu
affatto delicato. Non sapevo se volesse assicurarsi che non uscisse
nemmeno una parola o tentare di soffocarmi... Mi stava
tappando anche il naso e anche se capivo la sua repulsione verso il mio
farneticare, questo sembrava davvero un attentato alla mia vita. Gemetti
infastidita e mi dimenai, ma non si accorse che mi stava impedendo di
respirare. Dovevo solo sperare che non fosse davvero un tentativo di
omicidio. Anzi, di Eli-cidio. Che era ancora peggio! Per quanto
mi agitassi, l’unica cosa che riuscii ad ottenere fu una
stretta più forte attorno al mio braccio e sulla faccia. In
quanto a forza fisica Silver era avvantaggiato, chiaro, io ero una
ragazzina con i muscoli inflacciditi da anni di inattività
mentre lui poteva avere un fisico da palestratissimo lottatore di
wrestling sotto quella felpa e io non l’avrei mai scoperto.. La mancanza
di ossigeno iniziava a diventare insopportabile, così gli
morsi a sangue le dita che avevano avuto la sfortuna di trovarsi
davanti alla mia bocca, riuscii a riavere il naso libero ma il mio
morso non gli era bastato per convincerlo a togliermi quella mano, che
adesso avrei voluto amputargli, dal viso. “Non
so cosa ti stia succedendo, e sinceramente non mi importa, ma se
continui a parlare a vanvera cercando di fermi perdere il senno, giuro
che ti seppellisco viva” detto questo mi lasciò e
si infilò la mano che portava il segno sanguinante dei miei
denti nella tasca dei pantaloni. Sentii una
rabbia omicida salire dalle punte dei piedi fino alle radici dei
capelli, i muscoli delle braccia si irrigidirono mentre le ginocchia
ebbero un fremito, lo stomaco mi si capovolse e per il mio
già poco accentuato lato gentile fu l’inizio della
fine. Avrei tanto
voluto urlare, magari sbattere i piedi per terra e agitare le braccia
come se fossi in piena crisi di isterismo da “barattolo di
nutella finito”. Non sapevo
neppure cosa urlare. Forse una valanga di parolacce degne dei peggiori
scaricatori di porto della regione sarebbe stata appropriata. Anche
se così facendo rischiavo di rivelare la mia posizione a i
miei girini pedinatori, optai comunque per l’urlo animalesco
seguito da una vagonata di imprecazioni. “AAAAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRG!!”
Ecco, appunto, il declino della mia parte gentile era iniziato. Silver si
voltò giusto in tempo per vedere la mia trasformazione da ragazza
quasi normale a completa
pazza furiosa urlante. Lo guardai
con odio, quanto detestavo quella sua aria di superiorità,
era una di quelle cose che ero sicura di non poter riuscire a
sopportare neppure se fossero passati mille anni. “Tu!”
Strillai additandolo “Tu, enormissimo insensibile! Come fai a
trattare così una povera ragazzina? Va bene, abbiamo le
nostre divergenze, e so che non sopporti le mie chiacchiere.. Ma cerca
di capirmi, perdindirindina! Ma cosa hai al posto del cuore? Una
scatoletta di pomodori pelati??” Mi avvicinai
e gli sventolai sotto il naso il mio polso con sopra stampate le
impronte delle sue delicatissime dita. “Guarda
cosa mi hai fatto maledetto uomo di latta! Guarda il mio povero
braccio, fa male sai?” Ok, dopo
questo teatrino avrebbero potuto incoronarmi regina del dramma ed io
avrei saputo di meritarlo. Avevo un certo talento per ingigantire (o
all’occorrenza minimizzare) i fatti e torcere la
realtà a mio vantaggio, era grazie a questa sottile arte che
ero riuscita a farla franca in più di un occasione quando da
piccola combinavo disastri e poi mi inventavo storie fantastiche su
come avessi appena sventato la fine del mondo o la distruzione del
paese e che quello fosse un piccolo prezzo da pagare per la salvezza di
tutti. Ma Silver
non faceva un piega, alzò il suo solito sopracciglio che
poteva significare tutto e niente. Maledetto. Un giorno di questi gli
avrei rasato le sopracciglia nel sonno, chissà, magari
così avrebbe smesso di usarli per comunicare e avrebbe
iniziato ad usare la lingua. “E
non guardarmi a quel modo! Non è così che si
trattano le ragazze” ecco che partivo per la
tangente… Successe
tutto troppo in fretta per permettermi di capire con esattezza cosa
fosse appena successo. L’unica cosa che mi apparve chiara fin
da subito era che quei piccoli girini indemoniati mi avevano appena
trovato e l’attacco pistolacqua che mi aveva appena colpito
faceva parte della loro vendetta. Mi
tappai alla svelta la bocca, cercai di proteggermi gli occhi con una
mano mentre con l’altra prendevo una pokeball a caso dalla
cintura e cercavo di staccarla. Tossii a
corto d’aria e ripresi fiato, ingoiando un po’
d’acqua nel tentativo di non morire asfissiata. La sfera che
avevo i mano scivolò via dalle mie dita bagnate e
rotolò per terra, mi abbassai di scatto e tastai alla ceca
per cercare la piccola palla e fare in modo che si aprisse,
così da chiamare uno dei miei Pokemon per soccorrermi. Dopo aver
palpato un po’ a casaccio la terra sentii sotto il palmo
della mano la forma familiare della ball, la strinsi nel tentativo di
beccare il tasto che la facesse aprire e sperai con tutto il cuore di
farlo in fretta. Finalmente
sentii un *click* e con un lampo di luce rossa e bianca, che a malapena
riuscii a vedere attraverso la massa d’acqua che ancora mi
stavano rovesciando addosso, il mio Eevee venne liberato poco lontano
da me. Adesso
però c’era un altro problema: come facevo a dare
ordini al mio Pokemon se ogni volta che aprivo bacca rischiavo di
affogare? L’attacco
cessò all’improvviso, mi asciugai gli occhi, feci
in tempo a vedere Silver che se ne stava lì impalato a
guardare la scena cercando di capire se fosse lui ad avere le
allucinazioni o io che diventavo più sfortunata ogni giorno
che passava. Il mio Eevee, invece, mi dimostrava la sua
fedeltà andando in cerca di farfalle, fregandosene di me e
dei miei persecutori acquatici. Mi tolsi lo
zaino e scattai in avanti, evitando per un pelo l’attacco
successivo, mi misi a correre a zig-zag, riparandomi di tanto in tanto
dietro agli alberi, più che decisa a non diventare un
bersaglio facile per quelle mezze rane. Poco
importava dove fossi diretta o se mi fossi persa, preferivo smarrirmi
in un bosco che dargliela vinta. Non mi sarei fatta prendere per i
fondelli anche da loro, c’erano già un sacco di
Pokemon che ancora ridevano alle mie spalle dopo aver assistito a una
delle mie fantastiche performance da perfetta allenatrice idiota. Lanciai un
gridolino e saltai di lato quando sentii l’ennesimo getto
d’acqua sfiorarmi la gamba. Grosso
errore. Perché
con quel piccolo e insignificante saltino andai a sbattere contro un
albero che non avevo visto, almeno fino a che non sentii la corteccia
ruvida grattugiarmi la spalla. “Oh
cavolo!” Come era
prevedibile i miei piedi scivolarono e caddi nella melma
impiastricciandomi vestiti, pelle e capelli con quello schifo. I miei
inseguitori colsero l’occasione al volo e mi attaccarono di
nuovo, stavolta invece del solito spruzzo d’acqua mi
lanciarono delle palle di fango puzzolente. -No, no, no.
Non voglio crederci. Due girini stanno davvero tentando di seppellirmi?
Ditemi che è solo un brutto sogno- piagnucolai
mentalmente. Tentai di
rialzarmi ma quelli mi incollarono le braccia a terra con altre palle
di mucillagine marrone. Con uno
sforzo titanico riuscii a liberare le braccia, una volta libere le usai
per togliermi di dosso la fanghiglia che mi bloccava il busto e parte
delle gambe, ma alla fine riuscii ad alzarmi e riprendere a correre. Mentre mi
muovevo più veloce possibile inseguita da due girini ancora
più infuriati che pretendevano vendetta, notai che la
vegetazione intorno a me iniziava a diradarsi, l’ambiente
stava diventando meno verde e meno ombroso, e più
soleggiato. non sapevo se fosse una cosa positiva oppure no, ma ero
certa che significasse qualcosa. Per essere
precisi non era un vero e proprio strapiombo… Non
immaginatevi burroni neri e rocce che penzolavano nel vuoto. Quello con
cui avevo a che fare era un ripido fianco della collina su cui avevamo
passeggiato per tutta la mattinata. Arretrai
istintivamente e feci per tornare indietro, magari scegliendomi una
strada meno tortuosa e senza troppi alberi per fuggire agevolmente. “Pooooli~”
Mi voltai
terrorizzata verso i due Poliwag che mi sorridevano malignamente. Avevo
già provato la tecnica corrompi
i Pokémon infuriati con il cibo con
Raikou e non si poteva certo dire che fosse finita bene, quel gattaccio
elettrico mi aveva fulminato fino a che non avevo smesso di respirare,
una quasi morte
non poteva essere considerato come il successo del mio piano. Ok, usare il
cibo per farmi perdonare avrebbe funzionato solo se davanti a me ci
fosse stato il mio clone, ma non era colpa mia se in certe ore era il
mio stomaco a dettare le regole (e se il mio orologio interiore diceva
il vero doveva essere l’ora di merenda). I due girini
si scambiarono un occhiata complice, poi guardarono me, poi il burrone
pieno di rovi, poi si guardarono un'altra volta e infine si fermarono
sul mio povero corpo. Li fissai cercando di entrare in telepatia con
loro “Non fatemi del male nonfatemidelmale nonfatemidelmale
nonfatemidelmale, vi prego, vipregovipregoviprego” pregai,
sperando di influenzarli con la forza del pensiero. Dopo una
gara di sguardi fra me e le mezze rane realizzai che la girnopatia era
un’idea cretina. “Poli-
poli- wag!” disse uno. “Senti
cosino, io non parlo girinese e neppure la mistica lingua delle rane,
quindi smettetela di fare versi e cerchiamo un’ altro modo
per comunicare, ok?” ero stufa marcia di quei Poliwag, certo,
fare in modo che mi lasciassero in pace era la mia priorità
in questo momento, ma non avevo nessuna intenzione di intavolare una
chiacchierata quando avrei potuto rimandarli ad Amarantopoli a calci. -No
Elis, non essere aggressiva. Non pensarci neppure, quando ti arrabbi
non succede mai nulla di buono- Mi rimproverò la
vocina della coscienza. -Proprio
ora ti fai risentire voce della malora? Dove diamine eravate tu e le
tue frasi da bacio perugina quando ne avevo bisogno, eh? Cosa credi che
la mia testa sia un albergo a ore dove tu puoi andare e venire quando
ti pare?!- -Niente
“ma”! Quando i Poliwag se ne vanno facciamo i conti-
Non ci potevo credere, avevo appena messo in punizione la mia vocina
interiore, probabilmente stavo impazzando, ma provavo una certa
soddisfazione nel metterla a tacere. “Poli-wag!”
fecero in coro gli esserini. Contro ogni
mia più rosea previsione i due Pokémon mi
sorrisero radiosi e dovetti darmi un pizzicotto per essere sicura che
fosse reale. Osservai allibita i piccoletti che felici e contenti mi si
strusciavano contro le gambe come gattini, sentire la loro pelle liscia
e fresca contro la mia mi dava i brividi ma feci appello alle mie forze
per cacciare la sensazione di schifo che provavo verso quelle
creaturine. Ringraziai
la Dea della Fortuna, che fino a quel momento pareva avermi voltato le
spalle, per avermi graziata evitandomi di essere spinta giù
per la collina. “Tutto
è bene quel che finisce bene” erano secoli che
sognavo di dirlo, peccato che non ne avevo mai avuto occasione. Mi
gonfiai, quasi commossa da quel finale e dalla piega che stava
prendendo la mia avventura. Sentivo che da adesso in poi le cose
sarebbero andate meglio, non era solo una speranza di una ragazzina
sfigata e rassegnata a morire prematuramente, stavolta ci credevo
davvero. I puffi
acquatici zampettarono verso gli alberi, lanciando di tanto in tanto
fischi striduli per palesare la loro gioia, li seguii altrettanto
felice di poter riprendere il mio viaggio in pace. Sentivo che
ritrovare Silver non sarebbe stato poi così difficile,
dopotutto non avevo fatto un percorse tanto intricato, ero andata
più o meno a dritto (zig-zag strategico a parte..) per tutto
il tempo. “POLIII!”
Stridette uno di loro, sentii qualcosa di viscido sotto la scarpa e
alzi il piede di scatto realizzando troppo tardi che gli avevo appena
pestato la coda. I due mi
guardarono incavolati neri, tutto il loro affetto nei miei confronti
andò a farsi benedire assieme al mio ottimismo, mi
ringhiarono contro (dovevo rivedere le mie convinzioni, non solo i
girini sanno mordere, guardare le persone in cagnesco e fare le feste
come animali domestici, ma anche ringhiare!) strillando versetti pieni
di odio. Vidi la mia
positività trasformarsi in altro cinismo mentre i due
Poliwag si preparavano ad un attacco in contemporanea. Meno di un
secondo dopo fui colpita in pieno stomaco da un getto d’acqua
di potenza inaudita e scaraventata giù per la collina. “Nooooooooooooooooo!” Atterrai
sulla terra dura, feci un mugolio dolorante e mi portai le braccia al
petto con la speranza di poter proteggere almeno una parte di me dalle
spine mentre prendevo velocità e rotolavo meglio di una
tronco giù per la scarpata. Ortiche,
rovi, sassi e altri odiosi arbusti mi facevano vedere le stelle ogni
volta che ci passavo sopra. -Ma
questa è una collina o il puntaspilli di nonna Gwendoline?
Che cavolo, fa male! E parecchio anche…- Qualche
rotolata più tardi mi sentii sbattere contro qualcosa di
duro, la cosa urlò
e me la ritrovai sopra, poi sotto, poi ancora sopra, di nuovo
sotto… La caduta
rallentò, smettemmo di rotolare e mi sentii scivolare ancora
per un metro o due prima di fermarmi del tutto. Tastai la terra intorno
a me per accertarmi che fosse davvero finita, non potevo esserne
sicura, la mia testa continuava a girare e non sapevo più
dove fosse il cielo e quale posto occupava la terra. Avevo lo
stomaco sottosopra, stavo per vomitare, me lo sentivo. Mi tappai la
bocca con la mano, mi misi a quattro zampe e mi fissai le mani senza
però vederle davvero, l’immagine era sfocata e
roteava costantemente. Il peso che sentivo sulla pancia
peggiorò. Strisciai
verso un albero che avevo intravisto fra una piroetta e
l’altra del mio campo visivo e lo usai come appoggio per
alzarmi. Mi ero
dimenticata qualcosa? Ah, già, avevo perso il mio compagno
di viaggio, il mio Eevee e lo zaino con il cibo, e avevo anche travolto
un povero ragazzo innocente che adesso si lamentava con la faccia a
terra, “Ehi,
tu… Stai bene?” domandai, muovendo qualche passo
incerto verso di lui. Il ragazzo si tirò a sedere, ancora si
massaggiava la testa con la mano e piagnucolava qualcosa. Grazie. Elis Strange
"Stupido Rossino" bofonchiai mentre frammenti di marshmallow venivano
sputati qua e là, ma non me ne curai e continuai a
ingozzarmi come un’anatra.
Ecco il mio rimedio contro quasi tutti i problemi: dolci. L'unico cibo
capace di mettermi di buon umore e ridarmi l'energia perduta come se mi
avessero ricaricato le batterie.
Presi un'altra caramella e diedi una veloce occhiata ai dintorni per
controllare che i Pokemon che avevo liberato ci fossero ancora. Come
previsto i miei compagni gironzolavano tranquilli e spensierati davanti
al centro Pokemon, portai il dolcetto alla bocca mentre allungavo il
collo nella speranza di vedere riapparire Silver, ma niente da fare...
Chissà se era tornato a nascondersi fra l'erba come un
cretino o se aveva deciso di abbandonarmi al mio destino. In breve
tempo il pacchetto di marshmallow si svuotò completamente,
mi stupii della mia stessa voracità e mi chiesi
perché non avevo ancora assunto le sembianze di uno Snorlax,
viste le ingenti quantità ti schifezze che ingurgitavo di
continuo.
Mi frugai in tasca e aprii con poca grazia l'ennesimo sacchetto di
dolcetti, stavolta erano orsetti gommosi, iniziai a tirarne fuori uno
dopo l'altro man mano che questi sparivano nella mia bocca e venivano
masticati rumorosamente.
Ad un tratto, mentre davo una nuova occhiata al giardino del centro
Pokémon, mi accorsi che fra i miei Pokemon ce n'erano due
che ero certa di non aver mai visto prima. Erano due esserini dello
stesso colore di un puffo, tranne che sulla pancia, quella era bianca
con una spirale nera, somigliavano a dei girini con le zampe. Presi il
Pokedex dalla tasca dei pantaloni per controllare di che specie
fossero, ma nel compiere questo movimento le caramelle caddero tutte
per terra.
I due piccoletti zampettarono velocemente ai miei piedi per mangiarsi
quello che fino a poco prima era destinato al mio stomaco.
-Come si permettono questi due di spazzolarsi i miei orsetti?!-
Guardai il Dex - Poliwag: Pokémon girino,
è capace di indurre il sonno al proprio avversario con la
mossa Ipnosi. Si trova molto di più a suo agio nell'acqua,
dove può curarsi con l'Abilità Assorbacqua -
Non so perché lo fece.. forse l'avevo urtato
involontariamente, forse non aveva gradito i miei orsetti gommosi
oppure aveva scambiato il mio polpaccio per qualcosa di
commestibile…
Il getto mi fece cadere dalla panchina sul quale mi ero seduta, chiusi
gli occhi di scatto e allungai le mani come a voler respingere tutta
quella maledetta acqua che continuava ad entrarmi in bocca e nel naso.
Da quello sguardo capii che quello era solo un assaggio e che erano
intenzionati a vendicarsi come si deve...
"Bleah.." Mi liberai dell'acqua che avevo ancora in bocca, formando una
fontanella e cercai di rialzarmi, ma non riuscii neppure a sedermi che
scivolai di nuovo sbattendo la testa.
L'acqua intorno a me si era colorata di blu per colpa del colorante che
Chiara mi aveva spruzzato sui capelli e che adesso si stava piano piano
stingendo, avrei dovuto essere felice che finalmente i miei capelli
potessero riprendere il loro colore naturale anziché quel
blu elettrico che mi metteva in imbarazzo continuamente,
chissà cosa avrebbe detto mia madre vedendo quell'eccentrica
colorazione, probabilmente le sarebbe venuto un infarto.
Mi rialzai con più cautela rispetto al precedente tentativo
e stavolta riuscii a rimettermi in piedi senza troppi incidenti. Mentre
io imprecavo come qualcuno che ha mangiato cibo andato a male e ha
trovato il bagno occupato, e mi rimettevo sulla panchina, il mio fin
troppo silenzioso rivale era riapparso ma io me ne accorsi solo dopo
averlo visto seduto accanto a me.
Il mio cervello annacquato non era ancora collegato come si deve (che
avesse staccato la spina temendo un cortocircuito?) e quella
apparizione inattesa mi spaventò.
E quando dico spaventare intendo dire che scattai come una molla,
lanciai un gridolino isterico, scivolai e di conseguenza rotolai per
terra, di nuovo (ok, questo non era nei miei piani, ma ero ancora
bagnata, la panchina era stretta e il mio equilibrio faceva le bizze:
in sostanza, la caduta era inevitabile...)
"Che mi sono perso?" chiese guardandomi dall'alto.
Ma sfortunatamente, no, non era uno scherzo. Due girini mi avevano
davvero giurato vendetta.
Silver ormai si era rassegnato alla mia capacità di attirare
sventure, disastri, imprevisti, incidenti e roba simile, quindi si
limitò a sospirare e scuotere la testa.
"Prendo la mia roba e poi partiamo, ci ritroviamo qui fra qualche
minuto." A quanto pareva il mio compare aveva già
pianificato la partenza, ed era un ottima cosa, se me ne andavo in
fretta da Amarantopoli forse i due Pokemon acquatici avrebbero
rinunciato alla loro vendetta.
Rimasi lì stesa a pelle di leopardo fino a che
Silver non mi comparve davanti, lo zaino su una spalla e le mani nelle
tasche, che mi guardava aspettando che mi riprendessi.
Mi alzai, ero ancora bagnata, abbastanza da farmi credere che mi
stessero crescendo le alghe nei pantaloncini ma almeno non ero
completamente zuppa.
"Agli ordini" sghignazzai, assumendo una posa militaresca.
"Hn.." roteò gli occhi e non disse altro.
Sperai che il suo senso dell'orientamento fosse migliore del mio (che
ero riuscita a perdermi nel Bosco di Lecci e che per trovare la
palestra di Amarantopoli avevo impiegato una mattinata intera) e gli
trotterellai dietro.
-Percorso 38. Proseguire a dritto-
Questo diceva il cartello che stavo fissando da un tempo indefinito,
con una faccia più ebete del solito e un rivolo di bava che
mi usciva dalla bocca. La scritta era piuttosto chiara, ma io davanti a
noi vedevo solo un insignificante sentierino di terra battuta, quasi
invisibile fra gli alberi rigogliosi da un lato e la città
dall'altro.
"Non potremo prendere un autobus per arrivare a Olivinopoli ?" chiesi,
l'idea di dover attraversare un bosco così fitto su un
sentiero che si vedeva appena non mi rassicurava per niente.
Considerando la mia fortuna e la mia bussola interiore (che al posto
del nord aveva una fetta di torta) saremmo finiti ad Atlantide...
In risposta Silver mi scambiò uno sguardo piuttosto semplice
da interpretare, sembrava dire "Dove
hai sbattuto la testa stavolta?". Ormai avrei dovuto sapere
che Rossino mi considerava pazza.
"Questa è l'unica strada -credo-"
"Ehm.. Credi?"
lui mi ignorò, manco fossi stata una zanzara e
continuò il suo discorso che avrebbe dovuto convincermi a
trascinare il mio culo pigro in quella foresta.
"Non lagnarti e inizia a camminare, mocciosa" grugnì
spazientito (di bene in meglio, era già nervoso...).
Non feci in tempo a fare un passo che Silver mi afferrò per
i capelli e mi strattonò, come si fa con i cani al
guinzaglio, ma io non ero un cane e i miei capelli non erano un
guinzaglio, cazzarola!
"Cosa credi di fare? Lasciami subito! Io non ci voglio andare nel
bosco, Noooo!" mugolai, iniziando un tiro alla fune decisamente poco
vantaggioso per me.
"Non dire cazzate" fece pacato, per lui la conversazione era
già chiusa, il suo tono non ammetteva repliche.
"NO!" mi sedetti e incrociai le braccia al petto. Se voleva farmi
spostare avrebbe dovuto trascinarmi per le caviglie.
Vidi Sil massaggiarsi le tempie e sbuffare, poi si tolse lo zaino e ci
infilò una mano dentro. Dopo pochi secondi tirò
fuori un sacchetto di caramelle. Un delizioso, magnifico, dolce,
gommoso, colorato sacchetto di liquirizie.
Mi brillarono gli occhi, quello era meglio degli orsetti alla frutta
che mi avevano rubato i girini. Mi alzai, scattando come una molla nel
tentativo di afferrarli, ma Rossino si scansò all'ultimo
momento lasciandomi a mani vuote e di nuovo con il sedere per terra.
"EHI!" protestai delusissima, avevo bisogno di
quelle caramelle, ne andava della mia sanità mentale! E
quell'insensibile me le aveva appena tolte da sotto il naso!
Silver scosse la testa e rimise il pacchetto nello zaino, lo fulminai
con lo sguardo ma lui rimase impassibile "Te lo darò quando
saremo arrivati alla prossima città"
Sapevo che quello poteva significare che avrei rivisto le liquirizie
dopo un numero non calcolabile di giorni, ma quello che era davvero
importante era che una volta arrivati in città le caramelle
sarebbero state mie. Mandai tutti i miei presentimenti a farsi un giro
e partii come un razzo per il sentierino su cui fino a un minuto prima
non avrei messo nemmeno un piede.
"Sei ancora lì?" chiesi voltandomi verso il ragazzo, era
rimasto impietrito, probabilmente non credeva che il suo piano potesse
avere un effetto così immediato.
Rossino mi precedette, deciso a non lasciarsi guidare dalla "calamita
per sfighe" e di affidarsi alla sua mappa. Io mi limitavo a seguirlo in
silenzio anche se a dire il vero mi sarebbe piaciuto iniziare un
discorso, ma non avevo niente da dire e non potevo sperare che lo
facesse Silver
bocca cucita, quindi non mi rimaneva che rimanere in silenzio
e sperare che non sbagliasse strada.
Silver mi ignorava, aveva deciso di fingere che non esistessi. Non
staccava gli occhi dalla mappa tascabile della regione (che aveva avuto
la buona idea di acquistare al negozietto). Cominciavo ad essere gelosa
di quella mappa, cosa avrei dovuto fare per farmi notare? Tatuarmi la
cartina geografica di Johto sul petto?
No, non credo che sarebbe bastato.
Secondo il nostro famoso contratto, lui avrebbe dovuto evitare che
schiattassi. Nei limiti del possibile ovviamente. Silver non sapeva
fare miracoli, e non era dotato di nessun super potere (purtroppo),
però se neppure mi guardava come poteva salvarmi dai Poliwag
inferociti?
Ok, lo ammetto ero convinta che le due ranocchie non si fossero
dimenticate di me anche se non ero più in città.
I miei sensi super sviluppati mi dicevano che quei cosi mi stavano
seguendo. O forse ero diventata girinopatica.
"Ehi?" chiamai, iniziando a camminare più veloce per
raggiungerlo. Era sorprendente vedere come la distanza fra noi si era
dilatata senza che me ne accorgessi... Ero davvero così
lenta o Silver stava volutamente tentando di seminarmi? "Ti ho mai
raccontato la storia della mia vita?" gli chiesi una volta che gli fui
accanto mentre mi preparavo a snocciolare più parole
possibili.
"Sì, ci hai provato" mi ricordò con una calma che
io in quel frangente potevo solo sognarmi. Ma come diavolo faceva a
stare così tranquillo? Si era imbottito di camomilla?
Io già sentivo puzza di Poliwag e pensavo a cosa
mettermi se mi avessero annaffiato di nuovo. Perché una
sosta per potermi asciugare era fuori discussione, non sia mai che Elis
la sfigata rallenti l'eroico cammino di Silver il Magnifico!
"Bene, allora colgo l'occasione per raccontarti la versione integrale
delle mie avventure passate" la mia palpebra sinistra sbatté
un paio di volte senza controllo, gli angoli della bocca si alzavano e
si abbassavano senza che glielo ordinassi, invece di camminare
saltellavo a destra e a sinistra, presi a torturarmi le mani rendendomi
conto che non era da me avere tutti quei tic nervosi.
Il ragazzo incrociò le braccia e scosse la testa, mi
considerava come una bambina incapace di controllare le proprie
emozioni, infantile e capricciosa. Forse lo ero, non ero mai stata
famosa per il mio autocontrollo, né per la mia
maturità. Ma non ero disposta ad ammetterlo né
tantomeno a cercare di porvi rimedio.
“Ma che vuoi saperne tu delle buone maniere e di come ci si
comporta” continuai a strillare e lo additai nuovamente
“Tu che hai la finezza di una palettata di sterco!”
“Senti da che pulpito viene la predica…”
borbottò, questa interruzione al mio monologo mi fece
incavolare ancora di più.
“AAAARGH-” gridai di nuovo, ma stavolta non riuscii
a terminare il mio ruggito animalesco che mi ritrovai a indietreggiare
colpita da un forte getto d’acqua.
“Attacca i due puffi -blubb- pallina di pelo!”
Gridai senza trovare nulla di meglio da dire.
Il mio cervellino se ne era andato a cercare un posto più
asciutto dove abitare e mi aveva lasciata sola nel momento del bisogno,
come al solito del resto.
Traditore.
Io rischio l’annegamento e il batuffolo
scansafatiche annusa il vento, ma chiedere una cosa che vada per il
verso giusto è pretendere troppo??
Disorientata dalla botta inaspettata, ripresi a correre barcollando
fino a che uno dei due Poliwag innaffiò la terra davanti a
me trasformandola in fango.
Gridai imprecazioni a random, le urlai talmente forte che gli uccelli
volarono via spaventati e i Poliwag scossero la testa infastiditi dalla
potenza delle mie corde vocali. Cacchio, ho un futuro
come soprano… O come sirena della polizia, fa lo stesso.
La risposta mi venne sbattuta in faccia poco dopo, quando fui costretta
a inchiodare per non finire dritta nel pauroso strapiombo che mi si
parava davanti.
Già, un bel discesone pieno di rovi, ortiche e tante altre
di piante pungenti che non
avevo la minima voglia di studiare da vicino.
“Parliamone…” farfugliai non troppo
convinta della strategia appena adottata “Mi dispiace per
avervi dato un calcio, per farmi perdonare posso darvi altre caramelle,
che ne dite?”
“Waaaaaag” fece eco l’altro.
“Poli-li” rispose.
-Ma..-
Ero carica di ottimismo e buoni propositi, sprizzavo stelline colorate
di entusiasmo anche dalle orecchie, il mondo aveva un colore diverso se
lo si guardava dalla parte giusta, tutto era così
splendidamente positivo che credetti che la mia sfiga mi avesse
abbandonato una volta per tutte.
Nella mia testa c’era l’immagine della Dea
Fortunella mi faceva la linguaccia e alzava poco elegantemente il dito
medio mentre gridava “Ti ho fregata e tu ci sei cascata, sei
solo una sfigata!” come una cantilena canzonatoria.
In quella centrifuga di cespugli spinosi, piante urticanti e corpi
umani riuscii a vedere qualche ciocca di capelli biondi e un paio di
occhi blu. Per un attimo temetti di aver investito Angelo ma poi mi
resi conto che non era possibile e che il Capopalestra di
Amarantopoli aveva di meglio da fare che trovarsi lì.
“Ok, sono viva, fisicamente a pezzi ed emotivamente
distrutta, ma viva.” Mi dissi cercando di darmi fiducia.
Sbattei le palpebre e mi massaggiai le tempie, tutto
rallentò e smise di muoversi dopo pochi secondi. Mi guardai
intorno per fare il punto della situazione.
Ero stordita e barcollante, piena di spine, schegge di legno, la
maglietta era a brandelli, avevo dolori dappertutto, non avevo
più una scarpa e solo per miracolo non mi ero rotta
l’osso del collo.
Appena
mi vide spalancò gli occhi e mi guardò stupito
“E- Eli- Elizaveta?!”
Riecco che dopo
mesi di assenza ingiustificata torno ad infestare questo posto.
Ringrazio chi ancora mi segue nonostante la mia mediocrità e
scarso rispetto degli impegni presi (come aggiornare regolarmente..) e
chiunque abbia letto questo capitolo lunghissimo (almeno per me), spero
che non sia una delusione.
Precisazioni:
- Io non so quale sia il
vero nome della madre dei protagonisti nel gioco, così me lo
sono inventata e l'ho chiamata Emma (a proposito, vi piace come nome ?)
. Ho anche allargato la famiglia della protagonista, ho deciso che Emma
avrà tre fratelli più grandi e di conseguenza
Elis avrà vagonate di parenti sparsi un po' ovunque.
- Ho allungato un po' il
percorso che Elis e Silver stanno percorrendo, aggiungendo anche
qualche innocente collinetta e discese della morte... Nel gioco sembra
che la regione sia grande quanto un francobollo, se dovessimo fare un
rapporto con il mondo reale quanto sarebbe grande Johto? come una
regione d'Italia o più piccola tipo, non so, l'isola d'Elba?
(scusate i paragoni idioti) .
Non credo però che siano tanto grandi, voglio dire, mi
rimane difficile immaginare dei ragazzini che esplorano a piedi una
nazione intera, mi sembra un po' esagerato... Insomma mi rivolgo a voi
perché io mi sono lambiccata il cervello fino allo
sfinimento e non ci ho ancora capito niente.
- Quel "Elizaveta" alla fine
è ricollegabile al nome che Emma sognava di dare alla figlia
quando era ancora una ragazzina, è una cavolata che ho
aggiunto quando ho modificato il secondo capitolo,
lì è spiegato anche perché la
protagonista ha un nome così insolito.
Un’ultima
cosa:
Come avrete notato
sto modificando i primi capitoli perché non mi piacciono
più. Bene, vorrei chiedervi se potreste tornare indietro a
dare un'occhiata ai vecchi capitoli e scrivermi qualche consiglio per
migliorarli, cosa fareste voi se foste al mio posto per dare una
rinnovata ai vecchi scritti. Non è una trovata per avere
recensioni, se preferite potete anche scrivermelo come messaggio
personale o mandarmi un appello telepatico...
Spero che mi aiuterete, io sono un po' a corto di idee e tutto quello
che faccio mi sembra sbagliato, quindi chiedo di nuovo a voi.