Parte 02
Un rumore
improvviso catturò la sua attenzione. Possibile che l’avessero seguito fino a
casa? Con tutti i sensi in allarme, si alzò e tentò di afferrare l’arma più
vicina. Qualcuno tentava di forzare la porta, chiunque fosse, sarebbe morto a
breve, pensò Angel. Ma il veleno che lo intorpidiva stava facendo il suo corso
ed ebbe la meglio su lui. Barcollò reggendosi a stento sulle gambe e tentò di
aggrapparsi alla sedia, ma fu troppo tardi. Cadde a terra, sbattendo
violentemente il braccio ferito contro il pavimento. Il dolore insopportabile lo
fece urlare e questo complicava al quanto le cose.
Addio sorpresa, pensò fra sè mentre cercava disperatamente di
rimanere cosciente. Le fitte lancinanti che gli attanagliavano il braccio non
gli permisero di rialzarsi, ed era consapevole che stava per perdere i sensi. Il
sangue cominciò di nuovo a schizzare ovunque e la vista divenne sempre più
sfocata. Tutto ciò che riuscì a sentire fu il rumore della porta che si apriva e
i passi veloci del suo assalitore, che si era già avvicinato a lui.
Riconobbe quei
passi. Erano inconfondibili. Prima di svenire, sorrise. Era
lui.
L’unico che poteva
varcare la soglia di quella stanza senza essere
ucciso.
Quando Angel
riprese i sensi, si ritrovò ancora sdraiato per terra, ma invece che prono,
adesso era in posizione supina e qualcuno gli aveva messo un cuscino sotto la
testa. Aprì gli occhi e lo vide. Era chino su lui, ed evitava deliberatamente il
suo sguardo, mentre gli tamponava la ferita da cui usciva ancora parecchio
sangue. Ricordando l’accaduto, Angel gli sorrise e togliendogli il tampone dalle
mani, chiese “cosa.. cosa ci fai qui? ci siamo visti appena
ieri..”
Senza rispondere
al sorriso, il nuovo arrivato riprese il tampone, strappandolo quasi con rabbia
dalle sue mani. “Sei ridotto piuttosto male, amico. Spero tu abbia un kit di
pronto soccorso. Ho paura che il tampone non sarà sufficiente, saranno necessari
almeno mille di punti di sutura. Il braccio è quasi staccato dalla spalla, non
ho mai visto nulla del genere.”
“Mille..
punti?”
“È un modo di
dire. Riesci ad alzarti?
Lo aiutò a
rimettersi in piedi e lo trascinò fino al letto, lasciando una scia di sangue
per tutto il percorso. “C’è sangue ovunque” disse più a sè stesso che ad Angel.
Sparì poi dentro al bagno per tornare subito dopo con l’occorrente per la
medicazione. Non aveva guardato Angel in viso neppure una volta. Non che non
volesse farlo, ma non riusciva a staccare gli occhi da quella brutta ferita e
lottava contro la nausea che gli provocava quella vista. “Cosa è successo?”
chiese sottovoce e Angel non poté fare a meno di notare il suo pallore.
“Connor..”
Solo allora lui lo
guardò e si rese conto che aveva il viso completamente bagnato di sudore.
Scottava per la febbre e gli occhi erano velati. Era probabile che stesse per
perdere di nuovo i sensi. “Prima di svenire ancora.. mi dici cosa è successo?
Chi ti ha ridotto così?” chiese ancora sottovoce, mentre cercava qualcosa nella
cassetta del pronto soccorso.
“Non ha
importanza” rispose Angel duramente. “Perché sei qui? Abbiamo un accordo noi
due, ricordi? Ci possiamo vedere solo una volta al mese, sei stato qua
ieri e..”
Connor notò che il
suo corpo tremava visibilmente, se era come pensava, ad Angel avevano iniettato
qualcosa di tossico e questo era un problema. Non era possibile che avesse la
febbre per via del braccio rotto, i vampiri non vengono attaccati da infezioni
batteriche e non muoio certo di setticemia. La febbre era dovuta sicuramente a
qualche schifoso veleno di qualche altrettanto schifoso demone. Angel era di
costituzione forte, ma sembrava che il veleno avesse la meglio su di lui, almeno
in questo momento.
Rispose alla sua
domanda con un'altra domanda “Mi dici chi ti ha ridotto il braccio così? Non è
che un ammasso di carne sanguinolenta. Cristo santo, te l’ha quasi staccato. È
stato il
demone Selmunth? Perché se è lui, i
suoi artigli sono velenosissimi. Emettono una tossina che paralizza la vittima,
ma la parte buona è che il suo effetto non dura a lungo. Massimo due o tre
giorni.”
Il tampone era
inzuppato di sangue e doveva sostituirlo. Andò di nuovo in bagno, riempì
una
ciotola di acqua calda e prese degli asciugamani puliti. Quando tornò da lui,
Angel aveva gli occhi chiusi e sembrava quasi sereno, almeno come poteva esserlo
uno con un braccio che penzolava a dieci centimetri dalla sua sede naturale.
“Si, è stato un demone Selmunth, almeno credo. Non ho
modo di fare ricerche, non ho più quel genere di libri con me. Ma tu come fai a
saperlo?”
“Non ho bisogno di libri per riconoscere un demone
Selmunth” rispose Connor, continuando a pulire la ferita. Doveva fermare il
sangue prima di ricucirlo “Ne ho visto due che si aggiravano qua intorno. Come
hanno fatto ad arrivare a Los Angeles? Non sono di questa dimensione. A Quortoth
ne ho ucciso parecchi, credevo fossero ormai
estinti”
Angel tentò di alzarsi, se erano nelle vicinanze
doveva assolutamente ucciderli. “Devo fermarli” Ma Connor non gli permise di
muoversi. “Non sono più un pericolo. Se sai come ucciderli, eliminarli è un
gioco da ragazzi, avevo dieci anni quando uccisi il mio primo
Selmunth”
“Cosa? hai ucciso due.. Connor, tu devi stare lontano
dai guai. Io e te abbiamo un accordo, l’hai dimenticato? Ti voglio fuori da
tutto questo. Devi pensare solo a studiare, questa è la mia guerra. L’unica cosa
che possiamo concederci è quella tua visita ad ogni fine
mese..”
Ricadde esausto sul letto. Connor non si scompose più
di tanto. Era abituato a sentire questi discorsi, non aveva sentito altro in
questi ultimi quattro anni. Lui si era adeguato alle sue richieste e avevano
raggiunto un accordo. Si vedevano solo una volta al mese, ma per il resto, lui
doveva stare fuori dalla vita di Angel.
Notò che sudava ancora tantissimo e con un panno umido
gli asciugò il viso. A quel contatto, Angel trasalì. Il panno freddo sulla
fronte caldissima lo fece rabbrividire, ma era piacevole.
“Ero nei paraggi” disse Connor. “Quando ho visto i
Selmunth non ho potuto ignorarli. Un po’ è come quando ti insegnano a leggere.
Una volta che hai imparato, quando vedi una scritta non puoi non leggerla.. è
automatico. Quando vedo un demone, non posso non
ucciderlo”
“..e cosa ci facevi nei paraggi? Non dovresti essere a
lezione?”
“Si, dovrei essere a lezione, anzi avrei dovuto essere
in ospedale a quest’ora, ma.. mentre facevo colazione, ho sentito due tizi al
bar.. e ciò che ho sentito non potevo certo
ignorarlo..”
Nonostante il dolore e la febbre, Angel non poté fare
a meno di sorridergli. Connor somigliava davvero tanto a lui “ok.. cosa hai
sentito di così importante da non poterlo
ignorare?”
Connor invece era serissimo. “Hanno detto che eri
morto. Sono sicuro che l’hanno detto perché io sentissi, probabilmente erano ex
avvocati della W&H, quelli ti odiano più dei demoni. Pensi che ciò che ho
sentito, fosse sufficientemente grave da non poter essere ignorato o anche sta
volta mi rifarai tutto il discorsetto? Lo so che ci siamo visti ieri, ma potevo
ignorare quei due? Certo, poteva essere una trappola, ma dopo le mie insistenze.. hanno vuotato il sacco e a
giudicare dalla loro paura, non mentivano di certo. Parlavano di un attacco a
sorpresa ed erano sicuri che tu fossi morto. Il vampiro con l’anima è spacciato.
Hanno detto proprio così.”
“Fingevo, Connor. Ho finto di essere morto e ho ucciso
il primo Selmunth. Erano tre e gli altri due li hai uccisi tu. Dimmi di quei
due. Chi erano esattamente?”
“Due tipi molto
ordinari. Umani sicuramente. Molto ben vestiti ..e molto stronzi. Avvocati di
sicuro. Li ho lasciati li al bar e sono venuto a cercarti. Ho corso come un
pazzo seguendo le tue tracce. Nonostante la pioggia, sentivo ovunque l’odore del
tuo sangue. Se non fossi arrivato in tempo, i Selmunth ti avrebbero trovato sicuramente. Cristo, hai
lasciato una scia di sangue sui marciapiedi come fossero molliche di pane. Ma
finché era sangue sapevo che eri ancora vivo. Dopo aver ucciso quei due, le
tracce mi hanno portato qua. Sono semplicemente entrato usando la mia chiave. Ti
ho visto sul pavimento a faccia in giù, privo di sensi e immerso in una pozza di
sangue.. ma per fortuna.. non eri ancora polvere. Non lo sanno quegli avvocati
che un vampiro non muore per una semplice ferita? Anche se queste ferite sono davvero
brutte..”
Cominciò ad
armeggiare con alcune attrezzature, estraendole dal contenitore del kit di
pronto soccorso. Questo dovrebbe andar
bene. Avanti Connor, è ora di mettere
in pratica ciò che hai imparato, possibilmente senza tremolio delle mani e
soprattutto senza vomitare addosso al tuo primo reale paziente, pensò fra sé
mentre cominciava a sudare. Angel aveva chiuso gli occhi, ma li riaprì quando
sentì la sua voce “Se pensi che possa aiutarti, puoi mordere qualcosa oppure
puoi urlare, ma devi stare fermo immobile. Cercherò di fare prima che posso.
Ok?”
In mano aveva un
ago che ad Angel parve gigantesco. Era
sempre stato così grande? Nell’altra mano il filo da sutura ..e la fronte
imperlata di sudore. “Cosa pensi di fare..?” chiese
Angel.
Connor lo guardò
per la seconda volta e questa volta dritto negli occhi “Vuoi usare ancora questo
braccio in futuro? Credo di si. Devo riattaccartelo, ecco cosa devo fare. Userei
almeno un’anestesia locale, se sapessi che servisse.. insomma mi hai capito, no?
Fermo immobile. Non disturbare il medico e.. se il paziente collaborasse,
sarebbe davvero una idea grandiosa..”
Sul volto di Angel
comparve un enorme sorriso e rise quando vide Connor che scaldava l’ago con la
fiamma di un accendino. Stava sterilizzando gli strumenti chirurgici? “Cosa stai
facendo? Connor, la mia ferita non può infettarsi. Sono immune da quel genere di
malattie”
Connor gli sorrise
per la prima volta, ma la mano tremava “Scusa.. è la forza dell’abitudine”
Tamponò ancora la
ferita, lavandola con l’acqua tiepida, il sangue era praticamente ovunque. Più
tentava di bloccarlo, più ne veniva fuori. Sicuramente, aveva anche qualche
arteria recisa, fra le altre cose. Si chiese se un vampiro potesse morire
dissanguato.
Certo che no.
Daniel Holtz gli aveva insegnato tutto ciò che c’era da sapere su di loro.
Decapitare. Trafiggere il cuore. Luce del sole. Fuoco.
Scordo qualcosa?
Holtz gli aveva
solo insegnato come ucciderli. Per questo era tornato da Quortoth. Per uccidere
Angelus. Ma non gli aveva insegnato come amarlo. Se potesse vederlo ora, si
rivolterebbe nella tomba. Sentì la mano di Angel che gli afferrava il polso e
scosse la testa infastidito.
“No, questo è
meglio non farlo, Angel. Non bloccare la mia mano e non scuotermi il braccio.
Rischio di farti ancora più male” Passò una mano sulla propria fronte, accidenti
perché stava sudando? e perché Angel aveva quel sorriso stupido sul viso? Non
c’era proprio nulla da ridere.
“L’hai già fatto
altre volte?” chiese Angel. Aveva capito che temeva di fargli male e voleva
tranquillizzarlo, anche se in circostanza normali, sarebbe accaduto esattamente
il contrario.
“Che c’è? non ti
fidi di me?” rispose in tono di sfida, ma l’animo era sereno. “Si. L’ho già
fatto due volte.. certo, se contiamo anche quella volta che ho operato il
criceto di mia sorella, allora fanno tre.. ho già effettuato tre interventi
chirurgici, due dei quali non hanno avuto esito positivo. I pazienti sono morti
e non erano criceti” disse, ridendo apertamente. Aveva capito il gioco di Angel
e decise di assecondarlo, perché comunque stava funzionando alla
grande.
Angel non poteva
ridere come avrebbe voluto, quella maledetta ferita faceva malissimo ogni volta
che tentava un movimento. “Mi fido di te, Connor” disse sottovoce. “Non aver
paura di farmi male, sono stato in situazioni peggiori di questa. Fai quello che
devi e fallo alla svelta”
Connor annuì.
Infilò dei guanti chirurgici, e spruzzò del liquido emostatico per fermare
almeno momentaneamente il flusso del sangue. Visto che era gelato, lo spray
agiva anche da leggero anestetico. Con mano ferma, cominciò a ricucire
dall’interno. Angel aveva alcuni nervi scoperti, quelli erano i primi a dover
tornare a loro posto. Doveva tentare di ricostruire i legamenti recisi ed erano
davvero malridotti. Sentiva i propri capelli che si appiccicavano
fastidiosamente sulla fronte sudata e quasi rise pensando al suo prof. Mai operare senza prima indossare camice,
cuffia e guanti. Adesso capiva l’utilità della cuffia. Con il dorso della
mano si asciugò il sudore e spostò i capelli dagli occhi, evitando accuratamente
di guardare Angel. Era sufficiente ciò che vedeva con la coda dell’occhio, e ora
non poteva permettersi di cedere alle emozioni.
Intravide Angel
che stringeva con forza i denti, mordendosi il labbro mentre con l’altra mano
artigliava saldamente la coperta. Stava soffrendo come un cane, ma non un
lamento usciva dalla sua bocca. Connor non escludeva che lo facesse per non
impressionarlo. Scosse la testa e continuò imperterrito a ricucire, ignorando la
nausea. Aveva lo stomaco in subbuglio. Si chiese per quale accidenti di sadico
motivo, le terminazioni nervose dei vampiri funzionavano come negli umani, visto
che inviavano impulsi dolorosi al cervello, e invece l’anestesia, che doveva
addormentare il centro del dolore, non entrava in circolo e su di loro non
funzionava.
Il primo farmaco da usare è un anestetico
naturale. Non ha controindicazioni perché non è un sedativo chimico e funziona
sempre. Su chiunque. È necessaria una buona dose di empatia per poterlo
somministrare. Se ne siete sprovvisti, cambiate mestiere, non sarete mai dei
bravi medici. Sto parlando dell’Amore. L’unica medicina che guarisce tutti i
mali del mondo.
Connor ricordò le
parole del Dottor Malcolm, il docente di medicina generale, durante la sua prima
lezione al corso di specializzazione. La medicina universale era l’amore. Guardò
Angel. il suo volto era trasfigurato in una maschera di dolore, ma c’era
dell’altro che lo disturbava.
“Puoi farlo se
vuoi. Non badare a me. Se pensi che ti faccia sopportare meglio il dolore, non
trattenerti, per me non c’è problema” Disse, cadenzando la voce. Questo l’aveva
imparato al corso di ipnosi che frequentava con la sua ragazza. Lei era fissata
con la medicina orientale.
“Fare.. co..sa?”
chiese Angel visibilmente sofferente
Connor continuò
nel suo lavoro e incrociò per un attimo lo sguardo con lui. Gli sorrise. “Non
trattenere il demone. So che sei più forte quanto usi l’altra faccia ..e se ti
va di urlare, urla pure, non trattenere il dolore. Io non mi impressiono
facilmente, lo sai. So che davanti a me non vuoi mostrarti debole, lo capisco
questo. Ma io ora non sono il medico
..ora sono solo tuo figlio. Piangere
non sminuirà l’eroe. Non per me. Tu sei sempre Angel. Mio padre ..e poi non c’è
nessuno che può vederci qui.. ci siamo solo io e te.. non serve
trattenersi”
Sentì un suono
familiare, come una sorta di crepitio sul legno, o come carta che si
stropicciava ..era difficile definire quel suono, ma seppe che suo padre ora
mostrava il volto vampirico. Sollevò lo sguardo verso quegli occhi giallo
ambrati e vide che erano pieni di lacrime. La sua mano tremò leggermente per
l’emozione, e distolse subito lo sguardo concentrandosi ancora sul suo compito.
Per la prima volta in vita sua, aveva visto l’anima di suo padre negli occhi del
demone e pensò che fosse una visione bellissima. Continuò però a parlare con
lui.
“Ieri abbiamo
vinto, siamo in semifinale. Mi sa che quest’anno vinciamo il campionato. Hai
altre ferite oltre a quelle che vedo sul
torace?”
“a..vete ..vinto?
davvero? sono contento ..no, nessun altra ferita.. hai.. hai già.. cominciato il
tirocinio nel nuovo reparto?”
“Praticantato. Si,
ho iniziato la settimana scorsa. Però pediatria mi manca, mi piaceva un sacco
lì, ma anche qui non è male.. malattie
del sangue. Il primo anno ci fanno girare un po’ tutti i reparti..sai per
farci orientare verso la nostra vera inclinazione. Tu? cosa hai fatto di bello?
oltre a cacciare e a cacciarti nei guai?”
Connor andava
sempre più veloce con l’ago, aveva perso l’iniziale insicurezza. Era quasi certo
che non avrebbe fatto danni. I suoi movimenti erano più sicuri, veloci e
ritmici. Parlare stava aiutando anche lui, non solo Angel. Dopo aver inserito
l’ago nella carne viva, ricongiungeva i due lembi dello squarcio e con l’altra
mano tamponava il sangue che fuoriusciva, poi ancora l’ago e ancora il tampone.
Se avesse avuto l’aiuto di un infermiera, a quest’ora avrebbe già finito, ma
così non era e doveva cavasela da solo. Prima di chiudere definitivamente la
ferita, doveva però reinserire l’osso nella sua sede. Sperava solo di non
svenire insieme ad Angel.
“Praticantato.
Giusto.” disse Angel.
Non rispose alla
domanda ..perché era esausto ..e anche perché era una domanda
scomoda.
“Adesso devi stare
fermissimo. Ti farò un male cane, ma abbiamo quasi finito.
Pronto?”
Con un unico
deciso e veloce movimento, reinserì l’osso al suo posto e l’urlo disumano di
Angel gli arrivò nel cervello come una potente scossa elettrica. Per un
brevissimo istante chiuse gli occhi per richiamare a raccolta tutte le sue
forze. Avrebbe voluto urlare con lui. Li riaprì subito e vide che aveva la testa
voltata di lato, completamente riversa sul cuscino. Angel era svenuto. “Mi
dispiace” mormorò. Finì il suo lavoro più velocemente che poté. Lavò ancora la
ferita e anche se sapeva che non serviva, la disinfettò comunque con la tintura
di iodio.
L’urlo di Angel
non era arrivato solo al cervello, era arrivato al cuore ..e allo stomaco. Corse
in bagno, sfilò velocemente i guanti, lanciandoli dentro la vasca e l’attimo
dopo vomitò anima ..e lacrime. Si
abbandonò ad un pianto convulso. I singhiozzi scuotevano tutto il corpo, ma non
gli importava. Non trattenere il
dolore. Non era questo che aveva detto poc’anzi ad Angel?
Holtz, per tutto
il tempo che lui poteva ricordare, gli aveva insegnato esattamente il contrario.
“L’uomo giusto non piange mai, Steven.
L’uomo pio sopporta il dolore a testa alta. Tu non sei umano, Steven. Non
ancora. Io ti insegnerò ad esserlo, cacciando via il demone che è in
te”
Continuò a
piangere a lungo urlando tutta la sua rabbia. Holtz aveva ragione. Lui non era
un uomo. Non ancora ..allora era solo
un bambino spaventato .. allora aveva solo quattro
anni.
Fece scorrere
l’acqua e si lavò il viso come se con quel gesto potesse lavare via anche il
dolore. Vedere Angel ridotto in quel modo l’aveva scosso, ferendolo nel
profondo. L’acqua fredda sul viso però fu come un balsamo lenitivo. Si
ricompose. Sollevò la testa dal lavabo e imprecò.
“Grandioso,
neanche uno specchio”
Tornò da lui. Era
ancora privo di sensi. Mise degli asciugamani puliti sotto la spalla ferita.
Dopo avrebbe cambiato le lenzuola, queste erano zuppe di sangue, ma ora non
voleva disturbarlo. Era un bene che fosse svenuto, doveva assolutamente
riposare. La sua natura immortale giocava sicuramente a suo favore. Massimo una
settimana e sarebbe guarito. Controllò le ferite sul torace, non erano gravi e
si stavano già richiudendo. Gli sfilò le scarpe. Spostò le coperte e lo coprì.
Sicuramente sentiva freddo, il corpo era scosso da brividi e tremava
visibilmente.
Era quel maledetto
veleno, Connor lo sapeva bene. Non aveva detto ad Angel che anche lui era stato
ferito allo stesso modo. Il Selmunth
gli aveva quasi staccato un piede e la sua caviglia era completamente maciullata
proprio come il braccio di suo padre. Fu allora che Holtz gli fece quel discorso
sugli uomini giusti che non piangono ..e lui non aveva pianto, ma avrebbe tanto
voluto un abbraccio da Holtz che invece non arrivò.
Quindici anni insieme a lui ..e mai un abbraccio ..mai
neppure un sorriso. Solo inferno e rabbia.
Guardò Angel
ancora per un momento. Se solo riuscisse a dirgli quanto gli volesse bene,
sarebbe stato in pace col mondo.. ma era così dannatamente difficile. Non
ricordava di averlo visto dormire prima d’ora, anche se Connor non si fidava dei
suoi ricordi, non completamente. Faticava ancora a distinguere quelli reali da
quelli falsi e quelli che riguardavano Angel erano molto confusi e sfocati.
Accostò meglio le coperte ancora una volta, coprendogli le spalle. Spense la
lampada sul comodino e lo lasciò dormire. “Non ti azzardare a morire” mormorò.
La medicina dell’amore poteva guarire anche il
dolore che arrivava dall’anima?