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Autore: lafatablu    10/07/2012    2 recensioni
Timeline: 4 anni dopo Not Fade Away
Pairing: Angel & Buffy (ovviamente)
Summary: Né la neve, né la pioggia, né il caldo, né le tenebre della notte, possono fermare i corrieri sulla via reale. (Erodoto – V secolo a.C.) Ci sono angeli e demoni che camminano sulla terra. Alcuni di loro lavorano per l'ufficio postale. Gli Oracoli vivevano sotto l'ufficio postale. Vi ricordate? Si, centra anche questo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Francis Doyle, Angel, Buffy Anne Summers, Connor, Cordelia Chase
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A N G E L ~ Soul & Love ~'
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Parte 02

Un rumore improvviso catturò la sua attenzione. Possibile che l’avessero seguito fino a casa? Con tutti i sensi in allarme, si alzò e tentò di afferrare l’arma più vicina. Qualcuno tentava di forzare la porta, chiunque fosse, sarebbe morto a breve, pensò Angel. Ma il veleno che lo intorpidiva stava facendo il suo corso ed ebbe la meglio su lui. Barcollò reggendosi a stento sulle gambe e tentò di aggrapparsi alla sedia, ma fu troppo tardi. Cadde a terra, sbattendo violentemente il braccio ferito contro il pavimento. Il dolore insopportabile lo fece urlare e questo complicava al quanto le cose.

Addio sorpresa, pensò fra sè mentre cercava disperatamente di rimanere cosciente. Le fitte lancinanti che gli attanagliavano il braccio non gli permisero di rialzarsi, ed era consapevole che stava per perdere i sensi. Il sangue cominciò di nuovo a schizzare ovunque e la vista divenne sempre più sfocata. Tutto ciò che riuscì a sentire fu il rumore della porta che si apriva e i passi veloci del suo assalitore, che si era già avvicinato a lui.

Riconobbe quei passi. Erano inconfondibili. Prima di svenire, sorrise. Era lui.

L’unico che poteva varcare la soglia di quella stanza senza essere ucciso.

Quando Angel riprese i sensi, si ritrovò ancora sdraiato per terra, ma invece che prono, adesso era in posizione supina e qualcuno gli aveva messo un cuscino sotto la testa. Aprì gli occhi e lo vide. Era chino su lui, ed evitava deliberatamente il suo sguardo, mentre gli tamponava la ferita da cui usciva ancora parecchio sangue. Ricordando l’accaduto, Angel gli sorrise e togliendogli il tampone dalle mani, chiese “cosa.. cosa ci fai qui? ci siamo visti appena ieri..”

Senza rispondere al sorriso, il nuovo arrivato riprese il tampone, strappandolo quasi con rabbia dalle sue mani. “Sei ridotto piuttosto male, amico. Spero tu abbia un kit di pronto soccorso. Ho paura che il tampone non sarà sufficiente, saranno necessari almeno mille di punti di sutura. Il braccio è quasi staccato dalla spalla, non ho mai visto nulla del genere.”

“Mille.. punti?”

“È un modo di dire. Riesci ad alzarti?

Lo aiutò a rimettersi in piedi e lo trascinò fino al letto, lasciando una scia di sangue per tutto il percorso. “C’è sangue ovunque” disse più a sè stesso che ad Angel. Sparì poi dentro al bagno per tornare subito dopo con l’occorrente per la medicazione. Non aveva guardato Angel in viso neppure una volta. Non che non volesse farlo, ma non riusciva a staccare gli occhi da quella brutta ferita e lottava contro la nausea che gli provocava quella vista. “Cosa è successo?” chiese sottovoce e Angel non poté fare a meno di notare il suo pallore.

“Connor..”

Solo allora lui lo guardò e si rese conto che aveva il viso completamente bagnato di sudore. Scottava per la febbre e gli occhi erano velati. Era probabile che stesse per perdere di nuovo i sensi. “Prima di svenire ancora.. mi dici cosa è successo? Chi ti ha ridotto così?” chiese ancora sottovoce, mentre cercava qualcosa nella cassetta del pronto soccorso.

“Non ha importanza” rispose Angel duramente. “Perché sei qui? Abbiamo un accordo noi due, ricordi? Ci possiamo vedere solo una volta al mese, sei stato qua ieri e..”

Connor notò che il suo corpo tremava visibilmente, se era come pensava, ad Angel avevano iniettato qualcosa di tossico e questo era un problema. Non era possibile che avesse la febbre per via del braccio rotto, i vampiri non vengono attaccati da infezioni batteriche e non muoio certo di setticemia. La febbre era dovuta sicuramente a qualche schifoso veleno di qualche altrettanto schifoso demone. Angel era di costituzione forte, ma sembrava che il veleno avesse la meglio su di lui, almeno in questo momento.

Rispose alla sua domanda con un'altra domanda “Mi dici chi ti ha ridotto il braccio così? Non è che un ammasso di carne sanguinolenta. Cristo santo, te l’ha quasi staccato. È stato il demone Selmunth? Perché se è lui, i suoi artigli sono velenosissimi. Emettono una tossina che paralizza la vittima, ma la parte buona è che il suo effetto non dura a lungo. Massimo due o tre giorni.”

Il tampone era inzuppato di sangue e doveva sostituirlo. Andò di nuovo in bagno, riempì una ciotola di acqua calda e prese degli asciugamani puliti. Quando tornò da lui, Angel aveva gli occhi chiusi e sembrava quasi sereno, almeno come poteva esserlo uno con un braccio che penzolava a dieci centimetri dalla sua sede naturale.

“Si, è stato un demone Selmunth, almeno credo. Non ho modo di fare ricerche, non ho più quel genere di libri con me. Ma tu come fai a saperlo?”

“Non ho bisogno di libri per riconoscere un demone Selmunth” rispose Connor, continuando a pulire la ferita. Doveva fermare il sangue prima di ricucirlo “Ne ho visto due che si aggiravano qua intorno. Come hanno fatto ad arrivare a Los Angeles? Non sono di questa dimensione. A Quortoth ne ho ucciso parecchi, credevo fossero ormai estinti”

Angel tentò di alzarsi, se erano nelle vicinanze doveva assolutamente ucciderli. “Devo fermarli” Ma Connor non gli permise di muoversi. “Non sono più un pericolo. Se sai come ucciderli, eliminarli è un gioco da ragazzi, avevo dieci anni quando uccisi il mio primo Selmunth”

“Cosa? hai ucciso due.. Connor, tu devi stare lontano dai guai. Io e te abbiamo un accordo, l’hai dimenticato? Ti voglio fuori da tutto questo. Devi pensare solo a studiare, questa è la mia guerra. L’unica cosa che possiamo concederci è quella tua visita ad ogni fine mese..”

Ricadde esausto sul letto. Connor non si scompose più di tanto. Era abituato a sentire questi discorsi, non aveva sentito altro in questi ultimi quattro anni. Lui si era adeguato alle sue richieste e avevano raggiunto un accordo. Si vedevano solo una volta al mese, ma per il resto, lui doveva stare fuori dalla vita di Angel.

Notò che sudava ancora tantissimo e con un panno umido gli asciugò il viso. A quel contatto, Angel trasalì. Il panno freddo sulla fronte caldissima lo fece rabbrividire, ma era piacevole.

“Ero nei paraggi” disse Connor. “Quando ho visto i Selmunth non ho potuto ignorarli. Un po’ è come quando ti insegnano a leggere. Una volta che hai imparato, quando vedi una scritta non puoi non leggerla.. è automatico. Quando vedo un demone, non posso non ucciderlo”

“..e cosa ci facevi nei paraggi? Non dovresti essere a lezione?”

“Si, dovrei essere a lezione, anzi avrei dovuto essere in ospedale a quest’ora, ma.. mentre facevo colazione, ho sentito due tizi al bar.. e ciò che ho sentito non potevo certo ignorarlo..”

Nonostante il dolore e la febbre, Angel non poté fare a meno di sorridergli. Connor somigliava davvero tanto a lui “ok.. cosa hai sentito di così importante da non poterlo ignorare?”

Connor invece era serissimo. “Hanno detto che eri morto. Sono sicuro che l’hanno detto perché io sentissi, probabilmente erano ex avvocati della W&H, quelli ti odiano più dei demoni. Pensi che ciò che ho sentito, fosse sufficientemente grave da non poter essere ignorato o anche sta volta mi rifarai tutto il discorsetto? Lo so che ci siamo visti ieri, ma potevo ignorare quei due? Certo, poteva essere una trappola, ma dopo le mie insistenze.. hanno vuotato il sacco e a giudicare dalla loro paura, non mentivano di certo. Parlavano di un attacco a sorpresa ed erano sicuri che tu fossi morto. Il vampiro con l’anima è spacciato. Hanno detto proprio così.”

“Fingevo, Connor. Ho finto di essere morto e ho ucciso il primo Selmunth. Erano tre e gli altri due li hai uccisi tu. Dimmi di quei due. Chi erano esattamente?”

“Due tipi molto ordinari. Umani sicuramente. Molto ben vestiti ..e molto stronzi. Avvocati di sicuro. Li ho lasciati li al bar e sono venuto a cercarti. Ho corso come un pazzo seguendo le tue tracce. Nonostante la pioggia, sentivo ovunque l’odore del tuo sangue. Se non fossi arrivato in tempo, i Selmunth ti avrebbero trovato sicuramente. Cristo, hai lasciato una scia di sangue sui marciapiedi come fossero molliche di pane. Ma finché era sangue sapevo che eri ancora vivo. Dopo aver ucciso quei due, le tracce mi hanno portato qua. Sono semplicemente entrato usando la mia chiave. Ti ho visto sul pavimento a faccia in giù, privo di sensi e immerso in una pozza di sangue.. ma per fortuna.. non eri ancora polvere. Non lo sanno quegli avvocati che un vampiro non muore per una semplice ferita? Anche se  queste ferite sono davvero brutte..”

Cominciò ad armeggiare con alcune attrezzature, estraendole dal contenitore del kit di pronto soccorso. Questo dovrebbe andar bene. Avanti Connor, è ora di mettere in pratica ciò che hai imparato, possibilmente senza tremolio delle mani e soprattutto senza vomitare addosso al tuo primo reale paziente, pensò fra sé mentre cominciava a sudare. Angel aveva chiuso gli occhi, ma li riaprì quando sentì la sua voce “Se pensi che possa aiutarti, puoi mordere qualcosa oppure puoi urlare, ma devi stare fermo immobile. Cercherò di fare prima che posso. Ok?”

In mano aveva un ago che ad Angel parve gigantesco. Era sempre stato così grande? Nell’altra mano il filo da sutura ..e la fronte imperlata di sudore. “Cosa pensi di fare..?” chiese Angel.

Connor lo guardò per la seconda volta e questa volta dritto negli occhi “Vuoi usare ancora questo braccio in futuro? Credo di si. Devo riattaccartelo, ecco cosa devo fare. Userei almeno un’anestesia locale, se sapessi che servisse.. insomma mi hai capito, no? Fermo immobile. Non disturbare il medico e.. se il paziente collaborasse, sarebbe davvero una idea grandiosa..”

Sul volto di Angel comparve un enorme sorriso e rise quando vide Connor che scaldava l’ago con la fiamma di un accendino. Stava sterilizzando gli strumenti chirurgici? “Cosa stai facendo? Connor, la mia ferita non può infettarsi. Sono immune da quel genere di malattie”

Connor gli sorrise per la prima volta, ma la mano tremava “Scusa.. è la forza dell’abitudine”

Tamponò ancora la ferita, lavandola con l’acqua tiepida, il sangue era praticamente ovunque. Più tentava di bloccarlo, più ne veniva fuori. Sicuramente, aveva anche qualche arteria recisa, fra le altre cose. Si chiese se un vampiro potesse morire dissanguato.

Certo che no. Daniel Holtz gli aveva insegnato tutto ciò che c’era da sapere su di loro.

Decapitare. Trafiggere il cuore. Luce del sole. Fuoco. Scordo qualcosa?

Holtz gli aveva solo insegnato come ucciderli. Per questo era tornato da Quortoth. Per uccidere Angelus. Ma non gli aveva insegnato come amarlo. Se potesse vederlo ora, si rivolterebbe nella tomba. Sentì la mano di Angel che gli afferrava il polso e scosse la testa infastidito.

“No, questo è meglio non farlo, Angel. Non bloccare la mia mano e non scuotermi il braccio. Rischio di farti ancora più male” Passò una mano sulla propria fronte, accidenti perché stava sudando? e perché Angel aveva quel sorriso stupido sul viso? Non c’era proprio nulla da ridere.

“L’hai già fatto altre volte?” chiese Angel. Aveva capito che temeva di fargli male e voleva tranquillizzarlo, anche se in circostanza normali, sarebbe accaduto esattamente il contrario.

“Che c’è? non ti fidi di me?” rispose in tono di sfida, ma l’animo era sereno. “Si. L’ho già fatto due volte.. certo, se contiamo anche quella volta che ho operato il criceto di mia sorella, allora fanno tre.. ho già effettuato tre interventi chirurgici, due dei quali non hanno avuto esito positivo. I pazienti sono morti e non erano criceti” disse, ridendo apertamente. Aveva capito il gioco di Angel e decise di assecondarlo, perché comunque stava funzionando alla grande.

Angel non poteva ridere come avrebbe voluto, quella maledetta ferita faceva malissimo ogni volta che tentava un movimento. “Mi fido di te, Connor” disse sottovoce. “Non aver paura di farmi male, sono stato in situazioni peggiori di questa. Fai quello che devi e fallo alla svelta”

Connor annuì. Infilò dei guanti chirurgici, e spruzzò del liquido emostatico per fermare almeno momentaneamente il flusso del sangue. Visto che era gelato, lo spray agiva anche da leggero anestetico. Con mano ferma, cominciò a ricucire dall’interno. Angel aveva alcuni nervi scoperti, quelli erano i primi a dover tornare a loro posto. Doveva tentare di ricostruire i legamenti recisi ed erano davvero malridotti. Sentiva i propri capelli che si appiccicavano fastidiosamente sulla fronte sudata e quasi rise pensando al suo prof. Mai operare senza prima indossare camice, cuffia e guanti. Adesso capiva l’utilità della cuffia. Con il dorso della mano si asciugò il sudore e spostò i capelli dagli occhi, evitando accuratamente di guardare Angel. Era sufficiente ciò che vedeva con la coda dell’occhio, e ora non poteva permettersi di cedere alle emozioni.

Intravide Angel che stringeva con forza i denti, mordendosi il labbro mentre con l’altra mano artigliava saldamente la coperta. Stava soffrendo come un cane, ma non un lamento usciva dalla sua bocca. Connor non escludeva che lo facesse per non impressionarlo. Scosse la testa e continuò imperterrito a ricucire, ignorando la nausea. Aveva lo stomaco in subbuglio. Si chiese per quale accidenti di sadico motivo, le terminazioni nervose dei vampiri funzionavano come negli umani, visto che inviavano impulsi dolorosi al cervello, e invece l’anestesia, che doveva addormentare il centro del dolore, non entrava in circolo e su di loro non funzionava.

Il primo farmaco da usare è un anestetico naturale. Non ha controindicazioni perché non è un sedativo chimico e funziona sempre. Su chiunque. È necessaria una buona dose di empatia per poterlo somministrare. Se ne siete sprovvisti, cambiate mestiere, non sarete mai dei bravi medici. Sto parlando dell’Amore. L’unica medicina che guarisce tutti i mali del mondo.

Connor ricordò le parole del Dottor Malcolm, il docente di medicina generale, durante la sua prima lezione al corso di specializzazione. La medicina universale era l’amore. Guardò Angel. il suo volto era trasfigurato in una maschera di dolore, ma c’era dell’altro che lo disturbava.

“Puoi farlo se vuoi. Non badare a me. Se pensi che ti faccia sopportare meglio il dolore, non trattenerti, per me non c’è problema” Disse, cadenzando la voce. Questo l’aveva imparato al corso di ipnosi che frequentava con la sua ragazza. Lei era fissata con la medicina orientale.

“Fare.. co..sa?” chiese Angel visibilmente sofferente

Connor continuò nel suo lavoro e incrociò per un attimo lo sguardo con lui. Gli sorrise. “Non trattenere il demone. So che sei più forte quanto usi l’altra faccia ..e se ti va di urlare, urla pure, non trattenere il dolore. Io non mi impressiono facilmente, lo sai. So che davanti a me non vuoi mostrarti debole, lo capisco questo. Ma io ora non sono il medico ..ora sono solo tuo figlio. Piangere non sminuirà l’eroe. Non per me. Tu sei sempre Angel. Mio padre ..e poi non c’è nessuno che può vederci qui.. ci siamo solo io e te.. non serve trattenersi”

Sentì un suono familiare, come una sorta di crepitio sul legno, o come carta che si stropicciava ..era difficile definire quel suono, ma seppe che suo padre ora mostrava il volto vampirico. Sollevò lo sguardo verso quegli occhi giallo ambrati e vide che erano pieni di lacrime. La sua mano tremò leggermente per l’emozione, e distolse subito lo sguardo concentrandosi ancora sul suo compito. Per la prima volta in vita sua, aveva visto l’anima di suo padre negli occhi del demone e pensò che fosse una visione bellissima. Continuò però a parlare con lui.

“Ieri abbiamo vinto, siamo in semifinale. Mi sa che quest’anno vinciamo il campionato. Hai altre ferite oltre a quelle che vedo sul torace?”

“a..vete ..vinto? davvero? sono contento ..no, nessun altra ferita.. hai.. hai già.. cominciato il tirocinio nel nuovo reparto?”

“Praticantato. Si, ho iniziato la settimana scorsa. Però pediatria mi manca, mi piaceva un sacco lì, ma anche qui non è male.. malattie del sangue. Il primo anno ci fanno girare un po’ tutti i reparti..sai per farci orientare verso la nostra vera inclinazione. Tu? cosa hai fatto di bello? oltre a cacciare e a cacciarti nei guai?”

Connor andava sempre più veloce con l’ago, aveva perso l’iniziale insicurezza. Era quasi certo che non avrebbe fatto danni. I suoi movimenti erano più sicuri, veloci e ritmici. Parlare stava aiutando anche lui, non solo Angel. Dopo aver inserito l’ago nella carne viva, ricongiungeva i due lembi dello squarcio e con l’altra mano tamponava il sangue che fuoriusciva, poi ancora l’ago e ancora il tampone. Se avesse avuto l’aiuto di un infermiera, a quest’ora avrebbe già finito, ma così non era e doveva cavasela da solo. Prima di chiudere definitivamente la ferita, doveva però reinserire l’osso nella sua sede. Sperava solo di non svenire insieme ad Angel.

“Praticantato. Giusto.” disse Angel.

Non rispose alla domanda ..perché era esausto ..e anche perché era una domanda scomoda.

“Adesso devi stare fermissimo. Ti farò un male cane, ma abbiamo quasi finito. Pronto?”

Con un unico deciso e veloce movimento, reinserì l’osso al suo posto e l’urlo disumano di Angel gli arrivò nel cervello come una potente scossa elettrica. Per un brevissimo istante chiuse gli occhi per richiamare a raccolta tutte le sue forze. Avrebbe voluto urlare con lui. Li riaprì subito e vide che aveva la testa voltata di lato, completamente riversa sul cuscino. Angel era svenuto. “Mi dispiace” mormorò. Finì il suo lavoro più velocemente che poté. Lavò ancora la ferita e anche se sapeva che non serviva, la disinfettò comunque con la tintura di iodio.

L’urlo di Angel non era arrivato solo al cervello, era arrivato al cuore ..e allo stomaco. Corse in bagno, sfilò velocemente i guanti, lanciandoli dentro la vasca e l’attimo dopo vomitò anima ..e lacrime. Si abbandonò ad un pianto convulso. I singhiozzi scuotevano tutto il corpo, ma non gli importava. Non trattenere il dolore. Non era questo che aveva detto poc’anzi ad Angel?

Holtz, per tutto il tempo che lui poteva ricordare, gli aveva insegnato esattamente il contrario. “L’uomo giusto non piange mai, Steven. L’uomo pio sopporta il dolore a testa alta. Tu non sei umano, Steven. Non ancora. Io ti insegnerò ad esserlo, cacciando via il demone che è in te

Continuò a piangere a lungo urlando tutta la sua rabbia. Holtz aveva ragione. Lui non era un uomo. Non ancora ..allora era solo un bambino spaventato .. allora aveva solo quattro anni.

Fece scorrere l’acqua e si lavò il viso come se con quel gesto potesse lavare via anche il dolore. Vedere Angel ridotto in quel modo l’aveva scosso, ferendolo nel profondo. L’acqua fredda sul viso però fu come un balsamo lenitivo. Si ricompose. Sollevò la testa dal lavabo e imprecò.

“Grandioso, neanche uno specchio”

Tornò da lui. Era ancora privo di sensi. Mise degli asciugamani puliti sotto la spalla ferita. Dopo avrebbe cambiato le lenzuola, queste erano zuppe di sangue, ma ora non voleva disturbarlo. Era un bene che fosse svenuto, doveva assolutamente riposare. La sua natura immortale giocava sicuramente a suo favore. Massimo una settimana e sarebbe guarito. Controllò le ferite sul torace, non erano gravi e si stavano già richiudendo. Gli sfilò le scarpe. Spostò le coperte e lo coprì. Sicuramente sentiva freddo, il corpo era scosso da brividi e tremava visibilmente.

Era quel maledetto veleno, Connor lo sapeva bene. Non aveva detto ad Angel che anche lui era stato ferito allo stesso modo. Il Selmunth gli aveva quasi staccato un piede e la sua caviglia era completamente maciullata proprio come il braccio di suo padre. Fu allora che Holtz gli fece quel discorso sugli uomini giusti che non piangono ..e lui non aveva pianto, ma avrebbe tanto voluto un abbraccio da Holtz che invece non arrivò.

Quindici anni insieme a lui ..e mai un abbraccio ..mai neppure un sorriso. Solo inferno e rabbia.

Guardò Angel ancora per un momento. Se solo riuscisse a dirgli quanto gli volesse bene, sarebbe stato in pace col mondo.. ma era così dannatamente difficile. Non ricordava di averlo visto dormire prima d’ora, anche se Connor non si fidava dei suoi ricordi, non completamente. Faticava ancora a distinguere quelli reali da quelli falsi e quelli che riguardavano Angel erano molto confusi e sfocati. Accostò meglio le coperte ancora una volta, coprendogli le spalle. Spense la lampada sul comodino e lo lasciò dormire. “Non ti azzardare a morire” mormorò.

La medicina dell’amore poteva guarire anche il dolore che arrivava dall’anima?

   
 
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