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Autore: Meahb    25/01/2007    15 recensioni
House contro Cameron. Quando l’amore non viene accettato, spesso si commettono immensi sbagli. Ma è proprio vero che chi ama, sa sempre perdonare?
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAMER

DISCLAMER:

Autore: AmarantaB

Summary: Il Celebrity Deathmatch ;) House contro Cameron. Quando l’amore non viene accettato, spesso si commettono immensi sbagli. Ma è proprio vero che chi ama, sa sempre perdonare?

Spoilers: No one peeps!! ;)

Pairs: House/Cameron... ma non escludo qualche colpo di scena!

Timeline: E’ una sorta di AU. Diciamo che questa storia parte a metà della seconda stagione, e poi vive di vita propria!

 

 

 

TOMORROW NEVER KNOWS

Da una canzone dei The Beatles

 

 

 

 

NEAR THE END

Capitolo 1

 

 

 

Vuoti di memoria non c’è posto per tenere insieme tutte le puntate di una storia,

piccolissimo particolare ti ho perduto senza cattiveria.

(Samuele Bersani, “Giudizi Universali”)

 

 

 

 

Allison aprì con prepotenza l’ingresso del Princeton.

Non aveva nessuna voglia di lavorare quel giorno, e a dirla tutta, avrebbe preferito evitarlo per i prossimi dieci anni.

Come di consueto, aveva trascorso una nottata terribile e, come di consueto, la metà dei pensieri erano rivolti a quel dannato misantropo senza cuore.

Non che non se lo fosse tolto dalla testa, questo no, ma doveva prendere atto che nei momenti di maggiore sconforto era inutile non tentare di pensare a lui.

Stranamente, in quel periodo, House era sinonimo di problemi.

Anzi, non era nemmeno troppo bizzarro. Dopotutto, per quel che la riguardava, Gregory House era sempre strano un enorme problema.

Ingombrante come un elefante all’interno dei caravan del circo.

Ridacchiò al pensiero.

Le piaceva quella metafora, avrebbe dovuto tenerla a mente.

Superò il banco delle infermiere, ed entrò decisa nell’ascensore.

Fortunatamente, almeno per quella volta, poteva evitare di dividerlo con qualcuno.

La lieve pressione del mezzo che cominciava la corsa, le fece fischiare leggermente le orecchie.

Tipico.

Per levarsi quel fastidio, avrebbe dovuto deglutire per una buona mezz’ora. Sbuffò, leggermente infastidita.

Una lieve scossa la informò che la corsa era finita.

Uscì senza guardarsi intorno, speranzosa solo di arrivare in ufficio e trovarlo confortevolmente… vuoto.

E così fu.

Sicuramente, a breve, sarebbe esploso un meteorite. Era raro che i suoi desideri venissero esauditi con quella semplicità.

Si tolse la giacca e, con un gesto fluido, infilò il camice bianco.

Quel capo, la faceva sentire diversa.

Era una sorta di protezione da qualsiasi dolore, sia fisico che mentale, e indossarlo la faceva sentire immune.

Un’immunologa immune!

Probabilmente a forza di frequentare House, aveva incorporato un po’ del suo sarcastico senso dell’umorismo.

Bhè, dopotutto era un’arma che poteva tornarle utile.

Si sedette, e cominciò a classificare alcune cartelle cliniche.

Non avevano casi interessanti per le mani, e il lavoro di classificazione aspettava solo di essere portato a termine.

Prese una penna, e scribacchiò qualcosa sul suo block notes. Non amava particolarmente quel genere di compiti, ma se non altro la sua scrittura era comprensibile. Avrebbe pagato pur di non dover decifrare la scrittura dei suoi colleghi uomini.

Per non parlare di quella di Greg.

La sua era simile all’aramaico antico.

Spesso si era dovuta sforzare fino all’inverosimile, per capire cosa diavolo andasse scrivendo su quella dannata lavagna bianca.

Un lieve spostamento d’aria, portò con se la robusta figura di Foreman.

“Buongiorno, Cam”.

Lei gli rispose con un cenno della testa, e l’uomo buttò gli occhi al cielo.

Compiendo i suoi stessi gesti di qualche minuto prima, anche Foreman indossò il suo camice.

“Dimmi che è arrivato qualche caso interessante”, mormorò lui.

“Spiacente”, sorrise, “Dovrai sederti e classificare le cartelle insieme a me”.

Lui le voltò le spalle, e si versò una generosa sorsata di caffè nella tazza accanto al bollitore.

“E Chase?” chiese.

“Non è ancora arrivato”.

“House?”

Lei fece spallucce. “Le opzioni sono due: o e in giro per l’ospedale, o è ancora a casa a dormire”.

Lui annuì e si sedette.

Non le offrì il caffè, ed Allison lo trovò un gesto molto poco gentile.

L’interfono suonò, spezzando il pesante silenzio della stanza.

“Si?” rispose lei.

Era la Cuddy.

“Benissimo. Arriviamo subito”.

Fece per riattaccare, ma di scatto, rialzò la cornetta, “Potrebbe ripetere per favore?”

Foreman la scrutò con rinnovato interesse.

“Non so dove sia, mi spiace. Ci siamo soltanto io e Foreman”, annuì, lasciando andare un sospiro, “Arriviamo”.

Foreman la guardò riappendere la cornetta, con una buffa espressione interrogativa a dipingergli il volto.

“Era la Cuddy, ci vuole consegnare un caso”.

“Bingo!” sorrise lui.

 

L’ufficio di Lisa Cuddy, era grande quasi quanto la sua fama di donna dai nervi d’acciaio.

I toni della tappezzeria e dei mobili erano insolitamente caldi, per uno studio ospedaliero. Un tipico tratto femminile.

La donna stava spiegando con tono estremamente professionale i sintomi di una giovane donna di ventidue anni.

Da quello che risultava dall’anamnesi, la ragazza di nome Meredith, aveva contratto un tipo molto particolare di fungo della pelle. Il suo corpo era ricoperto di crosticine sanguinolente, che le deturpavano irrimediabilmente il volto.

Terribile!

“Credo che non si tratti solo di un fungo…” mormorò la Cuddy, accavallando le gambe.

“Pensa sia una sorta di allergia da contatto?” domandò Chase in piedi, accanto al muro.

Era arrivato in ritardo, e la Cuddy, nonostante il gran daffare, non gli aveva risparmiato una bella lavata di capelli.

Lei lo guardò dal basso versò l’alto.

“Potrebbe essere”, mormorò, “Ma non sono io il genio delle malattie infettive”.

Guardò l’orologio, e nonostante i tentativi, la sua rabbia era decisamente percepibile.

“Dove diavolo si sarà cacciato House?”

La porta si spalancò, e il dottore fece il suo ingresso. Un sorriso smagliante, e gli occhi divertiti.

“Ciao Raggio di Sole, mi cercavi?”

 Lei lo fulminò con lo sguardo, “Ti avviso che le tue ore di ambulatorio sono notevolmente aumentate”.

“E perché mai?” domandò lui con espressione innocente.

“Perché sei maledettamente in ritardo, e perché abbiamo bisogno di te”.

Lui la guardò compiaciuto, tenendo il bastone tra le gambe.

“E levati quel sorrisino dalla faccia. Se non fossi stato così dannatamente bravo, ti avrei sbattuto in mezzo ad una strada”, si alzò, aggirando la scrivania, “E non sono ancora fuori tempo massimo per farlo!”

Lui si strinse nelle spalle, e guardò Cameron, “Oh ma io ho la mia bella immunologa che mi renderà immune dalle tue minacce!”

Cameron fece una smorfia. Lo aveva detto lei, di aver incorporato il suo sense of humor…

“Non ci sperare!” gli rispose, acida.

Lui si finse impressionato, “Cos’è? Vi siete messi d’accordo per caso? Tutti contro House?”

“Sarebbe divertente!” ridacchiò Foreman, incrociando le braccia.

“Cioccolatino, non mi sembra di aver chiesto il tuo parere”, lo rimbrottò House.

“Greg piantala. Abbiamo un caso”, lo zittì la Cuddy.

“Oh fantastico! E per questo che siamo tutti qui? Per un caso?” scosse la testa, perplesso, “Che stranezza!” borbottò.

“Vuoi piantarla di fare l’idiota una buona volta, e ascoltarmi?”

Lui sporse in avanti il capo, sorridendo, “Naturalmente raggio di sole!”

Lei sbuffò. Non c’era modo di chiudergli la bocca, e se c’era, di certo lei non era stata informata.

“Meredith Burns, ventidue anni. Il suo medico di famiglia sostiene di aver rilevato un fungo della pelle. La ragazza ha il corpo pieno di croste e protuberanze infette. Una sorta di varicella alla massima potenza”.

Lui annuì, “Quindi?”

“Come quindi?” domandò lei sbalordita.

“Io cosa dovrei fare?”

Lei scosse la testa, incredula, “Devi fare una diagnosi. Ti paghiamo per questo”.

“Hai detto che è un fungo della pelle, no?”, le sorrise, “E allora chiama un dermatologo”.

“Lo prediamo!” Cameron si era alzata in piedi, prendendo la cartella dalla scrivania della Cuddy.

“Ce ne occupiamo noi”, ripeté, “Se non è un fungo, scopriremo di che si tratta”.

“Ehi, ehi!” House le piazzò il bastone dinanzi, “Da quando in qua tu decidi di accettare un caso? Mi sono perso qualche puntata?”

“Ti manderò il cofanetto dvd con tutta la serie a casa, non temere”, lo canzonò lei serissima.

“Greg”, Lisa lo fissò negli occhi con risolutezza, “Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando”.

 

Cameron bussò leggermente alla porta dell’ufficio di Greg.

Lui l’aveva fatta chiamare da Chase, dicendo che doveva necessariamente parlarle.

In privato.

Se fosse successo qualche tempo fa, avrebbe saltellato dalla gioia, ma adesso…

Non le andava di rimanere troppo tempo da sola con lui. La sua maschera di rabbia e freddezza, non sarebbe durata tanto a lungo.

Atrocemente conscia dei suoi limiti, abbassò la maniglia ed entrò nell’ufficio.

Lui era seduto, i piedi mollemente abbandonati sopra la scrivania, e le mani incrociate dietro la nuca.

Alla sua destra, il computer diffondeva un’aria classica.

Wagner. Tristan und Isolde.

Scelta interessante.

“Pensavo non venissi”, disse lui senza cambiare di un centimetro la sua posizione.

Insousciante.

Se c’era un aggettivo che poteva definirlo in quel momento, era sicuramente quello. Insousciante.

“Sei il mio capo. Se mi chiami, devo venire. E’ la regola.”

Lui la guardò con espressione indecifrabile.

“Bene. Allora il tuo capo ti chiede una cosa”, la fissò negli occhi, “Che diavolo ti prende?”

Allison lo guardò senza capire, “Cosa intendi?”

Lui tolse i piedi dalla scrivania, poggiandoli a terra senza grazia.

“Quello che ho detto”.

Lei fece un paio di passi avanti, entrando nel cono di luce della lampada pied-à-terre.

“Non riesco a seguirti Greg”.

Lui si alzò in piedi, prendendo distanza dalla sua esile figura.

Un rifiuto. L’ennesimo.

“Per essere un’immunologa, manchi sicuramente di perspicacia, mia cara”.

Lei lo ignorò volutamente.

“Possiamo andare dritti al punto? Avrei del lavoro da fare”, lo incalzò.

“Cos’è che ti rende così caustica? Hai le mestruazioni per caso?”

Uno a zero per lui.

Cameron era arrossita, chinando lievemente il capo.

“Senti House, non ho la benché minima intenzione di starmene qui a prendere i tuoi insulti. Hai detto di volermi parlare… bhè, parla”.

Lui strinse il bastone nella mano destra.

“Hai qualche problema con me, per caso?” indagò.

Lei ridacchiò, “Come se questa fosse una novità.”

“Ebbene, elencami questi problemi. Non mi piace lavorare con gente che non riconosce la mia autorità.”

Stranamente professionale.

Allison si domandò se per caso, non ci fosse qualcosa dietro.

“Sai benissimo che tipo di problemi ho, Greg. Non c’è bisogno che mi umili ulteriormente elencandoteli”.

Lui annuì impercettibilmente.

“Credo che questi problemi ti impediscano di lavorare al massimo delle tue possibilità”.

Lei non disse nulla, si limitò a tenere lo sguardo fisso sulla sua bocca.

Non poteva guardarlo negli occhi.

Non doveva guardarlo negli occhi.

“L’hai detto tu. Non io”.

“Ma non stai smentendo le mie illazioni, e questo prova che ho ragione”, le offrì un sorriso compiaciuto, “Come sempre”.

Lei sbuffò, “Continuo a non capire dove tu voglia andare a parare Greg.”

Lui la guardò furente.

“Sei in ferie.”

“Che cosa?” gridò lei.

“Hai capito. Sei in ferie. Ti chiamerò io quando sarò convinto che potrai tornare”.

Allison scosse la testa, non credeva alle sue orecchie.

“Stai scherzando, vero?”

Lui le si piazzò davanti, sostenendo il suo sguardo.

“Non è più il momento di scherzare. Sei fuori Cameron. Vattene a casa.”

“Tu… non puoi farmi questo”.

Aveva le lacrime agli occhi.

“Certo che posso”, la contraddisse lui, “Sono il tuo capo, rammenti?”

“Sei un bastardo, ecco cosa sei”, ribatté lei con voce venata.

“Non si discute, Cameron. Sei in ferie per un po’. Vattene a sciare, o al mare, o stai a casa e rifletti sulla tua misera vita. Fai quello che ritieni più giusto, ma per il momento sei fuori. In questo stato non mi servi.”

“Non ti servo??” stava scuotendo la testa con furia, “Cosa pensi che sono? Il tuo gingillo? Non puoi farmi questo House. Non ne hai il diritto”.

“Ma ho il dovere di fornire ai miei pazienti l’assistenza medica migliore. Tu non mi aiuti in questo scopo. E adesso, fuori”.

Allison guardò l’uscio, poi lui, poi nuovamente l’uscio.

“Me la pagherai House”.

Lui la guardò uscire dalla stanza con lunghe falcate.

“Bon voyage, Cameron”.

 

 

An when you feel you’re near the end,

will you just turning over the stars again.”

 

David Gilmour, “Near the end”

 

TO BE CONTINUED...

  
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