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Autore: HaruHaru19    11/07/2012    5 recensioni
[2Min] "Giudica un libro dalla sua copertina, ma leggi anche quello che c'è scritto dentro se vuoi essere preso sul serio."
Sapevo che erano lì e che ci sarebbero stati finchè non fossero riusciti a tirarmi fuori da quella stanza. Per un attimo ebbi pure l'impressione che una parte di me provasse gratitudine, ma immediatamente ricordai che era impossibile che provassi qualcosa. Come può una persona senza più un cuore, provare qualcosa?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Taemin
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Haru's blablabla: Non ci credo! Finalmente sono riuscita a concludere questa long fic (e fuori una! :P) che in realtà amo profondamente, ma è stata davvero dura trascinarla avanti fino ad oggi. Ebbene, non ho molto da dire se non GRAZIE! Grazie mille a chi legge le mie storie, a chi mi sostiene e mi invoglia a continuare a scrivere (perchè, in realtà non ci posso stare senza leggere e scrivere per troppo tempo), grazie a chi ama le mie storie e grazie anche a chi le critica in maniera costruttiva aiutandomi a migliorare sempre di più. Grazie a chi ha avuto pazienza e chi ha seguito questa fic fino all'ultimo! Ma soprattutto grazie a voi che leggete e recensite (quando avete voglia, eh! :P). Grazie a chi ha inserito "Aspettando l'alba" tra le preferite: FeIdEn91 , Hana_ , Kpoplove , LukeY , Min Bi , sarettablack , unbreakable , Uruka , xiah. Grazie a chi l'ha inserita tra le ricordate:  Bommie , HisaHime , _Sharitah_ e a chi l'ha inserita tra le seguite:  BigghLuv , Cry Baby , goddess , Hwang Jae , Jenny219 , JinkiJoon , Joy Redbird , Lee Fei Taemin , LittleMaknae , MiikHy Deafening , SamMeemk , sarettablack , SweetCherryBlossom , unbreakable , Yukosshi , _LoVe_TaE_ 
Dopo questa lunghissima lista, non mi rimane altro da dire che: GODETEVI QUEST'ULTIMO CAPITOLO! :D
Con affetto, Eleonora.


Capitolo 7: Do judge a book from its cover, but read even inside if you want to be taken seriously.

 

Il brusio delle persone che mi circondavano si faceva sempre più alto. C'era un vociare allegro che creava un'atmosfera molto rilassata e accogliente. Non importava che tutte quelle persone, le quali mi osservavano ansiose e trepidanti di parlarmi, fossero dei perfetti sconosciuti per me. Qualcuno che, con altissima probabilità, non avrei mai più incontrato in vita mia. La sala era ghermita di persone e, onestamente, non me lo aspettavo. Certo, sapevo che il mio ultimo libro stava vendendo molto bene, ma l'entusiasmo dei lettori era palpabile e mi dava l'idea esatta del successo ancor maggiore che avevo ricevuto con questo lavoro, piuttosto che con quello precedente. Sospirai sorridendo a una ragazzina, forse una studentessa liceale vista la giovane età, che mi fissava con il libro stretto fra le mani e gli occhi lucidi. Sarebbe stata una giornata lunga e impegnativa: firmare autografi, sorridere alle macchine fotografiche, parlare con i presenti, magari svelare anche qualche pettegolezzo di banale contenuto per far contenta la stampa e dar loro qualcosa di cui parlare nel nuovo numero del proprio settimanale scandalistico. Non era qualcosa che mi aveva preso alla sprovvista quando feci l'incontro con il pubblico per la presentazione del mio primo libro: era tutto più o meno come quando ero un idolo delle ragazzine, l'unica differenza era che, al posto delle fans, adesso trovavo lettori.

Ero diventato uno scrittore in quegli anni. Messa da parte la musica, mi ero dedicato anima e corpo a un'altra forma di arte, forse più personale e diretta di quanto mi fosse mai stato concesso di avere durante i miei giorni di cantante. All'inizio i primi lettori non erano altro che vecchie conoscenze, fans che avevano deciso di sostenermi nel nuovo capitolo della mia vita e che mi incoraggiavano ancora, nonostante le avessi abbandonate senza un apparente motivo. Ma poi i critici avevano iniziato ad apprezzare i miei lavori, avevo iniziato ad accumulare credibilità e il pubblico si era sempre più allargato. Col tempo ero diventato uno scrittore di successo e avevo imparato perfettamente l'inglese. Stavo a Chicago, la cosiddetta città del vento, con i suoi temporali spaventosi e i suoi inverni glaciali, ma anche la città dei primi grattacieli e del blues. Amavo quella città, su questo non c'era dubbio. Vivevo a Chicago da dieci anni, ormai. Non odiavo il clima un po' ostile, perché mi aveva insegnato a respirare. Non odiavo le strade chiassose e le persone onnipresenti, perché mi avevano reso parte di qualcosa. Non odiavo la mia scelta di partire per l'America, perché mi aveva reso più forte. Finalmente vivevo, e non c'era cosa migliore al mondo. Risentivo della lontananza dalla mia famiglia e dagli amici, ma ero rimasto in contatto con molti di loro. Alcuni erano pure venuti a trovarmi nel mio artistico loft: JinKi, Kibum e JongHyun per primi. Ma io non ero mai tornato a Seoul. Quella città rappresentava la fonte delle mie lacrime, il nido delle sofferenze. Adesso ero felice e non volevo barattare quel prezioso attimo di benessere per nuovi drammi.

Non avevo più visto MinHo. Non avevo avuto nessun tipo di contatto con lui, dopo il nostro addio a Seoul. Per un bel po' di tempo, la rabbia e la ferita per il suo tradimento avevano bruciato sotto la pelle, ma poi ero maturato e il dolore era scomparso. Lentamente mi ero trasformato in una persona nuova, ora ero un ventottenne più saggio e più riflessivo, una persona che aveva deciso di lasciarsi alle spalle tutti gli errori e i dissidi del passato, qualcuno che non si faceva più uccidere dalla solitudine. Ne era passata di acqua sotto i ponti e, finalmente, era tutto scivolato via. Non mi rimaneva altro che continuare a guardare e in avanti e non c'era altro se non la mia strada.

Fra un sorriso e un autografo, il tempo passò più velocemente del previsto e, quando la sala si fu svuotata gradualmente, posai la penna sul tavolo, spossato. Chiusi gli occhi passandomi una mano sul viso e mi rilassai completamente sulla poltrona. Immaginai di trovarmi tra le confortevoli pareti di casa mia, magari con un bicchiere di vino rosso di mano mentre mi rilassavo godendomi la serata. L'indomani avrei avuto un incontro con l'editor, prima di partire per una nuova presentazione a New York, due giorni dopo. Rilassarmi un po' mi avrebbe fatto solo bene.

I pensieri scivolarono a cosa avrei potuto mangiare per cena, magari mi sarei fatto consegnare qualche piatto take away, tanto per evitare anche la fatica del cucinare. L'idea mi allettava.

Qualcuno si schiarì la voce e mi fece scivolare la propria copia sotto gli occhi, per farla autografare. Mi ricomposi velocemente ma, nel mentre in cui stavo per chiedere a chi dovessi dedicarla, la persona che si trovava davanti a me parlò.

<< Se te ne vai adesso, ti porterai via la parte più grande di me. Non andare, loro non sanno quanto è difficile trovare un amore come il nostro. Come potremmo lasciarlo scivolare via?Finiremo col pentirci di quello che ci stiamo dicendo oggi... >>

Sorrisi mentre firmavo sulla pagina candida del libro. Conoscevo quelle parole, le avevo scritte io, facevano parte della mia opera. Non era certo la prima volta che un lettore recitava una piccola parte della storia per poi commentarla con me o per farmi domande al riguardo. Alzai lo sguardo e incontrai quello del mio lettore, nascosto dietro alle sottili lenti degli occhiali da vista che portava elegantemente sul naso, i quali circondavano in modo pulito e poco pacchiano gli occhi grandi. Aveva capelli scuri, lunghi abbastanza da ricoprire le orecchie e parte della fronte, ma non in modo esagerato, e leggermente spettinati dal vento forte che soffiava fuori da lì. Indossava dei jeans neri su delle scarpe eleganti e lucide, mentre il resto era nascosto da un trench blu scuro lungo fino a metà coscia. Risalii con lo sguardo, passando per la pelle diafana del collo e il tratto deciso della mandibola, fino ad arrivare alle labbra piene e rosse come un frutto primaverile maturato. Le stesse labbra che di lì a mezzo secondo dopo si riaprirono.

<< Abbracciami, perché è difficile per me dirti che mi dispiace. Dopo tutto quello attraverso il quale siamo passati, dopo tutto quello che è stato detto e fatto, tu rimani semplicemente la parte di me che non riesco a lasciar andare. Non potrei attendere un altro giorno ancora, non vorrei dover rimanere ancora più a lungo lontano da colui che amo. Davvero, non sono il tipo che chiede scusa facilmente, ma voglio seriamente farti sapere che sono dispiaciuto. E non importa se ci ho messo così tanto tempo, ma importa il fatto che voglio sistemare ogni cosa con te. Scusami, ma non chiedo altro che un abbraccio. >>

<< Non c'è una conversazione simile nel libro. >>

<< Lo so >> rispose l'uomo << Ma ci tenevo davvero a farti sentire queste parole. >>

Mi alzai e mi avvicinai lentamente a quella figura slanciata e più alta di me solo di qualche centimetro. Lo vidi guardarmi titubante, inconsapevole di cosa stavo per fare. Poi azzerai la distanza fra i nostri corpi e lo abbracciai. Respirai l'odore dei suoi capelli e della sua pelle e il corpo, sotto gli spessi strati di vestiti, mi sembrò molto più magro di quanto ricordassi.

<< Come stai, MinHo? >> gli sussurrai a un orecchio per poi sciogliere l'abbraccio e incontrare nuovamente il suo sguardo << Ti è peggiorata la vista? >> chiesi indicando gli occhiali con un gesto rapido della testa.

<< Tutto è peggiorato da quando non mi sei più accanto, Taemin. >>

<< Non parlare così. >> adesso ero io che mi sentivo in colpa, quindi finsi un sorriso di cortesia << Sono qui, vedi? Vada come vada, finiamo sempre con il ritrovarci perché non ha più importanza quanto io sia stato arrabbiato con te in passato, ormai dobbiamo semplicemente andare avanti ed evitare di far diventare grigio un altro colore ancora. >>

<< Permettimi di portarti a cena. >> propose lui, prendendomi alla sprovvista.

Ci pensai un po' su, ma infine decisi che poteva andar bene. Non avevo impegni, ero libero e una cena tra vecchi amici poteva portare solo a buone cose, no? Accettai e vidi i suoi occhi illuminarsi come quelli di un bambino, nonostante avrebbe compiuto trent'anni nel giro di una settimana, se non ricordavo male la sua data di nascita. Mi infilai cappotto, sciarpa e guanti per proteggermi dal freddo pungente che avrei trovato una volta uscito dall'edificio, raccolsi le mie cose e salutai con un gesto della mano il mio PR che stava ancora discutendo con qualche pezzo grosso in fondo alla sala ormai deserta.

Uscimmo dall'edificio e fummo aggrediti dalle ventate gelide tipiche di Chicago. Io ero abituato a quel clima ormai, ma vidi che MinHo cercava di non dar a vedere il fatto che il vento tagliente penetrava tra le pieghe di quei vestiti troppo leggeri e gli attanagliava la pelle, perciò mi avvicinai a lui e gli cinsi la vita con un braccio, preoccupato anche del fatto che potesse scivolare sulle lastre di ghiaccio che si facevano sempre più spesse e che ricoprivano gran parte del marciapiede. Lo sentii sussultare, ma non ero certo se fosse stato per il freddo o per il mio tocco, perciò mi infilai rapido in un locale nel quale ero già stato un paio di volte e che non si trovava molto lontano. Ci sedemmo a un tavolo e ordinai io per entrambi, dato che la conoscenza dell'inglese di MinHo era rimasta tale e quale a come me la ricordavo, una cioccolata calda con panna e degli stuzzichini tanto per fermare un po' la fame prima dell'ora di cena. MinHo si guardava attorno, curioso di trovarsi in un ambiente così diverso da quello al quale era abituato, mentre io osservavo lui.

<< MinHo? >> richiamai la sua attenzione, curioso di sapere una cosa.

Lui mi guardò serio, e con quegli occhi profondi mi spronava ad andare avanti.

<< Ti vedi con qualcuno, per caso? >> chiesi rapido, timoroso di aver strappato il filo invisibile che teneva in equilibrio il nostro rapporto.

Lo vidi sospirare, abbassare gli occhi per poi rialzarli e fissarli nei miei. << Ci ho provato, ma con il tempo ho realizzato che stavo solo prendendo tempo fino al giorno in cui sarei stato abbastanza coraggioso per venire a chiederti scusa onestamente. Ho capito che per te ci sarei sempre stato, fino a quando le stelle non avrebbero brillato più, fino a quando il paradiso avesse iniziato a bruciare. Ho capito che ci saresti stato tu nella mia mente e nella mia anima anche se non potevo averti fisicamente, sempre, fino al giorno della mia morte. Ma non parliamo di me, raccontami di te. Non ti vedo da dieci anni, Taemin. Non hai idea di quanto tu mi sia mancato. Dieci anni.>> i suoi occhi divennero lucidi, sembravano pietre preziose, nere come la pece e brillanti come il Sole << Ti vedi con qualcuno? >> mi rigirò la domanda che io stesso gli avevo fatto un paio di minuti prima.

<< Mentirei se ti dicessi che non ho incontrato nessuno in tutto questo tempo, ma qualcosa mi diceva che non erano quelli giusti. >> risposi.

<< Cosa te lo faceva intendere? >>

<< Lo capivo perché desideravo che loro fossero te. >> confessai allungando una mano sul tavolo e strinsi leggermente la sua. MinHo osservò a lungo le nostre mani posate una sull'altra, timidamente, e poi intrecciò le sue dite con le mie.

<< Sai, mi infuriavo ogni volta che ti immaginavo tra le braccia di un altro. Le tue mani intrecciate alle sue, le sue labbra sulle tue, la sua bocca che ti sussurrava le parole che io avrei voluto dirti. Adesso capisco come ti sei sentito quando... >> tremò leggermente prima di iniziare di nuovo a parlare << Prova a capirmi, Taemin: ho fatto degli errori, ma sono solo un uomo! Per questo ti chiedo scusa ancora una volta, e mille altre volte ancora te lo dirò, fino alla fine dei tempi, finché non mi crederai e deciderai di fidarti nuovamente di me. Perché voglio essere io l'uomo che ti sussurrerà le parole che avrai bisogno di sentirti dire. Voglio essere l'unico a conoscere il sapore delle tue labbra, l'unico a tenerti stretto a me e ad abbracciarti quando avrai paura, l'unico ad accarezzare questi adorabili capelli che ti sei fatto... >> aggiunse passando una mano tra i miei capelli, che adesso brillavano di un castano caldo e luminoso << Ma soprattutto voglio essere l'unico uomo al quale appartiene il tuo cuore. Perché, per me, è così. Non c'è nessun altro al di fuori di te. E posso giurarti che sarà sempre così, da ora in poi. >>

<< Ti credo, MinHo >> dissi sorridendo. Avevo atteso così tanto tempo. Non per sentirgli dire quelle parole che, nonostante tutto, mi facevano pure piacere, ma per vedere lo sguardo con il quale mi osservava. C'era dispiacere, in quello sguardo. E pentimento. E voglia di iniziare da capo. E amore. Soprattutto amore.

<< Ti amo, MinHo. >> cercai di non fargli notare troppo la mia voce spezzata e gli occhi che si stavano inumidendo a causa delle lacrime << Impacchettiamo i nostri vecchi sogni e anche le nostre vecchie vite. Sono sicuro che riusciremo a trovare un posto dove il Sole brilla ancora, perché non possiamo tenere tutto questo nascosto nelle tenebre. >>

Lui si sporse verso di me e, aiutandosi con la mano dietro il mio collo, mi accompagnò verso il suo viso finché le nostre labbra non si scontrarono nel bacio più morbido e vero che avessi mai dato.

Ci staccammo per prendere fiato e MinHo mi sorrise << Ti amo, Taemin. Ti ho sempre amato. >> e le nostre labbra si incontrarono una volta ancora.

Questa era la felicità. Eravamo finalmente felici, tutto il resto non ci importava.

Non ci importava degli sguardi e dei bisbigli a mezza voce delle persone attorno a noi. Non ci importava delle cioccolate non più calde che ancora aspettavano di essere bevute. Non ci importava niente, se non di noi.

Non importava che io fossi Lee Taemin.

Non importava che lui fosse Choi MinHo.

Non importava che, fuori per le strade, il vento gelido correva rapido a ferire le persone.

Tutto quello che importava era che, da adesso, non ci sarebbe più stata una fredda e solitaria notte d'inverno a tenerci lontani.

Perché io ero Lee Taemin. Perché lui era Choi MinHo. Perché ci amavamo.

E questo non sarebbe cambiato mai, neanche dopo aver visto migliaia di albe assieme.

<< Sono stato bravo questa volta, vero Taemin? >> rise lui mentre i nostri nasi si sfioravano << Sono riuscito a prendere il treno in tempo, questa volta! >>

Ricordavo quelle parole. Era il consiglio che gli avevo dato l'ultima volta che ci eravamo visti, prima che io partissi lasciandomelo alle spalle.

<< In realtà c'è un aereo che parte fra tre giorni per New York. >> risposi io ammiccando << Cosa ne dici, te la senti di venire con me? >>

<< Sì. >> soffiò teneramente lui, avvicinandosi di nuovo alle mie labbra. << Ora e per sempre, io ci sarò. >>

  
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