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Autore: valina_babi    13/07/2012    1 recensioni
Ho sempre amato New Moon, credo che dell'intera saga sia il mio libro preferito, e come personaggio amo in modo incondizionato Edward, anche se in certi momenti lo prenderei a noci; di lui mi affascina la mente, il modo di ragionare, pensare, vivere la vita e i sentimenti.
Per questo motivo quando zia Steph decise di scrivere Midnight Sun ho gongolato come non mai saltellando come una pazza per giorni... per poi avere istinti omicidi sia verso di lei, sia verso chi non ha retto e ha pubblicato tutto sul web, con conseguente decisione della Steph di non continuare (sgrunt).
Come era prevedibile non ho saputo resitere e ho divorato i 12 capitoli di Midnight Sun, e secondo il mio modesto parere la saga vista da Edward sarebbe molto pià bella, per questo ho deciso di scrivere la mia personalissima versione di New Moon, vista da Edward ovviamete, mostrando i luoghi e le fasi più buie della sua lontananza da Bella.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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Ho sempre amato New Moon, credo che dell'intera saga sia il mio libro preferito, e come personaggio amo in modo incondizionato Edward, anche se in certi momenti lo prenderei a noci; di lui mi affascina la mente, il modo di ragionare, pensare, vivere la vita e i sentimenti. Per questo motivo quando zia Steph decise di scrivere Midnight Sun ho gongolato come non mai saltellando come una pazza per giorni... per poi avere istinti omicidi sia verso di lei, sia verso chi non ha retto e ha pubblicato tutto sul web, con conseguente decisione della Steph di non continuare (sgrunt).
Come era prevedibile non ho saputo resitere e ho divorato i 12 capitoli di Midnight Sun, e secondo il mio modesto parere la saga vista da Edward sarebbe molto pià bella, per questo ho deciso di scrivere la mia personalissima versione di New Moon, vista da Edward ovviamete, mostrando i luoghi e le fasi più buie della sua lontananza da Bella.

Grazie in anticipo a chi avrà voglia di leggere i miei personalissimi viaggi nella mente di Endward.

Buona Lettura

Valina




1. Festa


Era stata l’estate migliore dei miei cento anni, normalmente mi sarebbe sembrato un periodo insignificante, un attimo se paragonato alla mia eterna esistenza, e invece no. Era stata lei a renderla speciale, lei con cui da sei mesi condividevo la mia vita e il mio cuore, lei che era riuscita a fare battere il mio cuore di pietra che mai più avrebbe dovuto battere, mi aveva fatto scoprire l’amore e affrontare l’inferno e il mostro che era dentro di me, pronto a saltare fuori al minimo accenno di rossore sulle sue guance, a ogni balzo del suo piccolo cuore. Ma mai avrei potuto farle del male, mai avrei potuto nuocerle, lei era mia, come io ero suo e questa era una verità insindacabile, nulla avrebbe potuto cambiarla.

Bella mi aveva ridato la vita, senza di lei la mia esistenza non avrebbe avuto più senso.

Solo grazie al mio potere potevo rendermene conto appieno.

Solo ascoltando le menti di chi mi stava accanto potevo percepire quanto fossi cambiato, quanto Bella, seppur tenera e fragile umana, fosse riuscita a modellare la pietra dura che mi risiedeva in petto al posto del cuore.

Lei così tenera e dolce era riuscita a risvegliare in me sentimenti umani che credevo scomparsi, avevo scoperto cosa si provava ad amare, e finalmente capivo appieno Esme e Carlisle, i miei genitori adottivi, e il loro amore sconfinato, e a dire il vero li invidiavo.

Sì la mia era invidia perché mai avrei potuto lasciarmi andare del tutto, dovevo sempre mantenere un freno, non potevo mai lasciare che il mio amore si esprimesse per intero o avrei rischiato di fare del male a Bella.

Era frustrante doverla accarezzare trattenendosi perché la mia forza terribile avrebbe potuto sbriciolarla, ancor più non poterla baciare come avrei voluto.

Era stato insopportabile il solo pensiero di perderla quando la primavera successiva era sopravvissuta per poco all’attacco di James. Mi logorava e tormentava il pensiero di essere arrivato appena in tempo, di averla salvata per un pelo, di averla vista, li davanti a me mentre bruciava, di aver dovuto decidere se la visione di Alice si sarebbe avverata o meno…ma non potevo pensare a Bella vampiro, non riuscivo a pensare che lei perdesse la sua anima, né tanto meno riuscivo a immaginare la mia vita senza di lei.

Che cosa avrei fatto se non fossi arrivato in tempo, se James l’avesse uccisa?

Probabilmente avrei trovato un modo per cessare la mia esistenza.

Non potevo vivere senza di lei. Non avrei mai potuto. E sempre questo pensiero mi tormentava.

Il pensiero di poter essere io la causa della sua fine, io essere miserevole e spregevole, per natura un mostro.

La amavo incondizionatamente, ma ogni volta odiavo sempre di più me stesso.

Avrei voluto essere umano, mai come ora capivo Rosalie, per poter dare a Bella tutto quello che voleva senza correre alcun rischio.

“Edward…si può?” era la voce di Alice,la mia sorella preferita…non risposi, ero troppo impegnato a rimuginare sui miei tormenti.

Era la prima sera da molto tempo che non rimanevo da Bella, adoravo guardarla dormire e ascoltarla parlare nel sonno, ma quella sera ero andato a caccia e poi ero rimasto a casa, avrei dovuto aiutare Alice a rifinire i dettagli per la festa di Bella, ma il mio umore era pessimo e avevo deciso di starmene da solo a pensare, in quella condizione non sarei stato di grande aiuto… starmene chiuso in camera a pensare in quei casi era la cosa migliore che potessi fare, per questo decisi di ignorarla

“Edward o mi rispondi o butto giù la porta!” l’ondata di irritazione che i pensieri di Alice emanavano mi travolse, risvegliandomi totalmente dai miei ragionamenti, mi alzai stancamente e le aprii la porta.

Come un fulmine, senza che le dicessi nulla, entrò nella mia stanza come una folata di vento e si sedette a gambe incrociate sul mio divano nero. Sprizzava energia da tutti i pori, e sembrava una diga che sta per crollare..subito intuii che se non l’avessi fermata avrebbe iniziato a esporre la sua idea per la festa di compleanno di Bella.


«Lo sai che per essere così piccola sei davvero fastidiosa?» l’apostrofai con un po’ di risentimento, mi dava fastidio essere stato interrotto nel mio momento di riflessione, ma mi divertivo a punzecchiarla…
 
«Edward, smettila di tenere il muso o dico a Bella qual è il suo regalo!» per tutta risposta ringhiai, ma era un ringhio giocoso.

Non glielo avrei lasciato fare, Bella mi aveva obbligato a non spendere soldi per il suo compleanno, non riuscivo a capire perché ma pensava che fosse uno spreco il fatto che io spendessi soldi per lei….per cui le avrei donato una parte di me stesso, le mie musiche…sapevo, anche senza leggerle la mente, che le sarebbero piaciute più di qualsiasi altro regalo…

«Va bene Alice, che vuoi?»

«Dai…vieni a darmi un consiglio? Ho bisogno di te! Del tuo parere…ho bisogno di sapere se quello che ho organizzato potrebbe piacere a Bella», mi disse in modo implorante. "E poi se non vieni ti ho detto cosa faccio", aggiunse solo mentalmente. Fu quella ‘minaccia’ a smuovermi, non le avrei permesso di rovinarmi la sorpresa, «Come se tu non lo sapessi già…vero?» certe volte era proprio irritante, aveva già visto come sarebbe andata la serata, sarebbe filato tutto liscio, senza intoppi, solo con qualche ‘lamentela’ di Bella perché quello che aveva organizzato era troppo, ma nonostante questo voleva il mio aiuto.

La seguii nel suo studio e passai il resto delle poche ore che ci separavano all’alba a preparare con lei la festa per Bella, e a pensare che finalmente di lì a poche l’avrei finalmente rivista e abbracciata.

 

Finalmente arrivò il momento e io e Alice salimmo sulla Volvo, e in un baleno eravamo già nel parcheggio della Forks High.

Decisi di appoggiarmi alla macchina in attesa che Bella arrivasse, e lo stesso fece Alice.

Fu l’udito ancor prima della vista ad avvertirmi dell’arrivo di Bella, il rumore del suo Chevy oramai decrepito era proprio fastidioso, soprattutto se avevi l’udito super sensibile di un vampiro…
Bella parcheggiò e subito Alice le si fece incontro raggiante 

«Buon compleanno, Bella!» Sì la mia piccola sorellina non stava proprio nella pelle, era tanto che nessuno di noi festeggiava un compleanno e ormai noi lo sapevamo, Alice aveva un debole per l’organizzazione delle feste, anche se i suoi gusti, erano un po’ troppo barocchi ed esagerati…in certi casi, e questo era proprio uno di quelli. E

ro sicuro, quasi al cento per cento che Bella avrebbe preferito qualcosa di semplice, oppure nulla come ci aveva espressamente chiesto.


«Shhh! Non dire quella parola!» sibilò. E si guardò attorno, odiava attirare l’attenzione su di lei e un compleanno era precisamente quello che l’avrebbe messa al centro dell’attenzione di tutti i suoi amici.

Alice però non le diede ascolto, dicendo solo a mente "Non ho intenzione di ignorare questa festa, insomma dovrebbe essere un giorno importante per lei… perché non se ne rende conto?" le lanciai un’occhiata e alzai in modo impercettibile le spalle, eravamo maghi nelle nostre conversazioni mute.

Alice continuò, come se nulla fosse successo e come se Bella non avesse detto nulla né tanto meno protestato,

«Il regalo lo vuoi ora, o aspetti?» mentre mi raggiungevano.

«Ti avevo detto che non volevo regali» borbottò. Alice si rabbuiò, accorgendosi che l’umore di Bella non era dei migliori, che le fosse successo qualcosa nelle poche ore che ero stato lontano da lei?, e le rispose

«Va bene…più tardi allora. Ti sono piaciuti i regali dei tuoi? A me sono sembrati regali tanto carini…» non le dava tregua, era ovvio che Alice sapeva cosa Charlie e Reneè avrebbero regalato a Bella, ma perché tartassarla in quel modo? Bella sospirò, come se fosse infastidita

«Si. Grande» non era molto attaccata ai beni materiali.

«Secondo me è una bella idea. In fondo, l’ultimo anno e il diploma vengono una sola volta e vanno documentati.»

«Tu quanti diplomi hai già avuto?»

«Ok. Ok. Lasciamo perdere.» non riuscii a trattenere un sorriso nel sentire le loro parole.

Bella riusciva sempre a scherzare sul fatto che fossimo vampiri, e molte volte ancora mi stupivo, che dopo quello che era successo a Phoenix, non fosse fuggita via da me urlando che non mi voleva più rivedere.
Non appena mi raggiunsero le offrii la mano, Bella la prese, mi fissò negli occhi e il suo cuore saltò un battito. Avrei dovuto abituarmi al suo cuore ballerino, che era lo specchio delle sue emozioni, ma lo amavo talmente che non sarei mai riuscito a farne a meno.

Sollevai la mano rimasta libera e le sfiorai il contorno delle labbra con la punta di una dito dicendo

«Quindi, come stabilito, non posso farti gli auguri o pronunciare quella parola, giusto?»

«Vedo che hai capito benissimo»

«Grazie per la conferma» mi sistemai i capelli, un gesto inutile, di routine ma necessario a mascherare la mia immobilità agli altri esseri umani «Speravo avessi cambiato idea. Di solito la gente adora compleanni, regali e cose del genere.» Alice rise.

«Dai, sarà fantastico, oggi tutti saranno ai tuoi ordini e poi ci saranno i regali e tutto il resto, cosa ci può essere di tanto orribile?” era una domanda retorica ovviamente, ma Bella rispose «Che divento vecchia.»

Voleva sembrare dura, la sua era una frecciatina rivolta a me, sapevo bene quale regalo voleva da me, ma mai e poi mai avrei potuto concederglielo, mai e poi mai avrei posto fine alla sua vita per trasformarla in un mostro, non le avrei mai rubato l’anima, mai l’avrei condannata a un’esistenza di bruciore e sete, anche se questo significava che un giorno l’avrei persa. Mi irrigidii. Non potei evitarlo.

Fu Alice a cogliere il mio cambio di umore e tentò di smorzare la situazione aggiungendo «Diciotto anni non vuol dire essere vecchia, o hai già intenzione di metterti a contare le tua zampe di gallina?» ma l’umore di Bella non accennava a migliorare.

«Sono più vecchia di Edward»

«Tecnicamente, sì. Ma solo di un anno. E poi se vai a contare all’anagrafe…lui è un vecchietto al confronto tuo.» Nulla le avrebbe tolto il buon umore, in quel momento la sua mente era già volata alla festa di quella sera, per questo si affrettò a spostare su quell’argomento la conversazione. «A proposito. A che ora vieni da noi?» ovviamente Bella non sapeva della festa che le avevamo organizzato per cui sembrò cadere dalle nuvole, oppure aveva capito e non voleva venire?

Desiderai tremendamente di poterle leggere la mente, ancora una volta provai ma da lei arrivava solo silenzio.

«Non sapevo di essere invitata.»

«Oh, dai, sii buona! Vorrai farci perdere la festa, vero?»

«Pensavo di poter essere io a decidere il giorno del mio compleanno…» sì, aveva perfettamente capito di cosa parlava, e non sembrava voler cedere.

La mia piccola umana testarda, era anche per questo che la amavo… ma quella volta non gliel’avrei data vinta, o Alice non mi avrebbe lasciato in pace per un pezzo, per cui risposi io per lei

«La passo a prendere subito dopo la scuola.» Provò lo stesso a protestare «Ma oggi lavoro»

«Invece no. Ti ho già preso la giornata libera, ti sostituisce la madre di Newton e mi ha anche chiesto di farti gli auguri.»

«Ma.. non posso venire.» Balbettò, si vedeva chiaramente che era in cerca di una scusa, e io ero curioso di quale sarebbe stata. «Non ho ancora visto Romeo e Giulietta, per inglese.» Alice sbuffò.

«Ma se lo sai a memoria.»

«Berty dice che dobbiamo vederlo rappresentato come voleva Shakespeare sennò non rende.» Alzai gli occhi al cielo per non farmi scappare un sogghigno che pessima attrice che era. Alice non si voleva arrendere

«Hai già visto il film.»

«Si, ma non quello degli anni sessanta, secondo il professore è la migliore in circolazione.» Alice stava perdendo la pazienza e il buon umore, le lanciò un’occhiataccia.

«Con le buone o con le cattive, Bella, in un modo o nell’altro..» fermai appena in tempo la minaccia che le avevo letto nella mente, rivoltando come una frittata quello che lei aveva detto poco prima sui compleanni.

«Tranquilla, Alice. Lascia che Bella veda il film. È il suo compleanno.»

«Appunto.» Mi diede man forte Bella.

«Saremo a casa per le sette. Così potrai finire di sistemare tutto alla perfezione» finalmente Alice tornò a sorridere di nuovo, con mio grande sollievo, sapevo che mi avrebbe dato il tormento se non fosse riuscita la sua festa. Rise.

«Così va meglio. Allora a sta sera Bella!» Sorrise, le diede un buffetto sulla guancia e si allontanò a passo spedito senza lasciarle il tempo di rispondere. Bella allora si volse verso di me, sembrava un condannato a morte che va al patibolo

«Ti prego Edward..» cominciò cercando di implorarmi, ma io tagliai corto,

«Ne parliamo dopo. Siamo già in ritardo.» Il che era per altro vero ormai eravamo gli unici rimasti nel parcheggio. Ci affrettammo verso la nostra lezione, nessuno ci guardò mentre ci sedevamo, fui io a lanciare un’occhiata a Newton. Mi dava sempre più sui nervi. Ora tentava anche di imitarmi, “Quanto possono essere patetici gli umani quando cercano di attirare la loro preda” pensai con un moto di disgusto.

Era proprio irritante anche perché in molti casi i suoi pensieri erano troppo espliciti, e, soprattutto quando riguardavano Bella, la mia ragazza, dovevo trattenermi dal desiderio di ucciderlo. “Non puoi farlo, non devi farlo, è amico di Bella e la feriresti. E poi dopo averlo ucciso dovresti fuggire da Forks, lasciare Bella perché rischieresti di fare scoprire la tua  famiglia.”  Questo mi ripetevo ogni volta che il desiderio di ucciderlo o anche solo terrorizzarlo in modo che smettesse con le sue fantasie che giungevano nella mia mente a livello urlo.
Evitammo apposta l’argomento compleanno, personalmente non volevo guastare l’umore di Bella e nemmeno quello di Alice e quell’argomento avrebbe portato certamente tensione.

A pranzo ci sedemmo al solito tavolo, assieme agli amici umani di Bella, vigeva una sorta di tacito accordo tra tutti noi. Noi non parlavamo a loro, loro ignoravano noi. Quella sarebbe stata la reazione giusta, essere intimoriti dalla nostra presenza, eleganza e alterità.

Il pomeriggio trascorse lento. Non accadde nulla di particolare, solo la normale routine scolastica. All’uscita mi diressi al pick-up di Bella, Alice aveva riportato a casa la Volvo e si sarebbe occupata dei preparativi che mancavano per la festa.

Senza pensarci mi avvicinai alla portiera del passeggero e la aprii, per me era una cosa assolutamente normale, così mi era stato insegnato, così prevedeva la mia educazione: essere gentiluomo e cavaliere, sempre. 


«È il mio compleanno, posso guidare?» disse Bella appoggiandosi dalla parte del guidatore a braccia incrociate, adoravo quando faceva l’imbronciata e ostentava una forza che non aveva.

«Mi hai chiesto tu di ignorarlo.»

«Quindi, se oggi non è il mio compleanno sta sera non devo per forza venire..»

«Va bene.» Mi innervosiva e insieme divertiva il suo comportamento, per cui continuai a stuzzicarla. «Buon compleanno.» E mi diressi alla portiera del guidatore aprendogliela.

«Sssh…» mi zittì senza troppo entusiasmo, salì e mise in moto.

Nel tragitto giocherellavo con la sua autoradio, lo facevo apposta, sapendo quale sarebbe stato il regalo di Emmet e Rosalie.

«Mamma mia! Questa radio prende proprio male…senti come gracchia.» Aggrottò le sopracciglia, sembrava davvero arrabbiata.

«Vuoi una radio migliore? Guida la tua Volvo!.» Rispose acida.

Quando parcheggiò davanti a casa di Charlie le presi il volto tra le mani, delicatissimo, la sua pelle era come porcellana tra le mie mani 

«Dovresti essere felice, quando se non oggi?» le sussurrai, il viso a  pochi centimetri dal suo.

«E se non volessi esserlo?» chiese, ma aveva già il fiato corto.

«Peccato risposi» i miei occhi fissi sui suoi. Poggiai le mie labbra sulle sue baciandola dolcemente, i sensi all’erta, attento a non esagerare. Come sempre lei non mi aiutò, mi strinse forte, gettandosi con foga nel bacio. Sorrisi mentre mi staccavo dal caldo bacio e scioglievo il suo abbraccio.

«Bella, per favore» sussurrai, vicino, troppo vicino al suo collo e all’odore invitante del suo sangue, ma non era solo il suo sangue a tentarmi, era anche il suo corpo. Era in questi momenti che desideravo maggiormente essere umano, per poter stare con lei appieno senza preoccupazioni, senza temere di farle del male.

Posai di nuovo le mie labbra sulle sue prendendole le mani e incrociandogliele sullo stomaco “per stare più sicuro” mi dissi.

Sentivo il suo cuore martellarle in petto.

«Pensi che un giorno migliorerò?» chiese «Che un giorno il mio cuore smetterà di battere all’impazzata non appena mi sfiori con un dito?»

«Mmm…Spero proprio di no, spero proprio che resti così per sempre..» risposi compiaciuto, amavo quel suono, non avrei saputo farne a meno perché metteva a nudo quelle emozioni che non potevo sentire nella sua testa.

Alzò gli occhi al cielo.

«E adesso andiamo a vedere come si ammazzano tra di loro i Capuleti e i Montecchi, ok?» disse avviandosi e aprendo la porta di casa.

«Agli ordini!» e mi lasciai sprofondare sul divano, pronto ad accoglierla tra le mie braccia.

Quando mi raggiunse dopo aver fatto partire il nastro afferrai il plaid che se ne stava abbandonato sullo schienale sul sofà e ce la avvolsi dentro, ero consapevole che la temperatura gelida del mio corpo l’avrebbe congelata altrimenti.

«Sai Romeo mi fa venire nervi.» L’avevo punta sul vivo, perché ribatté offesa

«Cos’ha che non va Romeo?», evidentemente, come tutte le donne tendeva ad innamorarsi di uno come Romeo.

«Be’, è un tantino volubile, un po’ banderuola…prima è innamorato pazzo di questa Rosalina.. poi si innamora perdutamente di Giulietta. Poi, massimo della furbizia, pochi minuti dopo il suo matrimonio, per vendicare il suo migliore amico uccide Tebaldo, il cugino di Giulietta. Non è molto intelligente. Commette un errore dopo l’altro. Rovina con le sue proprie mani, la sua felicità».

Sospirò «Se vuoi, lo guardo da sola?» disse per punzecchiarmi.

«Non ti preoccupare, tanto io guarderò te.» Sì, lei era il migliore spettacolo che io potessi guardare. Disegnavo cerchi immaginari sul suo braccio, notai la sua pelle d’oca, solletico o eccitazione? Mi sorpresi a pensare.

«Piangerai?» continuai.

«Se seguo il film, quasi sicuramente.»

«Proverò a non distrarti.» Volevo vedere le sue reazioni davanti al film, ma non potei trattenermi dal baciarle i capelli, e dal sussurrarle all’orecchio le battute di Romeo, che conoscevo a memoria.

Con grande stupore sentii che il suo cuore batteva all’impazzata ogni volta che parlavo, chissà forse sognava di essere la mia Giulietta, io speravo di no, alla fine Giulietta finisce male, io speravo con tutto il cuore che  tra noi ci fosse il lieto fine e non la tragedia.
Sorrisi quando si mise a piangere quando Giulietta si svegliò trovando Romeo morto ai suoi piedi.

«Ti confesso,un po’ qui invidio Romeo» dissi, asciugandole gli occhi con una ciocca di capelli.

«Sì, in effetti l’attrice che fa Giulietta è molto carina.» Aveva frainteso, come solito, aveva avuto il sopravvento la sua bassa autostima. Risposi disgustato, come poteva ancora non credere di essere speciale?

«Non invidio l’attore per la ragazza…ma Romeo per la facilità con cui si è suicidato. Per voi umani è così facile! Siete tanto fragili! Vi basta assumere del veleno…»

«Cosa?» esclamò come scandalizzata.

«Una volta ci ho pensato, e grazie a quello che Carlisle mi aveva raccontato sapevo che per noi non è altrettanto semplice. Lo sai, dopo  aver capito cos’era diventato ha tentato in mille modi senza riuscirci..» poi aggiunsi ironicamente «Oltretutto, è in perfetta forma.» Si voltò e mi guardò negli occhi

«Cosa? Che vuol dire ‘una volta ci ho pensato?» Impossibile continuava a non capire, perché certe volte non era perspicace come solito? Non ci tenevo a ricordare la primavera precedente e il nostro viaggio a Phoenix, non piaceva a me e men che meno a lei..

«L’anno scorso, a Phoenix, quando hai rischiato di.. morire..» respirai, il mio tono mi avrebbe tradito, invece volevo continuare a sembrare calmo, non volevo mostrarle quanto avevo temuto di perderla e che non sapevo come vivere senza di lei «Certo, cercavo mi sforzavo in tutti i modi di arrivare in tempo, di trovarti viva. Ma una parte di me pensava al peggio e pensava alle alternative. Noi non siamo fragili come voi umani, per noi non è così semplice» Un’ombra passò sul suo viso, e si passò involontariamente un dito sulla cicatrice fredda che aveva sul polso, il segno dei denti di James.

Scosse la testa, come per tornare presente, come volesse scacciare i ricordi dalla mente e poi tornò a fissarmi.

«Di che parli?»

«Beh non sarei mai riuscito a vivere senza di te», alzò gli occhi al cielo, per lei era una affermazione banale, per me l’essenza stessa della mia vita. Continuai «Non sapevo come fare, non potevo chiedere a Emmett o Jasper, perciò pensai di andare in Italia, di scatenare la furia Volturi.» Guardavo lontano, ma la sentivo tendersi rabbiosa, "Non riusciva a sopportare l’idea che io morissi?” mi crogiolai in questa speranza, era un pensiero egoista, ma non mi importava.

L’amavo e tutto quello che desideravo era stare con lei.

«Chi sono i Volturi?» chiese incuriosita, eppure pensavo di avergliene parlato quando le avevo raccontato la storia di Carlisle…

«Una famiglia. La famiglia di vampiri più antica e potente ancora esistente. La nostra casata reale, più o meno. Li hai visti, nel ritratto con Carlisle, prima di trasferirsi in America ha vissuto con loro a Volterra. Aro, Marcus e Caius, i tre patroni delle arti. ricordi?»

«Sì, certo..» Si illuminò, si era ricordata di quando le avevo parlato di Aro, Marcus e Caius.

«Comunque sia, non vanno scatenati» continuai «A meno che non si cerchi la morte,o qualunque altra cosa ci tocchi.» Mi lanciò uno sguardo inorridito e mi prese il volto tra le mani

«Non devi mai, mai, mai più neanche pensare una cosa del genere! Non importa quello che potrebbe accadermi, ma non permetterò che tu faccia una cosa simile» eccola qui, la Bella che amavo, quella che non sopportava le attenzioni, sì non sopportava l’idea che io mi facessi del male anche se le fosse successo qualcosa, era così altruista? No, semplicemente mi amava.

«È un discorso inutile.. non permetterò mai più che tu sia in pericolo.» Dissi più per tranquillizzare me che lei.

«Come se fosse colpa tua! Non sono forse io che attiro le disgrazie? Come puoi pensare una cosa del genere?» sembrava arrabbiata.

«E tu cosa avresti fatto? Cosa avresti fatto se fossi stata al mio posto?»

«Non è la stessa cosa» soffocai una risata, davvero credeva di amarmi più di quanto io amavo lei?

«Se ti succedesse qualcosa? Sopporteresti l’idea che anche io muoia?» aveva centrato il punto, la amavo a tal punto da non volere distruggere la sua anima, avrei potuto permettere che si facesse del male se mi fosse successo qualcosa? Ma io non lo avrei mai permesso, sarei stato con lei per tutta la sua vita, mi ero convinto che questo mi sarebbe bastato, e poi mi sarei tolto di mezzo,ormai non potevo più pensare di poter vivere senza di lei.

«Forse riesco a capirti.. un po - ammisi - Ma cosa farei io senza di te?»

«Quello che facevi prima di incontrarmi.» Sospirai.

«Per te è tutto così  facile».

«Lo è. In fondo non sono così interessante» decisi di lasciare perdere.

Non sarebbe servito a nulla tentare di spiegarle per l’ennesima volta quanto lei era importante e interessante per me, era diventata il centro della mia vita, di tutta la mia esistenza.

«Lasciamo perdere. Discorso inutile», tagliai corto.

Sentii un rmore ne vialetto e mi staccai da lei, sapevo che suo padre aveva dei limiti di sopportazione molto bassi nel vederci vicini, non aveva tutti i torti a considerarmi la causa dell’infortunio, chiamarlo così era a dir poco riduttivo, della primavera precedente.

«È Charlie?» mi chiese. Poco dopo Charlie entrò dalla porta.

I suoi pensieri erano offuscati, sapevo da chi aveva preso Bella, e non erano molto ben disposti nei miei confronti. Irradiavano fastidio per la mia presenza e insieme sollievo nel vedere Bella felice, nonostante tutto Charlie capiva quanto ci amassimo.

«Ciao ragazzi.» Sorrise entrando, aveva due pizze in mano.

«Ho preso una pizza. Non volevo che anche il giorno del tuo compleanno dovessi cucinare e pulire. Fame?»

«Certo grazie, papà.» Io rifiutai con garbo, come solito, Charlie non avrebbe capito i miei gusti alimentari.

Sentii emanare da lui un lampo di curiosità “Perché questo si rifiuta sempre di mangiare con noi? Sarà schizzinoso o magari è allergico a qualcosa”. Bella me l’aveva detto: Charlie, ricordai, tendeva a crearsi soluzioni di comodo per le domande cui non trovava risposte accettabili. Evidentemente io ero una di queste. E poi ormai ci aveva fatto l’abitudine, l’unica cosa che gli sfuggiva, e che sono sicuro non gli avrebbe fatto piacere, era che io passavo quasi tutte le notti nella stanza di sua figlia.

«È un problema se le rubo Bella sta sera?» vidi un lampo nascosto nei suoi occhi e sentii il lampo del ricordo: l’ultima volta che avevo portato fuori Bella alla sera era stato al ballo, la volta precedente quella malaugurata partita di Baseball. Poi si tranquillizzò.

«Va bene.. tanto sta sera c’è la partita Mariners contro Sox, perciò non sarò molto di compagnia.. ah, aspetta». Poi prese la macchia fotografica che aveva regalato a Bella e gliela lanciò. "Cattiva idea” pensai.

I riflessi di Bella diciamo.. erano abbastanza lenti, per cui la presi io al volo, appena prima che toccasse terra dopo essere sfuggita a Bella.

«Bella presa.» Commentò Charlie. «Se fate una festa, fai qualche foto, lo sai che Reneè ti telefonerà al più presto per sapere se usi i nostri regali.»

«Bella idea Charlie» dissi e la porsi a Bella. Me la puntò contro e scattò la prima foto.

«Funziona» esclamò, come se non ne avesse mai usata una prima di allora.

«Meno male. Ah e salutatemi Alice, è un po’ che non la vedo.»

«Ma se era qui tre giorni fa…» gli ricordò Bella continuando «Glielo dirò».

«Buona serata allora, a più tardi ragazzi.» Con questo ci congedò e si sedette sul divano davanti alla tv.

Sorrisi trionfante,la accompagnai alla macchina, questa volta si sedette al posto del passeggero senza fare storie, presi la strada verso nord. Mi irritava quel catorcio. Più volte le avevo proposto una macchina nuova, ma lei si ostinava a tenere il suo pick-up. Sbuffai.

«Vacci piano. Pensalo come se fosse il nonno della tua Volvo.» Mi ammonì.

«Sai cosa ci vorrebbe per te? Una bella Audi Coupé. Silenziosa e potentissima..» mi divertivo a punzecchiarla

«Per me Il mio pick-up è perfetto, va più che bene ed è indistruttibile. E poi non sopporto gli oggetti costosi e superflui. Non avresti dovuto spendere un soldo in regali di compleanno.»

«Nemmeno un centesimo»

«Bene»

«Posso chiedere un favore?»

«Dipende da che cos’è.» sospirai e diventai serio

«Bella, l’ultima vera festa di compleanno è stata quella di Emmett, nel 1935. Per favore, non fare troppo la difficile questa sera,cerca di divertirti e venirci incontro. Sono tutti su di giri… intendo proprio tutti.»

«Tutti?» la sua voce uscì soffocata, per un attimo ebbi paura per la sua salute. «Credevo che Emmett e Rosalie fossero ancora in viaggio di nozze in Africa».

Sapevo dell’antipatia che Rosalie provava per Bella, ma ne conoscevo i motivi. Più che antipatia vera e propria era invidia, Bella non si rendeva conto della fortuna che aveva, sapevo che sarebbe stata pronta a rinunciarvi, ma non sapeva, non riusciva a capire quanto fosse fortunata a poter cambiare, crescere, invecchiare… era proprio questo che Rosalie le invidiava, ma non ero io la persona più adatta a spiegarglielo, un giorno, se e quando avrebbe voluto, sarebbe stata Rosalie stessa ad aprirsi con Bella, a spiegarsi con lei..

«Emmett ci teneva, ha convinto Rose a tornare prima» mi affrettai a spiegare, il mio fratello orso invece adorava Bella, la trovava buffa, e allo stesso tempo molto forte e coraggiosa, d’altra parte aveva deciso di stare con un vampiro, come poteva essere altrimenti?

«E…Rosalie?»

«Lo so, Bella. Non preoccuparti. Farà del suo meglio. Proverà a non rovinare tutto.» Era questo che le avevo chiesto, nulla più, tentare di rendere la serata il meno teso possibile, non volevo che rovinasse la festa di Bella col suo malumore o le sue battute acide nei suoi confronti o nei miei, in effetti quando si comportava in quel modo le avrei staccato volentieri la testa a morsi, ma poi avrei dovuto fare i conti col mio fratello preferito..
Non mi rispose, sentivo la sua tensione al pensiero di incontrare Rosalie, e sapevo anche che si sentiva in colpa, pensava di essere la causa della prolungata lontananza di Emmett e Rosalie, non poteva immaginare che in realtà nulla centrava con lei, tutti, io in particolare, avevamo qualche problema a sopportare i periodi del dopo matrimonio di Emmett e Rosalie, definirli una coppia focosa era infatti troppo riduttivo, tendevano a sfasciare case, con grande disappunto di Esme che le preparava per loro, e ad essere un po’ troppo espliciti nei loro pensieri, il che ovviamente si rivelava una tortura psicologica per me: non era una delle cose che preferivo sentire pensieri così intimi dei miei familiari… mi sembrava di invadere la loro privacy.
Decisi di cambiare discorso, sapevo che questa rivelazione poteva rovinarle l’umore, e quindi la mia serata e non volevo minimamente che ciò accadesse.

«Allora se non vuoi l’Audi, che regalo preferisci? Sai non vorrei deluderti..» rispose mormorando, quasi avesse paura della mia reazione.

«Sai bene cosa voglio». Ecco, l’unica cosa che mai le avrei dato, su cui non avrei mai ceduto, non avrei mai preso la sua anima, non avrei mai lasciato che il suo cuore cessasse di battere, anche se questo significava non portarla con me nell’eternità, avrei lasciato che vivesse e poi l’avrei seguita: non potevo vivere senza di lei, ma non potevo neanche condannarla ad essere una mostro.
Tentai di tagliare corto non volevo parlare di questo, non sta sera.

«No. Non sta sera, Bella, ti prego. Non parliamone ora»

«Beh, allora magari sarà Alice ad accontentarmi.» Perché  era così testarda? L’amavo proprio anche per questo. Alice si sarebbe mai permessa? Non credo, ma non le avrei nemmeno mai lasciato l’occasione.

D’altra parte sapevo della sua visione, per quello ero stato riluttante a mandarla a Phoenix con Bella, l’avevo pregata di tenerselo per se, e a quanto pareva mi aveva dato ascolto.

«Questo non sarà il tuo ultimo compleanno, Bella». Ringhiai.

«Non è giusto!» Trattenni la risposta che le stavo per dare, non volevo un litigio, ma era li che stavamo per arrivare.
Ormai eravamo arrivati, io già vedevo la casa bianca illuminata, una fila di lanterne appesa alla veranda. I vasi di rose già sulla scalinata. “Chissà se sono riusciti a finire” pensai.

Ma certo Alice ed Esme erano maghe in questo, avrebbero tranquillamente potuto aprire una agenzia di organizzazione eventi. Sarebbe stato tutto perfetto. La sentii gemere.

Vero, tendevo sempre a dimenticare quanto odiasse essere al centro dell’attenzione, probabilmente pensava che fosse troppo. “Perché sottovaluta sempre la sua importanza? Perché non capisce che per noi è una di famiglia? Perché non capisce quanto sia importante per me?” respirai profondamente, volevo che la mia voce suonasse tranquilla e non tormentata da quelle domande.

«È una festa. Cerca di divertirti e di comportarti da brava ragazza.»

«Va bene.» mormorò. Non sembrava convinta. Scesi ad aprirle la porta e le offrii la mano.

«Stavo pensando..» Attesi, allarmato da cosa potesse turbarla.

«Se vi faccio delle foto e poi le sviluppo, vi si vedrà?» giocava con la macchina fotografica. Incredibile che fosse questo a preoccuparla. Non riuscii a non ridere. Era così umana, anche nelle sue preoccupazioni. Ma era per questo che la amavo. La aiutai a scendere dalla macchina, la guidai fino alle scale.

Sentii che tremava leggermente forse era spaventata da quello che l’attendeva dentro?

Sicuramente più dalla festa che dai sei vampiri che stavano dentro casa. Non capivo perché, ma noi non la preoccupavamo, non la spaventavamo, nemmeno dopo il suo incontro-scontro con James che l’aveva quasi uccisa. Scacciai subito dalla mia mente quei pensieri oscuri, non volevo rovinarmi la serata.

«Auguri, Bella!» gridarono tutti assieme non appena ci videro sulla porta, lei tenne gli occhi bassi, non avevo bisogno di guardarla per sapere che era arrossita, sentivo il suo sangue chiamarmi, ma lo evitai senza problemi.

Mi bastò concentrarmi su Alice, il sorriso le illuminava il volto “Dici che ho esagerato?”, mi chiese con una muta domanda…sorrisi.

Aveva ricoperto tutto il pavimento di candele rosa e vasi di rose rosse e rosa, vicino al mio pianoforte aveva messo un tavolino, era nuovo..chissà quando lo aveva comprato, forse nel pomeriggio in mia assenza, coperto da una tovaglia aveva adagiato la torta e i regali.

Vidi Bella indugiare con lo sguardo sulla stanza, era evidente che pensasse che quello era troppo, sapevo che le piacevano le cose semplici, ma nessuno di noi era riuscito a trattenere l’entusiasmo di Alice.

Esme l’abbracciò con cautela, e la baciò sulla fronte, la mia mamma era sempre dolce e tenera, la considerava già una figlia. I suoi pensieri gongolavano. “Figliolo, lo sai, hai scelto proprio bene, sono davvero contenta che tu abbia trovato qualcuno che completi la tua esistenza.”
Carlisle la strinse. Sussurrandole all’orecchio

«Mi dispiace, Bella. Non siamo riusciti a bloccare l’entusiasmo di Alice.»
Dietro di loro c’erano Emmett e Rosalie, vidi Bella guardarli come intimorita, chissà cosa passava per quella sua buffa testolina in quel momento, non so cosa avrei dato per saperlo, feci l’ennesimo tentativo. Ma da lei solo vuoto. Emmett le rivolse un ampio sorriso, Rose rimase impassibile.

«Non sei cambiata di una virgola! Speravo di trovarti diversa e invece sei sempre qui con cuore che batte a mille e le guance rosse.» poi aggiunse a mio unico beneficio “Non ti sei ancora deciso a trasformarla? Saresti più contento e tranquillo anche tu, fidati! Pensa, non doverti più trattenere, non essere terrorizzato dal farle male…” lo fulminai in uno sguardo. Avevo dimenticato quanto il mio fratellone fosse perspicace.

Nella sua semplicità Emmett vedeva molto più a fondo di altri, e poi, era l’unico con cui potevo confrontarmi su certe cose, non senza un certo imbarazzo, però mi capiva e sapeva darmi utili consigli. In fondo lui e Rose erano una coppia abbastanza normale, molto legati anche fisicamente.

Si amavano in modo diverso da Alice e Jasper, certe volte sfuggiva anche a me la natura del loro legame, non potevano vivere l’uno lontano dall’altra, si appartenevano, erano anime gemelle, complementari.

Certo anche Esme e Carlisle, avevano un lato fisico nel loro amore, ma mi imbarazzava il pensiero di parlare di certe cose con i miei genitori, anche se sapevo benissimo che molte cose, molte mie paure, le avevano intuite da soli.

«Grazie mille, Emmett.» Rispose Bella e arrossì ancora di più.
Rise,

«Esco un attimo.» Strizzò l’occhio ad Alice, «Vado a fare quel che sapete voi…torno fra poco!!!» e aggiunse «Torno subito, vedete di non combinare guai.»

«Ci provo».
Poi Alice si staccò dalla dolce presa di Jasper e si avvicinò a Bella per farle gli auguri, Jasper si limitò a sorriderle, rimanendo vicino al corrimano della scala.

Non mi aveva ancora del tutto perdonato per avergli chiesto di mantenere le distanze da Bella le prime volte.

Ma, dopo tutto, lui sapeva bene quanto me che non era saggio sfidare troppo i propri limiti. Era ben consapevole dei propri limiti e dei propri problemi di autocontrollo.

Sarebbe stato inutilmente pericoloso esporre Bella al pericolo, come se non lo fosse già abbastanza… e Jasper non poteva che darmi ragione, in fondo se lui fosse stato al mio posto ed Alice a quello di Bella si sarebbe comportato molto diversamente? No di certo.

«È ora, forza Bella, apri i regali» cinguettò Alice, prendendo Bella sotto braccio, la trascinò vicino al tavolo su cui erano poggiati i regali. Bella sfoderò una espressione da martire

«Alice, te lo avevo detto, non voglio nessun regalo, non dovevi preoccuparti per me…»

«E io come solito ho fatto di testa mia», la interruppe sfacciata e poi la incoraggiò piazzandole il primo pacchetto tra le mani dove poco prima stava la macchina fotografica.

«Forza.  Apri.»

Bella si rigirò il pacco tra le mani, soppesandolo poi finalmente lo scartò, guadava la scatola  con aria interrogativa, probabilmente voleva indovinarne il contenuto.

Finalmente l’aprì, ma rimase stupita trovandola vuota. Io sorrisi davanti al suo sguardo interrogativo, lo stesso fece Rose, Jasper ormai non si tratteneva più e sghignazzò sonoramente.

Alice si affrettò a spiegarle

«È  la nuova autoradio per il tuo ‘trattore’. Emmett è andato a montarla subito, così non puoi rifiutarti di accettarla.» Bella era senza parole emozionata al regalo, perché si ostinava a credere di non meritare nulla? Di non essere al centro dell’attenzione? Era un luogo che le spettava di diritto…eppure lei si ostinava a non volerlo. Era speciale, ma non voleva ammetterlo nemmeno a se stessa.

«Jasper, Rosalie…grazie» disse con la voce piena di emozione, poi aggiunse alzando il tono «Grazie, Emmett». Lui si limitò a risponderle con la sua contagiosa risata e anche lei alla fine sorrise.

«Ora, vediamo…apri il nostro, mio e di Edward.» disse Alice, era davvero entusiasta, anche io lo ero, ma perché la mia dolce sorellina non poteva darle tregua un momento? Bella per tutta risposta mi incenerì con lo sguardo.

«Ma mi avevi promesso». Prima che io riuscissi a rispondere Emmett rispuntò dalla porta della cucina.

«Appena in tempo!» esclamò e spinse Jasper in avanti. I miei nervi ebbero un sussulto che si placò immediatamente appena sentiti i pensieri di Jasper, era tranquillo, solo curioso, nulla di più. Poi aggiunsi per rassicurare Bella.

«Non ho speso un centesimo per quel regalo, Bella», le risistemai una ciocca di capelli dispettosa dietro l’orecchio, la sentii rabbrividire, anche la sua pelle aveva avvertito il fremito come di corrente elettrica che avevo sentito io, per quanto le stessi vicina, per quanto ormai fossi assuefatto alla sua presenza ogni volta che la toccavo la mia pelle ghiacciata ardeva, di sete e desiderio, non desideravo più solo il suo sangue, ma anche il suo corpo…
Sospirò e poi si rivolse ad Alice, ormai era rassegnata al fatto che nessuno di noi la avesse ascoltata.

«Va bene. Dammi allora.» sembrava un condannato che sale al patibolo, Emmett non si trattenne e continuò a ridacchiare.
Afferrò il pacchetto, guardava me, non quello che stava facendo, piccola umana distratta… non la vidi tagliarsi, la sentii solo mormorare «Oh, cavolo» e sentii l’odore del suo sangue più forte.

In un istante capii tutto, in un istante cambiò tutto.
In un istante mi arrivarono i pensieri di sei menti come fossero una, tutte bramavano il suo sangue ma si trattenevano, riuscivano a resistere, tutti tranne una…

«No!» ruggii e mi scagliai contro Bella, non callcolai bene la mia forza, ci misi troppo impeto e la scagliai dall’altra parte del tavolo, rovesciandolo assieme a tutto il suo contenuto, torta, piatti, regali…
Poi mi scagliai contro Jasper, non potevo permettere che succedesse a causa di una mia disattenzione, non potevo permetterglielo, anche se rischiavo di fargli del male, anche se rischiavo di ferire mio fratello… era questo quello che mi feriva più di tutto, io avevo portato Bella alla festa, io l’avevo messa in pericolo… ma in quel momento non c’era tempo, non potevo perdermi nei miei pensieri, dovevo allontanare da lei i denti affilati di Jasper.  Mi riebbi appena in tempo da schivare un suo morso, i suoi denti si chiusero a pochi centimetri dal mio viso, fu allora che intervenne Emmett, era decisamente il più forte tra tutti noi, e non ebbe problemi a prendere Jasper di peso e immobilizzarlo per portarlo fuori nonostante questi si muovesse e agitasse tentando di sfuggire alla sua presa ferrea.
Mi  voltai verso Bella, il profumo del suo sangue mi investì in pieno, avevo fatto più danno di quello che credevo, cadendo aveva trascinato con se i piatti di cristallo che erano finiti in mille pezzi, e uno di quei frammenti ora era nel suo braccio. Sanguinava parecchio e stava per svenire, non potevo lasciarla li, in balia dei miei familiari, per quanto abituati a controllarsi, erano un pericolo per lei.

La vidi guardarsi il braccio e poi alzare il viso, negli occhi uno sguardo di terrore, in quell’istante capii, io ero un pericolo per lei…


   
 
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