Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Kisuke94    18/07/2012    2 recensioni
Ecco a voi un'altra storia originale, scritta dal sottoscritto. Alcuni argomenti trattati in essa sono un pochetto maturi, ma non mancheranno le risate, tranquilli. La storia vuole essere più reale possibile, nonostante sia fantasy, come, per esempio, in location, dialoghi e personaggi. Ora vi chiederete qual'è l'elemento fantasy, leggete e scopritelo ;)
Cosa succederebbe se a quattro ragazzi come tanti venissero dati dei poteri "Apocalittici"? Leggete e vedrete ;)
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

III CAPITOLO

La notte, per Shin e Aaron, sembrò interminabile, le loro menti ripercorrevano insistentemente quegli attimi, gli attimi in cui avevano assistito all’agonia di quelle due bambine. Con difficoltà i due riuscirono a chiudere occhio, solo quando la notte lasciò spazio alla luce dell’alba, che tutto cancella, entrambi, stesi sui rispettivi letti, crollarono come piccoli bambini dopo un’intensa giornata passata al mare. La cosa migliore per entrambi, al risveglio, sarebbe stata lasciarsi tutto alle spalle, e riprendere la loro vita, fatta di alti e bassi, poco differente da quella delle altre persone che vivevano intorno a loro.
Quando il sole raggiunse il suo picco più alto, Shin aprì gli occhi, martoriato più che mai da quel cellulare che, sulla scrivania, non smetteva di squillare. Alzatosi per raggiungerlo, barcollando ancora per via del sonno, lo prese in mano, era Shila, la sua compagna di classe, nonché compagna del club di aikido. Shin fece appena in tempo a cliccare il tasto di accettazione chiamata, per poi spaventarsi, facendo addirittura cadere il cellulare, per l’acuto della voce dell’amica.

-Ehi Shin, ma dico ti sembra modo di fare corretto questo?-
-Eh! Scusa è mezzogiorno passato, che vuoi?- rispose il giovane, aprendo la finestra che dava al balcone, poggiandosi sulla ringhiera, rilassandosi guardando gli alberi mossi dal vento, del parco di fronte casa sua.
-Come cosa voglio, sei sparito da quattro giorni, e poi che toni sono? Mi sto preoccupando per te e tu rispondi in questo modo?-
-Più che preoccupata mi sembri arrabbiata, mi voi mica accusare di qualcosa?- continuò a ribattere Shin, irritato dai modi della ragazza.
-No, tranquillo! L’importante è che stai bene, e da come rispondi, direi che non ci sono problemi- rispose la ragazza, con una voce molto più calma e dolce.
-Si, non sono stato bene in questi giorni, ma ora è tutto apposto- replicò il ragazzo, ritornando in camera per vestirsi, facendo pose improbabili pur di non mettere il vivavoce.
-Ah! Ultima cosa e poi stacco…-
-*finalemnte*- pensò Shin.
-.. Il Sensei dice che oggi farà lezione, alle tre devi venire a scuola-
-Cosa? Ma ti pare, e me lo dici a quest’ora?- rispose, mentre scendeva le scale di casa.
-Non urlare. E poi che vuoi da me ti sto chiamando da ben due ore-  contestò la ragazza, non condividendo la reazione di Shin, dato che lei non aveva colpe.
-*ah è vero, quattro chiamate perse*-
-Si scusa, non ho chiuso occhio, si vede che non ho minimamente sentito il cellulare. Comunque ci vediamo tra un’ora al solito posto giusto?-
-Yosh!-
-Bene, a dopo- disse Shin chiudendo la chiamata.
-*ho le ossa a pezzi*- disse poi tra sé e sé. Cercò inutilmente di fare scratch, per poi incamminarsi in cucina per preparare un pranzo fugace al microonde. Sul frigo c’era un biglietto della sorella, per informarlo che avrebbe tardato e che in frigo c’era del sushi precotto da poter riscaldare. Aprì, prese il prodotto suggerito dalla sorella, una bibita gassata e un pezzo di pane dal freezer. Mangiò il tutto rapidamente, tornò in camera e si preparò lo zaino con tutto il necessario per la lezione, prese le chiavi di casa e uscì. Raggiunse Shila, che stava aspettando da un po’, ma solo perché era in anticipo, giacché la puntualità era un dogma per Shin. La ragazza era molto bella, capelli corti, color nero; con se aveva uno zaino verde scuro, con minigonna e maglietta molto corta, che le donava un gran fascino.
-Oh! Sei già qui?- disse Shin, abbassando lo sguardo, infastidito dal “ritardo”. Fissò poi l’orologio, guardò lei e poi ritornò sull’orologio.
-Mi spieghi perché sei arrivata prima???- chiese alzando la voce, indicandola col dito indice, agitato inutilmente.
-L’ho fatto apposta. Mi da fastidio la tua puntualità- rispose lei, abbassandosi, col dito all’occhio, facendo la linguaccia.
-*Tsè, sempre la solita!*-
-Dai ora andiamo o facciamo tardi!- disse la ragazza voltandosi in direzione della scuola.
-Impossibile!- rispose Shin a quella provocazione.
L’istituto era molto grande, tipico dei licei giapponesi, passarono il cancello di ferro, aperto a metà, e salutarono il custode che, dall’aspetto, era un buon gustaio. Si diressero verso la palestra, dove il corso avrebbe dovuto iniziare, erano i primi, escludendo il maestro, e Shin, voltandosi verso la compagna, gli fece il gesto col dito medio in segno di vittoria. Il maestro era una figura imponente, molto alto e molto magro, con un fisico che faceva invidia a molti, aveva i capelli neri, mossi e lunghi fino alla noce del collo, che legava ogni volta che aveva lezione. Molte professoresse nell’istituto gli andavano dietro, era single e per questo ammirato da molte donne, egli, infatti, la mattina presenziava a scuola come professore di supporto, era laureato in fisica dopotutto.
Quando tutti erano ormai giunti, il Sensei diede inizio alla lezione. Dopo il riscaldamento iniziale, formarono dei gruppi che poi, a turno, si sarebbero affrontati, Shin era capitato con Kaito, un ragazzo esile ma molto agile, con i capelli neri, brizzolati, di fascia media, in altre parole, uno che ci sapeva fare con le arti marziali. Shin era il primo del corso, per questo il maestro gli diede l’onore di aprire gli incontri, raggiunsero entrambi il centro della palestra, mentre gli altri li guardavano in silenzio, e dopo il saluto si prepararono ad affrontarsi.
-Vincerà Shin, è scontato!- era l’unica cosa che si sentiva volare in quei pochi istanti di tensione durante i quali i due avversari si studiavano.
Kaito, in posizione di difesa col pugno diretto all’avversario, attendeva la mossa di Shin che, avventato come sempre, non tardò a fare. Si lanciò all’attacco ma, inaspettatamente, entrambi i suoi colpi andarono a vuoto, schivati con maestria dal ragazzo che, notato un punto cieco nella postura di Shin, lo colpì al fianco, allontanandolo di qualche metro. Shin, rialzatosi all’istante, stava ripensando a come fosse potuto succedere, a come avesse fatto quel novellino a colpirlo, incapace di crederci, ci riprovò invano.
-*Ma cosa sta succedendo, questo sgorbio mi ha colpito per ben due volte*-
-Cavolo, l’ha colpito ancora, è forte il piccoletto!- disse un ragazzo vicino al compagno.
-Si, ma ora è spacciato!-rispose l’altro, prestando molta attenzione allo scontro, tanto da non girarsi nemmeno per dare risposta. Il Maestro che aveva visto la scena, strizzò l’occhio, chiedendosi cosa avesse intuito quel ragazzo, fu un istante, il tempo di riposare lo sguardo sull’incontro.
-Tu questa me la paghi sciocco insolente!- appena Shin pronunciò queste parole, carico di rabbia per la brutta figura fatta di fronte a tutti, sparì dal punto in cui si trovava, sotto lo sguardo attonito degli altri, per ricomparire a pochi centimetri da Kaito, pronto a sferrargli un pugno all’altezza del volto. Il ragazzo naturalmente non si era nemmeno accorto che Shin stesse, di fatto, di fianco a lui, per sua fortuna però il colpo fu fermato dal maestro, anche lui, inspiegabilmente, mossosi a velocità sonica.
-Cosa pensavi di fare Shin, se questo colpo lo avesse centrato, Kaito a quest’ora sarebbe morto!- esclamò il sensei turbato, stringendo sempre più la presa, mentre lo sguardo degli spettatori glaciò.
-Mi lasci, lo scontro deve ancora terminare!- controbatté Shin, il cui sguardo era cupo, con gli occhi vuoti.
-Lo scontro, come dici tu, è terminato ora! Dichiaro l’incontro impari, si faccia avanti il secondo gruppo- ribatté con tono imperioso il maestro, lasciando la mano di Shin.
-Anzi no! Se proprio vuoi combattere, ti scontrerai con me!- aggiunse poi, con uno sguardo di sfida che spaventò gli altri allievi, increduli di quanto avesse appena detto.
-Cosa! Ho sentito bene? Vuole affrontarlo il sensei?- chiese un ragazzo al compagno, tremando alquanto, stupito da quello che aveva sentito poco prima. Tutto nella palestra tacque, l’aria era tesissima, molti avevano perfino paura di deglutire, buttar giù quel nodo che si era formato in gola. Shin, non era per niente turbato dalle parole del maestro, si voltò verso quest’ultimo, guardandolo con aria di sfida, accettando così la proposta del suo avversario.
-Bene, ora si ragiona- furono le prime parole dette dal ragazzo, i cui occhi brillavano di un fuoco intenso. Avvicinò le mani al petto per poi portarle in direzioni opposte, non era una posizione di difesa, tutt’altro, aveva intenzione di attaccare per primo. Così fu, il suo movimento non fu percettibile per la vista dei compagni, ma il suono dovuto al contatto delle scarpe con il pavimento della palestra era stato di certo udito da tutti. Arrivò in un istante vicino al maestro, tentando di colpirlo con un destro potente, che però colpì l’aria, infatti, questi, si era prontamente allontanato, quel poco che bastava per colpire con un calcio in rotazione il ragazzo, che vistolo arrivare, lo evitò e si portò in posizione di difesa. Le bocche di tutti erano spalancate, quello a cui stavano assistendo era puro spettacolo, ammutoliti da quei colpi in successione non sapevano cosa fare, e non riuscivano a fare pronostici.
-*è più dura di quanto mi aspettassi*- pensò Shin, ansimando, stanco ormai per i difficili movimenti eseguiti, il corpo non era abituato a quella velocità, ma ciò che preoccupava di più era che il ragazzo non si accorgeva di quanto veloce si stesse muovendo. Il sudore iniziò a scivolargli sul volto, il respiro si faceva più pesante, ma in mente aveva unicamente un pensiero: vincere.
-*Non è normale quello che sta facendo, per raggiungere quella velocità e mantenere quella tecnica ci voglio anni pure per il più bravo dei maestri. Anch’io ci ho messo molto prima di raggiungerla, che sta succedendo a questo ragazzo!*- rifletté, invece, il maestro, turbato sempre più per la velocità che il suo allievo stava dimostrando, non era da tutti evitare un suo colpo ma, a differenza del suo avversario, lui non era per niente stanco. Arrivò dietro Shin, il quale, incredulo, non fece nemmeno in tempo a girarsi, e lo colpì al centro della dorsale, spingendolo in avanti e costringendolo a restare a terra. Il dolore era indescrivibile, così come le urla strazianti che il giovane emetteva con voce sottile. Il tutto durò poco, infatti, Shin si rialzò prontamente, toccandosi la schiena con la mano sinistra, ma per niente sconfitto. Sparì di nuovo, spaventando ancora una volta i compagni di corso, arrivò di fronte al maestro, abbassato così da non lasciargli campo di visuale, e col gomito lo colpì all’addome, ma questi non subì il colpo, alzando subito il ginocchio colpendo al mento il ragazzo. Lui non voleva fargli del male, ma in qualche modo capiva che avrebbe dovuto farlo sfogare, e l’unico modo per farlo era combatterlo.
-Cavolo. Shin è in difficoltà, non potrà mai battere il Sensei- disse ancora un ragazzo al suo compagno.
-*Ti sbagli. Quello in difficoltà è il sensei, si deve trattenere per non farlo male, ma Shin non si arrende e non gli lascia molta scelta. Perché sta facendo questo Shin’ichi?!*- pensò invece quest’ultimo, che iniziava a sudare nonostante non stesse affrontando lui lo scontro.
-Basta così! Torna a casa Shin!- ordinò il maestro voltatosi in segno di vittoria. Il gesto fu ben interpretato dal ragazzo, il quale sussultando due volte con i pugni a terra, sparì nuovamente con l’intento di colpire almeno una volta il suo maestro, che facendo un lungo respiro e chiudendo gli occhi, lo prese al volto e lo scaraventò al suolo.
-Ho detto che basta così!- disse con uno sguardo da belva inferocita, che spaventò e placò al contempo il giovane allievo, che si rialzò, spostò la mano e lasciò la palestra, non dando nessuna spiegazione nemmeno a Shila, lasciando dietro di sé delle lacrime, che gli uscivano dagli occhi. Shin era mortificato con tutti, ma il suo orgoglio gli impediva di dirlo ai compagni, uscì di corsa dalla scuola, passò per il centro, rimuginando su ciò che era accaduto poco prima, sul perché avesse sentito come l’istinto di farla pagare a Kaito, istinto che tutt’ora lo accompagnava.
-*Ma cosa mi succede!*- penso, fissando i pugni, mentre ignorava chiunque passasse di lì, sembrava entrato in un’altra dimensione, in un luogo buio, nel quale lui era l’unico essere, dove nessuno lo potesse disturbare. Sul volto aveva ancora i segni dell’incontro, quella scia di sangue che gli colava dalle labbra, che non aveva nemmeno sentito fuoriuscire.
-*Avrei davvero ucciso Kaito?*-
-*Ma.. ne sarei stato realmente capace? E poi cos’è questa continua rabbia, sarà forse colpa di quello che mi è accaduto giorni fa?*- continuò a riflettere, formulando sempre nuove ipotesi, mentre il mondo intorno a lui tornava quello di tutti i giorni. Diede uno sguardo intorno a sé, come sempre tutti trascorrevano la loro normale vita, senza pretendere sconvolgimenti di sorta, cosa che a Shin, che puntava sempre al meglio in ogni cosa, dava molto fastidio. Girò l’angolo, meno grugnito di persone, trovandosi di fronte un gruppo di ragazzini poco al di sotto dei suoi anni.
-Ehi che ti guardi?- disse uno di loro. –Si. Cerchi rogna?- domandò un altro. –Rispondi perlomeno stronzo!- aggiunse un altro ancora.
-Ehi nani, vi conviene lasciarmi in pace, non è giornata, ve lo consiglio caldamente!- esclamò con tono troppo tranquillo Shin, col capo chino, senza nemmeno incrociare lo sguardo con quei ragazzini, mantenendosi fermo e concentrato sulla loro posizione.
-Cosa? Hai visto quanti ne siamo? Al massimo ti consigliamo noi di darci quello che hai se non vuoi fare una brutta fine.- Appena il loro capo banda terminò la frase, iniziò a piovere, con lampi e saette che dominavano il cielo.
La pioggia battente, bagnò tutti i vestiti di Shin, abbassandogli i capelli fin sotto il naso. La mente del ragazzo poca importanza aveva dato alla minaccia di quel gruppo di ragazzini, ma c’era qualcosa che lo incitava a pestarli, ma non un pestaggio semplice, quella cosa gli suggeriva di massacrarli. Alzato lo sguardo, da una piccola apertura nella folta chioma che copriva il suo viso, i sei ragazzetti videro il male in persona, un punto rosso che dominava gli occhi di Shin, quello sguardo demoniaco, li aveva pietrificati. Fu un attimo, il tempo di un lampo, Shin camminò sempre verso casa, lasciandosi alle spalle i corpi esanime dei ragazzi, smembrati a mani nude, in un istante, da lui stesso. La pioggia che continuava a battere sulla strada, in pochi attimi si trovò in conflitto con una pozza rossa, questa grazie al contatto con l’acqua iniziò a dirigersi verso la grata posta sul ciglio della strada, proprio per raccogliere le acque quando pioveva come quella sera.
Tornato a casa, bagnato fradicio, chiuse la porta e vi si appoggiò contro. Portò le mani alla testa e non si fece capace di quanto era accaduto, di come avesse potuto togliere la vita a quei poveri ragazzi. Il suo cuore batteva all’impazzata, la mente era confusa, sembrava gli stesse per scoppiare. Il volto della ragazzina gli ritornò in mente, così come gli sguardi impauriti di quei piccoletti, crudamente puniti.
-*Che cosa ho fatto!!*- -*Non capisco come sia potuto accadere*- -*Non posso esser stato io*- -*Non è da me*- Questi pensieri riempirono in poco tempo la sua mente, mentre sprofondava in un limbo di cui non vedeva l’uscita.
-Di cosa ti preoccupi, dopo tutto avrebbero fatto la stessa cosa se non li assecondavi!-
Il ragazzo sussultò, spaventato e ancor più confuso. Una voce aveva detto quelle parole, ma non c’era nessuno in casa, poggiò le gambe al petto e si strinse forte, proprio come un bambino che ha paura del buio, la voce era sicuro di averla sentita, ma sembrava quasi che provenisse da dentro di lui.

Quattro ore prima, invece, la ragazza dai capelli lunghi, entrò in un’auto in cui, seduto sul lato del passeggero, c’era un ragazzo di circa diciotto anni, con i capelli corti, con un ciuffo che gli scendeva sull’occhio destro, che se ne stava con i piedi sul cruscotto della macchina, e il sedile ribaltato all’indietro.
-Dobbiamo andare in centro, il capo ci ha detto di trovarli- riferì la ragazza, accendendo l’auto, il cui motore risuonò in tutto il parcheggio, dopotutto una Lamborghini solo una melodia del genere poteva rilasciare.
-Ma hai idea di quanto sia grande il Giappone? Non sappiamo neppure da dove cominciare!- rispose l’altro, agitando le mani, cercando attenzione da quella statua che era concentrata alla guida.
-Per questo dobbiamo sbrigarci, e poi se useranno i poteri, sarà più facile scovarli- disse lei, sempre attenta alla guida, senza far trasparire nemmeno un’emozione.
-Quindi si combatte. Non vedevo l’ora!- ribatté l’altro, mentre gli occhi gli brillavano.
Scesero dall’auto, ormai giunti in centro, vivo come sempre, con persone sempre di corsa, che trascorrono un’esistenza fatta di velocità e tempo, tempo che sembrava sempre mancare.
-Bene cerchiamoli- ordinò la ragazza all’altro, presentandosi con cappello di paglia, con tanto di fiocchetto rosa, occhiali da sole, minigonna e camicia rosa.
-Awh! Che stanchezza, quell’auto è scomodissima, non ci si può nemmeno appisolare.- disse il giovano, sbadigliando, mostrando ben poco interesse all’operazione. Cambiando improvvisamente espressione, distese la mano sinistra aprendo il palmo al cielo, e mentre la stava per richiudere, fu fermato dalla ragazza, che lo rimproverò. I due sembravano andare poco d’accordo, forse perché lei era una tipa più calma e riflessiva, un genere di persona che esegue gli ordini e non esce mai da questi, il ragazzo invece era l’esatto opposto, non solo se ne fregava degli ordini, ma avrebbe fatto a meno della “correttezza” della ragazza, lui avrebbe fatto ciò che gli passava per la testa.
-Juro ma che credi di fare! Vorrai mica disintegrare la città?- domandò, con sguardo attecchito la ragazza, che ha svelato anche il nome dell’altro. Le parole della giovane però erano state due, la sua voce era stata sentita dai passanti, che li presero per degli Otaku cronici, ma quello che lei temeva era un pericolo vero, non qualcosa scaturita dalla mente umana e limitata a quest’ultima.
-Uffa. Ma ti pare che ci mettiamo a cercare come normali esseri umani?- rispose il ragazzo, tirando a sé la mano che aveva stretto la ragazza. Girandosi al lato opposto, infastidito come sempre dalla sua presenza, da quella ragazza che si comportava quasi come una madre, che si preoccupa per le azioni sconsiderate del figlio.
-Sarà praticamente impossibile trovarli- aggiunse in fine Juro, guardando l’altro lato della strada, dove per puro caso passava proprio Aaron, che indossava un maglietta leggera con cappuccio, color grigio, con uno stemma a forma di drago sulla parte posteriore.
-*E quello lì chi è ora?*- si domandò poi Juro, sparendo senza informare la giovane, distratta da una rissa che vedeva partecipi due bande locali, ormai quegli scontri erano di rutine in quella zona.
 
Intanto, in un ospedale molto distante dal centro abitato, una macchina di lusso parcheggiò di fronte all’entrata principale, da cui scese una ragazza con i capelli legati da un fiocchetto, la quale corse di fretta al piano superiore dove era intenzionata a saperne di più circa quanto stava accadendo. Tutti quelli che la vedevano passare si spaventarono, era determinata, passo deciso, nonostante i tacchi molto alti. Raggiunto poi il medico di turno, che conosceva molto bene, domandò cosa fosse successo a suo fratello, ricoverato lì da ben cinque giorni.
-Cosa? Ma che significa?- fu la sua reazione dopo la notizia scioccante.
-Le ripeto, le cause non si conoscono, ma suo fratello è caduto in coma, non possiamo stimare quando si riprenderà. Può essere un giorno, come un mese, come un anno, queste cose non possono essere stabilite da noi medici- rispose più rispettosamente possibile il medico, comprendendo quanto la sorella fosse preoccupata.
-Mi lasci sola con mio fratello!- esclamò la giocane, incrociando le braccia finché il dottore non se ne andò.
Piangendo, entrò nella stanza buia, dove il fratello era ricoverato, l’unica luce era quella a neon proprio sopra la sua testa, e alla vista del suo esile corpo, le lacrime sgorgarono a fiumi. Si avvicinò al letto, sfiorando con le dita il tenero viso del ragazzo, del quale lei si era sempre presa cura, tirando a se la sedia, si sedette vicino a lui, prendendogli la mano, ricordando quante volte si fossero dati il cinque quando vincevano i tornei di tennis o quando giocavano alla play. I suoi occhi luccicavano, brillavano ormai di luce proprio riflessa dal quel neon che sovrastava il lettino. Non si faceva capace, com’era potuto accadere, il fratellino era in coma e lei non poteva farci nulla, non poteva cambiare le cose.
-Oh Oliver! Cosa ti è successo… come farò senza di te… la casa è fredda, neanche questo caldo riesce a riscaldarmi il cuore, come facevano i tuoi sorrisi… perfino quello stupido cane sente la tua mancanza- disse, sorridendo per l’ultima frase, cercando di riprendersi e asciugarsi le lacrime, che stavano sciogliendo il nero che contornava gli occhi. La ragazza passò l’intera serata vicino al fratello, con la testa poggiata di fianco a lui, da cui l’infermiera di turno non la volle allontanare.
-Dove mi trovo? Perché è tutto buio qui? Perché sento freddo?- Oliver si trovava in un luogo che non aveva mai visto, in verità non lo sapeva poiché tutto intorno a lui era dominato dall’oscurità. Tremava, non solo per il freddo eccessivo che governava quel posto, ma anche di paura, la paura che, ovunque si trovasse, non ne sarebbe uscito mai.
-Bene! Sei tornato in te, ragazzino!- rispose una voce che risuonò più e più volte, in un eco che non trovava fine, parole che fecero sussultare il ragazzino, che smise di tremare. Aveva paura, era solo, lontano dai suoi affetti, circondato dall’oscurità e alla presenza di un’entità che non vedeva, finché due punti rossi, molto sopra della sua testa, brillarono come fiamme dell’inferno. Quell’essere era gigantesco e in cuor suo Oliver sperava solo che tutto fosse un semplice incubo, ma la realtà era ben altra e lui se ne sarebbe accorto di lì a poco!

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Kisuke94