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Autore: Light Rain    18/07/2012    3 recensioni
"Cercavo con tutta me stessa si rimanere aggrappata a quelle realtà che mi sembrava ancora di possedere. Ma non mi ero ancora resa conto che erano già diventate irraggiungibili". Questa è la storia di Annie Cresta, prima, durante e dopo i suoi Hunger Games
_SOSPESA_
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiudo gli occhi, affero il pezzo di legno e mi volto di scatto. Il bastone si flette contro un corpo che si lamenta immediatamente:—Ahi! Ma sei impazzita!—. La voce non mi sembra quella di un’adulto. 
Forse non sono spacciata. Apro leggermente gli occhi e mi ritrovo davanti un ragazzo che si massaggia dolorante i braccio sinistro. Alto, robusto, carnagione dorata, capelli color bronzo e occhi verdemare. Lo conosco! O almeno credo. Questa mattina se ne stava sugli scogli. Lo guardo incuriosita. Possibile che non abbia mai prestato attenzione a questo ragazzo? Frequenta la mia stessa scuola ne sono sicura, quindi l’ho incrociato qualche volta. Sono certa che se lo avessi guardato meglio non sarebbe passato inosservato. Non si possono dimenticare degli occhi così!
—Perchè te ne stai lì imbabolata a fissarmi?— mi dice lui scontroso.
—Tu che ci fai qui?— ribatto io immediatamente. Sorride e si guarda un po’ intorno, poi mi dice:—Veramente te l’ho chiesto io per primo—. Ha ragione, ma la mia testa è completamente fuori controllo. Mi metto a sedere, il cuore mi sta esplodendo dentro al petto, ho il respiro affannato e mi reggo a malapena in piedi. Questa volta mi sono presa un bello spavento. Credevo veramente di essere spacciata.
—Stavo raccogliendo delle bacche— farfuglio con il fiato corto.
—Me ne sono accorto— mi risponde ficcandosene qualcuna in bocca— mia madre le compra sempre al mercato. Crede che vengano dalla palude. A quanto pare qualcuno si prende gioco di lei e dell’intero distretto— mi accusa lui.
—Lo faresti anche tu per tirare avanti— gli rispondo isterica.
— O credimi lo farò! E se mi crei dei problemi dirò a tutti la verità— dice mangiando un’altra bacca. Cosa? Non avrà mica intenzione di rivelare il nostro segreto?
—Non puoi farlo! Questo è il nostro posto!— ora sto letteralmente gridando.
—E come farai a impedirmelo? Mi denuncerai forse?— ride—se arrestano me, mi assicurerò che prendano anche te! Cosa pensi di fare ragazzina. Ormai questo posto è mio quanto tuo!—.
Ride ancora mentre mangia un’altra bacca. Questo posto non è suo. Come può anche solo pensare che gli appartenga. Non glielo permetterò!
—Non puoi farlo! Questo posto me lo ha lasciato mia madre, è un suo regalo! é l’unica cosa che mi è rimasto di lei— grido e sento le lacrime che mi riempiono gli occhi —mi ha chiesto di custodirlo e di tenerlo al sicuro, non lascierò che uno stupido egoista come te rovini tutto!—
Mi raggomitolo su me stessa e inizio a piangere rumorosamente, sento i singhiozzi soffocarmi la gola e il cuore martellarmi nel petto. Respirare si fa sempre più difficile.
Parlare di mia madre è sempre doloroso. Non è passato nemmeno un anno. La ferita è ancora aperta. Mi graffio le spalle con le unghie: il dolore mi divora. Va un po’ meglio così, questo mi distrae dal casino nelle mia testa.
Sento qualcuno sedersi vicino a me, deve essere il ragazzo. Non ha la faccia cattiva, ma non ci ha messo più di un minuto a portarmi via tutto ciò che mi è rimasto.
—Mi dispiace. Non sapevo che tu fossi la figlia di Marybeth— sentire quel nome mi fa sobbalzare. Quasi nessuno lo pronuncia più. Mio padre non lo sopporterebbe. Tiro sù la testa e lo guardo, sembra davvero dispiaciuto. Ma mi incupisco immediatamente: come fa a conoscere mia madre? Lui mi risponde subito:— Lei e la mia erano amiche, ci vendeva sempre le bacche. Siamo venuti anche al suo funerale. Le è dispiaciuto molto—.
Questo è vero, che vendeva le bacche. Poi quando sono diventata un po’ più grande ha affidato questo compito a me. Anche mia cugina Riza ne era già a conoscenza. L’unico che sa del posto al difuori della famiglia è Lian. Non potevo non dirglielo.
—Era una brava persona, è stata una vera disgrazia— farfuglia lui senza staccare gli occhi dal terreno.
—Lo era— gli rispondo. Nessuno poteva prevedere ciò che le è successo. Era giovane e in salute. Una sera è andata a letto e non si è più svegliata. Morta nel sonno, nessuna spiegazione. Mio padre nei primi tempi è andato fuori di testa, solo ora sembra essere tornato un po’ in sè. Il fatto che è più in mare che a casa lo mantiene intero, almeno per un po’. 
Mi scrollo la testa. La mia attenzione si sposta sul ragazzo al mio fianco. Ha davvero intenzione di rovinare tutto?
—Non puoi dirlo a nessuno—gli dico.
Ride:— Non preoccuparti non lo farò. Sarebbe una cosa stupida, non credi?— si volta verso di me e mi sorride. Non è un sorriso come quelli di prima, di sfida e di superiorità. Questo sembra più dolce, più sincero.
Il cuore mi fa male, sembra correre più veloce di prima. Ma ora sono incerta sul motivo. I suoi occhi mi mettono agitazione: è come specchiarsi direttamente nel mare.
—Non so ancora il tuo nome— mi dice riportandomi alla realtà.
—Annie Cresta. E tu?— balbetto in modo quasi patetico.
—Davvero non sai chi sono?— mi ride fragorosamente in faccia. Perchè diavolo dovrei conoscerlo? Lo guardo perplessa senza rispondere.
—Mi chiamo Finnick Odair. Piacere di conoscerti— mi dice porgendomi la mano.
—Piacere mio— rispondo stringendola. L’ho detto ma non sono certa che questo sia veramente un piacere. Mi ha seguita di nascosto, quasi sono morta per lo spavento e ha minacciato di rivelare tutto. Non mi fido di lui.
—Davvero non sapevi il mio nome?— mi chiede con aria stupefatta.
—Non prima di oggi— poi mi sorge un dubbio —ci siamo forse già incontrati?—
—Penso di no— mi risponde confuso
—E allora perchè dovrei conoscerti?— domando mentre frugo nel mio sacchetto alla ricerca di qualche bacca.
—Tutti mi conoscono!— mi giro confusa —Non si dimentica un bel faccino come il mio—
Al’improvviso ho un’illuminazione —Ho capito chi sei! Mia cugina mi ha parlato di te— il suo volto si illumina —sei un patetico montato fissato sull’aspetto fisico che se ne sta da solo perchè nesssuno è degno della sua bellezza e l’unica cosa che hai di positivo è che tua madre alleva conigli— mi guarda sbalordito, confuso e direi anche offeso, sta per ribattere ma non glielo permetto:— Ma visto che non ti conosco non sono del tutto certa che...— la ruga di adirazione sulla sua fronte si assottiglia—...tua madre venda conigli!— scoppio a ridere. Da sola naturalmente. Il ragazzo sembra abbastanza sbigottito e questo non fa altro che incitarmi a continuare: la sua faccia è troppo buffa.
—L’unica cosa vera è quella sui conigli— sbuffa frenando la mia ilarità.
—Oh da come ti sei presentato pretendendo che riconoscessi il “tuo bel faccino”— tento di imitare la sua voce — credo che sia tutto vero— ribatto con tono fermo e deciso.
—Già. Sembra che il bel faccino sia l’unica cosa che importa alla gente del Distretto— il suo volto è cupo, non sembra arrabbiato: è triste — Le persone non vanno mai oltre al mio aspetto, si fermano lì e non gliene frega un bel niente di quello che c’è dietro — sospira — è per questo che che me ne sto sempre da solo, non perché mi ritengo superiore, ma perché nessuno sta in mia compagnia perché gli piaccio veramente. Così preferisco isolarmi e tenermi lontano dal quel gruppo di ipocriti—.
Cavolo. Non pensavo che questo ragazzo avesse questa roba per la testa. Se dice la verità merita tutta la mia ammirazione. Ma non mi fido ancora. Una persona che ne inganna così tante deve avere per forza un lato pericoloso.
—Mi dispiace non dovevo dirti certe cose— sospiro imbarazzata. Lui ride.
—Oh non ti preoccupare. Tu fai parte dell’altro gruppo di persone che mi giudicano in base alle apparenze: non mi sopporti perchè gli altri mi venerano— ne sembra divertito.
—Però ci scherzi come se non te ne importasse niente— lo accuso infuriata.
—Certo cosa dovrei fare? Compatirmi tutto il giorno perchè nessuno mi capisce. é molto meglio ridere di sè stessi e di tutti gli stupidi che mi circondano—.
Non rispondo. Anche se non so se prenderla come un’offesa o meno. Ma so benissino che questa conversazione non ci porterà a niente, se non a litigare. E questa non è la giornata adatta. Così ce ne restiamo in silenzio sotto l’alberello a contemplare una libellula che balza da un arbusto ad un altro.
Poi decido di rompere la quiete:—Io me ne torno a casa— ho passato fin troppo tempo qui. Mi alzo.
—Vengo anche io— dice seguendomi. Camminiamo lenti e silenziosi. Poi oltrepassiamo il muro ettenti e ci ritroviamo nella palude, attraversiamo anche quello senza troppe difficoltà. Una volta fuori mi giro senza neanche salutare il ragazzo poi vengo angosciata da una preoccupazione:—Hai intenzione di tornare nel bosco?— gli dico.
—Quello non mi sembra esattamente un bosco. Non ha neanche un albero degno di essere chiamato tale! Io lo chiamerei più il bosco senza alberi. Che ne pensi?— mi domanda.
—Non hai risposto— dico disinteressata. Non me ne importa un fico secco di come lo chiama.
Sembra scocciato dalla mia indifferenza— Certo che sì! Non me le scordo bacche come queste!—
—Ci andrai da solo?— gli chiedo.
—Certo che ci andrò da solo! Non crederai mica che sveli il segreto a qualcuno. Non sono così stupido!—
—Non è per quello. è pericoloso se ci vai da solo— dico io.
—Oh sei preoccupata per me?— dice avvicinandosi a me.
—Sì sono preoccupata! Ma per me. Se ti scopre un pacificatore finiamo nei guai tutti. Sono sicura che non ci metteresti molto a spifferargli il mio nome!— gli urlo.
—Non sono così sprovveduto da farmi beccare!— mi risponde incredulo.
—Neanche io lo sono. Ma mi hai scoperto lo stesso e la prossima volta che vai nel bosco potresti trovare un pacificatore!— dico infuriata.
—Il bosco senza alberi— mi corregge lui. 
Ma quanto sarà stupido! 
—Promettimi che non ci andrai da solo— lui indugia —per favore— lo imploro.
—Ok. Ma tutte le volte che ci vai tu mi devi chiamare— accetto senza protestare. Fare dei discorsi sensati con lui è impossibile. Finirei col collassare. Ci salutiamo e ognuno se ne torna a casa propria.
è davvero strano quel ragazzo. Strano e testardo. E bello.
Mi sorprendo del mio ultimo pensiero. Non mi permetto di andare avanti. Ma è impossibile.
Oltrepasso la soglia di casa e deposito le bacche sul tavolo e mentre ne gusto una cerco disperatamente nei miei ricordi qualcosa che sia bello quanto Finnick Odair.
 
 
 
 

 
 
Sono arrivata al terzo capitolo e non ci credo!
Vorrei ringraziare tutte le persone che mi seguono e in particolare WrongHysteria per avermi aiutato col primo capitolo. Se volete lasciatemi una recensione, mi farebbe molto piacere.
Light Rain   
  
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