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Autore: Beauty    18/07/2012    8 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è una mia personale rivisitazione de "La Bella e la Bestia", la mia favola preferita...
Catherine, diciottenne figlia di un mercante decaduto, per salvare il padre dalle grinfie di un misterioso essere incappucciato, accetta di prendere il suo posto. Ma quello che la ragazza non sa è che nelle vesti del lugubre e malvagio padrone di casa si cela un mostro, un ibrido mezzo uomo e mezzo animale. Col tempo, Catherine riuscirà a vedere oltre la mostruosità dell'essere che la tiene prigioniera, facendo breccia nel suo cuore...ma cosa succede se a turbare la felicità arrivano una matrigna crudele e un pretendente sadico e perverso?
Riuscirà il vero amore ad andare oltre le apparenze e a sconfiggere una maledizione del passato? E una bella fanciulla potrà davvero accettare l'amore di un mostro?
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mostro e la fanciulla'
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I singhiozzi delle due sorelle Kingston riempivano la stanza. Anche Lydia si asciugò qualche lacrima, e perfino Constance, Ernest e Peter non poterono non provare dispiacere, alla vista di Catherine che si disperava sul corpo senza vita del mercante.

Adrian strinse ancora di più il medaglione nel pugno. Chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro. Catherine continuava a piangere, era disperata, e lui preferiva di gran lunga dire addio alla propria salvezza, piuttosto che guardare oltre la donna che amava soffrire.

Si avvicinò, posandole lievemente una mano artigliata sulla spalla. A quel tocco, Catherine parve riscuotersi, sollevando il capo e guardandolo con aria interrogativa.

- Catherine, io…- strinse il rubino fra le dita. - Forse…forse non è ancora tutto perduto…

- Come fai a dire questo?- mormorò la ragazza.- Mio padre è morto, Adrian!

Il mostro non rispose, ma s’inginocchiò accanto a lei.

- Forse c’è un modo per riportarlo in vita…- sussurrò, senza guardarla.

- Un…un modo?- balbettò Catherine.- Ma di che stai…

- Fidati di me - disse il padrone.- Riusciremo a riportare indietro tuo padre…

Catherine non sapeva se crederci o no; la morte era la morte, non faceva sconti per nessuno, non restituiva chi aveva preso. Ma Adrian sembrava sicuro di sé. La ragazza si asciugò gli occhi con il dorso della mano.

- Come?

Adrian le mostrò il gioiello che teneva fra le zampe.

- Il…il medaglione di Lady Julia?- fece la ragazza, incredula.

Il mostro annuì.

- E’ magico…- mormorò.- So che sembra assurdo, ma…è così, credimi. E se è la stessa magia che ha ucciso tuo padre, allora può anche riportarlo indietro…

- Ma come?

Adrian chinò il capo; non lo sapeva esattamente, non aveva idea di come funzionassero queste cose. Ma sapeva che, quando suo padre se n’era andato, lui avrebbe fatto di tutto per riportarlo indietro, avrebbe tentato qualunque via. Perché lo amava.

Il mostro aprì dolcemente la mano gelida del mercante, ponendovi al centro il medaglione; quindi, guidò con le proprie zampe artigliate la mano di Catherine sulle dita serrate dell’uomo.

- Chiudi gli occhi…- le sussurrò.- Chiudi gli occhi, stringi forte la mano di tuo padre, e pensa a tutto l’affetto che provi per lui, pensa a quanto lo ami…Ti fidi di me?- le domandò nuovamente.

La ragazza annuì, quindi chiuse lentamente gli occhi.

Al buio, sentì il contatto della sua mano con quella fredda del mercante e con l’altra calda e artigliata di Adrian. Sentì un’altra lacrima sfuggirle dalle ciglia, ma non le badò.

Ti voglio bene, papà…, pensò, fissando nella sua mente ogni parola, formulando quel pensiero con tutta la forza e l’amore che sentiva in corpo. Ti voglio bene, papà. Ti prego, non lasciarmi. Torna da me, papà.

Constance sollevò lo sguardo, sgranando gli occhi. Lydia si portò le mani al viso, mentre Ernest rimase pietrificato. Peter e Rosalie spalancarono la bocca per la sorpresa e la meraviglia.

Dal medaglione si sprigionò una luce rossa, prima molto flebile, poi sempre più forte, fino a diventare tanto intensa da avvolgere completamente le tre mani serrate intorno al gioiello. Infine, il monile iniziò a perdere luminosità, fino a che questa non si estinse completamente, e il rubino perse la sua brillante tonalità rosso fuoco, diventando una semplice pietra marrone scuro.

Catherine aprì gli occhi, incrociando quelli azzurri di Adrian. La ragazza sentì che la mano di suo padre non era più gelida, ma era tornata morbida e tiepida.

Il mercante gemette rocamente, muovendo appena il capo; infine, lentamente, aprì gli occhi.

La ragazza spalancò le iridi per la sorpresa, chiedendosi se quello fosse tutto un sogno.

- Catherine…- sussurrò il mercante, flebilmente, ma rivolgendole un debole sorriso.

La ragazza lanciò un grido di felicità, quindi si gettò verso suo padre, abbracciandolo con slancio. Stavolta, le lacrime che pianse furono di sollievo e gioia.

- Papà!- gridò Rosalie, gettandosi sul letto e unendosi alla sorella nell’abbracciare il mercante, il quale, seppure ancora molto debole, riuscì ad avvolgere entrambe le braccia intorno alle spalle delle figlie.

Adrian sorrise, alzandosi in piedi e allontanandosi in direzione della porta.

- Rosalie…- mormorò il mercante, accarezzando piano i capelli biondi della figlia minore. Volse quindi lo sguardo in direzione della maggiore.- Catherine…ma…ma tu sei viva?- gracchiò.

La ragazza annuì con vigore, sorridendo, asciugandosi le lacrime.

- Sì, sono viva, papà.

- Ma com’è possibile?- fece il mercante, sorpreso ma allo stesso tempo immensamente felice.- Credevo che quel mostro ti avesse uccisa…

- Papà, lui non è un…- iniziò a dire la ragazza, ma gli occhi del mercante incrociarono repentinamente quelli di Adrian.

- Tu!- urlò l’uomo, rabbioso, scattando a sedere sul letto con un’energia e un furore tale che spaventarono tutti i presenti.- Cosa ci fai in casa mia, maledetto bastardo?! Sei venuto per ucciderci tutti? Per riprenderti mia figlia?! Dannato mostro, bestia, animale, dovrai passare sul mio cadavere!- fece per alzarsi dal letto e scagliarsi contro Adrian, ma Catherine e Rosalie lo bloccarono afferrandolo per le braccia e le spalle.

- Papà, rimettiti giù…!- ansimò Rosalie.

- Papà, calmati!- gl’intimò Catherine.- Calmati, è un amico! Adrian non ci farà del male, papà! Ti ha salvato la vita!

- Salvato la vita?- ripeté il mercante, stralunato, tranquillizzandosi un poco.- Catherine, ma che stai…

- Credimi, papà, non ci farà del male…- ripeté la ragazza.- Adrian è un mio amico, papà.

- Un amico?!- sbottò il mercante.- Un amico! Catherine, ti ha portata via da me, dalla tua famiglia, ti ha tenuta prigioniera per tutto questo tempo, come può essere un tuo amico? Ti ha fatto il lavaggio del cervello, Cathy!

- No, papà. Ti sbagli - disse fermamente la ragazza, guardandolo negli occhi.- Adrian è un mio amico, e ti ha salvato la vita. Senza di lui, ora tu non saresti qui.

- Cosa…ma che…

- Fidati di me, papà. Adrian è…

Catherine si voltò a guardare il mostro, ma fece appena in tempo ad incrociare i suoi occhi azzurri colmi di tristezza, prima di vederlo uscire dalla stanza. Si alzò di scatto, raggiungendo di corsa la porta.

- Constance, Lydia, per favore, prendetevi cura di mio padre. E cercate di farlo ragionare!- gridò, prima di varcare la soglia della camera da letto.

Adrian era in piedi a metà del corridoio; camminava piano, costeggiando la parete, a testa china.

- Adrian!- chiamò Catherine, raggiungendolo e trattenendolo per un braccio.- Adrian, scusami, mio padre non sapeva, dagli solo un po’ di tempo per…

- No…- mormorò il mostro, senza guardarla.- No, non è per questo…è…è che…io…

Catherine scorse il suo volto pallido sotto il pelo e le squame. Adrian gemette, appoggiandosi con una spalla contro la parete e chiudendo gli occhi. Alla ragazza parve quasi che fosse sul punto di svenire. Gli prese un braccio, facendolo passare sopra le sue spalle. Gli cinse la vita con una mano e l’aiutò a rimettersi in piedi, ringraziando il cielo che si trovassero vicino alla porta della sua camera, che Catherine aprì con un calcio.

Entrarono, e la ragazza richiuse la porta alle sue spalle, prima di aiutare il mostro a sedersi sul letto, per accoccolarsi al suo fianco.

- Adrian!- chiamò, parecchio preoccupata.- Adrian, che cos’hai? Ti senti male?

Il mostro non rispose, ma si rifiutò di guardarla. Si coprì il viso con una mano artigliata. Quando la ragazza tentò di spostarla, lui si ritrasse.

- Non guardarmi!- disse, quasi urlando.- Non guardarmi…

- Perché? Perché non dovrei guardarti?

- No…Catherine, no…sono un mostro…- gemette.

- Non essere ridicolo!- sbottò Catherine, prendendo la sua mano in modo da poterlo vedere in volto.- Perché non dovrei guardarti?- ripeté.

- Io…no…io sono…Lady Julia…il medaglione…

- Che cosa?

Adrian non rispose, chinando il capo e stringendo i pugni. Tremava, l’intero corpo era scosso da fremiti. Catherine si spaventò, ma s’impose di mantenere la calma. Gli cinse la vita con un braccio, posando delicatamente una guancia sulla sua spalla, senza smettere di stringere la sua mano artigliata nelle proprie. Rimasero così per diverso tempo, fino a che Adrian non si fu calmato; solo a quel punto la ragazza trovò il coraggio di aprire la bocca.

- Adrian…- mormorò, guardandolo timorosa.- Io…non potrò mai ringraziarti abbastanza per aver salvato mio padre, ma…- esitò, cercando le parole adatte.- Ma non posso vederti così…Adrian - disse, con voce più ferma.- Come facevi a sapere del medaglione? Come facevi a sapere che Lady Julia è una strega?

Il mostro sollevò lo sguardo su di lei, e Catherine vide una luce strana nei suoi occhi. Era tristezza, ma di più: era un misto di disperazione e rabbia, di sconforto e paura. Era rassegnazione.

- Catherine…questa che vedi - mormorò, indicando il suo volto.- Questa faccia…questa…questa cosa, questa mostruosità, non è…non è il mio volto! Non è…

- Non…non credo di capire, Adrian…- fece la ragazza, guardandolo interrogativamente.

- Io…non sono sempre stato così, Catherine. Una volta ero umano…non ero…un mostro - concluse, con una nota di rabbia e disgusto nella voce.

Catherine continuava a non capire; che voleva dire che una volta era stato umano? Perché, forse ora non lo era? D’accordo, ma maggior parte delle persone l’avrebbe considerato diverso, ma quello di cui Catherine era certa era che Adrian non fosse in alcun modo un mostro.

Non ci capiva nulla; ma, forse, il miglior modo per comprendere era rimanere ad ascoltare.

- Cosa ti è successo?- sussurrò, con le labbra contro la sua spalla.

Adrian fece una breve risata, amara, carica di disperazione.

- E’ una storia lunga…

- Raccontamela. Voglio sentirla.

Il mostro la guardò, quindi si decise.

- Mia…mia madre morì quando avevo sei anni…- esordì, tentando di tenere la voce ferma.- Per mio padre fu un duro colpo. Tenne il lutto per un anno intero, e giurò che mai e poi mai si sarebbe risposato, che avrebbe tenuto fede alla memoria della moglie per anni. Quando smise il lutto, non pensò ad altro che a me. Ero il suo unico figlio, e riversò tutto il suo affetto su di me. Crebbi esclusivamente con lui, si rifiutò perfino di assumere una balia o una governante. Stravedeva per me, diceva sempre che, dopo la morte di mia madre, ero rimasto la sua unica ragione di vita.

- Per anni tenne fede al suo giuramento. Rifiutò sempre di prendere una seconda moglie, benché fosse ancora piuttosto giovane quando rimase vedovo. Molti nobiluomini tentarono di convincerlo a sposare le loro figlie o le loro sorelle, ma lui non volle mai sentire ragioni. Diceva che mia madre era stata l’unica ad averlo amato, e che tutte le altre erano soltanto interessate ai suoi soldi. E ora so che non era troppo lontano dalla verità…

- Continuò così per diversi anni, tanto che anch’io alla fine mi convinsi che non si sarebbe mai risposato. Fino a che, un giorno – avevo diciannove anni –, mi annunciò che avremmo avuto un’ospite a pranzo. Sulle prime non mi stupii più di tanto, capitava spesso che un amico o un uomo in affari con lui ci facesse visita al maniero. Invece, stavolta, si trattava di una donna…- esitò, quasi stesse cercando di trovare le parole adatte.

- Lady Julia…- mormorò Catherine, pur senza saperlo; lo sentiva.

- Sì, Lady Julia. Mio padre me la presentò come la moglie di un suo amico di vecchia data, un anziano medico morto da poco. Lady Julia ci raccontò, con le lacrime agli occhi, che il marito si era inspiegabilmente suicidato, gettandosi dalla finestra di un albergo in cui alloggiavano durante una vacanza. A quelle parole, provai una pena infinita, per lei. Era ancora piuttosto giovane, bella, e pensai che fosse un’ingiustizia che avesse perso il marito in un modo così orribile. Anche mio padre si commosse, tanto che la invitò a fermarsi da noi ancora per qualche giorno…

- Lady Julia accettò e, anche quando il suo soggiorno fu terminato, continuò a farci visita quasi tutti i giorni, di propria volontà o su invito di mio padre. Provavo simpatia, per lei. Mi sembrava una donna buona, gentile, molto colta e intelligente. Tanto che, quando mio padre annunciò il suo fidanzamento con lei, ne fui felice…

- Mia madre era morta da anni, e io l’avevo conosciuta troppo poco per esserne geloso. Perciò fui contento che mio padre si risposasse: avevo in mente di lasciare il maniero per trasferirmi a Parigi, per completare gli studi, e il pensiero che mio padre non sarebbe rimasto da solo mi rincuorava. Tanto più che Lady Julia sembrava la donna perfetta per lui: dolce, gentile, veramente innamorata. Ma mi sbagliavo. Lady Julia non amava mio padre. Lei mirava solo ai suoi soldi. E a me.

- Dopo neanche un anno dalle nozze, mio padre si ammalò gravemente. I medici dissero che gli restava poco da vivere. Rinunciai a partire, per rimanere accanto a lui e a Lady Julia, che si mostrava disperata per la malattia del marito. Alla fine, mio padre morì. E il giorno stesso del funerale, Lady Julia si prese anche la mia vita.

- Tentò di sedurmi, Catherine. Ero giovane, abbastanza piacente, e ricco, e dovetti farle gola. Appena tornati dal funerale, lei mi gettò le braccia al collo, tentò di baciarmi, mi disse che mia amava, che aveva amato sempre e solo me, e che aveva sposato mio padre solo per starmi vicino…

- A quel punto, non ci vidi più. Come osava quella serpe dire delle cose simili, dopo che aveva appena seppellito suo marito, dopo che aveva ingannato me e mio padre? La spinsi lontano da me, ebbi uno scatto di violenza, cominciai ad urlarle contro che era una vipera, un essere spregevole, le intimai di starmi lontano, di sparire per sempre dalla mia vita, provavo rabbia e disgusto per una creatura così spregevole…Probabilmente non si era aspettata un rifiuto, probabilmente il mio era il primo “no” che riceveva in vita sua…e si vendicò.

- Mi trasformò in questa cosa, Catherine. Non ero più un uomo, e non ero nemmeno una bestia, non ero nulla. Ero solo un ibrido, un essere rivoltante, un mostro. Lady Julia, come ultima umiliazione, mi fece dono di quello specchio che ti ho mostrato, in modo che potessi vedere scorrere la vita degli altri, quella vita che io non avrei mai potuto avere.

- Per dieci anni, fino a che non sei arrivata tu, ho vissuto rinchiuso in quel maniero, prigioniero nella mia stessa casa, senza più alcuna speranza di tornare normale. Fino a che, oggi, in chiesa…mai mi sarei aspettato di rivedere Lady Julia, mai avrei pensato di essere così vicino a tornare com’ero…Ma ora la magia del medaglione non esiste più…e…e…

Si prese il capo fra le mani, incapace di continuare.

Era finita. Tutte le sue speranze di ritornare alla propria vita erano svanite.

Catherine rimase per diversi istanti in silenzio; avrebbe voluto dire qualcosa, ma qualunque cosa sarebbe suonata stupida e insensata. Si limitò ad avvicinarsi di più ad Adrian, e a stringerlo in un abbraccio.

Adrian rimase un attimo interdetto, quindi fece per ricambiare; ma si accorse che qualcosa era cambiato. Catherine l’aveva abbracciato solo altre due volte, ma questo non era né l’abbraccio di scuse e amicizia di quel giorno sotto la pioggia, né quello di addio del giorno prima.

Stavolta, il mostro sentì che la ragazza stava premendo il seno contro il suo torace, e con le labbra stava tracciando il percorso della sua clavicola, cercando di avvicinarsi sempre di più a lui, di annullare qualunque distanza di far aderire completamente il proprio corpo al suo.

Era un abbraccio di amante.

Si staccò lievemente, osservando la figura della ragazza. Catherine indossava ancora l’abito da sposa, ma questo era liso e stracciato. La gonna era strappata su un fianco, e lasciava intravedere le gambe, mentre una spallina calata scopriva la spalla bianca della ragazza. Adrian la guardò negli occhi, incerto, imbarazzato, ma nel contempo conscio che non avrebbe potuto resisterle ancora a lungo. Catherine ricambiò lo sguardo, sentendosi avvampare, ma non cedette. Mosse appena le labbra come per dire qualcosa, ma non lo fece. I loro volti erano così vicini da potersi sfiorare.

Nessuno dei due seppe dire come accadde. Forse fu Catherine che tirava Adrian per la camicia, forse lui spinse la ragazza sotto di sé, fatto sta che si trovarono distesi sul letto, l’uno al di sopra dell’altra.

Catherine si lasciò cadere sul materasso, con i capelli corvini sparsi sui cuscini, senza lasciare le spalle di Adrian a cui si era aggrappata. Il mostro la sovrastava, si sollevò sui gomiti e guardò in viso la ragazza: sembrava tranquilla, non c’era paura o disgusto nei suoi occhi.

Adrian si sentì strano, come se qualcun altro si fosse impossessato del suo corpo.

La bestia era tornata.

No, no! No, non poteva permettere che a Catherine accadesse una cosa così disgustosa, non poteva…

La guardò negli occhi, ansimando, tentando di riprendere il controllo.

- Catherine, io…- sussurrò, ma la ragazza non lo lasciò terminare. Gli cinse le spalle con le braccia, attirandolo a sé.

- Shhht…- sussurrò, dolcemente, contro la sua spalla.- Sono così felice che tu sia venuto da me, Adrian…- mormorò, chiudendo gli occhi e sorridendo.

Il mostro non rispose, ma sentì che anche la bestia, ora, voleva la sua parte.

Baciò Catherine sulla fronte, sulle guance, sugli occhi chiusi, tracciando con le labbra mostruose il profilo del suo collo, indugiando sulla spalla nuda. Le accarezzò piano un fianco con la mano artigliata, per poi sfiorarle il seno, piano, quasi temesse di farle male, quasi come se lei fosse stata un oggetto molto fragile e delicato che rischiava di infrangersi al minimo tocco.

Catherine non si oppose, ma lo lasciò fare, rispondendo con gemiti e radiosi sorrisi ad ogni tocco. Gli prese le mani artigliate, guidandole dietro alla propria schiena, in una tacita richiesta. Adrian ansimò, sfiorandole piano il dorso, per poi passare a scioglierle due o tre lacci che tenevano legato il corsetto. Il corpetto si allentò, ma non lasciò il corpo della ragazza.

Adrian si chinò su di lei; le loro labbra erano vicinissime.

Catherine tolse dall’asola uno dei bottoni della camicia di Adrian.

Quel gesto fu per il padrone come una doccia fredda. Si riscosse, ricordandosi improvvisamente di cosa era. Bloccò le mani della ragazza afferrandole i polsi. Il suo petto, una volta umano, era ora ricoperto di squame che s’intervallavano con la pelle, creando uno spettacolo orribile e disgustoso.

Che avrebbe detto Catherine se l’avesse visto? Era già tanto se sopportava la sua faccia…Ricordò improvvisamente lo sguardo di orrore che la ragazza gli aveva rivolto la prima volta che l’aveva visto, il suo silenzio attonito quando le aveva chiesto di diventare sua moglie…

Ma allora perché aveva sopportato le sue carezze fino a quel momento?

Suo padre.

Ma certo…come aveva potuto essere così stupido? Lui aveva salvato suo padre, le aveva raccontato la sua storia…e subito dopo lei…

Pietà. Ecco perché l’aveva fatto. Pietà.

O peggio, gratitudine.

Si sollevò di scatto dal corpo della ragazza, mettendosi seduto sul bordo del letto.

Aveva risposto alle sue carezze, ai suoi baci, solo perché le faceva pena, per non ferirlo.

E tu, idiota, bestia, animale, ne hai anche approfittato? Meriteresti la morte solo per questo, solo per aver pensato di poter violare una creatura candida e pura come lei, lurido, schifoso, porco maiale!

- Adrian!- chiamò Catherine, attonita, sollevandosi a sedere.

Il mostro non rispose, ansimando, fissando il pavimento.

Non avrebbe mai potuto avere Catherine, non più. Non ora che aveva la certezza che sarebbe rimasto per sempre un mostro, un orrido ibrido, una creatura che non meritava nemmeno di godere del calore dell’amore di una fanciulla splendida come lei.

- Adrian, che cos’hai?- fece Catherine, stringendosi le mani al petto per evitare che il corsetto allentato l’abbandonasse completamente.

- Non posso…- mormorò Adrian, alzandosi di scatto e uscendo dalla stanza.- Perdonami, Catherine, ma non posso…non posso farti questo…

Benché stupefatta, la ragazza ebbe la prontezza di scattare in piedi e di inseguire il padrone fuori dalla camera.

- Adrian, aspetta!- gridò, affacciandosi al corrimano, mentre il mostro spalancava la porta d’ingresso.

- Non posso, Catherine!- ripeté il mostro, con la voce rotta.- Non sarò mai più come una volta! Mai più!

- No, ti prego, Adrian…

Ma era troppo tardi; il mostro uscì di casa di corsa, raggiungendo il proprio cavallo. Montò in sella e lo spronò al galoppo, addentrandosi nella foresta, diretto verso la sua prigione, dove avrebbe vissuto per sempre, rinchiuso come la bestia che sarebbe stato per sempre.

Catherine, rimasta sola, sentì che le gambe non la reggevano più, e crollò in ginocchio sui gradini, abbandonandosi alla disperazione.

 

***

 

Lord William si pulì il volto con la manica della camicia bianca, incurante del fatto di averla imbrattata di sangue, così com’era il suo volto.

La parte sinistra della sua faccia era, a partire dal naso fino a terminare trasversalmente alla mandibola, una maschera di sangue. Era sfigurato, lo sapeva, e quelle cicatrici, quattro graffi profondi nella carne, sarebbero rimasti per sempre.

Non riusciva a darsi pace; era arrivato così vicino ad avere Catherine, così vicino…e alla fine, quella sgualdrinella aveva preferito fuggire con il suo amante, quel mostro, quello scherzo della natura, quella bestia…

Sentì il fuoco ritornare, avvolgerlo completamente, divorarlo da dentro.

Non si sarebbe arreso così. No, avrebbe avuto Catherine, l’avrebbe avuta per sé, non importava se per tutta la vita o se solo per il tempo di una scopata, ma l’avrebbe avuta.

Si sarebbe vendicato, avrebbe ammazzato quel mostro e avrebbe stuprato la sua troia, ecco cos’avrebbe fatto…Poco importava che fosse sfigurato per sempre, che ora tutti in paese stessero ridendo di lui…perché lo stavano deridendo, oh, sì, ne era sicuro, chiunque ormai doveva aver saputo che cos’era successo…

Fu il primo pensiero che gli attraversò la mente non appena udì un brusio proveniente dall’interno del Leone d’oro: si stavano facendo beffe di lui!

Digrignò i denti, impugnando la pistola, pronto a fare irruzione e a vendicare col sangue chiunque stesse attentando al suo onore, ma si bloccò sull’entrata non appena vide qual era il motivo di tanto rumore.

Tutti i clienti urlavano e sbraitavano, ammassati intorno ad un tavolo su cui tre taglialegna avevano posto una mantella rossa, tutta stracciata e chiazzata di sangue.

- L’avevo detto, io!- gridò un omaccione.- L’avevo detto io che in quella foresta si annida il demonio!

- Ha ammazzato una bambina - disse Vincent, guardando la mantella rossa.

- Abbiamo tentato, ma non siamo riusciti a salvarla…- mormorò Jones, con aria colpevole.

- Ma avete almeno visto chi l’ha uccisa?

- No - rispose Tyger.- Abbiamo solo ritrovato la mantella insanguinata. Non c’era traccia né della bambina né dell’assassino…

- Ah, ma che importa se l’hanno visto o no! Ormai sappiamo con che abbiamo a che fare!

- Giusto! Questa è opera di un essere demoniaco, lo stesso che ha sbranato il Marchese Van Tassel e tutti gli altri!

- Nella foresta si annida una bestia, una belva assetata di sangue!

- E’ opera di un mostro!

Lord William stette ad ascoltare quello sbraitare con un ghigno maligno sulle labbra.

Mostro…

Ora sapeva cosa fare; quei popolani imbecilli non sapevano nemmeno che favore gli stavano facendo. Forse poteva volgere la cosa a proprio vantaggio, forse liberarsi del mostro e riprendersi la ragazza sarebbe stato più facile di quanto credesse…

Ghignò nuovamente, mentre una luce diabolica gli illuminava gli occhi.

Presto, Catherine sarebbe stata sua.

 

Angolo Autrice: Okay, e dopo questo posso anche suicidarmi…! Cavolo, mi sono vergognata da morire, era la prima scena “hot” che scrivevo, e non sono neanche sicura che mi sia venuta bene (anzi, probabilmente è uno schifo…). Comunque, prima che passiate al lancio dei pomodori, vorrei dire due paroline.

Allooora, siccome nello scrivere questa storia mi sono ispirata al metodo di Alex Flinn, autrice di Beastly (tralasciando il fatto che Alex Flinn è Alex Flinn e io sono io, ovvero una povera tapinella che pubblica le sue scemenze su Internet sperando che qualcuno le mostri un po’ di pietà e le legga XD), ovvero miscelare elementi presi dalle varie versioni de La Bella e la Bestia e (tentare di) costruire una storia originale nella sua tradizione, ecco da dove vengono fuori le stupidate scritte in questo capitolo.

Per la storia di Adrian e di Lady Julia mi sono vagamente ispirata alla versione di Villeneuve, dove però non c’erano medaglioni magici e la strega che puniva il principe per averla respinta non era la matrigna ma la balia, e in questa versione si dava più spazio al pensiero femminista che alla storia in sé. Per la scena pseudo-hot, nasce dal fatto che in tutte le versioni che ho letto della favola ho sempre riscontrato (non prendetemi x pazza ninfomane, vi prego XD!) una componente (seppur spesso molto sottile) erotico-sessuale, poi esplicitata e portata all’esasperazione nei racconti di Angela Carter, quindi ho voluto inserirla anche qui (e hai combinato un casino senza precedenti! Nd Mia coscienza).

Comunque, ora è chiaro e tondo che Adrian e Cathy si amano…ma il mostro riuscirà ad accettare se stesso? E Catherine, sarà ancora così confusa o prenderà una decisione?

Non ho ancora finito di tediarvi, quindi tornate qui!

Dunque, ladies and gentlemen, vi annuncio ufficialmente che….**rullo di tamburi**…siamo agli sgoccioli! (Finalmente! Nd Voi). Ebbene sì, per la vostra felicità (siccome immagino che non ne possiate più XD) mancano ancora tre o quattro capitoli per concludere la storia…

Detto questo, che combinerà Lord William? Che ha in mente di fare?

Vi lascio con questo interrogativo fino al prossimo capitolo, e ringrazio KatherineDebMcLee per aver aggiunto questa ff alle seguite e per la sua recensione, e little_drawing ed Ellyra per aver recensito.

Ciao a tutti, al prossimo capitolo!

Bacio,

Dora93

  
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