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Autore: Lady Nobody e Pankun    19/07/2012    3 recensioni
“Non…non dire cretinate! E non toccarmi i capelli!”
era diventata di nuovo rossa, ma questa volta dubitava per la rabbia.
ok, questa fic mi è venuta in mente così...tanto per, spero che non vi dispiaccia. commentate se potete!!
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Stivali neri alti ad anfibio, autoreggenti viola con rose nere, vestito completamente nero con la gonna leggermente più ampia, il corpetto, che metteva in risalto una buona terza, aveva dei lacci viola incrociati che lo stringevano, altri fiocchi dello stesso colore tiravano su dei lembi della gonna, lasciando scoperta la sottogonna viola, le maniche lunghe finivano a pipistrello e come ogni bordo di quell’abito terminavano con del pizzo. A terminare l’abbigliamento un collarino in pizzo nero con la striscia centrale viola.
 
Ecco, era più o meno questo l’abbigliamento che aveva quella sera. Non che dovesse andare da qualche parte, solo che quello era il suo modo di vestire, un perfetto stile Gothic Lolita. Sciolse i lunghi capelli castano chiaro, leggermente mossi, dopo che si fu truccata. Una cosa leggera, non gli piacevano i mascheroni, solo del fondotinta, del rimmel ed ombretto viola.
 
Certo, dietro quei vestiti così carini non si nascondeva una persona dal bel carattere. Se gli giravano sapeva essere acida e di lingua tagliente, l’ironia ed il sarcasmo erano il suo pane quotidiano, diventava violenta se la facevano incazzare e non si vergognava a sparolacciare. Ma prevalentemente adorava far sentire le altre persone mentalmente inferiori nelle discussioni, cosa che riteneva vera, lei era più intelligente di quegli idioti che giravano per strada. Certi giorni cambiava umore troppo in fretta, altri sembrava una sfinge e quell’apatia faceva impazzire la gente, cosa che non le dispiaceva affatto. Attenzione, se gli state antipatici vi tratterà come la merda.
 
Signore e signori, vi presento…Ella.
 
***
 
girava per le strade di quella grande città senza sapere esattamente dove andare. La gente si voltava a fissarla per il suo abbigliamento…particolare. Li ignorava, erano solo mosche fastidiose, non meritavano un briciolo della sua attenzione. Erano solo persone comuni.
Svoltando prima qui e dopo poco lì doveva arrivare…infatti, eccolo lì!
Un locale abbastanza decente. Non era il tipo da frequentare pub o roba simile, ma in quel periodo della sua vita…non le andava di rimanere a casa. La scuola non andava un granché, i genitori litigavano, il fratellino era in età di sviluppo e quindi pure più scemo del solito e poi…a nessuno sarebbe dispiaciuto se  fosse uscita per qualche ora, non avrebbero sentito la sua mancanza.
 
Volete la verità?
Lei non lo avrebbe mai ammesso, ma si sentiva sola, per questo cercava dei luoghi frequentati, sperava di trovare qualcuno con cui parlare oppure si sarebbe potuta limitare ad osservare le altre persone. Ecco, quella era un’altra cosa che le piaceva, osservare gli altri e cercare di capire cosa gli passasse per la testa, che vita facevano.
 
 
Spinse leggermente la porta di quel pub, “Incubus”. Appena fu dentro si guardò intorno. Luci soffuse ai tavoli del piccolo salottino d’ingresso, circondati da divanetti neri ed un bancone con dietro il bar. Le sembrava strano che fosse tutto lì e infatti…in fondo c’era una porta e da dentro provenivano rumori di voci, risate, musica, tutto molto soffuso. Appena si decise ad aprirla tutto il rumore la investì e venne risucchiata dal buio e dalle luci colorate ad intermittenza. Vedeva tanti corpi che si muovevano a ritmo con la musica. Gli sembrava tutto così informe e distorto, doveva essere l’effetto delle luci oppure del fumo di una canna che era andato a solleticargli il naso e l’aveva nauseata.
 
Si addentrò ancora di più, alla ricerca del bancone bar. Doveva andare avanti a gomitate, perché la gente non la sentiva chiedere “permesso”. La musica accelerò e con essa anche i movimenti della folla. Venne sballottata da tutte le parti fino a che non si ritrovò fuori da quella massa informe per ritrovarsi vicino ai bagni. Decisamente non era doveva voleva andare lei. Sbuffò seccata e stava per rientrare quando si sentì afferrare per un polso. Si girò di scatto, irritata per quel contatto non autorizzato. Davanti a lei una figura chinata in avanti, doveva essere un ragazzo, al buio non sapeva dire bene che età avesse né quale fosse il colore dei capelli o degli occhi. Sapeva solo che il suo alito sapeva d’alcol e che aveva uno sguardo da pesce lesso.
 
“Hei piccola, ti sei persa?”
chiese con voce distante.
 
Diventò di tutti i colori possibili di rosso. L’aveva appena chiamata piccola?? Stava certamente cercando una morte dolorosa. Nessuno, ma proprio nessuno, poteva azzardarsi a chiamarla in quel modo! Lei non era piccolo, solo un poco bassa…ok era un metro e sessanta a diciotto anni e ALLORA??
 
“No che non mi sono persa! Tu piuttosto, se cerchi una con cui spassartela l’autostrada è dall’altra parte.”
Sputò tra i denti mentre cercava di scrollarselo di dosso. Il tipo sembrò capire in ritardo le sue parole perché all’inizio aveva una tale faccia da ebete…poverino doveva avere due neuroni, uno nascosto e l’altro che lo cercava disperato.
 
“Non mi serve andare fino a lì…”
e la fece indietreggiare.
Ma prima di raggiungere il muro si ritrovò una ginocchiata ben assestata alla bocca dello stomaco. Fu abbastanza forte da permetterle di liberarsi dalla presa fastidiosa. L’idiota non si dava per vinto e si rialzò, questa volta una smorfia irritata sul volto. Si avvicinò di nuovo.
“Brutta puttana!”
si mise in posizione di difesa. Doveva ammettere però che un tipo ubriaco le faceva più impressione di uno sobrio.
 
Quando ormai era a poca distanza da lei però…si fermò. Qualcuno stava picchiettando sulla sua spalla.
 
“Mi scusi, lei ora deve seguirmi fuori dal locale. È vietato importunare gli altri clienti.”
 
 
***
Maglietta nera ma maniche corte con un teschio bianco sopra, jeans scuri strappati qua e là, mezzi guanti a rete neri, anfibi, cintura e collarino con borchie. Un trucco scuro, nero, che metteva in risalto gli occhi di quel verde particolare, misto a nocciola chiaro, indefinibili. Capelli rossi che arrivavano alle spalle, con qualche ciocca sul viso.
 
Carattere da duro, non permetteva agli altri di mettergli i piedi in testa. Ma in fondo, era gentile con il prossimo se ne aveva bisogno, anche se il suo aspetto punk non aiutava molto le persone a fidarsi.
Poteva esserti amica come distruggerti la vita, a seconda di come ti comportavi ovviamente. Per il resto, era una persona che sapeva essere anche simpatica. Ma la sua parte “migliore” non l’aveva vista nessuno. Nella vita ne aveva passate parecchie e ormai, all’età di diciotto anni si fidava poco o niente delle persone che la circondavano. Non provava più ad avere una relazione perché poi veniva delusa e non le andava di soffrire inutilmente. Ah già, era meglio non incontrarla quando la sua vena sadica veniva fuori.
 
Madame et Monsieur ecco a voi…Kate.
 
 
Quella sera era andata a lavorare come al solito al pub. Faceva la buttafuori e se serviva aiutava nell’angolo bar. Quel lavoro era stato provvidenziale, stava mettendo da parte i soldi per un bel viaggio, dopo tutto, se lo era meritato. La scuola era praticamente finita, mancavano gli orali e poi sarebbe stata libera, la sua prima estate da sola. E visto che andava piuttosto bene si voleva regalare una vacanza all’estero.
 
Così eccola lì, con la sua fascia con scritto “Buttafuori”, pronta per ogni emergenza. Anche se, a dire la verità, lì non accadevano spesso casini e quindi passava la maggior parte del tempo dietro il bancone. Certo che la gente beveva! Bhe, anche lei ogni tanto si faceva un drink ma, insomma, a tutto c’era un limite. Però come diceva il capo “Se vogliono ubriacarsi facciano pure, più devono e più noi incassiamo”. Certo, era una cosa crudele, ma in quell’ultimo periodo non ci faceva caso, pensava solo a dare il meglio di sé.
 
C’era un unico lato negativo in tutto quello. Con le luci a intermittenza, la penombra ed il fatto molto rilevante che a stento raggiungeva la prima…veniva spesso e volentieri scambiata per un ragazzo!
 
Comunque, quella sembrava esser una serata noiosa come tutte le altre e invece…
 
Durante i suoi cinque minuti di pausa per caso le cadde l’occhio sulla porta d’ingresso che veniva aperta. Dal salottino principale sbucò fuori una ragazza di…chissà, quindici anni vista l’altezza…non troppo sviluppata. La cosa che la incuriosiva era il bizzarro modo di vestire, non che il suo fosse normale, semplicemente le sembrava esagerato per una bimba di quell’età.
“Ecco un’altra di quelle montate che si credono grandi!”
pensò distrattamente mentre la seguiva con la coda dell’occhio. Si era addentrata nella folla danzante e decise di seguirla, metti caso si faceva male? Era pur sempre una ragazzina.
 
Così lo vide.
Quell’idiota era di nuovo ubriaco fradicio. Vide che ci stava provando con lei e la sua forte irritazione e disgusto. Seguì tutto lo svilupparsi degli eventi, quasi imbambolata, poi però quando vide che non era finita e che Slim si rialzava decise di intervenire.
 
“Mi scusi, lei ora deve seguirmi fuori dal locale. È vietato importunare gli altri clienti.”
 
 
Lo aveva portato di peso verso l’uscita sul retro e lo aveva sbattuto fuori.
Dopo qualche minuto era di ritorno dalla ragazzina. Doveva ammetterlo, l’aveva stupita, non si aspettava una reazione del genere.
“Pensavo ti saresti messa a strillare”
disse una volta vicino a lei.
Questa la guardò con aria stranita.
“Io.non.strillo.”
scandì bene incrociando le braccia al petto.
 
A quel punto l’occhio di Kate dovette per forza cadere lì. Ne rimase sorpresa. Come faceva quella bambinetta ad avere…una terza??
 
“Però…per la tua età sei ben dotata, ecco perché Slim ti si è avvicinato…”
disse con aria distratta mentre si costringeva a spostare lo sguardo sul suo volto.
Un lampo di luce bianca glielo illuminò per qualche istante. Quanto bastava per capire ce aveva gli occhi di un marrone scuro, le ricordarono la cioccolata…
 
La sua espressione cambiò rapida. Ora era indignata e quasi furiosa. Distese le braccia e strinse i pugni, voltandosi del tutto verso di lei. Poteva giurare che il suo viso fosse paonazzo.
“IO HO DICIOTTO ANNI, CAPITO?? NON SONO PICCOLA!!”
 
Ecco, si era sfogata, adesso stava meglio, anche se per l’energia che aveva messo in quel grido ora ansimava leggermente. Cazzo, perché la gente doveva essere così irritante? Non potevano farsi gli affari loro?
“E poi, sarai solo dieci centimetri più alta di me!”
affermò poi mettendo su un broncio stizzito.
 
Rimase sconvolta da quell’affermazione. Non…non avrebbe mai creduto che potesse avere sul serio diciotto anni. Si riscosse sorridendo. Però, che bel caratterino che aveva…
“Quanto sei alta?”
le chiese mordicchiandosi il labbro per non ridere. Quell’espressione era veramente buffa.
La ragazza aprì di nuovo gli occhi, degnandola solo di un’occhiata di sufficienza.
“Uno e sessanta…e non ridere!”
la minacciò lanciandole saette con gli occhi.
“Allora sono dodici centimetri, sono uno e settantadue…e perché dovrei ridere, sei così carina bassina come sei.”
Non resistette dallo sfotterla un pochino e gli posò una mano sulla testa facendole pat pat.
“Non…non dire cretinate! E non toccarmi i capelli!”
era diventata di nuovo rossa, ma questa volta dubitava per la rabbia, visto che il suo tono non si era alterato.
“Ok, ok…”
ritirò la mano e le alzò entrambe in segno di resa.
“Comunque, piacere, sono Kate.”
Disse continuando a sorridere. Chissà perché ma le sembrava naturale farlo, eppure non era una che sorrideva spesso, anzi, ormai non lo faceva quasi più.
 
La squadrò con diffidenza, dalla punta dei capelli a quella degli anfibi neri. Sbuffò, quel sorriso la irritava, la faceva sentire a disagio.
“Sono Ella...e non è un piacere.”
 
  

  
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