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Autore: phoenix_esmeralda    19/07/2012    2 recensioni
“Lui è il mio nemico da sempre. Non c’è nessuno che io odi altrettanto. Ha saccheggiato le mie terre, ha terrorizzato il mio popolo. Mi ha umiliata e oltraggiata. Ha violentato mia sorella. Avrei dato qualunque cosa per tenerlo tra le mani, in mio completo e assoluto potere. E adesso ce l’ho.”
SECONDA CLASSIFICATA al "Kiss flash contest" di Slappy. Premio Speciale SCRITTURA. Prima classificata al contest "Fantasia, originalità e sentimento" di Red Angel.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo fanno entrare nelle mie stanze e ho finalmente modo di osservarlo accuratamente. L’ho scorto sempre da lontano e la notte che mi ha aggredita era troppo buio perché potessi vederlo bene. Ricordo la sua presa ferrea però, la forza delle sua braccia, i suoi capelli sul mio viso. Ricordo la sua voce. Devo impedirmi di cedere al disgusto, se voglio vendetta.

È in piedi di fronte a me, la figura alta e snella che ho intravisto solo nell’oscurità sembra riempire le mie stanze. Le sue braccia forti sono cinte ai polsi da anelli di metallo legati tra loro da una catena che permette una mobilità limitata. I capelli castano scuro gli scivolano sulla faccia ben modellata. Ha occhi verdeazzurro intensi, che mi sorprendono. Mi guarda di sfuggita, poi distoglie lo sguardo. Non dice una parola, aspetta il mio comando.

Questo è il mio momento.

- In ginocchio – dico.

Esita solo un istante, poi obbedisce e si lascia cadere sulle ginocchia.

Non credevo che rapire sua sorella avrebbe realmente sancito questo effetto. La mia è stata una mossa disperata, scaturita dal bisogno insopprimibile di porre fine agli scempi di quest’uomo.

No, non mentiamo.

Avevo bisogno di porre fine ai suoi scempi, sì. Ma ogni mia fibra era guidata dal desiderio di vendetta.

Prendo un coltello e faccio a pezzi la sua camicia, mettendo a nudo i  muscoli asciutti del dorso. Il tatuaggio del potere brilla sulla sua spalla destra, un ricamo di fili arancio e oro intrecciati.

 Afferro il frustino che mi sono fatta appositamente condurre e mi pongo alle sue spalle.

- Se ti muovi, tua sorella è morta. Se emetti un solo gemito, è morta. Hai capito?

Accenna di sì con il capo.

Poi mi scateno sulla sua schiena. Nei miei movimenti ci sono la rabbia, la paura, l’angoscia, il dolore di questi mesi. Rivedo le mie terre distrutte, il mio popolo terrorizzato, mia sorella rovinata. Me stessa, in preda agli incubi, dopo l’aggressione subita.

Lothan china la testa. Vedo i suoi muscoli contrarsi nello sforzo di sopportare, senza sottrarsi, la mia furia. So che si sta mordendo la lingua per non urlare e questo mi esalta e mi spaventa al contempo.

 

Non sono stata cresciuta così. Io non sono questa.

So che prima o poi dovrò venire a patti con quanto sto facendo.

So che sto vendendo la parte migliore di me.

Ma l’impronta del dolore di Strella sovrasta la mia anima.

 

Quando termino, lui è sfinito. Non si è mosso, non si è mai lamentato. Non credevo ne sarebbe stato capace.

Mi impongo di non guardarlo mentre lo portano via, di non ascoltare quel sibilo della mia coscienza che mi chiede se davvero voglio infierire ancora su un uomo inerme. Un uomo che si lascia fare a pezzi, per la salvezza di una bambina di sei anni.

 

Quando lo riportano nelle mie stanze è stato ripulito. Ho chiesto che venisse medicato, perché mi serve lucido. La mia vendetta non è che agli inizi.

- Spogliati – gli dico con freddezza.

I suoi occhi verdeazzurro si posano su di me per un istante, colmi di sbigottimento. Esita.

- Significa che devi toglierti tutti i vestiti – specifico, senza pietà. Oggi non è legato, ha i polsi liberi.

Si sfila la camicia e la lascia cadere su una sedia. Toglie gli stivali, le calze e poi, dopo avermi lanciato un ultimo sguardo, i pantaloni e le mutande.

Afferro i suoi vestiti e li getto nel camino acceso. Iniziano a bruciare con uno sbuffo maleodorante.

Nudo davanti a me, prende un respiro profondo. Si sta imponendo di tollerare quell’umiliazione imprevista.

- Ora sdraiati sul letto.

- Sul letto? -  La sua voce mi raggiunge come un dito gelido sulla spina dorsale. L’ultima volta che l’ho sentita mi stava minacciando, mentre le sue mani si facevano strada sul mio seno.

Deglutisco e caccio il ricordo in fondo alla mente.

- Sì, sul letto.

 Avrà lo stesso trattamento di mia sorella. Lo ridurrò come lui ha ridotto lei.

Si stende e quando mi avvicino sento il suo respiro accelerare. Non lo invidio.

È nudo e inerme nelle mani di una folle in preda alla foga di vendetta. Anch’io al suo posto non starei tranquilla.

- La regola è questa - gli sussurro con cattiveria – Vietato eiaculare. Vietato parlare. Vietato gemere. Se trasgredisci, mi rifarò su tua sorella.

Le sue pupille si dilatano, lo sento trattenere il fiato.

- Non ti renderò facile nulla – aggiungo.

Lui chiude gli occhi.

- Va bene.

Inizio a lavorare su di lui. Con cattiveria, con foga, con determinazione. Sono decisa a vincerlo, a sovrastarlo. Non riuscirà ad attenersi alle mie regole, lo torturerò al punto che dovrà cedere.

Sento i suoi addominali contrarsi, le sue unghie artigliano le lenzuola, i talloni affondano nel materasso.

Resiste con tutto se stesso e io infierisco. Lo umilio senza posa, lo tormento, lo porto al limite della sopportazione, eppure lui non cede. Si lascia torturare all’infinito e, quando sono così stanca da tirarmi indietro, ha vinto lui.

Esco dalle mie stanze lasciandolo a contorcersi sul mio stesso letto e mi allontano disgustata.

È lui il malvagio, dovrei tenerlo a mente.

Ma il disgusto è di me stessa e del mio sporco desiderio di vendetta.

 

Faccio un bagno e non riesco a togliermi di mente quegli occhi sofferenti. Prima vedevo solo quelli di mia sorella, ora si affiancano loro quelli di Lothan. Occhi che accettano, che tollerano, che si abbassano alla mia volontà

Sto davvero facendo questo a un essere umano?

Ogni volta che devi prendere una decisione, assicurati di domandarti che tipo di persona vuoi essere.

Questo diceva mio padre. E mi erano sempre sembrate parole giuste, sagge. Parole su cui avrei camminato per tutta la mia vita, come sul selciato di una strada.

Ma ora non voglio più farmi domande.

Vuoi essere una persona che tortura la gente? Che umilia? Che violenta? Che spegne la luce negli occhi di un uomo?

Esco dalla vasca da bagno di scatto, scappando da pensieri che non voglio sentire.

Lui è ancora sul mio letto, nudo e stravolto. Si è addormentato e geme nel sonno. Sono i lamenti che non ha potuto emettere per mio comando e che ora scappano nell’incoscienza del sopore.

Mi chiedo se potrebbe uccidermi mentre dormo.

No, non lo farà. Mi ha fatto capire chiaramente quanto valga sua sorella.

Lui è l’eroe datosi in sacrificio per preservarla dal male, e io sono il male.

Chiudo gli occhi e mi stendo accanto a lui. È tardi, per fortuna la stanchezza ha la meglio sui miei pensieri.

 

Nel sonno rivedo l’aggressione che ho subito, la rivivo da cima a fondo. E poi, per quella magia che riesce solo nei sogni, mi trasformo in Strella e divento in grado di vivere il suo dolore, la sua paura, il suo disprezzo si sé.

Mi sveglio in preda alla rabbia e Lothan è lì, nel mio letto. Così lo torturo ancora, allo stesso modo.

Voglio che si senta violato e impotente come me, come Strella, come tutte le donne che hanno subito le angherie dei suoi uomini.

Deve trasformarsi anche lui in un’ombra grigia. Deve desiderare di vivere al buio, per non essere obbligato a guardarsi.

E lui ancora una volta sopporta, stringe i denti e ogni muscolo su cui ha potere, per arrivare fino in fondo alla tortura mantenendo in vita sua sorella.

Lui non sa che non la ucciderei mai. Vede la mia furia e crede che potrei riversarla su chiunque.

Vede solo la mia rabbia, non sa nulla del mio dolore.

Non sa nulla della mia coscienza martoriata.

Me ne vado dalla stanza lasciandolo raggomitolato in un angolo, angosciata e insoddisfatta come non dovrei essere dopo aver preso la mia vendetta. Invece sto male.

Non sopporto più di vedere quegli occhi verdeazzurro così vivi, appannati di dolore. Sfiancati.

Non mi sembrano gli occhi di un mostro, sono occhi umani. Sofferenti.

È questo che voglio generare nella mia vita?

 

 

  
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