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Autore: shesfede    19/07/2012    10 recensioni
«Cosa sei?» chiesi di nuovo, sempre più spaventata.
«Lo sai» si rassegnò a rispondere.
Indietreggiai di nuovo, fino a scontrare una colonna che tagliava il corridoio. Scostai i capelli, impreparata e sconvolta per quello.
«Non può essere» mormorai, guardando il vuoto.
«Non può essere» dissi di nuovo, questa volta guardando lui.
I suoi occhi erano spenti, vitrei, quasi invisibili. Completamente diversi da come ero abituata a vederli. Un altro brivido mi percorse la schiena, facendomi raggelare il sangue.
«Se solo mi lasciassi spiegare…» provò ad avvicinarsi, ma lo scansai ancora prima che mi fosse vicino.
«Dillo» gli ordinai. Lui mi guardò, supplicandomi con gli occhi di non farlo.
«Dillo. Voglio che sia tu a dirmelo» non mi lasciai incantare, non più, e glielo chiesi di nuovo.
Lui inspirò, per poi buttare fuori l’aria assunta. «Sono un vampiro, Juliet.»
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Chapter eight.
 

1864
Una ragazza, probabilmente nuova a palazzo, era venuta a cercarmi dicendomi che Emily, la mia dama di compagnia, si stava chiedendo dove fossi. Strano, pensai, visto che di solito ero io ad aver bisogno di lei. Per una volta decisi di non stare aspettare e andai io stessa a trovarla. Siccome all’interno del palazzo non la vidi, era certo che si trovasse insieme al resto della servitù nella zona a loro riservata.
Scesa ai pieni inferiori domandai di lei ad una delle cameriere che incontrai lungo il tragitto, che mi indicò la cucina. Mi accostai alla porta, alzando il braccio per bussare. Nonostante le differenze sociali, la mia famiglia mi aveva insegnato che tutti andavano rispettati allo stesso modo e che quindi, anch’io, avrei dovuto chiedere permesso e scusarmi per il disturbo recato. Però non lo feci. Non bussai perché qualcosa di più importante di Emily attirò la mia attenzione.
«Questa mattina sono stati trovato un altro corpo giù, nel cuore del paese.» La riconobbi subito, era la voce dello stalliere. Stava parlando di una persona morta oppure il mio udito mi stava ingannando? Poggiai l’orecchio sulla porta, per ascoltare meglio.
«Con questa siamo a quota a dodici in un mese» parlò un’altra voce, ma questa volta non seppi dire a chi appartenesse. Davvero in così poco tempo erano morte tutte quelle persone? E come mai io non ne sapevo niente? E mio padre? I miei genitori erano a corrente di cosa stesse accadendo all’interno del loro regno?
«Non importa quanto le autorità provino a mascherare le loro morti, sappiamo tutti a cosa sono dovute» fu di nuovo lo stalliere a parlare. Arrivati a quel punto non capii più niente. Di quale causa misteriosa stavamo parlando? E perché tutti si stavano impegnando per tenerla così segreta?
«Non crederai che…?» una terza voce lasciò quella domanda in sospeso. Cosa? Cos’era questa entità di cui tutti avevano paura? E soprattutto perché la temevano?
«Si, i vampiri sono in città.» Mi lasciai andare contro il muro alle mie spalle, quando sentii pronunciare dallo stalliere quella parola.
Vampiri? Esistevano davvero? No, era solo una follia.
Da piccola mi erano state raccontate delle storie al riguardo, racconti che parlavano di uomini uccisi crudelmente e di vite spazzate. I vampiri erano descritti come creature terribili, che col tempo si erano evolute fino a riuscire ad integrarsi alla perfezione con la gente normale. Era praticamente impossibile riconoscergli, se non per alcuni atteggiamenti che in pochi riuscivano però a notare.
Io avevo sempre creduto che i vampiri fossero frutto dell’immaginario popolare, una leggenda nata per spaventare la gente e intimorirla. Dei mostri che uccidevano con così tanta spietatezza e facilità non potevano esistere veramente.
«Smettila di dire sciocchezze Pete, i vampiri non esistono!» La voce tuonante di Emily mi riportò alla realtà. Mi accostai nuovamente alla porta per sentire cosa stesse dicendo. «Le tue sono soltanto schiocche fantasie di un uomo pazzo e solo.»
«Allora tu come spiegheresti le pelli lacerate, i segni di canini e il dissanguamento? Io sarò anche un uomo pazzo e solo, ma questa volta non mi sbaglio.»
Scossi la testa, non riuscendo più a reggere il peso di quella conversazione. Lasciai quegli ambienti senza neanche più preoccuparmi del perché Emily mi stesse cercando. Ero troppo scossa e preoccupata per occuparmene.
Tornai ai piani superiori, ricordami di avere appuntamento con Harry prima dell’ora di pranzo. Andai in giardino, dove avevamo appuntamento, ma lui non c’era. Aspettai una decina di minuti, ma lui non si presentò. Preoccupata andai a cercarlo in camera sua, ma quando bussai nessuno mi rispose. Anche se convinta di trovare la porta chiusa, provai comunque a spingere la maniglia che, con mia grande sorpresa, si aprii. Così, per la prima volta da sola, mi ritrovai in camera di Harry.
Era vuota, di lui neanche l’ombra. Per evitare che qualcuno mi vedesse richiusi velocemente la porta alle mie spalle. Non era giusto che io mi trovassi lì senza la sua compagnia, ma ormai per quella giornata avevo preso la piega di non fare la cosa giusta, perciò continuai su quella strada.
Mi sdraiai sul suo morbido letto, prendendo qualche minuto per riflettere. Dopo tutte le informazioni ricevute avevo bisogno di starmene un poco da sola con me stessa (cosa che non avrei mai potuto fare se fossi andata in camera mia). Chiusi gli occhi, ispirando ed espirando lentamente. Con la mano destra iniziai ad accarezzare il lenzuolo sul quale ero sdraiata. Era morbido e liscio, era quasi un piacere per il tatto. Lasciai scorrere la mano fino dove arrivava, passandola anche sui cuscini. Erano grandi e soffici e sembravano invitarti per una bella e rinvigorante dormita. Chiusi gli occhi, godendomi quel momento. Feci scivolare le dita sotto di esso, sfiorando qualcosa che me li fece immediatamente riaprire. Mi tirai leggermente su col busto, sollevando leggermente il cuscino per vedere di cosa si trattasse.
Mi ritrovai tra le mani quello che, dato l’aspetto, doveva essere un vecchio diario, quello di Harry probabilmente. Passai le dita sulla copertina rigida, percependone lo spessore e il resto. Le pagine al suo intero erano gialle e parecchio consumate. Per la terza volta in una giornata decisi di fare la cosa sbagliata e leggere quel diario. Cercai l’ultima pagina scritta, quella che doveva essere la più recente. Portava la data di due giorni fa, quindi era stata davvero scritta da poco.
“Caro diario,
ieri notte io e Juliet abbiamo fatto l’amore. È stata l’esperienza più bella e sensazionale della mia vita. E per me, che di esperienze ne ho fatte davvero tante, questo significa molto.
So che stare con lei è sbagliato, non mi sarei mai dovuto innamorare di lei eppure l’ho fatto. Non passa giorno in cui non ripeta a me stesso quanto stia sbagliando, quanto la mia vicinanza sia pericolosa per lei, che potrei farle male in qualsiasi momento, anche involontariamente. Sto giocando col fuoco, ma non riesco a smetterle di starle accanto.
La voglia che ho di lei va ben oltre la voglia che ho di nutrirmi. Quando sto in sua compagnia mi dimentico di tutto il resto, anche della mia vera natura.”
Storsi le labbra, rileggendo quell’ultimo periodo più volte per riuscire ad assimilarlo. Le prime righe mi avevano toccato veramente il cuore, ma il seguito mi aveva soltanto spaventato. Non riuscivo a capire quale fosse la preoccupazione di Harry, il motivo per cui aveva così tanta paura di ferirmi. Lui era l’ultima persona che avrebbe potuto farmi del male. L’ultimo capoverso poi non riuscivo proprio a comprenderlo. Harry mi desiderava più del cibo? O forse intendeva qualcos’altro per nutrirsi? E quale era la sua vera natura? C’era forse qualcosa che io ancora non sapevo?
«Che ci fai qui?» trasalii, lasciando cadere il diario e nascondendolo, senza farmi notare, nuovamente sotto al cuscino. Fortuna che stavo dando le spalle alla porta, altrimenti mi avrebbe visto. Mi stupii però del silenzio in cui era arrivato. Non avevo avvertito la sua presenza fino a quando non aveva parlato.
«Ti cercavo, avevamo un appuntamento al quale non ti sei presentato.» Mi voltai verso di lui, cercando di mascherare il fatto che stavo per essere colta in flagrante.
«Hai ragione, mi dispiace» disse dispiaciuto, venendo verso di me. A quanto pareva mi aveva creduto. «Ero in biblioteca a leggere dei libri sulla musica e ho perso la cognizione del tempo.» Annuii, anche se non ero del tutto convinta.
Si chinò verso di me prendendomi il viso tra le mani. Gli sorrisi, facendogli così capire che non ero più arrabbiata con lui per avermi lasciato da sola senza prima avvertirmi. «Sei perdonato» dissi. «Per questa volta» mi affrettai ad aggiungere.
Lui ricambiò il sorriso prima di baciarmi teneramente.
Quando ero arrivata in camera sua ero intenzionata a parlare con lui della conversazione che avevo ascoltato quella mattina, delle supposizioni dello stalliere riguardo all’esistenza dei vampiri e delle mie teorie al riguardo, ma adesso, improvvisamente, sentivo di non doverlo fare.
Lasciai perdere l’argomento, sforzandomi di dimenticare anche solo per qualche istante di quelle conversazione. Ma era tutto inutile. Anche tra le braccia di Harry il mio pensiero era rivolto alle parole ‘i vampiri sono in città’.
 
2012
Erano passati soltanto due giorni da quella notte, eppure sembrava essere trascorsa già una vita. Harry era come sparito nel nulla e io non sapevo davvero come rintracciarlo. Non avevo niente che mi potesse ricollegare a lui, fatta eccezione per il nostro legame mentale che però non sembrava funzionare in quell’occasione probabilmente perché lui lo impediva. Avevo saltato scuola fingendomi malata per evitare Liam, Niall, Louis o qualsiasi altro dei nostri amici che sicuramente mi avrebbe fatto qualche domanda sul perché non stessimo insieme a pranzo o durante le ore libere. Quando Jenn era in casa io o mi rinchiudevo in camera oppure uscivo fuori a fare una passeggiata per evitarla. L’unico al quale non riuscivo a sfuggire era Zayn. Passava ore abbracciato nel letto insieme a me, come un perfetto fratello maggiore, a sentire i miei sfoghi o semplicemente ad asciugarmi le lacrime. Gli ero davvero grata, se non fosse stato per lui a quest’ora avrei davvero ceduto a qualsiasi tentazione. Neanche io capivo cosa mi stesse succedendo: pensavo a Liam e l’unico sentimento che provavo era il dispiacere per averlo ferito; pensavo ad Harry e l’unica cosa che desideravo era riaverlo al mio fianco.
«Sei sicura di riuscire a stare da sola per qualche oretta?» Guardai Zayn, mordendomi il labbro pensierosa. Se fossi rimasta sola in casa sicuramente sarei scoppiata nell’ennesimo mare di lacrime, ma non potevo certo impedirgli di uscire e andare a nutrirsi. Anzi, se lo avessi fatto sarebbe stato peggio per tutti.
«Tranquillo, posso cavarmela» tentai di rassicurarlo, anche se sapevo che sarebbe servito a poco. Zayn mi conosceva troppo bene per credere che io riuscissi davvero a stare da sola nelle mie condizioni emotive, ma anche lui sapeva di essere costretto, almeno per quella notte, ad andare.
«Tornerò presto, te lo prometto» disse prima di lasciarmi un bacio sulla fronte. Il tempo di un battito di ciglia e sparì.
Rassegnata all’idea che sarei stata da sola per un bel po’ di tempo, andai in cucina a cercare qualcosa da mangiare. Siccome anch’io era da un po’ che non mi nutrivo, presi una sacca di sangue dal congelatore e iniziai a bere per recuperare in fretta le forze. Avrei voluto evitare il sangue umano, ma davvero non riuscivo ad andare a cacciare. Quando anche l’ultimo goccio della sacca fu svuotato gettai il pezzo di plastica nel cassonetto. Questo vi entrò a stento, dato che il sacco nero era pieno fino all’orlo. Vampiro o no, anche io ero costretta ad occuparmi delle faccende domestiche così, una volta chiuso ed afferrato, presi il sacchetto della spazzatura per andarlo a gettare nel bidone di fronte al palazzo.
Un comune mortale avrebbe dovuto indossare cappotto e sciarpa di lana per non soffrire il freddo, mentre io decisi che per quella sera sarei potuta uscire anche con indosso soltanto una vecchia felpa. Qualcuno avrebbe potuto guardarmi strano, ma io non ci avrei fatto caso. Lanciai il sacco nero all’interno del bidone e mi ripulii le mani prima di dirigermi nuovamente verso il portone di casa. Giocherellai con le chiavi dell’appartamento mentre salivo le scale fino al mio piano. Una volta arrivata davanti alla porta però mi paralizzai.
«Harry?» parlai con un tono di voce inudibile se noi non fossimo stati degli esseri sovrannaturali.
«Divertente vero? Quanto ho resistito lontano da te? Due giorni?» Stava seduto di fronte alla porta e, quando mi vide arrivare, si alzò in piedi restando però fermo lì davanti. «La verità è che per quanto io mi sforzi a pensare alla tua felicità, la nostra viene sempre prima.»
Non gli permisi di dire nient’altro perché mi buttai immediatamente tra le sue braccia, che mi strinsero forte contro il suo petto. «Non farlo mai più. Anche se io l’ho fatto in passato, tu non lasciarmi mai più.» Lo afferrai per la maglietta e gli diedi diversi scossoni, lasciando che le lacrime rigassero il mio viso.
«Era il 1864 quando ti ho conosciuto. Indossavi i vestiti pomposi ed eleganti che tua madre faceva cucire appositamente per te, ma che tu detestavi» iniziò a parlare e il suono calmo della sua voce mi fece tranquillizzare. Prese il mio viso tra le mani e mi asciugò le guance bagnate. Tirai su col naso, cercando di smetterla di piangere. «Portavi i capelli sciolti anche se il protocollo li richiedeva legati.» Fece scorrere una mano nella mia chioma castana, giocherellando con qualche ciocca. «Un tempo li portavi più lunghi, ma tagliati così mi piacciono. Ti fanno apparire il viso.» Abbassai lo sguardo verso il basso, imbarazzata. Dopo quasi un secolo e mezzo i suoi complimenti riuscivano ancora a farmi arrossire. «La luce nei tuoi occhi, quella non è cambiata neanche col tempo. E il tuo sorriso, è bello oggi come allora.» Si chinò verso di me, ma le sue labbra deviarono quando ormai erano ad un soffio dalle mie per baciarmi il naso, che io arricciai immediatamente. «Ti amo Juliet. L’ho sempre fatto, anche se mi sono comportato da egoista decidendo di trasformati contro la tua volontà.»
«Harry io…» Quando Harry ebbe terminato il suo discorso e io mi trovavo sul punto di rispondere, il rumore di qualcosa che cade a terra e si rompe catturò la nostra attenzione. Ci voltammo di scatto in quella direzione, individuando subito una cornice a terra, ormai andata in mille pezzi. Una fotografia giaceva ai piedi di un ragazzo. Quel ragazzo era Liam. Il suo sguardo, spaventato e smarrito, si spostava alla velocità della luce da me a Harry. Quando capì che sapevamo fosse lì, scappò via. Harry scattò subito in avanti, ma io lo bloccai. «Sei impazzita Juliet, dobbiamo fermarlo!» mi urlò contro, ma io aumentai solamente la presa.
«Niall, ci serve Niall» dissi soltanto, trattenendolo ancora su quel pianerottolo.
«Niall?» Lo guardai e annuii.
«Qualsiasi cosa noi diremo o faremo peggiorerebbe soltanto le cose. Niall è l’unico che può farlo ragionare adesso.» Harry sembrò convincersi e annuii alla mia idea. Mollai così la presa sul suo braccio e insieme andammo a trovare Niall.
 
Era passata circa un’ora da quando eravamo usciti alla ricerca di Liam. Ci eravamo divisi, ognuno dei quattro avrebbe preso una strada diversa: Niall si mantenne nei paraggi, provando a rintracciarlo in qualsiasi modo a lui possibile; Jenn andò a casa sua, dove speravamo fosse tornato; Harry lo cercò a scuola e nei dintorni; io invece perlustrai tutti gli altri luoghi che era solito frequentare.
«Ci sono novità?» Guardai Niall, supplicandolo con lo sguardo di darmi una bella notizia. Lui buttò giù il telefono, facendo di no con la testa.
«Il telefono è ancora staccato» disse, alzandosi dal muretto su cui era seduto e iniziando a fare avanti e indietro per la strada.
«Dobbiamo trovarlo, non possiamo lasciarlo in giro per la città dopo quello che ha sentito» disse Harry, col tono di chi sta impartendo un ordine ai suoi soldatini.
«Beh, se è tanto semplice perché non usi i tuoi poter da super vampiro e lo rintracci tu?» Niall guardò Harry con sguardo duro, un’espressione che mai avevo visto formarsi sul suo viso. Harry scattò in avanti, pronto ad aggredirlo. Afferrai la sua mano, pregandolo col pensiero di farsi indietro e così fece.
Jenn ci raggiunse anche lei al centro della piazza dove avevamo appuntamento, ma neanche lei portava buone notizie. «Non sono riuscita a trovarlo, mi dispiace.»
Un urlo poi, fece trasalire tutti e tre. «È lui, è Liam» dissi velocemente, precipitandomi nel punto esatto dove avevo sentito le grida. Un vicolo qualche metro distante da noi, un posto appartato e buio che nessuno avrebbe mai notato a quell’ora della notte.
Lo spettacolo che mi si presentò davanti fu a dir poco raccapricciante. Un uomo, ormai morto, stava giacendo a terra. Liam, accanto a lui, cercava di recargli soccorso anche se ormai era tutto inutile. Poi arrivò Zayn, che si catapultò su Liam schiacciandolo al suolo. Fu quello l’istante che mi fece scattare.
«Zayn lascialo» urlai, afferrandolo per le spalle e spingendolo lontano da Liam che, tremante, mi guardava terrorizzato. In quel momento arrivò Harry, ma con un cenno veloce gli feci segno di andare da Zayn ed occuparsi di lui.
«Liam va tutto bene, tranquillo.» Allungai una mano verso di lui per toccarlo, ma lui si mosse indietro allontanandosi da me. Aveva paura. Aveva paura di me. Niall arrivò di corsa e, senza che io gli dicessi niente, aiutato da Jenn, prese Liam e lo allontanò da lì.
«Juliet, dovresti venire qua» mi chiamò Harry con voce smorzata. Mi voltai nella sua direzione, aspettandomi tutto tranne quello che vidi.
«Oh mio dio! Zayn!» Harry si spostò, lasciando spazio a me. Senza volerlo avevo spinto Zayn contro un vecchio tavolo di legno, conficcandogli uno dei piedi dritto nel petto.
«Zayn, ti prego, Zayn, non andartene!» disperata, iniziai a pregare che lui rimanesse con me, mentre gli toglievo quel pezzo di legno dal cuore.
«Ehi, non è successo niente, non è colpa tua» disse con voce smorzata, a fatica riusciva a parlare. «In fondo sono stato fortunato, ho vissuto parecchio per avere 18 anni» sorrise debolmente. Anche mentre moriva provava a farmi stare meglio, a non farmi pesare quella situazione.
«Tu starai bene Zayn, adesso troveremo un modo per riportarti in forze.» Mi obbligavo a non pensare che quello che per me era come un fratello mi stesse lasciando.
«Grazie per essere stata come una sorella Juliet. Ti voglio bene, non scordartelo mai.» In un sussurro disse a me quelle che furono le sue ultime parole.
Dopo tutte le lacrime versate credevo di non averne più a disposizione, ma invece mi sbagliavo. Mi piegai sul corpo di Zayn, iniziando ad urlare per la disperazione. Se ne era andato via e la causa ero io. Lo avevo ucciso perché avevo agito d’istinto senza prima pensare. Adesso non avrei più avuto nessuno con cui confidarmi, nessuno che mi capisse in fondo, nessuno che mi facesse da famiglia. Non avrei più potuto prenderlo in giro per il suo buffo ciuffo o per il suo atteggiarsi a belloccio della situazione. Non avrei più avuto un migliore amico perché il mio lo avevo ucciso.
«Ti voglio bene, Zayn» dissi tra le lacrime, baciandogli una guancia.
Senza che dicessi niente, Harry si sedette al mio fianco passandomi un braccio attorno le spalle e stringendomi a sé. Mi baciò la testa, ma non parlò. Rispettò le mie lacrime e il mio silenzio, lasciando che io dessi il mio addio a Zayn.
«Mi mancherai fratellone» fu l’ultima cosa che riuscii a dire, prima che il suo corpo si trasformasse in un cumulo di cenere.


here i am:

scusate l'attesa, spero che questo capitolo vi sia piaciuto in modo che possiate perdonarmi. anche se, dato quello che succede, non credo :/
mi dispiace per zayn, ma diciamo che era una cosa necessaria per lo svolgimento della storia cwc
e poi è soltanto per finzione, perciò concedetemelo..
volevo ringraziare tutte voi per le recensioni, che dal prologo vanno sempre aumentando ♥
adesso vi lascio il link di una one shot che vorrei voi leggeste, basta cliccare sul banner qui sotto c: (il link dovrebbe funzionare... almeno spero çç ahah)

 

   
 
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