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Autore: unknown_girl    21/07/2012    2 recensioni
La storia si basa sulla ricostruzione delle vicende del film "Thor", analizzate e vissute dal punto di vista di Loki, in questo caso il protagonista. Per realizzarla ho utilizzato anche una delle scene eliminate dal film.
[ Sento deboli i miei occhi, bruciano; i battiti del cuore salgono alle tempie e mi frastornano, il mio volto salta da una prospettiva all’altra in cerca di qualcosa, qualcuno. Ma non so cosa. E non so chi. Deglutisco senza difese, inerme. Il tempo si dilata come lo strappo di una tela e mi isola in un turbine di immagini e pensieri che mi accecano. Ma non posso. Non adesso. I Giganti. Thor. Dobbiamo tornare. Fratello, dobbiamo tornare. Adesso. ]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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The Hurt Reindeer - Bitterness

- Bitterness -

 

Tutto sembra amplificarsi intorno a me in un istante: il vento tagliente sulle guance, lo sforzo per comandare ogni singolo muscolo, le grida dei miei compagni. In qualunque direzione mi volga appare chiaro che i Giganti stanno aumentando; spuntano dalle rocce come ratti. Il frastuono è talmente forte che mi riesce difficile distinguere le voci umane dai ruggiti di quei mostri. Eppure una mi sembra di riconoscerla e cattura l’attenzione delle mie orecchie e del mio sguardo. Fandral. È stato colpito da una punta di ghiaccio acuminata. Magnifico. Abbiamo intrapreso il cammino dell’inesorabile disfatta ed ecco le conseguenze. Sarà meglio che intervenga.

Estraggo repentino uno dei miei pugnali e lo scaglio contro il Gigante pronto a finire Fandral con un altro colpo. Sembra salvo. Questo però non basta per arginare la paura. Stiamo soccombendo. Se non lasciamo subito questo pianeta ostile moriremo di sicuro. I Giganti sono troppi, ci stanno circondando. Thor, dobbiamo andarcene. Hogu e Volstagg aiutano Fandral ad estrarre la lama dal suo corpo; appare più grave di quel che pensassi, non è in grado nemmeno di camminare. Anche Sif grida il tuo nome, fratello, e la mia voce si unisce alla sua nell’ordinarti di andarcene. Ora.

Ma tu ami troppo il sapore della battaglia. Anzi, forse quei bestioni che ti assalgono e ti accerchiano con sempre maggiore veemenza ti entusiasmano al punto da spronarti a dare ancora il meglio di te. Almeno questa volta ti salvi dall’egoismo, visto che ci inviti ad andarcene senza assisterti ulteriormente in questa pazzia suicida. Sto per chiamarti una seconda volta, ma in quel momento una parete rocciosa comincia a sgretolarsi davanti a noi. Realizzo immediatamente che non si tratta di una frana: dietro quelle crepe rocciose si illuminano di bagliori spettrali degli occhi scarlatti. Non c’è più tempo. Il mio cuore batte frenetico, ruoto gli occhi verso gli altri: Volstagg ha caricato Fandral sulle spalle e stiamo tutti volgendo alla fuga. Altri massi cadono attorno a noi mentre quella creatura spaventosa si libera dalla prigione di ghiaccio. Ma che cos’è? Sembra un essere tanto immenso quanto famelico. Non abbiamo alcuna speranza. Iniziamo a correre. La strada da percorrere sembra infinitamente più lunga che all’andata. Mi volto un’ultima volta verso di te chiamandoti. Te ne prego, Thor, vieni via e vedi di raggiungerci presto. Oggi non ho alcuna intenzione di seppellirti.

Le grida di quella bestia che ci respira alle calcagna sono così cupe da far tremare la terra che continuamente si sgretola sotto i nostri piedi. È una corsa contro il tempo. Perdere un solo secondo potrebbe significare la morte. È come se questo dannato pianeta stesse per crollare in mille pezzi, nulla sembra più essere un solido appoggio, tantomeno un rifugio. Almeno come gruppo siamo veloce, ma il bestione non ci dà tregua tentando di assalirci con la sua coda spinosa. Questa sì che è stata la più colossale delle pazzie fatte insieme, Thor. Questa sì che non te la perdono.

Il terreno mi abbandona sotto i piedi, ma i riflessi mi salvano: con un balzo ben calibrato riesco a spingermi fino alla roccia più vicina ancora compatta, riuscendo a continuare la mia corsa alquanto disperata. Un irrefrenabile istinto, dettato forse dal terrore, mi spinge a voltare lo sguardo per spiare i movimenti della creatura che ci insegue: mi appare nitida solo l’ombra della sua orrenda coda che viene ingoiata dall’abisso. Che sia davvero precipitata? Anche augurandomelo con tutte le forze il pensiero non riesce a calmarmi. Continuo a correre insieme agli altri senza un attimo di respiro, finché non raggiungiamo lo stesso luogo dal quale ci siamo incautamente spinti fino alla dimora dei Giganti. È qui. Perché mai siamo dovuti arrivare fin qui rischiando le nostre vite quando Heimdall avrebbe potuto riportarci indietro senza che nemmeno lambissimo gli sguardi delle creature di Jotunheim? Eppure ero stato a dir poco cristallino con la guardia, a palazzo. Com’è possibile che abbiamo avuto il tempo di combattere, fuggire, e una volta qui ancora aspettare che il portale si apra?

Anche se sono il solo a conoscenza di questi piccoli particolari, è evidente che il panico inizia a pervadere non solo il mio, di animo. Gli altri continuano a chiamare Heimdall disperatamente, in attesa di una risposta, di un segno. Ancora niente. A questa attesa snervante si unisce anche quella per te, fratello, visto che per il momento di te neanche l’ombra. Mi volto verso il luogo della battaglia cercando una traccia, una conferma. Non ne ho il tempo.

Degli artigli giganteschi si conficcano nella roccia davanti ai nostri occhi. Sembra l’arto di un essere gigantesco. Risulta chiaro in pochi istanti che si tratta della stessa creatura che pensavamo esserci lasciati alle spalle. Arretriamo cauti mentre essa viene fuori dalla nebbia del dirupo. Si erge a poco a poco davanti a noi; non sembra avere fretta. D’altronde, cosa dovrebbe temere nella sua condizione di vantaggio? Mi sembra un incubo. Altre volte siamo scesi in battaglia e ci siamo ritrovati in situazioni pericolose, ma questa appare decisamente senza speranza. Per la prima volta, non ho idea di come agire. Non so cosa fare. Potrei volgermi e fuggire. Ma dove? Abbiamo bisogno del portale. Dobbiamo assolutamente tornare ad Asgard. Ormai non posso affidarmi ad altro se non alla fortuna, visto che la concitazione mi ha annebbiato la ragione. I miei occhi restano semplicemente fissi su quel mostro, mentre il gelo che respiro mi atrofizza le pareti della gola. Ecco che le sue fauci si spalancano. Immagino stia per attaccare. Il suo ruggito si accompagna ad un sibilo crescente. È strano, come potrebbe? Cresce ancora, cominciando ad assomigliare a un turbine. No. Non proviene dalla bestia. Ma allora..

Avverto come una scheggia passare sopra le nostre teste.  La sorpresa mi spinge istintivamente ad abbassare per un attimo il capo e ad assumere una posizione di difesa. Poi il mio sguardo incontra per l’ultima volta quello morente dell’enorme mostro a cui adesso noto una ferita letale alla gola, come fosse stato trapassato da parte a parte. Il suo corpo si accascia velocemente, distruggendo altra roccia e provocando ancora un boato. A dire il vero ci manca poco che non colpisca anche noi nella sua caduta morente. Ed eccoti qui, ad atterrare di fronte a noi come un salvatore. Potrei passare su questa tua ultima sconsideratezza solo perché ci hai velocemente tolto dai piedi quell’energumeno, Thor. Maledizione, se solo il tuo buon senso equivalesse ad almeno un terzo della tua forza. O forse è meglio che non sia così; altrimenti, ti odierei anche di più.

Non ci risparmi uno dei tuoi beffardi sorrisetti. No anzi, assomiglia più ad una smorfia compiaciuta. Magari un piccolo scherno per noi poveri esseri inferiori? Bé, devo dire che quell’espressione ben si accompagna col rombo provocato dalla caduta del corpo di quella creatura e delle rocce che si frantumano lungo il dirupo. Ma sai cosa, ottuso fratello? C’è poco da sorridere visto che a quanto pare siamo ancora bloccati qui senza una via di ritorno. E certo gli Jotun non ci metteranno molto a raggiungerci. No, mi correggo. Sono già qui.

È confortante vedere che in questo scenario infausto persino a te scompaia quell’espressione beota dal volto. L’hai capito, adesso, che alle nostre vite potrebbero essere rimasti nient’altro che pochi sfuggenti secondi? Siamo completamente circondati. In ogni angolo che i miei occhi possano cogliere vi è un Gigante pronto a farci a pezzi. Solo un lungo sospiro prima di ascoltare il clamore dei loro passi su quella roccia dissestata mentre corrono verso di noi. Bene. Meglio che io pensi qualcosa in fretta se voglio sopravvivere per almeno una manciata di secondi. Impugno la mia arma strettamente fino a sentire il cuoio dell’unico guanto rimasto tendersi in ogni singola fibra. Sono pronto a vibrare il primo colpo; per il resto, non so cosa accadrà.

Ma inaspettatamente frena la corsa dei nostri assalitori un bagliore quasi accecante. Riconosco quelle tinte colorate; è la luce del Bifrost. Essa si scaglia a nostra difesa sovrapponendosi al grigiore di quella roccia scura, accecando per pochi istanti gli abitanti di quel pianeta buio e inospitale. Riconosco la figura che si contorna tra quei bagliori: è il padre degli Dei. È finalmente giunto.  Questo vuol dire che alle nostre vite verrà riservato certo più di pochi secondi di vita ancora. Mi sorge spontaneo un sospiro che mi libera dalla tensione accumulata. Siamo salvi infine, siamo salvi. Il nitrito potente di Sleipnir sbigottisce quei bestioni blu che appaiono adesso più simili ad una massa di insetti spaventati. Quale pena. E a quella che provo per loro si aggiunge anche quella che provo per te, fratello, dopo la tua ultima ridicola sortita. Sembri un legionario aizzatore di eserciti. Non ti rendi nemmeno conto che gli unici stolti che potrai mai sperare di sobillare sono quei tuoi patetici amichetti. Gran bell’acquisto. Possibile che nemmeno la presenza di nostro padre ti ispiri al silenzio? Se non altro, la risposta del padre degli dei mi soddisfa: se non riesci da solo a restare quieto, allora ci verrai costretto. Vederti zittito è una delle poche soddisfazioni che posso permettermi. Una delle poche vittorie su di te, devo dire, visto che il mio autocontrollo e la mia discrezione mi hanno sempre preservato da simili imbarazzi. Sarò infantile, ma che ti stia bene lo sto pensando davvero. Conserverò gelosamente questa considerazione; come molte altre.

La tensione è palpabile. I due schieramenti si sono congelati in un momentaneo silenzio, ma entrambe le parti sanno bene che basterebbe il più lieve movimento inatteso per scatenare le armi. Vorrei tornare a casa. Vorrei solo tornare a casa. Troppe cose mi turbano in questo momento. Osservo mio padre e Laufey parlare. Sento le loro voci ma non le loro parole. Ascolto a singhiozzi, come se la mia mente fosse distratta da lampi di pensieri e domande che si sovrappongono fra loro. Non posso dimenticare quello che mi è successo, quello che ho visto. Le mie riflessioni si agganciano le une alle altre come in un puzzle. Manca un pezzo però. So che manca un tassello fondamentale per completare il quadro che mi serve.

Prima ancora che il tentativo sciocco e impulsivo di Laufey di colpire mio padre possa anche solo turbarmi, sono già circondato dal raggio di luce del Bifrost insieme agli altri. Siamo al sicuro. Siamo a casa. Non riesco a trattenere un sospiro profondo, alla ricerca di energie che non posso ancora recuperare del tutto. Sento alzarsi le voci del padre degli dei e la tua, Thor. Pare sia giunto il momento di fare i conti con la tua condotta. Il Bifrost si svuota velocemente: Fandral viene trasportato immediatamente nella camera della guarigione, Heimdall torna alla sua postazione, mentre gli altri si allontanano celeri; appare chiara a tutti la criticità della situazione.

Distendo la schiena prendendo un altro grande respiro e visionando velocemente la sala constato che siamo rimasti solo noi tre: nostro padre, io e infine te, fratello. Penso che ci sia dell’ironia in tutto questo: quando avevo deciso che avrei rovinato la tua incoronazione non mi sarei mai neanche lontanamente immaginato che le cose sarebbero degenerate in questo modo; prima Jotun, poi lo scontro coi Giganti e adesso…non ho la minima idea di cosa accadrà. È vero che volevo metterti alla prova, prendermi un po’ della rivincita che mi sono sempre negato, riuscire a farti sentire per un solo minuto come io mi sono sentito per un’intera vita. Non saprei dire se vi sia riuscito o meno. Ma so che desideravo infangarti con del disonore; macchiare la tua solare e limpida figura di prediletto figlio di Odino. So che lo sei. Nessuno potrebbe ingannarmi affermando il contrario. Nostro padre ha sempre avuto un malcelato debole per te. Ma mi sono adeguato, ho imparato ad accettarlo. Finché questa sua sfacciata e stucchevole predilezione non ha finito col diventare così eccessiva e irrazionale da ferirmi. Perché non vi sarebbe potuto essere alcun ponderato né imparziale discernimento nello scegliere te come erede al trono. Se non l’adorazione compulsiva di un padre accecato, incapace persino di cogliere il bene avvenire del proprio regno. È stata davvero l’ultima e la più crudele delle mortificazioni. L’ultima odiosa malacreanza che mi ha spinto a tanto. Fin qui, padre. Se solo tu sapessi.

Ero assetato di rivalsa. Infinitamente. Eppure non sarei mai stato in grado di macchinare un tale intrigo perché infine giungessimo qui, al cospetto di nostro padre che ti sta umiliando e castigando come mai avevo visto prima. Le sue parole sono schiaccianti e spietate nella loro verità, così severe che le mie labbra si muovono improvvisamente da sole, come in un respiro, cercando di richiamare nostro padre. Mi viene concesso solo un esile passo verso di lui, per poi trovarmi di fronte ad una rabbia rassegnata che mi mette a tacere all’istante. Sembra così stanco. Così esausto. Volgo lo sguardo a te, Thor, e riconosco la stessa afflizione. I tuoi occhi brillano di una luce diversa dal solito: è un chiarore umido e smarrito. La tua espressione ferita si arricchisce di nuovi dettagli quando il padre degli dei si avvicina a te e ti spoglia dei tuoi titoli. La sua voce tuona e riecheggia tra le pareti dorate del Bifrost, chiamandoti indegno. Osservo impotente tutto questo senza riuscire a spiegarmi cosa sia la sensazione che provo. Sento dell’affanno raggiungermi e un nodo alla bocca dello stomaco che stringe in una morsa dolorosa. Non è nulla che possa anche solo avvicinarsi al senso di colpa; di questo ne sono certo. Non provo alcun rimorso per averti mostrato la tua stessa inadeguatezza. È qualcosa di diverso. Assomiglia più a un sapore amaro che resta sulla lingua; o a una percezione di penosa impotenza. Un silente rimpianto per qualcosa che forse avrei voluto andasse diversamente.

Continuo ad osservare; l’unica mossa che mi è concessa. Il mio sguardo è colmo di rammarico e le mie labbra serrate in un rispettoso silenzio. Perché sei stato così sciocco e irresponsabile, Thor? Perché, nonostante tutte le grazie ricevute e mai dovute, continui ad essere così affamato di vanagloria? Non sarei in grado di spiegarti quanta e quale rabbia riesci a provocare in me. Non hai idea di quanto io possa bruciare nel petto per colpa tua e della tua essenza che mi avvelena. Hai sempre avuto tutti i vantaggi e non sei stato neanche in grado di esserne all’altezza. Quando a te basterebbe un solo umile gesto per dimostrare il tuo valore, a me è concesso solo di rimbalzare sull’ombra che ti lasci alle spalle. Dovrei godere senza ritegno a osservarti adesso in questa patetica umiliazione. Eppure si ridesta in me quel rimpianto che sa di amaro.

I bagliori del Bifrost riverberano lungo le pareti auree e ruvide della sala. Non saprei spiegare il perché nostro padre abbia deciso di azionare il portale, ma posso vedere davanti ai miei occhi come abbia deciso di spogliarti non solo dei titoli ma anche dei tuoi grandi poteri. Rimango smarrito di fronte allo sgretolarsi della tua nobile effigie e il mio turbamento si accresce. I miei occhi si illuminano di stupore quando nostro padre ti priva perfino del martello e con un’unica imperiosa sentenza ti bandisce, privandomi del tempo necessario anche solo per rendermene conto. Il lampo di luce del portale ti colpisce e ti scaglia lontano, in chissà quale mondo, mentre il Bifrost si tinge di scintille iridescenti. Osservo un’ultima volta il padre degli dei prima di avvicinarmi al ponte luminoso che ti ha sottratto al nostro regno, rimanendo impressionato dagli avvenimenti che si sono susseguiti portandoci ad un simile caos. Da molto ormai non sei più visibile ai miei occhi, fratello. Riconosco solo scie luminose che si accavallano e si intrecciano all’interno del portale ancora aperto e abbagliante. Mi ritrovo confuso pensando a come dovrei reagire ad un simile evento. In questo momento lo smarrimento si mescola all’amarezza precedentemente avvertita e faccio fatica a sbrigliare i filamenti della parte più razionale della mia mente. Devo analizzare quello che è successo. Devo pensare e ripartire daccapo. Devo riorganizzare le mie mosse. Infine, devo accertarmi di quel tassello mancante del puzzle. 

   
 
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