- Bitterness -
Tutto sembra amplificarsi intorno a
me in un istante: il vento tagliente sulle guance, lo sforzo per comandare ogni
singolo muscolo, le grida dei miei compagni. In qualunque direzione mi volga
appare chiaro che i Giganti stanno aumentando; spuntano dalle rocce come ratti.
Il frastuono è talmente forte che mi riesce difficile distinguere le voci umane
dai ruggiti di quei mostri. Eppure una mi sembra di riconoscerla e cattura
l’attenzione delle mie orecchie e del mio sguardo. Fandral. È stato colpito da
una punta di ghiaccio acuminata. Magnifico. Abbiamo intrapreso il cammino
dell’inesorabile disfatta ed ecco le conseguenze. Sarà meglio che intervenga.
Estraggo repentino uno dei miei
pugnali e lo scaglio contro il Gigante pronto a finire Fandral con un altro
colpo. Sembra salvo. Questo però non basta per arginare la paura. Stiamo
soccombendo. Se non lasciamo subito questo pianeta ostile moriremo di sicuro. I
Giganti sono troppi, ci stanno circondando. Thor, dobbiamo andarcene. Hogu e
Volstagg aiutano Fandral ad estrarre la lama dal suo corpo; appare più grave di
quel che pensassi, non è in grado nemmeno di camminare. Anche Sif grida il tuo
nome, fratello, e la mia voce si unisce alla sua nell’ordinarti di andarcene.
Ora.
Ma tu ami troppo il sapore della
battaglia. Anzi, forse quei bestioni che ti assalgono e ti accerchiano con
sempre maggiore veemenza ti entusiasmano al punto da spronarti a dare ancora il
meglio di te. Almeno questa volta ti salvi dall’egoismo, visto che ci inviti ad
andarcene senza assisterti ulteriormente in questa pazzia suicida. Sto per
chiamarti una seconda volta, ma in quel momento una parete rocciosa comincia a
sgretolarsi davanti a noi. Realizzo immediatamente che non si tratta di una
frana: dietro quelle crepe rocciose si illuminano di bagliori spettrali degli
occhi scarlatti. Non c’è più tempo. Il mio cuore batte frenetico, ruoto gli
occhi verso gli altri: Volstagg ha caricato Fandral sulle spalle e stiamo tutti
volgendo alla fuga. Altri massi cadono attorno a noi mentre quella creatura
spaventosa si libera dalla prigione di ghiaccio. Ma che cos’è? Sembra un essere
tanto immenso quanto famelico. Non abbiamo alcuna speranza. Iniziamo a correre.
La strada da percorrere sembra infinitamente più lunga che all’andata. Mi volto
un’ultima volta verso di te chiamandoti. Te ne prego, Thor, vieni via e vedi di
raggiungerci presto. Oggi non ho alcuna intenzione di seppellirti.
Le grida di quella bestia che ci
respira alle calcagna sono così cupe da far tremare la terra che continuamente
si sgretola sotto i nostri piedi. È una corsa contro il tempo. Perdere un solo
secondo potrebbe significare la morte. È come se questo dannato pianeta stesse
per crollare in mille pezzi, nulla sembra più essere un solido appoggio,
tantomeno un rifugio. Almeno come gruppo siamo veloce, ma il bestione non ci dà
tregua tentando di assalirci con la sua coda spinosa. Questa sì che è stata la
più colossale delle pazzie fatte insieme, Thor. Questa sì che non te la
perdono.
Il terreno mi abbandona sotto i
piedi, ma i riflessi mi salvano: con un balzo ben calibrato riesco a spingermi
fino alla roccia più vicina ancora compatta, riuscendo a continuare la mia
corsa alquanto disperata. Un irrefrenabile istinto, dettato forse dal terrore,
mi spinge a voltare lo sguardo per spiare i movimenti della creatura che ci
insegue: mi appare nitida solo l’ombra della sua orrenda coda che viene
ingoiata dall’abisso. Che sia davvero precipitata? Anche augurandomelo con
tutte le forze il pensiero non riesce a calmarmi. Continuo a correre insieme
agli altri senza un attimo di respiro, finché non raggiungiamo lo stesso luogo
dal quale ci siamo incautamente spinti fino alla dimora dei Giganti. È qui. Perché
mai siamo dovuti arrivare fin qui
rischiando le nostre vite quando Heimdall avrebbe potuto riportarci indietro
senza che nemmeno lambissimo gli sguardi delle creature di Jotunheim? Eppure
ero stato a dir poco cristallino con la guardia, a palazzo. Com’è possibile che
abbiamo avuto il tempo di combattere, fuggire, e una volta qui ancora aspettare
che il portale si apra?
Anche se sono il solo a conoscenza
di questi piccoli particolari, è evidente che il panico inizia a pervadere non
solo il mio, di animo. Gli altri continuano a chiamare Heimdall disperatamente,
in attesa di una risposta, di un segno. Ancora niente. A questa attesa snervante
si unisce anche quella per te, fratello, visto che per il momento di te neanche
l’ombra. Mi volto verso il luogo della battaglia cercando una traccia, una
conferma. Non ne ho il tempo.
Degli artigli giganteschi si
conficcano nella roccia davanti ai nostri occhi. Sembra l’arto di un essere
gigantesco. Risulta chiaro in pochi istanti che si tratta della stessa creatura
che pensavamo esserci lasciati alle spalle. Arretriamo cauti mentre essa viene
fuori dalla nebbia del dirupo. Si erge a poco a poco davanti a noi; non sembra
avere fretta. D’altronde, cosa dovrebbe temere nella sua condizione di
vantaggio? Mi sembra un incubo. Altre volte siamo scesi in battaglia e ci siamo
ritrovati in situazioni pericolose, ma questa appare decisamente senza
speranza. Per la prima volta, non ho idea di come agire. Non so cosa fare.
Potrei volgermi e fuggire. Ma dove? Abbiamo bisogno del portale. Dobbiamo
assolutamente tornare ad Asgard. Ormai non posso affidarmi ad altro se non alla
fortuna, visto che la concitazione mi ha annebbiato la ragione. I miei occhi
restano semplicemente fissi su quel mostro, mentre il gelo che respiro mi
atrofizza le pareti della gola. Ecco che le sue fauci si spalancano. Immagino
stia per attaccare. Il suo ruggito si accompagna ad un sibilo crescente. È
strano, come potrebbe? Cresce ancora, cominciando ad assomigliare a un turbine.
No. Non proviene dalla bestia. Ma allora..
Avverto come una scheggia passare
sopra le nostre teste. La sorpresa mi
spinge istintivamente ad abbassare per un attimo il capo e ad assumere una
posizione di difesa. Poi il mio sguardo incontra per l’ultima volta quello
morente dell’enorme mostro a cui adesso noto una ferita letale alla gola, come
fosse stato trapassato da parte a parte. Il suo corpo si accascia velocemente,
distruggendo altra roccia e provocando ancora un boato. A dire il vero ci manca
poco che non colpisca anche noi nella sua caduta morente. Ed eccoti qui, ad
atterrare di fronte a noi come un salvatore. Potrei passare su questa tua
ultima sconsideratezza solo perché ci hai velocemente tolto dai piedi
quell’energumeno, Thor. Maledizione, se solo il tuo buon senso equivalesse ad
almeno un terzo della tua forza. O forse è meglio che non sia così; altrimenti,
ti odierei anche di più.
Non ci risparmi uno dei tuoi beffardi
sorrisetti. No anzi, assomiglia più ad una smorfia compiaciuta. Magari un
piccolo scherno per noi poveri esseri inferiori? Bé, devo dire che
quell’espressione ben si accompagna col rombo provocato dalla caduta del corpo
di quella creatura e delle rocce che si frantumano lungo il dirupo. Ma sai
cosa, ottuso fratello? C’è poco da sorridere visto che a quanto pare siamo
ancora bloccati qui senza una via di ritorno. E certo gli Jotun non ci
metteranno molto a raggiungerci. No, mi correggo. Sono già qui.
È confortante vedere che in questo
scenario infausto persino a te scompaia quell’espressione beota dal volto. L’hai
capito, adesso, che alle nostre vite potrebbero essere rimasti nient’altro che
pochi sfuggenti secondi? Siamo completamente circondati. In ogni angolo che i
miei occhi possano cogliere vi è un Gigante pronto a farci a pezzi. Solo un
lungo sospiro prima di ascoltare il clamore dei loro passi su quella roccia
dissestata mentre corrono verso di noi. Bene. Meglio che io pensi qualcosa in
fretta se voglio sopravvivere per almeno una manciata di secondi. Impugno la
mia arma strettamente fino a sentire il cuoio dell’unico guanto rimasto
tendersi in ogni singola fibra. Sono pronto a vibrare il primo colpo; per il
resto, non so cosa accadrà.
Ma inaspettatamente frena la corsa
dei nostri assalitori un bagliore quasi accecante. Riconosco quelle tinte
colorate; è la luce del Bifrost. Essa si scaglia a nostra difesa sovrapponendosi
al grigiore di quella roccia scura, accecando per pochi istanti gli abitanti di
quel pianeta buio e inospitale. Riconosco la figura che si contorna tra quei
bagliori: è il padre degli Dei. È finalmente giunto. Questo vuol dire che alle nostre vite verrà
riservato certo più di pochi secondi di vita ancora. Mi sorge spontaneo un
sospiro che mi libera dalla tensione accumulata. Siamo salvi infine, siamo
salvi. Il nitrito potente di Sleipnir sbigottisce quei bestioni blu che
appaiono adesso più simili ad una massa di insetti spaventati. Quale pena. E a
quella che provo per loro si aggiunge anche quella che provo per te, fratello,
dopo la tua ultima ridicola sortita. Sembri un legionario aizzatore di eserciti.
Non ti rendi nemmeno conto che gli unici stolti che potrai mai sperare di
sobillare sono quei tuoi patetici amichetti. Gran bell’acquisto. Possibile che
nemmeno la presenza di nostro padre ti ispiri al silenzio? Se non altro, la
risposta del padre degli dei mi soddisfa: se non riesci da solo a restare
quieto, allora ci verrai costretto. Vederti zittito è una delle poche
soddisfazioni che posso permettermi. Una delle poche vittorie su di te, devo
dire, visto che il mio autocontrollo e la mia discrezione mi hanno sempre
preservato da simili imbarazzi. Sarò infantile, ma che ti stia bene lo sto
pensando davvero. Conserverò gelosamente questa considerazione; come molte altre.
La tensione è palpabile. I due
schieramenti si sono congelati in un momentaneo silenzio, ma entrambe le parti
sanno bene che basterebbe il più lieve movimento inatteso per scatenare le
armi. Vorrei tornare a casa. Vorrei solo tornare a casa. Troppe cose mi turbano
in questo momento. Osservo mio padre e Laufey parlare. Sento le loro voci ma
non le loro parole. Ascolto a singhiozzi, come se la mia mente fosse distratta
da lampi di pensieri e domande che si sovrappongono fra loro. Non posso
dimenticare quello che mi è successo, quello che ho visto. Le mie riflessioni
si agganciano le une alle altre come in un puzzle. Manca un pezzo però. So che
manca un tassello fondamentale per completare il quadro che mi serve.
Prima ancora che il tentativo
sciocco e impulsivo di Laufey di colpire mio padre possa anche solo turbarmi, sono
già circondato dal raggio di luce del Bifrost insieme agli altri. Siamo al
sicuro. Siamo a casa. Non riesco a trattenere un sospiro profondo, alla ricerca
di energie che non posso ancora recuperare del tutto. Sento alzarsi le voci del
padre degli dei e la tua, Thor. Pare sia giunto il momento di fare i conti con
la tua condotta. Il Bifrost si svuota velocemente: Fandral viene trasportato
immediatamente nella camera della guarigione, Heimdall torna alla sua
postazione, mentre gli altri si allontanano celeri; appare chiara a tutti la criticità
della situazione.
Distendo la schiena prendendo un
altro grande respiro e visionando velocemente la sala constato che siamo
rimasti solo noi tre: nostro padre, io e infine te, fratello. Penso che ci sia
dell’ironia in tutto questo: quando avevo deciso che avrei rovinato la tua
incoronazione non mi sarei mai neanche lontanamente immaginato che le cose
sarebbero degenerate in questo modo; prima Jotun, poi lo scontro coi Giganti e
adesso…non ho la minima idea di cosa accadrà. È vero che volevo metterti alla
prova, prendermi un po’ della rivincita che mi sono sempre negato, riuscire a
farti sentire per un solo minuto come io mi sono sentito per un’intera vita.
Non saprei dire se vi sia riuscito o meno. Ma so che desideravo infangarti con
del disonore; macchiare la tua solare e limpida figura di prediletto figlio di
Odino. So che lo sei. Nessuno potrebbe ingannarmi affermando il contrario.
Nostro padre ha sempre avuto un malcelato debole per te. Ma mi sono adeguato,
ho imparato ad accettarlo. Finché questa sua sfacciata e stucchevole
predilezione non ha finito col diventare così eccessiva e irrazionale da
ferirmi. Perché non vi sarebbe potuto essere alcun ponderato né imparziale discernimento
nello scegliere te come erede al trono. Se non l’adorazione compulsiva di un
padre accecato, incapace persino di cogliere il bene avvenire del proprio regno.
È stata davvero l’ultima e la più crudele delle mortificazioni. L’ultima odiosa
malacreanza che mi ha spinto a tanto. Fin qui, padre. Se solo tu sapessi.
Ero assetato di rivalsa.
Infinitamente. Eppure non sarei mai stato in grado di macchinare un tale
intrigo perché infine giungessimo qui, al cospetto di nostro padre che ti sta
umiliando e castigando come mai avevo visto prima. Le sue parole sono
schiaccianti e spietate nella loro verità, così severe che le mie labbra si
muovono improvvisamente da sole, come in un respiro, cercando di richiamare
nostro padre. Mi viene concesso solo un esile passo verso di lui, per poi
trovarmi di fronte ad una rabbia rassegnata che mi mette a tacere all’istante.
Sembra così stanco. Così esausto. Volgo lo sguardo a te, Thor, e riconosco la
stessa afflizione. I tuoi occhi brillano di una luce diversa dal solito: è un
chiarore umido e smarrito. La tua espressione ferita si arricchisce di nuovi
dettagli quando il padre degli dei si avvicina a te e ti spoglia dei tuoi
titoli. La sua voce tuona e riecheggia tra le pareti dorate del Bifrost,
chiamandoti indegno. Osservo impotente tutto questo senza riuscire a spiegarmi
cosa sia la sensazione che provo. Sento dell’affanno raggiungermi e un nodo
alla bocca dello stomaco che stringe in una morsa dolorosa. Non è nulla che
possa anche solo avvicinarsi al senso di colpa; di questo ne sono certo. Non
provo alcun rimorso per averti mostrato la tua stessa inadeguatezza. È qualcosa
di diverso. Assomiglia più a un sapore amaro che resta sulla lingua; o a una
percezione di penosa impotenza. Un silente rimpianto per qualcosa che forse
avrei voluto andasse diversamente.
Continuo ad osservare; l’unica mossa
che mi è concessa. Il mio sguardo è colmo di rammarico e le mie labbra serrate
in un rispettoso silenzio. Perché sei stato così sciocco e irresponsabile,
Thor? Perché, nonostante tutte le grazie ricevute e mai dovute, continui ad
essere così affamato di vanagloria? Non sarei in grado di spiegarti quanta e
quale rabbia riesci a provocare in me. Non hai idea di quanto io possa bruciare
nel petto per colpa tua e della tua essenza che mi avvelena. Hai sempre avuto
tutti i vantaggi e non sei stato neanche in grado di esserne all’altezza.
Quando a te basterebbe un solo umile gesto per dimostrare il tuo valore, a me è
concesso solo di rimbalzare sull’ombra che ti lasci alle spalle. Dovrei godere
senza ritegno a osservarti adesso in questa patetica umiliazione. Eppure si
ridesta in me quel rimpianto che sa di amaro.
I bagliori del Bifrost riverberano
lungo le pareti auree e ruvide della sala. Non saprei spiegare il perché nostro
padre abbia deciso di azionare il portale, ma posso vedere davanti ai miei
occhi come abbia deciso di spogliarti non solo dei titoli ma anche dei tuoi
grandi poteri. Rimango smarrito di fronte allo sgretolarsi della tua nobile
effigie e il mio turbamento si accresce. I miei occhi si illuminano di stupore
quando nostro padre ti priva perfino del martello e con un’unica imperiosa
sentenza ti bandisce, privandomi del tempo necessario anche solo per rendermene
conto. Il lampo di luce del portale ti colpisce e ti scaglia lontano, in chissà
quale mondo, mentre il Bifrost si tinge di scintille iridescenti. Osservo
un’ultima volta il padre degli dei prima di avvicinarmi al ponte luminoso che
ti ha sottratto al nostro regno, rimanendo impressionato dagli avvenimenti che
si sono susseguiti portandoci ad un simile caos. Da molto ormai non sei più
visibile ai miei occhi, fratello. Riconosco solo scie luminose che si
accavallano e si intrecciano all’interno del portale ancora aperto e
abbagliante. Mi ritrovo confuso pensando a come dovrei reagire ad un simile
evento. In questo momento lo smarrimento si mescola all’amarezza
precedentemente avvertita e faccio fatica a sbrigliare i filamenti della parte
più razionale della mia mente. Devo analizzare quello che è successo. Devo
pensare e ripartire daccapo. Devo riorganizzare le mie mosse. Infine, devo accertarmi
di quel tassello mancante del puzzle.