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Autore: Averyn    25/07/2012    5 recensioni
COSA SAREBBE SUCCESSO SE HARRY POTTER AVESSE SCELTO DI MORIRE?
Harry avrebbe preso un treno, e si sarebbe ritrovato in una dimesione parallela, all'età di undici anni, con una vita e dei genitori, dei nuovi amici, delle altre abitudini.
E Neville Paciock sarebbe stato il Prescelto.
O forse no?
SECONDO EPISODIO DELLA SAGA 'CICATRICE'.
P.S lo so avevo promesso di pubblicarlo ad agosto, e di sicuro le pubblicazion saranno più lente, ma l'ho finito di scrivere in un mese e non ce l'ho fatta! buona lettura!
PS.PS. Grazie a Marty_Chick del suggerimento del titolo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cicatrice'
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ECCOMI DI NUOVO QUIII!!!!SPERO CHE VI PIACCIA QUESTO NUOVO CAPITOLO! APPENA CORREGGO IL TERZO LO PUBBLICO! BUONA LETTURA, E GRAZIE A MALOCCHIO E A MARTY_CHICK E A LADY MARION E A TUTTE LE ALTRE PERSONE DI AVERLE MESSE FRA LE SEGUITE/PREFERITE/RICORDATE...CERCHERO' DI NON DELUDERVI...ANCHE SE POTRESTE RIMANERE SORPRESI NELLE PROSSIME PUNTATE DI QUALCHE CAMBIAMENTO CHE APPORTERO'...UN BACIONE!


Capitolo 2
 
SORPRESE DI COMPLEANNO
 
Harry nei giorni successivi non smise di pensare a quella ragazzina dai capelli rossi.
A volte delle immagini gli tornavano alla memoria: riusciva a vederla ovunque, non solo per le strade, ma anche nella mente, come se fosse stata sempre a Hogwarts…la immaginava camminare nei corridoi, vedeva incrociare i loro sguardi, anche se ciò non era mai avvenuto, se non quell’unica, prima volta, in cui l’aveva incrociata al Ghirigoro con i fratelli….e il cuore prendeva a battergli ogni volta che ci pensava, e doveva diventare anche piuttosto rosso sulle guance, perché i suoi genitori, soprattutto sua madre, sembrarono notarlo (“Tutto bene, Harry?” gli chiedeva lei, quando la ragazza faceva capolino nella mente di Harry durante ore inopportune, come quelle dei pasti. “Certo” gli rispondeva imbarazzato lui).
Inoltre, aveva il sospetto che questi fossero sogni premonitori, o per lo meno, li sentiva come tali. Doveva quindi avvertire Hermione? Le aveva promesso di contattarla, in questi casi.
Ma questo era il caso?
Harry comunque cercò di non curarsene più di tanto: il suo dodicesimo compleanno si stava avvicinando, ed era più felice che mai, perché sapeva che i suoi genitori gli avrebbero organizzato qualcosa.
Non vedeva l’ora di vedere Sirius e Frank, e anche Louise, che sarebbe sicuramente passata a salutarli.
Avrebbe voluto invitare anche Neville e Hermione, ma qualcosa l’aveva trattenuto: Hermione doveva comunque trovarsi in Francia in quel periodo e Neville….beh Neville non sapeva bene se dirglielo. Sapeva che era libero, ma si sentiva in imbarazzo…non perché invidiasse in qualche modo le sue capacità, ma quando loro due erano insieme accadevano cose strane, che Harry non riusciva a spiegarsi. Più strane dei suoi sogni, di tutto il resto: la fronte cominciava a bruciargli, così come a Neville.
Un giorno era sul punto di parlarne con sua madre. L’aveva chiamata in cucina, certa che avrebbe compreso.
“Dimmi tutto, tesoro!” disse lei, ma il ragazzo aveva scosso la testa, e non aveva saputo andare oltre: si era dimenticato ciò che doveva dire.
Una notte, accadde qualcosa di veramente insolito: Harry stava sognando, come sempre.
Ma stavolta non si trattava della sorellina di Ron, né di una coppa scintillante in mezzo a un labirinto, né di corridoi bui e scuri…vedeva solo il viso di Neville Paciock, sospeso in aria fra i tetti delle case, che dormiva placido come un bambino, apparentemente senza essere conscio di nulla. Volava, volava disteso come su una nuvola, e veloce come il vento.
Si girava come se fosse fra le coperte, anche se Harry sapeva che non lo era, essendo sospeso in aria….e poi, un tonfo.
Harry aprì gli occhi nell’oscurità.  Inforcò gli occhiali automaticamente, anche se sapeva che era inutile; era talmente buio, e inoltre non riusciva a percepire nessun altro rumore.
Troppo stanco, fece per coricarsi di nuovo, quando qualcuno gridò:
“Chi c’è?”
Harry si rizzò di nuovo a sedere e rinforcò gli occhiali.
Vagò con lo sguardo per vedere chi fosse, anche se dentro di lui sapeva già la risposta.
Il cuore batteva a mille: no, non poteva crederci.
Non sapeva distinguere il sentimento fra paura ed eccitazione quando vide Neville seduto sul tappeto di camera sua che si guardava intorno, attonito, alla luce della luna.
“Neville?” chiese, incuriosito, mentre si sedeva a bordo letto e si avvicinava con lo sguardo, per controllare che fosse lui.
“Harry?” fece Neville, con la stessa espressione sul volto.
Harry non poté fare a meno di ripensare all’anno prima, a Hogwarts, quando aveva trovato per la prima volta il mantello dell’Invisibilità ed era uscito dalla sala comune per provarlo in giro per i corridoi e Neville gli era caduto addosso: sui loro volti, ciascuno di loro aveva dipinta la stessa identica sorpresa.
“Come…come hai fatto a venire qui?” chiese Harry, senza riuscire a nascondere il tono eccitato.
Neville, illuminato dalla pallida luce della finestra, si guardò i palmi delle mani, poi tornò sul volto di Harry, la bocca spalancata dalla sorpresa.
“I-io…Non lo so! Ero in camera mia e stavo dormendo….e devo…credo di averti pensato, sai…e mi sono ritrovato qui!” disse, con il tono che tremava.
Harry fece fatica a registrare le sue parole. “Tu cosa?” chiese, sbalordito. “Mi hai pensato?”
Neville annuì con vigore scuotendo il capo. “Sì…beh…in realtà ti ho visto nel mio sogno!”
“Mi hai visto nel tuo sogno?” ripeté Harry, senza sapere come sentirsi.
Perché si trovavano di nuovo in una situazione assurda, constatò tristemente.
“E che cosa hai visto nel sogno, Neville?”
“Beh,” tentennò l’altro, “ho visto….tu che dormivi e ti rigiravi nel letto…e poi…poi casa tua…eri sempre più vicino….devo averti visto dalla finestra….ma pensavo fosse solo un sogno!”
Dalla sua voce Harry capì che Neville era spaventatissimo, e lo sarebbe stato anche lui al posto suo. Indugiò quindi nel dirgli ciò che aveva visto lui.
“Beh, non so se può farti sentire meglio” riferì, “ma credo di averti visto anche io, Neville!”
Come immaginava, il compagno non diede segno di essere sollevato; anzi, notò la sua fronte aggrottata.
“Mi hai visto anche tu? Come?” chiese infatti Neville.
“Beh…volavi” cercò di riassumere meglio che poteva Harry.
“Volavo?” fece eco Neville, ancora più sorpreso.
“Non eri sveglio” aggiunse Harry, cercando di spiegarsi meglio, “dormivi placidamente, come se fossi sdraiato nel letto di casa tua…anche io pensavo fosse solo un sogno!”
“Beh, non era così!” osservò tristemente Neville, per poi tornare con lo sguardo su Harry.
“Sai, penso di averti sognato perché ti ho pensato” aggiunse, come se si vergognasse nel dirlo.
“Mi è successa una cosa strana durante la notte e mi sono addormentato pensando di avvertirti…”
“Riguarda quello che dovevi dirmi al Ghirigoro?” disse subito Harry, ricordandosi improvvisamente.
Non era sicuro, ma vide Neville più imbarazzato che mai. “No…anche se…”
“Non importa” lo interruppe Harry, cercando di essere d’aiuto “dimmi solo quello che è successo stanotte…solo…facciamo un po’ di luce, va bene? Qui è tutto buio!”
Non potendo usare la magia, Harry prese un accendino e un fiammifero e accese la lampada accanto al comodino; ora, alla fievole luce, poteva avere la conferma dei suoi dubbi:  l’amico sembrava più infreddolito e spaventato che mai.
“Siediti sul letto” lo invitò con uno sbadiglio.
Senza farselo ripetere due volte, Neville balzò sul letto e si sistemò a gambe incrociate sul lenzuolo piegato.
“Bene….ti sembrerà assurdo…” tentennò.
“Questa situazione lo è già” lo rassicurò Harry, e lo pensava davvero, “niente può essere peggio!”
Neville allora chiuse gli occhi, e prese un bel respiro.
“Beh ecco…il fatto è che mi sono ritrovato un elfo domestico in camera mia, stanotte!” confessò tutto d’un fiato.
Harry sbarrò gli occhi: non poteva in effetti negare di essere sorpreso; era difficile infatti che gli elfi domestici si facessero vedere, se non per ricevere degli ordini.
Lo sapeva perché Sirius ne aveva uno, ma si odiavano; lui invece non ne aveva, perché i suoi genitori non volevano sentirsi ricchi e preferivano l’autonomia.
“L’elfo domestico…era tuo?” domandò, facendo poca affidabilità su Neville.
“No” disse tristemente Neville, “conosco gli elfi domestici di mia nonna, e sono due femmine, e anche molto vecchie…questo era un elfo!”
“Un elfo è entrato dentro casa tua” ripeté Harry, cercando di seguire di pari passo la storia di Neville.
“Sì” annuì svelto l’altro, “e sai cosa mi ha detto?”
Harry scosse la testa; non lo sapeva, ma avrebbe voluto tanto scoprirlo!
Le labbra di Neville sembravano muoversi a rallentatore mentre diceva: “che non devo tornare a Hogwarts, quest’anno! Diceva che correvo dei grossi pericoli e che sarebbero accadute molte brutte cose…”
Mentre Neville parlava, la mente di Harry si sbloccò nuovamente, com’era successo l’anno precedente in infermeria ai racconti di Silente e Hermione.
Ora vedeva lui al posto di Neville parlare con quella creaturina, che riusciva a vedere: si trovava in una stanza del tutto diversa dalla sua, molto più squallida e piccola.
E quell’elfo domestico, con i suoi grandi occhioni verdi e le orecchie da pipistrello, parlava tutto concitato e si puniva continuamente per ogni cosa che diceva, ma Harry non riusciva a capire cosa: era come assistere una scena senza il suono, come se qualcuno avesse gettato su di loro l’incantesimo del silenzio.
“Harry?” lo chiamò Neville “Harry stai bene?”
Harry scosse la testa e aprì e chiuse gli occhi velocemente: focalizzò di nuovo camera sua, e un Neville Paciock, che per qualche ragione assurda si trovava lì, che lo guardava con aria seria.
“Sì…cosa ti ha detto Dobby?” disse, senza pensare.
Vide il volto di Neville diventare ceruleo e che lo fissava, colpito e impaurito.
“Come…come sai il suo nome?” balbetto infatti.
“Cosa?” fece Harry, che non capiva tutta quella agitazione.
Neville s’irrigidì. “Il nome dell’elfo…Dobby!” gli ricordò.
Harry sbatté le palpebre, confuso: neanche lui sapeva perché, così come non sapeva rispondere a molte altre cose. Ecco un’altra domanda di cui avrebbe dovuto cercare la risposta.
“Beh, ecco…” esitò, “penso….di aver tirato a indovinare, sai. Sembra un nome carino, per un elfo!”
E allora Neville lo guardò, come non aveva mai fatto prima: Harry lesse determinazione nei suoi occhi, e intuì che fosse sul punto di dirgli qualcosa, ma un attimo dopo sembrò ripensarci.
“Bene….sembra carino, qui, ma…come torno a casa?” disse, cambiando discorso.
Harry lo fissò, cercando di trovare una soluzione.
“Semplice. Non ci torni” rispose con semplicità.
Neville lo guardò accigliato. “Non ci torno?”
Harry s’alzò: doveva rimediare qualche coperta, oppure trovare un posto dove poterlo far dormire.
“Stai qui per stanotte e…domani mattina troveremo un modo per mandarti a casa, va bene?” propose.
“Va bene” disse Neville, mentre Harry spalancava la porta della stanza e attraversava il corridoio del piano di sopra cercando di non fare troppo rumore.
Passò davanti alla stanza dei suoi genitori, proprio accanto alla sua, e sperò con tutto il cuore che non si fossero svegliati.
Non poteva non ammettere che quella situazione lo scocciasse parecchio: non tanto perché era Neville ad essere arrivato, ma quanto il fatto che l’avesse fatto durante la notte, e questo lo turbava.
E poi, come aveva lui fatto a conoscere il nome di Dobby? Era dovuto alle visioni che aveva avuto mentre parlava? Quante altre cose avrebbe potuto sapere, se solo avesse scavato nella sua conoscenza un po’ di più?
E poi ripensò inevitabilmente al foglietto che Silente gli aveva lasciato l’anno prima:
ti aiuterò, Harry.
Cosa stava a significare? Cosa sapeva Silente che a Harry era ancora oscuro?
Avrebbe dovuto avvertire Hermione, chiedere la sua consulenza prima di fare qualsiasi mossa avventata?
Harry cercò di allontanare quei pensieri mentre scendeva nel salotto e andava a cercare un posto dove Neville avrebbe potuto nascondersi; non voleva che venisse trovato, almeno, non subito!
Vi erano due camere per gli ospiti, e fra le due preferì quella vicino alla cantina, perché nessuno ci andava mai: non che fosse sporca o poco ordinata, ma lì Neville avrebbe potuto passare la notte tranquillo senza troppi disturbi.
Tastò il letto e lo soppesò sedendosi sopra. Era così morbido…
Harry si sdraiò e si mise a pensare….ma le stranezze dovevano avvenire per forza il giorno del suo compleanno?!
Prima che se ne rendesse conto completamente, era già nel mondo dei sogni.
 
La luce era già alta quando Harry si svegliò e sentì un urlo dal piano di sopra.
Subito pensò a Neville, e come un fulmine si precipitò per il corridoio dove vi era il bagno e l’altra stanza degli ospiti, attraversò il largo salone e salì le scale in legno che portavano al piano superiore.
Davanti a lui c’era sua madre. Harry non poteva vederla perché lei gli dava la schiena, ma era sicuro che le sue mani le serrassero la bocca dall’orrore e dallo spavento.
“Che ci fai tu qui?” chiese, quasi urlando.
“Io..Io…” disse Neville, che era rimasto paralizzato dalla paura sul letto di Harry.
Poi incrociò gli occhi di Harry, assonnati e stanchi e pieni di senso di colpa.
Perché si era allontanato dalla sua stanza? E soprattutto, perché si era addormentato, lasciando Neville da solo?
Era la cosa peggiore che gli fosse potuta accadere proprio il giorno del suo compleanno!
Lily sembrò notare che Neville non guardava lei ma oltre, e si girò verso suo figlio, non altrettanto sorpresa di trovarlo lì.
“Harry…che sta succedendo?” chiese, calmandosi.
“Io, beh, ecco….” Fece Harry, preso alla sprovvista.
“Sono stato io” inventò Neville, parlando in fretta, “volevo assolutamente fare una sorpresa a Harry e senza dire nulla a mia nonna ho usato una passaporta nascosta nel suo giardino!”
Lily allargò gli occhi verdi, così simili a quelli di Harry e allo stesso tempo così pieni di preoccupazione.
“Beh, immagino che dovremo avvertire Augusta….” Cominciò a dire, ma fu interrotta da Harry e Neville.
“NO!” gridarono entrambi nello stesso momento; si erano guardati, e con una sola occhiata Harry aveva capito che non c’era nessuna passaporta nel giardino di casa di Neville.
“Noi…ci penserà Neville a scrivere a sua nonna….del resto è stata una sua idea, vero, Neville?”
disse Harry, cercando sostegno dal compagno, che annuì con fervore.
“Assolutamente.”
Lily, anche se in un primo momento non sembrava convinta, probabilmente decise che era meglio rilassarsi e si sciolse in un sorriso.
“Oh, beh, è stato molto carino da parte tua venire qui per il compleanno di Harry!” commentò, quasi commossa. “La colazione è quasi pronta! Tuo padre è già di sotto a preparare tutto!”
Harry lesse sul volto dell’amico una smorfia strana, ma fu solo quando sua madre se ne andò che Neville si rivolse a lui e gli chiese, con tono mortificato:
“Oggi è il tuo compleanno?”
Lo stomaco di Harry si strinse; era triste vedere il compagno in quelle condizioni, ma d’altro canto non era neanche colpa sua per quello che era avvenuto quella notte.
“Io, beh….” indugiò, imbarazzato; poi pensò che tanto l’avrebbe scoperto comunque.
“Sì, Neville, oggi è il mio dodicesimo compleanno.”
Ci mancava soltanto che Neville fosse scoppiato in lacrime: il viso del ragazzo si susseguì in una serie di smorfie, l’una dietro l’altra, raffiguranti il senso di colpa.
“Oh, Harry mi dispiace moltissimo! Ho rovinato tutto! Tu volevi passare il compleanno con i tuoi amici…” cominciò a lagnarsi.
“Tu sei mio amico” precisò Harry, “e poi, a parte Louise e Frank e gli amici di famiglia, non c’è nessun altro pronto a festeggiarmi…un invitato in più non fa mai male…. Sarebbe ancora più bello se Hermione fosse qui a festeggiare con noi! Ora scendiamo a colazione!”
“Peccato che i tuoi amici mi odino” Harry riuscì a sentire Neville sussurrare queste parole, ma nonostante questo, l’amico sembrò più rincuorato e scese più volentieri al piano inferiore per mangiare qualcosa.
Come Harry fu a metà scala, vide il salotto imbandito di tutto punto: una tovaglia dall’aria molto leggera e di un colore rosa pallido copriva il tavolo, e sembrava esserci proprio tutto quello che serve per una ricca colazione.
E, cosa ancora più bella, James Potter, suo padre, lo attendeva alla fine delle scale, un sorriso sereno stampato sulla faccia, le braccia allargate.
Harry gli sorrise e scese in fretta i gradini che lo dividevano da lui e lo abbracciò stretto, mentre quello rideva e diceva: “Buon compleanno, figliolo!”
Harry si staccò dal padre e sentì che Neville lo raggiungeva.
James lo guardò, ma non sembrava sorpreso di vederlo: Lily doveva averlo informato del suo arrivo.
Harry non si sarebbe stupito se il povero Neville si fosse sentito triste in quel momento, e fu il suo turno nel sentirsi in colpa: l’amico non aveva genitori.
“Harry” fece Neville con tono impressionato, e quando Harry si voltò a guardarlo vide gli occhi sbarrati dalla sorpresa, “quello è un manico di scopa?”
Harry si voltò incuriosito verso il padre, e vide che quello che aveva in mano era proprio un pacco a forma di manico di scopa.
Subito il cuore prese a battere dall’emozione e cercò automaticamente lo sguardo del padre che ricambiò, sicuro.
“Puoi aprirlo” fece, e Harry, guardando Neville, prese il pacco dalle mani di James e, steso a terra, lo scartò.
Il suo cuore perse un battito. Era proprio lei!  Il manico era di un castagno scuro, e su di esso vi era la scritta dorata Firebolt.
Sorrise per l’eccitazione e guardò i suoi genitori: non poteva credere che l’avessero fatto!
“Voi…voi…” provò a dire, ma si rese conto che non c’erano parole per ringraziarli.
James gli regalò un grande sorriso. “Pensavamo…che ti saresti potuto allenare per il Quidditch, quest’anno…”
Harry abbracciò suo padre, poi sua madre, il volto pieno di riconoscenza.
“Posso farci un giro?” chiese, eccitato e, trascinato Neville nel giardino, montò sulla scopa e si levò in aria, dimentico del tutto della colazione.
Volare era la cosa più bella del mondo: sentiva il vento scorrergli fra i capelli, sotto i piedi…lo eccitava andare su e giù, vedere Godric’s Hollow dall’alto….
Fece il giro del paese, immergendosi fra le nuvole fredde, per poi riscendere giù, puntando verso il giardino di casa, dove lo stava attendendo Neville e dove, poco lontano, si stavano avvicinando un piccolo gruppo di persone che Harry conosceva molto bene.
Una volta sceso, incitato dagli applausi di Neville, Harry riuscì a vedere meglio chi erano: i fratelli Remus e Thomas e sua moglie Odette e la figlia Louise, che parlavano fitti con Sirius, che con sé aveva, ovviamente, Frank.
Harry corse loro incontro, mentre Neville sembrava essere svanito.
Quando Frank s’avvicinò, sul viso aveva un’espressione di puro stupore e gioia.
“Harry! O Harry!” gridò Louise, abbracciandolo stretto. “Buon compleanno!”
Harry la strinse forte, un po’ imbarazzato – ma del resto, gli abbracci di Louise lo erano sempre perché imprevisti.
Il resto degli ospiti si avvicinò. Thomas gli strinse la mano e gli fece tanti auguri; Harry non aveva molta confidenza con lui, ma fu grato della sua presenza; di solito, Louise stava sempre con Remus, ed era più raro che Harry vedesse i suoi genitori.
“Tanti auguri, Harry!” gli augurò Odette, stampandogli due baci sulla guancia, che Harry sentì subito calde.
“Harry!” disse Remus, mettendogli una mano sulla spalla, “stiamo cominciando a diventare grandi, eh?”
Harry gli sorrise, felice, ma non ebbe il tempo di rispondere che Sirius spintonò amichevolmente Remus, che s’allontanò con un verso.
“Non invecchiare troppo, va bene, Harry?” disse Sirius, e quando le sue braccia furono attorno a lui, il ragazzo non poté fare a meno di provare un’enorme nostalgia, anche se non ben motivata.
Quando si sciolsero dall’abbraccio, Harry si rivolse a Frank, che teneva in mano un vassoio impacchettato.
“Tanti auguri, Harry!” fece Frank, sorridendogli. Ancora una volta, Harry non poté fare a meno di notare quanta somiglianza ci fosse fra lui e suo padre: gli occhi erano gli stessi, così come i capelli.
“Cos’hai in mano?” chiese, curioso, prestando attenzione a quello che portava.
Per tutta risposta, Frank strinse le spalle.
“E’ una cosa mooolto speciale!” rispose Sirius per lui, facendo l’occhiolino a Harry e  poi prese il vassoio da Frank e si incamminò verso l’entrata di casa con un enorme sorriso. “Lily, cara!” salutò soave.
Lily spalancò la bocca, sorpresa quanto Harry di vedere quello che avevano in mano.
“Sirius, quella è…”
“Lo è” tagliò corto l’amico, allegro, e seguito dai due coniugi e Remus entrò in casa, lasciando Harry e i suoi amici da soli. Era stato troppo occupato a salutare gli ospiti per accorgersi di quello che stava succedendo: Neville, che evidentemente era rientrato in casa non appena aveva visto arrivare gli ospiti, non era passato inosservato agli occhi di Louise, che lo guardava torva come rientrava in giardino.
Poi si rivolse a Harry, e così fece Frank, entrambi sbigottiti.
“Cosa ci fa lui qui?” chiese lei, stizzita.
Harry e Neville si guardarono: l’amico stava diventando tutto rosso, il volto contorto in un’espressione mortificata.
Era  più che evidente che si sentisse in colpa e secondo Harry doveva piantarla. Ora toccava a lui mettere a posto le cose.
“E’ qui per il mio compleanno” disse, cercando di sembrare il più convinto possibile “è invitato anche lui”.
Questa informazione scaturì la reazione che aspettava, ma si rese conto che era molto meglio che raccontare loro tutto, rischiando anche che non gli credessero.
“Come sarebbe a dire?” esplose Louise, e i suoi boccoli perfetti con lei. “Che vuoi dire, è invitato anche lui?”
“Quello che ho detto” disse Harry, perplesso. Evitò di incrociare il suo sguardo, ma con la coda dell’occhio Harry vide che Neville aveva sorriso leggermente.
“Oh, beh, tanto vale che inviti anche la Granger o l’intera famiglia Weasley al completo, allora!” sbottò ancora l’amica, sarcastica.
Harry la guardò con tono di sfida, anche se non capiva tutto quell’odio di Louise nei loro confronti: erano persone diverse che avevano fatto scelte diverse.
Anche se, al nominare la famiglia Weasley, Harry sentì di nuovo una sorta d’improvvisa nostalgia…
“Beh, sai” fece Harry, rispondendo a tono a Louise, “in effetti stavo tenendo conto seriamente di questa possibilità per l’anno prossimo!”
Frank scoppiò in una risata, così fece Neville. Louise invece era su tutte le furie: se c’era qualcosa che poteva farla arrabbiare davvero, era questa.
Si stava per rintanare in casa, offesa, quando Frank la fermò per un braccio.
“Louise,” cercò di parlare chiaramente, guardandola fisso negli occhi, in modo che capisse, “a me non dispiace se Harry, oltre a noi, ha anche altri amici. Insomma, è un essere umano, ha tutto il diritto di fare conoscenze!”
“Ma non…” obiettò Louise, stizzita.
“Andiamo, cos’hai poi contro Neville? Il fatto che sia amico della Granger? Sì, è vero, anche a me lei non piace….ma su via, Neville è il Bambino-che-è-sopravvissuto! Ha sconfitto Voldemort l’anno scorso!” cercò di convincerla Frank, con un sorriso.
“E poi è il compleanno di Harry, può invitare chi vuole!” aggiunse, e si rivolse a Harry.
Ora il ragazzo ricordava perché voleva bene a Frank: aveva un gran cuore e un gran rispetto per il prossimo, anche se poteva non condividere delle scelte.
Era un signore. E Harry lo stimava per questo.
Louise strattonò il braccio e si liberò dalla presa dell’amico, continuando a guardarlo con disapprovazione, ma non disse nulla.
“Quella è una Firebolt, Harry?” disse Frank, cambiando discorso , e rivolgendo la sua attenzione all’infuori di Louise.
 
Il resto del pomeriggio sembrò volare via veloce; nonostante Louise avesse tenuto il broncio per quasi tutta la giornata, Neville, Frank e Harry la ignorarono, e passarono tutto il pomeriggio dimenticando le divergenze che c’erano fra di loro.
Sembrava che fossero amici da sempre, e tutti esultarono quando Sirius e Frank fecero spacchettare il loro regalo a Harry- quello che il ragazzo aveva scambiato per un dolce- per rivelarsi invece un set da Quidditch completo esclusivo per la Firebolt, lasciando Harry più felice che mai; la famiglia Lupin invece gli aveva regalato uno stupendo libro ricamato in oro,
intitolato Tutto ciò che i giovani maghi devo sono sapere, di Batalda Balarda.
Harry sapeva che probabilmente l’idea di un’enciclopedia del genere era sicuramente di Louise.
La notizia ancora più bella era che Frank e Sirius si sarebbero fermati per qualche giorno, e probabilmente l’avrebbe fatto anche Neville, che aveva finalmente chiesto il permesso di rimanere a casa dei Potter per il resto dell’estate.
I tre avevano scoperto di stare molto bene insieme, ma Harry non sapeva se avrebbero continuato a frequentarsi anche all’interno delle mura di Hogwarts, e questo gli dispiaceva molto.
I giorni continuarono felici e sereni, i più belli che Harry avesse mai vissuto; giocava sempre a Quidditch con il padre e con Neville, che segnava i punti, non essendo molto pratico dello sport.
Fino a che non arrivò il giorno in cui Hogwarts fu pronta per accogliere di nuovo i suoi studenti, e Harry e Neville si prepararono per andare alla stazione di King’s Cross il primo settembre.
 
  
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