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Autore: _vally_    10/02/2007    14 recensioni
Una serata un po' diversa, una serie di coincidenze. Incontri fortuiti in una notte in cui sangue e alcool scorrono sposati nelle vene. Quell'alcool che fa perdere il controllo, quello che soffoca le inibizioni! E dopo che accadrà?
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, Lisa Cuddy, Robert Chase
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con una nuova storia!

Avevo voglia di cambiare un po': questa fanfic è decisamente meno impegnativa dell'altra (sia per me che la scrivo che per voi che la leggete!)

Spero che le Cotton Candy mi perdoneranno, ma credo che qui darò libero sfogo alla mia anima Huddy.

So che così mi gioco parecchi lettori ma...ho un paio di scene che mi frullano in testa da un po' ed è il caso di metterle giù prima che invadano interamente il mio cervello!

Non so ancora quanto sarà lunga e se ci sarà la comparsa di qualche altra coppia...buio completo! La trama è ancora parzialmente un mistero, anche per me!

Aspetto con ansia recensioni, critiche o consigli...basta che mi fate sapere che ne pensate!

Buona lettura!

 

 

CAPITOLO 1

 

Chase fece un altro sorso dal suo bicchiere.

Era il terzo cocktail che beveva e aveva passato il confine tra “sobrio” ed “allegro” a metà del secondo. Finendo il terzo mojito scavalcò con un agile balzo anche quello tra “allegro” e “ubriaco”.

Gli girava da testa, si sentiva le guance infuocate e faceva fatica a stare in equilibrio.

Sorrise.

Erano anni che non si prendeva la libertà di bere fino a non capire più niente. Forse da quando aveva iniziato a studiare medicina.

La medicina: ti entrava dentro, ti occupava il cervello e lo stomaco. Oltre che tutte le giornate, weekend inclusi.

“E’ da anni che non mi ubriaco così.” disse strascicando un po’ le parole,  all’uomo seduto al tavolo con lui.

“Già, ed è da anni che non ci vediamo.” rispose questo ridendo. “l’ultimo ricordo che ho di te è una scenetta molto simile a questa. Per me non è cambiato niente.”

Risero entrambi, mentre facevano cenno alla cameriera di portargli ancora da bere.

“Ti sei perso dieci anni della mia vita.” disse Chase in tono accusatorio.

“E non ho nessuna voglia di sentirmeli raccontare!”

Continuavano a ridere, senza riuscire a contenersi.

Se fossero stati in qualunque altro posto probabilmente avrebbero dato nell’occhio, ma erano seduti a un tavolo dell’Alexander Cafè, dove a mezzanotte passata di venerdì sera, trovare una persona sobria era come prendere un terno al lotto.

Chase si guardò attorno, sperando di incrociare lo sguardo di qualche bella ragazza. Stava passando una bellissima serata con William, un suo amico d’infanzia, ma non gli sarebbe dispiaciuto concluderla nel letto di una sconosciuta.

Anche quello era da anni che non accadeva.

Aveva avuto una bella storia di qualche anno, e un tira e molla, durato anche questo anni, con un’amica di vecchia data. Infine era uscito con qualche infermiera.

Poi c’era stata Cameron: rapporto destinato ad iniziare e terminare in una notte. Un’avventura di sesso, è vero, ma con una persona che conosceva già bene e che vedeva tutti i giorni.

Una sconosciuta era…una sconosciuta!

“Cerchi una vittima per stasera?” chiese divertito il suo biondissimo compagno di liceo.

Più che amici, sembravano fratelli.

“In questo stato non credo che riuscirei a combinare un granché.” ammise Chase, rendendosi conto che a breve avrebbe dovuto correre in bagno a vomitare. Altro che donne…

William gli diede un’amichevole pacca sulla spalla, sporgendosi verso di lui da sopra il tavolo.

Per poco non si ribaltarono con tutto il tavolo a seguito.

Ripresero a ridere convulsamente.

Improvvisamente Chase si bloccò, spalancando gli occhi sulla porta d’ingresso del locale. “Merda…”

“Cosa c’è?” chiese William, voltandosi per seguire lo sguardo dell’amico. Era appena entrato un gruppetto di persone, ma non riconobbe nessuno.

“C’è il grande capo dell’ospedale dove lavoro! Se mi vede conciato così…” mentre parlava non distolse gli occhi dalla Cuddy, pregando che non si voltasse verso di lui.

“Chi è?”

“La donna col vestito rosso.”

“Wow!” William richiamò l’attenzione dell’amico. “Ehi, ma perché ti preoccupi tanto? L’hai vista bene?”

Chase si voltò ancora verso Cuddy, e inclinò la testa, studiandola attentamente, per quanto il suo stato glielo permettesse. “Oddio, è conciata peggio di me…” sussurrò tra sé e sé, sorridendo.

 

Lisa camminava appoggiata al braccio di un bell’uomo, di qualche anno più giovane di lei.

Arrivata al tavolo che il cameriere aveva loro indicato, si lasciò cadere pesantemente sul divanetto. Il gruppo di persone che era entrata con lei, prese posto allo stesso tavolo. L’uomo che prima la reggeva, le si sedette accanto e la guardò sorridendo. “Sei ubriaca marcia.” dichiarò, in tono rassegnato.

Di risposta, Cuddy gli regalo un largo sorriso “Lo so.”

Appoggiò la testa alla sua spalla, senza smettere di sorridere mentre l’uomo, scuotendo la testa sconsolato, ordinava da bere.

 

“E’ il suo compagno?” William tentò di coinvolgere Chase in una conversazione sensata, per tenerlo sveglio.

Infatti l’intensivista si era accasciato sul divanetto, per evitare di esser visto, ma la posizione semisdraiata, insieme all’alto quantitativo di alcool in corpo, lo stavano facendo lentamente scivolare in uno stato di trance non lontano dal sonno profondo.

“Ehm…cosa?”

“Dai Rob, tirati su!” William gli scosse violentemente una spalla. “Non ho voglia di portarti a casa in braccio. La nottata è solo all’inizio!”

“Fantastico…” mugugnò Chase. Doveva avere un pessimo aspetto, e non aveva nessuna intenzione di farsi vedere così dalla Cuddy. Decise che non sarebbe uscito dal suo nascondiglio finché lei non se ne fosse andata. Lo comunicò al suo amico.

“Ma sei pazzo?! Rob ma guardala!” questa volta William tirò con forza la giacca dell’amico, costringendolo a sollevarsi.

A Chase venne da ridere: la Cuddy aveva appoggiato le braccia al tavolo e le stava usando come cuscino. Arrivò la cameriera, e l’uomo che le stava seduto accanto, con delicatezza, l’aiutò ad alzare la testa e le porse un bicchiere di champagne. Lei lo prese sorridendogli.

“Non l’ho mai visto.” disse Chase all’amico,  rispondendo alla sua domanda di pochi minuti prima.

“E’ sposata? Fidanzata?”

“Non che io sappia.”

“Bhè, comunque sia la sua serata è già scritta: berrà ancora un po’ e poi finirà a letto con l’uomo che le sta accanto.”

Chase annuì soprappensiero.

“Che c’è? Avrai mica una cotta per lei?! Per il tuo capo…” William rivolse all’amico un sorrisetto malizioso.

“Ma no! E’ che…è strana vederla così.”

William osservò incuriosito Chase che, mentre parlava, impallidiva sempre di più; l’espressione sul viso sempre più preoccupata.

“Ma cosa c’è, Rob?”

Chase si alzò di scatto “Devo vomitare!” e corse verso il bagno.

William rise tra sé e sé, terminando con un sorso il drink del suo vecchio amico.

 

Cuddy terminò rapidamente lo champagne.

Era almeno il quinto brindisi della serata, senza contare i litri di vino che avevano consumato durante la cena.

Rimpatriata.

Finiva sempre così.

Vecchi compagni del college, tutti seri professionisti, validi medici, uomini e donne responsabili. Quando si trovavano assieme, ed accadeva per fortuna di rado, finivano sempre per dare il peggio di sé. Meno male che c’era Brian con lei quella sera.

“Stai bene Lisa?” Brian le scostò una ciocca di capelli dal viso.

“Non molto, meglio che vado a rinfrescarmi un po’.”

“Ti accompagno?”

“No” rispose lei sorridendogli e, barcollando, si diresse verso il bagno.

 

Chase aveva riversato la cena e i numerosi drinks della serata in uno dei gabinetti dell’Alexander Cafè.

Si appoggiò al lavandino, le mani che stringevano forte la ceramica, aspettando che il mondo smettesse di girare a quella velocità.

Si guardò allo specchio: capì perché la gente non aveva nessuna difficoltà ad accorgersi quando beveva.

Ad un certo punto la porta del bagno si spalancò, e la Cuddy entrò quasi correndo. Sbatté violentemente la gamba contro uno spigolo, sussurrò un’imprecazione e, urlando “Questo è la toilette delle donne, esca di qui!” si chiuse dentro uno degli stanzini del bagno.

Chase rimase sconvolto dall’assurdità di quella scena; voltandosi lentamente, rivolse la schiena allo specchio e gli occhi spalancati alla porta dietro la quale era sparita Cuddy.

“Non mi ha riconosciuto.” pensò, sentendosi profondamente felice.

Si rese conto che era un ottimo momento per fuggire da lì.

Non fece però neanche in tempo a fare un passo, che Cuddy ricomparve ancora davanti a lui.

Si guardarono qualche istante, senza avere il coraggio di dire o fare niente.

Lei stringeva la maniglia della porta, e con l’altra mano si reggeva allo stipite; lui era appoggiato al lavandino, stringendolo forte per non perdere l’equilibrio.

“Ehm…” Chase fu il primo a distogliere lo sguardo.

“Allora avevo visto bene.” disse lei.

“Sono entrato nel bagno sbagliato.” si scostò dal lavandino e, cercando di darsi un contegno, camminò verso la porta d’uscita. Rinunciò subito, rendendosi conto che sarebbe caduto rovinosamente a terra prima di arrivare a metà strada.

“No…meglio che sto qui.” afferrò saldamente un altro lavandino e, dando le spalle alla Cuddy, appoggiò la testa al vetro dello specchio. Chiuse gli occhi.

“Sei ubriaco.” la voce di lei gli arrivò dal lavandino accanto.

Sentì aprirsi il rubinetto.

“Anche tu.” Chase avrebbe voluto sottolineare quest’accusa con uno sguardo di rimprovero, ma non riuscì neanche ad aprire gli occhi. La superficie fredda e dura dello specchio era estremamente confortevole.

A un certo punto gli arrivò in faccia una pioggia gelata.

“Ehi!” si staccò bruscamente dallo specchio, provocandosi un intenso capogiro. Fece due passi indietro e, quando toccò con la schiena la parete dietro di lui, vi si accasciò contro. Lentamente, scivolò lungo di essa, fino a trovarsi seduto per terra.

Cuddy non demorse e, convinta dell’utilità del suo gesto, continuò a lanciare acqua gelida addosso a Chase.

“Ma finiscila.” mormorò lui, senza neanche la forza di spostarsi dal raggio d’azione del suo capo.

Rendendosi conto che non stava ottenendo l’effetto voluto, Lisa smise di tormentare Chase, e si concentrò per qualche minuto su se stessa.

Si guardò anche lei allo specchio, e quello che vide non le piacque.

Nonostante gli strani pensieri che l’alcool la portava a fare, credeva di esser riuscita a creare un buon piano per uscire da quella situazione con la reputazione intatta. Guardandosi allo specchio si rese conto che non c’era modo di nascondere la sua sbronza, neanche sotto un castello di balle ben strutturate. Incominciò a ridere.

“Sei conciata peggio di me.” osservò Chase, accennando un debole sorriso.

Cuddy lo raggiunse con passo incerto, e si sedette accanto a lui. Per terra era tutto bagnato, prevalentemente a causa del suo idro-attacco all’ubriacatura di Chase.

Osservò impassibile il suo bellissimo vestito rosso che si riempiva di macchie scure.

Alzando lo sguardo su Chase, si accorse che anche lui guardava ipnotizzato le macchie d’acqua che si allargavano lentamente sul suo vestito.

Gli tirò una gomitata nel costato, catturando la sua attenzione.

“Adesso facciamo un patto.” Lisa cercò di mantenere il suo solito tono autoritario, ma le parole le uscivano una attaccata all’altra, in una strana filastrocca ipnotica.

Chase le rivolse uno sguardo interrogativo.

“Io e te non ci siamo mai incontrati qui stasera.”

Lui annuì e lei fece lo stesso.

Rimasero per qualche secondo seduti uno accanto all’altro, in silenzio, guardando fissi davanti a loro.

“Dovremmo tornare là fuori.” continuò lei.

Entrambi annuirono un’altra volta, senza però accennare ad alzarsi.

“Voglio tornare a casa mia, voglio la mia vasca da bagno e voglio il mio letto.” dichiarò Lisa in tono lamentoso.

“Non credo che il tuo amichetto là fuori ti permetterà di tornare a casa, farti un bagno e andare a dormire.” rispose divertito Chase. Non si sarebbe mai permesso di rivolgersi così a lei in un qualunque altro momento, ma l’alcool stava agendo sulla sua autocensura.

Cuddy lo osservò  perplessa per qualche secondo, poi scoppiò a ridere.

“Cosa c’è da ridere?” Chase sembrava infastidito dai bruschi cambiamenti d’umore del suo capo.

“Brian è mio fratello!”

“Il belloccio che sta cercando di annientare con lo champagne tutte le tue inibizioni?”

“Si. E’ mio fratello. Dice che sono la perfettina della famiglia e gli piace farmi ubriacare, così il giorno dopo può riempirmi di frecciatine su quello che ho detto e fatto durante la serata.” Lisa sottolineò le sue parole con ampi gesti. Per poco non cavò un occhio a Chase.

Lui la afferrò per un polso. “Stai ferma.” sussurrò.

Si rese poi conto che la donna che aveva accanto, quella bellissima donna col vestito rosso pericolosamente tirato su fino a metà coscia, con le braccia nude a contatto con le sue e ubriaca almeno quanto lui, era il suo capo. Era Lisa Cuddy.

Lisa.

Cuddy.

“Nonononono” disse confusamente, lasciandole andare il polso e cercando goffamente di alzarsi.

“Che è successo?” chiese lei, incuriosita da quell’improvvisa manifestazione di vitalità nel suo compagno di pavimento.

“Usciamo di qui, le cose potrebbero mettersi male.” con un ultimo sforzo, Chase vinse la forza di gravità e riuscì a tirarsi in piedi.

“Cosa intendi dire?”

Lui la ignorò e, sperando con tutto il cuore di non caderle addosso, la prese per un braccio e la aiutò a sollevarsi da terra.

Quando Lisa si trovò in piedi, il suo corpo a pochi centimetri da quello di Chase, i suoi occhi lucidi e intontiti dall’alcool, agganciati a quelli rossi (per lo stesso motivo) di lui, capì cosa intendeva il collega.

“Ok, usciamo di qui immediatamente.” disse con voce ferma e, con passo non altrettanto controllato, si mosse verso l’uscita della toilette.

Lui la seguì, dando un ultimo sguardo ammirato alle sue gambe.

L’ultimo, lo giurò a se stesso.

Quando Cuddy aprì la porta del bagno, e l’insieme di musica e voci dell’Alexander Cafè invase nuovamente le loro orecchie, entrambi ebbero un momento di vacillamento.

Lisa si fermò un istante a prendere fiato, mentre Chase la superava, passandole a debita distanza.

Si bloccò nuovamente, però, quando i suoi occhi incontrarono quelli della seconda persona che non avrebbe mai voluto incontrare quella sera.

Agì impulsivamente, facendo un passo indietro, afferrando la Cuddy per un braccio, e tirandola con sé nuovamente dentro il bagno.

Chiuse la porta e ci si appoggiò contro.

“Cosa c’è ancora?” chiese lei con voce sconsolata.

Si appoggiò alla parete. Tutto quel movimento le stava facendo venire da vomitare.

“House.”disse Chase in un soffio, guardandola allucinato.

“Stai scherzando?”

“No. E’ là fuori.”

“Merda. Se mi vede conciata così, me lo rinfaccerà a vita.” Lisa si infilò rapidamente in una delle toilettes, non sapendo neanche lei se per vomitare o per nascondersi.

Chase venne preso dal panico: era ubriaco marcio, si reggeva a mala pena in piedi, era chiuso nel bagno con Cuddy, e c’era House là fuori.

Il suo capo aveva materiale per tormentarlo crudelmente per diversi mesi.

Sapeva che non era la cosa migliore da fare ma fu l’unica azione che il suo corpo gli permise: si afflosciò sul lavandino più vicino e ricominciò a vomitare.

 

House aveva passato una magnifica serata a casa di Wilson: torneo di poker e birra.

Aveva vinto, ovviamente.

Aveva deciso di andarsene quando l’ultimo dei suoi compagni di gioco era crollato sotto il peso della sconfitta e dei numerosi litri di birra.

Non era Wilson, lui era stato il primo ad abbandonare. Era finito steso sul divano poco dopo le 22.

Si sentiva carico: trionfare in quel modo sui suoi compagni di gioco, vederli distrutti per le ripetute sconfitte, lo esaltava.

Quando lasciò la casa di Wilson, sapeva che sarebbe passato dall’Alexander Cafè, per l’ultimo drink prima di andare a casa.

Non era una sua abitudine, ma quel pomeriggio aveva sentito Chase parlare al telefono, mettersi d’accordo per un’uscita proprio in quel locale…cose c’è di meglio che concludere la serata tormentando il più tormentabile dei suoi assistenti?

Conosceva i suoi postumi da sbornia, ma la sua sbornia no, ed era un tipo terribilmente curioso.

Spalancò la porta del locale, e fu accolto da un clima decisamente…”alcolico”.

Appena dentro, incominciò a guardarsi attorno.

Stava per constatare, con disappunto, che non c’era traccia della sua vittima australiana, quando incontrò proprio i suoi occhi.

Chase stava uscendo dal bagno e, dietro di lui, vide un’affascinante donna in abito rosso. In una frazione di secondo, riuscì a farsi un quadro della situazione e, notando l’impaccio con cui i suoi due colleghi si mossero nel tentativo di fuggire al suo sguardo, un sorriso si dipinse sulle sue labbra.

La serata sarebbe stata più divertente del previsto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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