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Autore: pescioletta    29/07/2012    4 recensioni
Una nuova minaccia, un nuovo destino...
Questa storia è ambientata subito dopo l'ultima puntata della 5 serie di Angel, ma ha radici che affondano molto prima che i nostri eroi mettessero piede a Sunnydale o, per meglio dire, sulla terra... Riusciranno Buffy, Angel, Spike e gli altri a sconfiggere questa nuova minaccia e a riprendersi finalmente le loro vite?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angel, Buffy Anne Summers, William Spike
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti!!
Questa storia è già stata pubblicata ma poi, per varie cause, era stata lasciata incompiuta, completata più avanti e mai più pubblicata. Ora ho deciso che sarebbe un peccato lasciarla nel pc, dato che è appunto completa, e pertanto ho deciso di ripubblicarla a scadenza regolare, ovviamente fino alla fine…
E' superfluo dire che un commentino, bello o brutto, è sempre molto gradito!!
Grazie in anticipo a chiunque la leggerà!
Buona lettura!!

*****




*****

Capitolo 1

*****

1996, in un palazzo disabitato di Londra

“Cos'è successo?!”

L’uomo sollevò lo sguardo verso il trono, barcollando, reggendosi a stento alla parete.

“Lui dov’è?”

La sua giacca, un tempo bianca ed elegante, era sporca e lacerata; lo sguardo, sottile e sprezzante, spento dalla rovina del fallimento; la sua voce, poco più che un tremito spezzato.

La figura incappucciata si protese verso di lui e lo afferrò per la spalla, strappandogli un gemito.

“Lui dov’è?” ripeté.

L’uomo inspirò a fatica, cercando il coraggio per rispondere.

“E’… è… è fuggito mio signore…” balbettò tremando “non siamo riusciti a fermarlo…”

“Maledizione!” ringhiò il demone spingendolo contro la parete.

“Mi… mi dispiace mio signore…”

“Stai zitto!" gridò il demone

"Non avresti dovuto lasciarlo scappare: lui è l'unico che sa come usarla!”

“Abbiamo tentato, con ogni mezzo mio signore…”

“Storie!” gridò

La mano sottile si strinse più forte intorno al braccio del suo sottoposto. Il servo urlò, mentre gli artigli affilati del padrone si conficcavano nella sua carne facendone sgorgare sangue rosso e denso. Sangue di demone. La sua mano, ancora appoggiata alla parete, strinse con forza uno dei mattoni sporgenti fino a frantumarlo. La figura incappucciata si fermò un attimo, fissando la mano del ragazzo che gli stava davanti e sorrise inaspettatamente. Il debole crepitio delle fiaccole riempiva l’aria, in quel luogo antico e dimenticato da dio. Rialzando debolmente gli occhi sul volto del suo padrone il servo seppe, con certezza, che quella notte sarebbe stata la notte della sua condanna…

“Vai, trovalo e riportalo indietro!” sibilò infatti il demone, avvicinandosi al volto tumefatto del giovane

“Usa qualunque mezzo, serviti di chi vuoi. Abbiamo 10 anni. 10 anni prima che passi la cometa e che tutto sia perduto. Fai che questo tempo non venga sprecato!”

L’uomo annuì debolmente.

“Ancora una cosa” disse, lasciandolo, estraendo gli artigli acuminati dal suo braccio e scaraventandolo al suolo, verso la porta. Improvvisamente, una cascata di scintille rosso fuoco cadde sul corpo rannicchiato del demone e una luce argentea si sprigionò dalle sue carni.

"Ora non avrai più paura di niente." disse il demone.

Il servo si rialzò lentamente e si diresse fuori della stanza. Solo allora si rese conto il braccio non sanguinava più e che la stanchezza delle ultime ore sembrava averlo abbandonato completamente.

Allora capì cosa era successo.

E sorrise.

Perché, come altri prima di lui, anch'egli era diventato

Un immortale.

******

1996, Londra, Sede del Consiglio degli osservatori

Le fiamme crepitavano minacciose nel caminetto, riflettendo alte ombre sui legni scuri e spessi della biblioteca. La mano di Quentin Travers sfogliò con noncuranza le pagine di un vecchio libro ingiallito, prima di richiuderlo e posarlo su uno scaffale alla sua sinistra. La copertina verde stonava orribilmente in mezzo a tutte quelle rilegature color della paglia pensò, osservando con nostalgia le pagine ingiallite degli antichi volumi dove sempre più raramente si posavano, a suo parere, gli occhi di quelli che potevano considerarsi dei veri studiosi. Si voltò lentamente. Di fronte alla porta un uomo sui trentacinque anni lo fissava, aspettando. Alto, slanciato, di bell’aspetto e con quei capelli così ostinatamente fuori posto, come tutto quello che lo riguardava del resto, a partire da quei suoi occhi magnetici, di un colore troppo intenso e la tipica espressione di chi non doveva chiedere niente a nessuno.
Guardandolo più attentamente, l’osservatore si accorse che teneva ineducatamente una mano infilata nella tasca del classico abito di tweed, tuttavia in quel momento la sua mancanza di etichetta non aveva importanza. Tutto quello che premeva al capo degli osservatori, in quel momento, era di sapere la verità e di saperla subito, a qualunque costo. E così puntò gli occhi in quelli dell’uomo, senza paura di quello che poteva leggervi dentro o di quali segreti potesse carpirne. Perché, come diceva sempre alle sue allieve,

la missione viene prima di tutto.

“Lei ha avuto un'intera vita per apprendere quello che c’è scritto in questi libri, dico bene signor Claidfort?” chiese, con il solito tono con cui si rivolgeva ai suoi sottoposti.

L’osservatore annuì in silenzio.

“E’ possibile quindi” riprese il più anziano con tono autoritario “è… probabile, che una parte della sua infinita esistenza lei l’abbia trascorsa qui, fra questi scaffali, sepolto tra i volumi preziosi che vi sono contenuti?”

“Sì” ammise l’uomo senza alcuna emozione, abbassando appena lo sguardo sul pavimento meticolosamente lucidato. Era incredibile quanto badassero alla pulizia e all’apparenza estetica quel branco di studiosi che, in teoria, avrebbero dovuto occuparsi solo di carte e di puro sapere. Ma di paradossi a questo mondo ce ne sarebbero stati sicuramente di peggiori… Lo sguardo di Quentin Travers, nel frattempo, si era nuovamente posato sullo scaffale e la sua mano, ferma e decisa, ne aveva tratto un volume antico e pieno d'incantesimi.

Un volume che Vincent, disgraziatamente, conosceva fin troppo bene.

“Devo desumere dalla sua risposta, mio esimio collega, che quindi lei sappia con esattezza cosa recita la formula d’apertura di questo testo. Qui. Nella sezione 1477. Nella parte più antica e protetta di tutto il Consiglio, dove nessuno tranne i membri fondatori e il Capo degli Osservatori può accedere per motivi di massima sicurezza e dove lei, in teoria, non avrebbe mai dovuto nemmeno mettere piede?!” gridò, sbattendogli in faccia il volume pesante ed indicandogli le parole, piccole e sottili, scritte in una lingua antichissima che nessuno più sapeva leggere o tradurre.

O quasi.

Vincent annuì di nuovo. E gli occhi piccoli di Quentin diventarono due fessure gelide, mentre si allontanavano dalla sua faccia.

“Bene.” disse con calma “allora temo che non ci sia più nulla di cui discutere. Sappiamo entrambi qual è la punizione per chi infrange le regole del Consiglio. Sulla sua scrivania troverà un biglietto di sola andata per Madrid e una busta contenente la somma di denaro corrispondente alla sua liquidazione.
Faccia buon viaggio.”

L’uomo abbassò la testa in un mezzo inchino e si voltò, afferrando la maniglia. Il tono sommesso di Quentin lo richiamò quando già stava per lasciare la stanza diretto al suo ufficio.

“Riponevo grandi speranze in te Vincent, ma spero tu riesca a capire che la situazione in cui ci troviamo ora è troppo grave.”

"Non avevo scelta. Si tratta dell'Apocalisse."

"Lo so."

Il ragazzo non si voltò, ascoltando.

Quentin sospirò.

“Se devo essere sincero, non so proprio di chi fidarmi… ma sono il capo degli Oservatori e la vita del Consiglio, le sue tradizioni, i suoi membri, il suo futuro sono tutti nelle mie mani. Spero che non ci succeda niente… in caso contrario, sai che dovrò venirti a cercare.” Le parole di Travers caddero nel vuoto, creando un muro invalicabile. Il capo degli osservatori gli dava le spalle, appoggiandosi al caminetto, e per un istante a Vincent sembrò soltanto un uomo vecchio, con troppe responsabilità da gestire e a cui lui, quella sera, aveva dato soltanto l’ennesima, grave delusione. Girò la maniglia aspettando un attimo ad uscire, giusto il tempo per voltarsi e sussurrare brevemente

“Mi dispiace…”

Quella sera, quando il domestico si apprestò a pulire la stanza di Vincent Claidfort, trovò sulla sua scrivania una busta con sopra scritto semplicemente ‘Al mio miglior studente: Rupert Giles’.

*****

Bocca dell’inferno, Sunnydale, 15 maggio 2003





Willow si protese in avanti, stendendo le mani sulla falce incandescente. La chioma rosso fuoco le fluttuava intorno candida, diventando argentea per la magia che le scorreva in ogni vena pulsante. Lo sguardo fisso, perso nel vuoto. Sulle sue labbra, un leggero sorriso di pura estasi si univa alla gioia smisurata che solo un potere immenso e sconosciuto poteva darle. Splendeva, illuminata da una luce purissima, e da un potere immenso che si sprigionava attraverso di lei.
Rendendola potente e unica.

Una dea.

Kennedy la guardò affascinata.
Davanti ai suoi occhi la donna che amava splendeva di luce propria, sorridendo felice. Si protese in avanti, stringendo più forte le dita attorno alla sua mano sottile. Assaporò la freschezza delicata della sua pelle e sentì la forza della sua magia arrivarle fino all'anima.

Si lasciò travolgere.

Socchiuse gli occhi e sentì la potenza dell’incantesimo diventare fonte di nuova forza anche per lei.

Soprattutto per lei.

Solo per lei.

Gettò indietro la chioma scura, lasciando che ondeggiasse leggiadra cullata da tutta quell’energia mistica e sconvolgente. Lasciando che danzasse, come durante una delle sue battaglie. Come poteva danzare solo una cacciatrice, cullata dal sangue e dalla forza.

E all’improvviso, fu come morire.

Da principio fu un dolore fortissimo, come se una lama incandescente la penetrasse dal centro del petto affondando fino al cuore, sostituito subito dopo da un piacevole calore e da una sensazione di estrema potenza. Kennedy sapeva bene cosa le stava accadendo. Ne avevano parlato a lungo. Lo aveva accettato. Lo aveva persino acclamato. Eppure, adesso, non riusciva a non staccare gli occhi dalla strega splendente che continuava a pronunciare delle parole incomprensibili in una lingua antica come il tempo senza essere profondamente insicura, ora, che quella fosse la scelta giusta da fare.

Ma non c’era più tempo per riflettere.

In quel momento, mentre lo sguardo di Willow si posava su di lei riprendendo per un istante l’antica sfumatura della ragazzina che era stata e le sorrise, allora… allora Kennedy seppe con certezza che la regola era stata invertita

e che da quel momento lei, Buffy Summers, … sarebbe stata

solo una tra le tante.

******

Periferia di Los Angeles, 15 maggio 2004

Il vampiro strinse la mano intorno al paletto.
Nel vicolo, la notte ardeva come un fuoco infernale. Nera e densa.
La bolgia della bocca dell'Inferno si era rovesciata sulla terra, vomitando tutte le sue più orribili creature.
Angel, Illyria, Spike, Gunn e Connor si lanciarono nella mischia senza esitazione, gridando forte per farsi coraggio. Alle loro spalle, un nugolo di demoni invadeva le strade ormai deserte richiamando i loro simili con alte grida di battaglia, mentre un demone-drago enorme volava sopra le loro teste lanciando fuoco e lapilli ovunque girasse le enormi fauci incandescenti.

“Andiamo al lavoro!”

L’ultima frase di Angel rimbombava ancora nelle loro menti, mentre le loro armi calavano sugli avversari, danzando quasi, belli e letali, in quell’ultima nottata di morte.

La giacca scura di Angel volteggiò nell’aria mentre il vampiro metteva a segno un colpo dopo l’altro. La sua statura gli permetteva di vedere al di là del piccolo troll che lo aveva attaccato, finendolo rapidamente e concentrandosi su un vampiro enorme che avanzava nella mischia. Il rumore assordante delle armi copriva qualsiasi suono che non provenisse dai loro avversari. Grugniti, lamenti, ululati. L'esercito demoniaco più grande che avessero mai affrontato si era dato appuntamento in quel vicolo per concludere ciò che nessuno era mai riuscito a portare a termine:
la distruzione del mondo.
Angel parò l’ennesimo attacco furente, calando rapido la scure. Una spada volteggiò nell’aria conficcandosi nel suolo, a pochi centimetri da lui sue spalle. Il vampiro si voltò, finendo il suo avversario con un colpo rapido e afferrò la spada.

“E’ così che a me piace giocare” sussurrò, mentre già le teste dei tre demoni che si erano avventati su di lui cadevano rovinosamente al suolo.

“E’ solo così che a me piace giocare…”

La lunga giacca di pelle nera volteggiò inquietante mentre Spike si girava di scatto, finendo sull’orlo del parapetto. Il colpo lo sfiorò appena, permettendogli di voltarsi e lanciare uno sguardo verso il cielo infuocato.
Si lanciò dalla piattaforma, evitando per un soffio la terribile spirale di fiamme che incenerì parecchi dei suoi inseguitori e rialzò velocemente lo sguardo. Accanto a lui, Connor combatteva strenuamente contro un vampiro particolarmente robusto, tenendosi il fianco sanguinante.

“Resisti, sto arrivando!” gli urlò, ferendo mortalmente il suo avversario e cominciando a farsi largo tra la folla.

All’improvviso Angel fu al fianco del figlio, polverizzando il suo assalitore e riprendendo subito dopo a combattere.

Spike sorrise compiaciuto.

Uno di meno.

Si rivolse di nuovo verso la massa urlante, brandendo con ferocia l’asta di metallo che si era procurato nel frattempo ed abbracciò, con un solo sguardo, la visione di Illyria che riduceva in briciole un gruppo di zombie di fronte a lei e di Angel, che uccideva, come un angelo sterminatore, qualunque cosa si trovasse sul suo cammino. Il rumore degli spari di Gunn e le urla di dolore dei suoi avversari gli fecero pensare che, forse, non tutto era tutto perduto …
Parò un nuovo attacco e si passò una mano sulla fronte per detergere il sudore misto con sangue che gli offuscava la vista, ma che avrebbe contato ben poco qualora fossero riusciti nella loro impresa. Se la folla di demoni infernali che aveva invaso la città fosse stata rispedita da dove era venuta. Se avessero vinto, mettendo fine a quella follia. Se avessero trionfato. Salvando per la centesima, e forse ultima volta quel mondo sempre sull'orlo di un'apocalisse.

Se il piano di Angel fosse riuscito…

D’un tratto una stretta micidiale s'impadronì della sua spalla, catapultandolo al suolo.

Spike si rialzò, voltandosi di scatto, pronto a fronteggiare il nuovo arrivato. Il corpo muscoloso di un demone Torlox si avventò su di lui inchiodandolo a terra. Ringhiando, dalle braccia del demone spuntarono alcuni aculei robusti. Spike sgranò gli occhi. L'assassino dei morti. Il torlox era l'unico demone a possedere un veleno letale per i vampiri. Schivando il calcio del biondo gli bloccò i polsi e lo guardò alzare gli altri due pugni nodosi verso il cielo rovente. Un’esitazione fatale. Un calcio ben assestato e Spike si sottrasse alla presa del demone rotolando su un fianco tra i tizzoni incandescenti. Non fece nemmeno in tempo a rialzarsi che si accorse di essere già stato attorniato da molti altri demoni ringhianti.

“E’ la tua ora vampiro!” udì gridare alle sue spalle.

Si voltò, giusto in tempo per vedere nel buio una canna nera brillare nella sua direzione.
Un colpo di pistola e un fiotto di sangue da ignorare mentre già i muscoli scuri del Torlox comparivano dietro di lui.

Il vampiro si rialzò in piedi. Si voltò, cercando di liberarsi la strada a spintoni per raggiungere il resto del gruppo, conscio che da solo sarebbe stato una preda fin troppo facile. All’altro capo del vicolo Angel urlava qualcosa all’indirizzo di Illyria, continuando a combattere come solo lui sapeva fare. Del tutto simile a un dio della guerra.
Spike provò a richiamarlo, ma com’era prevedibile le sue parole risuonarono inascoltate in tutto quel frastuono.

Piccole scintille rosse scoppiettarono nel cielo plumbeo.

Il vampiro rialzò gli occhi per un istante. Giusto in tempo per vedere la grossa bocca del drago emettere una densa spirale di fumo e fiamme diretta nella sua direzione. Non c’era tempo per riflettere. Scattò a sinistra, appiattendosi contro il muro di una casa in rovina, mentre il gruppo di demoni che lo inseguiva si ritrovava nuovamente sulla traiettoria del getto di fuoco. Il Torlox ringhiava accecato dal calore, scalciando e prendendo a pugni l’aria. Alle sue spalle, un gruppetto di neo-vampiri si godevano la scena divertiti, aspettando il momento opportuno per agire. Spike vide il demone drago tornare all’attacco, incendiando un cassonetto lì vicino. Uscì allo scoperto, colpendo alla cieca tutto ciò che si trovava davanti, per poi rimettersi a correre senza ritegno con il Torlox urlante sempre alle calcagna.

“Angel!”

Nella mischia, il grido di dolore di Connor risuonò insopportabile.

Spike continuò a correre, conscio della propria impotenza, chiudendo la mente al dolore e rivolgendo un pensiero al guerriero più giovane che avesse conosciuto.

Scansò per poco le zanne di un lupo mannaro e alzò lo sguardo nella direzione del gruppo.

“Angel!”

La voce di Illyria suonava disperata, nel fragore della battaglia.
Spike vide la mano di Gunn sparare un ultimo colpo e poi cominciare a difendersi come poteva a mani nude, senza che nessuno potesse fare nulla per aiutarlo.

“Spike! Alle tue spalle!” sentì gridare, un secondo prima che la presa del demone si facesse nuovamente sentire, bloccandogli il braccio a mezz’aria. Torcendolo. Dolorosamente. Mentre ancora tentava inutilmente di difendersi.

Gli aculei del demone si avvicinavano pericolosamente.

Lanciò un ultimo sguardo alla piazza. L'orda infernale traboccava da ogni parte, riempiva ogni più piccolo spazio e continuava a riversarsi senza sosta nel vicolo ormai orrendamente pieno di cadaveri bruciacchiati. Sentiva le forze venire meno, mentre il braccio scuro del Torlox si stringeva ferreo intorno alla sua gola. Lontano da lui, Angel e Illyria stavano ancora combattendo, resistendo eroicamente all’avanzata delle forze nemiche, con un coraggio e una tenacia che avevano dell’impossibile.
Ma davanti a un tale fiume di demoni…
Angel… ormai era lui la sua ultima speranza, ma era ben conscio che da solo non sarebbe mai riuscito a difenderla. Cercò di divincolarsi, gridando, con il solo risultato di ritrovarsi ancora più bloccato tra le braccia nerissime del Torlox. Scalciando, con le mani dietro la schiena e il torace esposto, intrappolato in quella massa di carne e muscoli possenti mentre pensava per un attimo, solo per un attimo, che anche questa volta non era riuscito a fare quello che avrebbe potuto salvarli tutti.
Che avrebbe potuto salvarla.

Buffy…

Quei demoni sarebbero arrivati da lei più in fretta di quanto si potesse immaginare.

Buffy…

La sua immagine si dipinse chiara e indelebile nella sua mente, mentre i vampiri avanzavano sogghignando.
Buffy. Il suo ultimo volo. La sua ultima battaglia. Il suo corpo esanime ai piedi della torre di metallo con il volto disteso in un sorriso felice.
E poi il suo ultimo sorriso, mentre se ne andava.
Dopo avergli detto le tre parole che attendeva da una vita.
Là, nella caverna del Primo.
Lasciandolo solo, ancora una volta. Ingannandolo.
Per rifarsi una vita là, dove la sua seconda morte le aveva permesso di andare.
A Roma. Con Down. Mentre lui ed Angel lottavano per difendere quella normalità che aveva tanto cercato in quegli anni di battaglie e di morte.
Che aveva meritato.

“Mi dispiace…”

sussurrò, rilassando le spalle. Concio che ormai non c'era più nulla che potesse fare, chiudendo gli occhi davanti ai demoni che si avvicinavano, paletti alla mano, ed attendendo che la punta di legno calasse impietosa trapassando muscoli e stoffa.

In fondo non ci aveva mai creduto veramente.

E a quel punto, nemmeno il vampiro più stupido avrebbe anche solo sperato di avere una minima possibilità di salvezza.

******

Roma, 15 maggio 2004

Buffy accarezzò la punta dei fili d’erba davanti a casa, inumidendosi di rugiada.
Era passato un anno. Sembrava un’infinità di tempo, eppure non si era trattato che d'una manciata di giorni, uno più noioso dell’altro, nemmeno sufficienti per portarne i segni sulla pelle.
Fissò lo sguardo sui fili d’erba che ondeggiavano pigri. Ricordava di averli guardati anche l’anno precedente, sotto il portico di Rovello drive. Prima di rientrare. Con lo sguardo assente di chi ha già provato ogni cosa. Portando la morte come dono, su mani tremanti. Certa che sarebbe finito tutto, di nuovo. Accogliendo con un singolo sguardo quelle due iridi azzurre, come se non vi fosse stato nient’altro al mondo. Sprecando anche quell’ultimo istante, per paura ed esitazione. Attendendo la fine, sorretta tra le sue braccia.
Sorrise.
Stare sotto il portico a un anno di distanza la faceva diventare stranamente melensa. I ricordi, la sua vecchia missione, il pensiero dei suoi amici… Tutto aveva un posto prestabilito nella sua mente. Un posto che lei stessa gli aveva assegnato. Oh sì… nel cassetto delle cose da dimenticare! Al più presto e senza rimpianti! Definitivamente! Mentre una lacrima cadeva lenta a solcarle le guance ambrate, impossibile da fermare…
Le sembrava che non fosse cambiato nulla da quella notte, eppure era cambiato tutto.
Sunnydale, la sua vita, la sua missione, la sua ‘anormalità’… era tutto scomparso.
Sprofondato. Insieme a quel paio di iridi azzurre. Al mare delle incertezze e delle delusioni, delle notti solitarie e dei baci appassionati.

Era tutto finito. Semplicemente svanito.

E adesso altre ragazzine avevano preso il suo posto, altre cacciatrici, altre prescelte. Una marea di guerriere che arrivava da ogni parte del mondo per imparare qualcosa dai vecchi osservatori in pensione dopo la riapertura del Consiglio e da lei, che non aveva neppure voglia di starle a sentire.
Aveva avuto la sua vita normale, alla fine.
Una casetta in Italia, un lavoro affidabile, una scatola per riporre i suoi ‘attrezzi del mestiere’… eppure, quando si ritrovava seduta da sola sotto il portico, quando i ricordi diventavano troppo ingombranti e la luna la guardava col suo sorriso sornione, quasi accusatoria, allora… allora non riusciva a non chiedersi quale prezzo avesse avuto la sua decisione…
e quante vite, quella magia potente ed antica,
avesse salvato…. o distrutto.

******

Los Angeles 15 maggio 2004

“Illyria! Prendi gli altri e vattene! Non ce la faremo mai senza un aiuto!”

“No!”

Angel parò l’ennesimo attacco del demone e poi si rivolse a lei, gridando

“Qui non c’è più niente da fare lo capisci? Vattene con gli altri!”

Un altro zombie al tappeto, e un vampiro ridotto in polvere ancora prima di voltarsi. Gli occhi grandi e chiari di Illyria sembravano ancora più dilatati, in quel volto pallido e insanguinato.

“Lo so. Per questo non me ne vado.”

Angel si voltò nella sua direzione, stupito. Illyria gli sorrideva tristemente. Era strano. Angel poteva scommettere di non avere mai visto alcuna emozione passare su quel volto perfetto e tirato. Un volto che aveva amato, a suo tempo, quando ancora non era infestato da un demone. Come una sorella, quando ancora la sua non-vita aveva un senso…
E adesso Illyria gli sorrideva, ed Angel si trovò a ricambiare quel sorriso senza nemmeno rendersene conto.
Forse Lorne aveva ragione. Forse non tutto di Fred era stato annientato, dopo che il demone primordiale aveva infestato il suo corpo e forse… c'era ancora qualcosa in cui sperare…
Peccato che fosse troppo tardi…
Alle sue spalle, un nuovo demone lo attaccò con impeto, armato di ascia. Il vampiro si voltò, parando con poca convinzione l’ennesimo colpo preciso. Lo avrebbe ucciso. Se solo fosse servito a qualcosa. Al suo fianco, Charles Gunn si spegneva lentamente sotto i colpi dei vampiri agguerriti che sembravano generarsi dal nulla. Poco più lontano, suo figlio Connor giaceva riverso a terra, assumendo il freddo pallore della morte. In lontananza, Spike smetteva di combattere, attendendo il colpo di grazia.
Angel chiuse gli occhi, lasciando cadere la sua unica arma.
Non c’era più motivo per lottare. Illyria aveva ragione. Quella guerra, la sua guerra, li aveva fatti precipitare tutti dall’orlo del baratro…
Attese il colpo finale.
Nessuno… sarebbe sopravvissuto a quella pazzia…
Nessuno…
Nemmeno lui.

*****

Il demone arrivò sul tetto del palazzo imprecando mentalmente. La battaglia era già iniziata, e quel che era peggio, nessuno aveva avuto il buon senso di tirarsi indietro da quello scontro quand’era ancora il momento per farlo. Giocando a fare gli eroi senza macchia e senza paura. Fregandosene delle conseguenze. La storia si ripete… pensò, notando con orrore il corpo esanime di Connor riverso sui calcinacci polverosi e la mano di Gunn che si alzava lentamente un'ultima volta nell’intento di proteggere, senza troppe speranze, la non-vita del suo datore di lavoro, nonché amico.
Socchiuse gli occhi. Concentrandosi.
Dall’alto del palazzo, poteva sentire che c’erano ancora tre anime dalla parte del bene che combattevano senza sosta in quel mare infernale di demoni urlanti. Una la vide cadere sotto i colpi di una ventina di zombie che la attorniavano. Illyria… se non si ricordava male aveva infestato il corpo di una giovane scienziata sperimentando, ora, quanto potesse essere fragile un corpo umano anche se accompagnato dal potere più rilevante. E poi loro, i due vampiri…
Cercò con lo sguardo Angel e Spike, ancora vivi e pensanti in quel mare di demoni e vide con terrore che la giacca di Angel sbucava da sotto una trave abbattuta e che la testa di Spike, di un biondo ormai sporco e striato di sangue, era imprigionata tra le forzute braccia di un demone Torlox mentre tre vampiri avanzavano, pronti per finirlo, senza che lui tentasse neppure di difendersi. I suoi pensieri, come quelli di Angel un attimo prima dell’incoscienza, erano fissi su un paio di occhi verdi che lo guardavano sgomenti.

“non sono riuscito a salvarti… perdonami.,,”

La sua ultima frase si stagliò nelle orecchie del demone come se l’avessero urlata da un altoparlante.

La punta di legno brillò per un attimo, spiccando in mezzo a quella bolgia infernale come un faro in mezzo alla tempesta. All’altro capo del vicolo, un altro vampiro alzava impietoso lo stesso strumento di morte sul petto senza respiro di Angel.

Inesorabile.

Una lacrima solitaria rigò la guancia del demone.

Abbassò la testa, rendendo omaggio a quell’ultima violenza, a quelle due ultime vite spezzate. Lenta, dagli occhi viola del demone scese una lacrima per ognuno dei caduti in quella tremenda battaglia, mentre nel vicolo le urla di gioia dei vampiri accompagnavano come una macabra sinfonia la discesa dei paletti.

Tentò di pensare a qualcosa di bello, da portare con sé nel viaggio senza ritorno della morte. Conscio del fatto che ormai stava tutto finendo. Di nuovo. Nel peggiore dei modi.

Il cerchio si chiudeva.

Chiuse gli occhi, attendendo la fine. E, all’improvviso, una luce fortissima s'insinuò sotto le sue palpebre sbalzandolo al suolo.

Il demone riaprì gli occhi esterrefatto, giusto in tempo per sentire il rumore di una fortissima deflagrazione e dell’esercito che si rompeva, sparpagliandosi in ogni direzione. L’edificio in cui si trovava si accartocciò su sé stesso, precipitandolo in un vortice di detriti e cemento armato e lui sbattè la testa contro qualcosa di duro e appuntito.

Un attimo prima di perdere i sensi, il demone riuscì a sentire, inaspettatamente, queste poche parole:

“Noi abbiamo arginato la calamità. Ora tocca a voi risolvere il problema una volta per tutte”



[FINE CAPITOLO 1]



Note dell'autrice: Allora, che ne pensate? Continuo a postarla o non la leggerà mai nessuno ed è inutile che sprechi tempo e spazio del sito? ^,^
  
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