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Autore: Rosita13    30/07/2012    5 recensioni
Eloise ha perso la sua anima gemella.
Da ragazza dolce e tenere qual era è diventata una sociopatica, scorbutica e scostante e con un linguaggio da scaricatore di porto.
Ma un giorno un fisico muscoloso e degli occhi verdi le cambieranno la vita.
Riuscirà ad andare avanti e lasciare andare l'unico ragazzo che abbia mai amato?
SCEGLIERA' IL PRINCIPE O IL PIRATA?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Questa è la seconda parte del primo capitolo! Spero vi piaccia :D E recensite :D Ciao ciao :D E vi consiglio una bella storia, originale anche questa! Passateci, non ve ne pentirete :D Cliccate sopra --> qui! Ed ecco qui un'altra ff che vi consiglio :) --> qui!

CAPITOLO UNO
- parte due -

 

Elly, sei sveglia?”, mi chiamò mia madre dalla cucina.

Sì”, risposi laconica.

Mi guardai intorno. Era un caos quella stanza. La finestra non veniva aperta da tempo immemorabile e solo perché non sopportavo la polvere era più o meno pulito.

Mi alzai trascinando con me le coperte e buttandole per terra.

Andai verso l'armadio enorme che ormai conteneva quattro stracci e presi i primi che trovai. Tutti i vestitini, le gonne e gli indumenti che avevo indossato quando lui era con me non c'erano più. Li avevo bruciati, la maggior parte almeno.

Quando i miei mi avevano visto fare un falò in giardino mi hanno bloccato, ma ormai il fuoco ardeva.

I pochi abiti che erano rimasti li ho dati in beneficenza.

Ora dentro l'armadio c'era una sfilza di jeans, magliette e felpe. I capelli li lasciavo sempre sciolti, alla “non me ne frega un cazzo”. Di certo non volevo conquistare nessuno. E io conoscevo tutti i ragazzi della mia città: Nicholas era una persona popolare e lo ero diventata anche io in quegli anni passati insieme. E quindi erano a ben conoscenza del legame che ci aveva unito e nessuno pensava sul serio di provarci con me ora. Sarebbe stato tempo perso per due motivi: non avrei potuto amare nessun altro e tutti quelli che ci avevano visto insieme (bambini, ragazzi, adulti, vecchi) lo sapevano perfettamente e secondo, io avevo perso il mio fascino. Mi vestivo male, il mio carattere socievole e solare...l'avevo perso. Cosa mai ci avrebbero guadagnato a stare con me? Nulla. Per fortuna.

Avevo il bagno in camera e quando ci entrai e vidi il mio viso spento e smunto non feci una grinza. Ero abituata.

Passai una mano tra i capelli e mi lavai denti.

Uscii senza più guardarmi e scesi le scale di legno.

Varcai l'arco della cucina e vidi i miei mangiare uno accanto all'altra.

Si preparavano i panini a vicenda e se li scambiavano.

Io ero arrivata proprio nel momento in cui stavano per dare un morso alla fetta di pancarré con burro e marmellata che si erano fatti l'uno per l'altro.

Che sdolcinatezza.

Alzarono lo sguardo e mi sorrisero, posando sul piatto il cibo.

Facevano le stesse cose.

Era un po' inquietante.

Fai colazione?”, mi chiese mio padre indicando la sedia accanto a lui con voce gentile.

Lo fissai vacuamente per parecchio tempo ma i miei non ripresero a mangiare.

Speravano davvero che mi unissi a loro.

No”. Avevo anche detto che ero diventata scontrosa?

Vidi i loro visi oscurarsi.

Ero una bastarda.

Ripresero la fetta e le diedero un morso, ma senza più quella dolcezza che c'era prima. Era più un atto meccanico, solo per fare qualche cosa e distrarsi.

Erano preoccupati.

Non avevano il coraggio di farmi il “discorso”: è ora di andare avanti, lo so che lo amavi ma ormai lui non c'è più e non vorrebbe mai vederti così.

Tutte cose che sapevo già come il fatto che non sarebbe cambiato nulla e quindi evitavo di dare loro l'opportunità di farmelo, evitando accumulo di tensione che avrebbe portato a dire cose di cui avremmo potuto pentircene.

Vado a scuola, a dopo”.

Mi voltai, senza più degnarli di uno sguardo e mi diressi verso la porta dove presi il mio zaino abbandonato per terra e le chiavi che erano nel piatto sopra il comodino.

Smammai più in fretta possibile, per quanto me lo permettesse la mia camminata da bradipo con articolazioni rotte.

Percorsi il vialetto costeggiato da un bel giardino verde.

Tutte le case del mio quartiere erano così, anche se poi ognuna aveva un tocco personale: giochi, casa sull'albero, fiori, grandi alberi, barbacue.

Era il tipico quartiere a villette copia e incolla, stile anni cinquanta.

La fermata dell'autobus era a qualche metro più in là da casa mia e c'erano altri ragazzi che conoscevo e con cui ero stata persino amica fino a un anno prima ma che ora a malapena guardavo. Potevo sembrare stronza, ma in verità non avevo la forza di affrontare tutto ciò che riguardava il mondo che era stato con lui accanto a me. E quindi evitavo tutti gli ostacoli. I pochi amici che avevano resistito nei mesi dopo la...insomma, dopo che avevo perso Nicholas, alla fine avevano smesso di tentare di avere un rapporto con me. Meglio così. Inutile spreco di tempo.

Erano le sette e l'autobus sarebbe arrivato tra cinque minuti, in ritardo come sempre.

La solita monotonia presente oramai da troppi mesi, ma non me ne importava, mi nascondevo in essa e stavo iniziando anche a stare bene.

Non rendere conto di quello che facevo, comportarmi da scontrosa perché tanto non c'era più nessuno accanto a me. Era libertà. Isolata, ma pur sempre libertà. L'eremita, pensai quasi divertita. Ormai nessuna emozione appariva più sul mio viso. Solo i miei pensieri erano ancora vivi, ma nessuno lo sapeva.

Sentivo spesso definirmi come la “morta ambulante” o “la ragazza perduta” e ogni volta mi sembrava ironico. La gente e la loro compassione del cazzo.

Sì, anche il mio linguaggio da principessina era andato a farsi fottere.

L'autobus arrivò. Salì con passi pesanti, con gli occhi che scorrevano sulle persone sedute senza guardarle sul serio. Mi diressi come un automa al mio solito posso.

Vicino al finestrino a destra, lo zaino abbandonato sul sedile accanto, una gamba contro il petto e l'altra abbandonata, scomposta, la testa appoggiata sul finestrino e lo sguardo perso nel vuoto.

Era ironico pensare che una volta mi mettevo dritta e impettita.

Chiusi gli occhi. Mi ci sarebbe voluta un'ora per arrivare a scuola, forse avrei potuto approfittarne per riposare un po', visto che la notte non ci riuscivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Chi è?”, mi sussurrò una voce che tanto bene conoscevo all'orecchio. Le mani sui miei occhi per oscurarmi la vista, le sue braccia intorno a me e il suo fisico asciutto dietro che mi faceva sentire protetta.

Risi, divertita. Decisi di stare al gioco. “ Mmmh, sei forse tu, Anthony, amore mio?”.

Sentì il suo petto sussultare: rideva.

Ritenti, principessa e sarà più fortunata”, mi sussurrò con voce sempre più bassa. Mi sentì fremere, era così bello stare con lui, come se fossi in una bolla magica, sopra tutti gli altri, gli unici al mondo che veramente contassero. Era egoistico. Ma era vero.

Oh, bè, se non sei Anthony non puoi che essere L...”.

Stia attenta al nome che dirà adesso, principessa”, disse sottovoce, baciandomi leggermente l'orecchio.

Sorrisi divertita. “Stavo per dire Nicholas, naturalmente. Il mio solo e unico amore”, lo blandì divertita.

All'improvviso mi trovai con la faccia contro il suo petto. Mi aveva girato di scatto, imprigionandomi con le sue braccia. Alzai lo sguardo sul suo viso un pò spaesata per il movimento improvviso e incontrai i suoi occhi celesti splendenti.

Era una bella giornata di giugno e il sole splendeva accarezzando le nostre figure e riscaldandoci.

Bravissima, principessa. Può avere il suo regalo”. Mi prese con dolcezza il viso e lentamente mi baciò. Fresco come una cascata, dolce come il miele, delicato come un fiore.

Quando alla fine ci allontanammo mi sentivo come una farfalla, pronta a volare.

Che cosa ti porta qui da me, forestiero?”, continuai il gioco mentre con la punta del dito gli sfiorai il naso. Lo vidi sorridere e le sue braccia si strinsero ancora di più intorno a me.

Passeggiavo su questo meravigliosa giardino quando vidi una meraviglia proprio davanti ai miei occhi e che prese possesso della mia mente, facendomi prendere la decisione di conquistarla”. Ero in estasi. Abbassò lo sguardo su di me e continuò: “Sfortunatamente, mentre mi avvicinavo a lei, è spuntata una...”

Attento a te, forestiero”, lo misi in guardia ridendo.

Ma cosa pensi mai?”. E io risi ancora di più.

Allora, dov'ero rimasto? Ah, sì...quando una sirena spuntò sul mio cammino, infiammando e conquistando il mio animo”, concluse guardandomi intensamente negli occhi. Ma non mi tornava una cosa.

Ma allora chi era la meraviglia che volevi conquistare?”, domandai un po' sospettosa.

La torta con panna e fragola che ho visto sul piatto di una ragazza”.

Rimasi a bocca aperta. “Non ci credo!”. E scoppiai a ridere.

Lo spinsi e lui afferrò la mia mano così cademmo tutt'e due sul prato soffice e leggero. Rotolammo e ci mettemmo uno accanto all'altra. Rimanemmo in quel modo per un tempo che mi parve infinito, guardandoci semplicemente negli occhi. Aveva il viso più bello che avessi mai visto, delicato ma allo stesso tempo deciso e i suoi occhi azzurri e i capelli biondi lo rendevano un angelo. Lo amavo completamente e incondizionatamente. Allungò una mano e afferrò un mio boccolo, attirando la mia attenzione. Mi riscossi dalle mie contemplazioni e mi focalizzai su di lui, con il sorriso sulle labbra. Era sempre presente quando avevo Nicholas vicino me.

Eloise, ti amo”. Rimasi a bocca aperta. Era la prima volta che me lo diceva.

Aveva un viso serio e uno sguardo intenso.

Mi sentivo il cuore in gola e le guance diventare rosse.

Abbassai lo sguardo, emozionata. Stavamo insieme da otto mesi, ma sembravano anni per quanto mi sentivo bene insieme a lui. Come se fossimo nati a stare uniti.

Lo guardai, un po' timorosa ma felice come una pasqua e quando incontrai i suoi occhi tutte le preoccupazioni sparirono.

Oh, Nicholas!”, esclamai salandogli addosso.

Rotolò a pancia in su con me addosso.

I miei capelli che ci facevano da tenda mentre assaporavamo quel momento di intimità emotiva.

Solo quella è la tua risposta?”.

Lo vidi corrucciarsi, improvvisamente dubbioso.

Mi allontanai con il sospiro grosso e gli occhi luccicanti.

Abbassò lo sguardo.

Ti amo da morire, Nicholas”.

Lui si girò di scatto e mi guardò intensamente, poi mi strinse a sé e mi bacio. Lungo, intenso, dolcissimo.

Ci allontanammo e ci mettemmo seduti, uno accanto all'altro.

Mi teneva le mani tra le sue quando ad un certo punto lo sentii muovere.

Me ne lasciò una e, senza smettere di guardarmi con il suo sguardo dolce e azzurro come il cielo, la infilò in tasca. Tirò fuori un piccolo cofanetto. Lo guardai sorpresa e vidi che stava sorridendo.

Lo aprì sotto il mio sguardo e io rimasi ancora più paralizzata. Una collana a forma di fetta di torta. C'era persino una fragolina!

Lo fissai con tanto d'occhi, lui mi osservava imbarazzato e divertito. “Lo sai che sono tremendamente goloso. E tu sei il mio dolce preferito, non c'è alcun dubbio”.

  
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