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Autore: Vals Fanwriter    31/07/2012    3 recensioni
Era questo il motivo per cui il Lima Bean non gli piaceva. Entrare, per lui, significava camminare sui carboni ardenti. Ma c’era una parte di se stesso che, nonostante il dolore, non voleva dimenticare e che, nonostante fosse completamente inutile, gli diceva di aspettare.
Seblaine | OS | Romantico, Sentimentale, ANGST
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Sebastian/Blaine

Prompt: Addio

Genere: Sentimentale, romantico, angst

Rating: Verde

Avvertimenti: One Shot, Slash

Premessa: Questa doveva essere per la Sebastian!Sunday ma, per un motivo e per un altro, non sono riuscita a finirla in tempo. Anzi, l’ho finita solo perché Robs non ha fatto altro che dirmi “Non puoi lasciarmi così!” e io mi fido solo di lei, quindi ringraziatela. Se non fosse per lei, ora Blaine non sarebbe qui a frignare. u_u

E boh, nulla. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. Io me ne starò qui, a farmi le mie più svariate e solite pippe mentali. Un bacione a tutti.

Vals

 

~

 

Drowned in you

 

 

 

Non si era reso conto, in tutti quei mesi, di quanto si fosse sentito vuoto senza quel sorriso sghembo. Non aveva minimamente notato quanto fosse diventato indifferente a qualsiasi cosa. Solo adesso, entrando al Lima Bean e ricordando tutte le volte che lo aveva visto seduto a quel tavolo, a sorseggiare il suo amato caffè corretto, si era reso conto di quanto fosse povero, quel posto, senza Sebastian.

Non riusciva a rimanere lì dentro più di due minuti, senza che gli si annodasse lo stomaco.

 

‹‹Non cercarmi più.››

 

Che senso avevano quelle parole, se poi era lui a non riuscire a dirgli addio?

Lo immaginava continuamente passeggiare per i corridoi della Dalton e sorridere con quell’ironia particolare che era solo sua. Lo immaginava così, in ogni suo più banale gesto: si passava una mano tra i capelli, rideva con quella voce perfetta che gli faceva ruzzolare il cuore ogni volta, i suoi occhi assumevano quella nota di dolcezza che gli impediva di parlare, i denti sfioravano appena il labbro inferiore, le dita affusolate che si aggiustavano con calma il bavero della divisa. Tutte cose banali a vedersi, ma Sebastian era Sebastian. Lui era capace di trasformare quelle piccole cose in cicatrici.

Sì, cicatrici. Ogni ricordo rimaneva impresso in maniera indelebile e dolorosa nella sua mente e, ogni volta che lui pensava di essersene liberato del tutto, gli bastava fermarsi a pensare per annegare di nuovo. Annegare nei ricordi e nella bellezza che rappresentava per lui Sebastian. Bastava un nonnulla, una grafia leggiadra, all’apparenza identica a quella del ragazzo, una canzone particolare, un oggetto qualsiasi, a togliergli il fiato, proprio come quando sei sommerso dall’acqua e non riesci a respirare. Lui era sommerso da tanti pezzi di puzzle, simili a schegge di vetro conficcate nella pelle. Invisibili, ma dolorose.

Era questo il motivo per cui il Lima Bean non gli piaceva. Entrare, per lui, significava camminare sui carboni ardenti. Ma c’era una parte di se stesso che, nonostante il dolore, non voleva dimenticare e che, nonostante fosse completamente inutile, gli diceva di aspettare. Aspettare che Sebastian varcasse quella maledetta soglia e chiedesse, con fare accattivante, un caffè corretto con cognac alla barista. Magari lo avrebbe fatto sibilando qualche frase in francese, magari la barista avrebbe sospirato e avrebbe annuito, magari… Magari lui gli avrebbe sorriso complice, ammiccando, in seguito a quella sceneggiata… E si sarebbero seduti vicini… E lui avrebbe stretto la mano di Sebastian tra le sue…

 

‹‹Café lacé avec du cognac.››

 

Voce sensuale. Accento impeccabile. Reale o pura immaginazione?

Lo sguardo di Blaine, fisso sulla superficie marmorea del tavolo del bar, si sollevò lentamente. Quasi aveva paura di svegliarsi dall’incanto dei suoi pensieri, di guardare davanti a sé e non trovare nessuno… nessuno che se ne stesse col gomito poggiato al bancone del bar, il ghigno sul viso, i lineamenti perfetti, la divisa blu indosso.

Eppure era lì. O stava sognando, o era davvero lì… O era impazzito, o stava sognando…

Sogno o realtà?

Sebastian si voltò verso di lui, dopo aver infilato nel portafogli il resto datogli da una cassiera sospirante. Lo scherno sul suo volto era già scomparso. Si raddrizzò, tenendo ben stretta in una mano la sua bevanda, e continuò a sorridere. Sorrideva, non ghignava. Sorrideva dolcemente, senza maschere.

Blaine serrò le dita attorno al suo bicchiere, mentre il ragazzo si avvicinava. Il cuore gli tamburellava dolorosamente nel petto, il nodo alla gola si era accentuato. Voleva piangere e buttargli le braccia al collo. Mettere da parte se stesso, essere dannatamente patetico, stringerlo forte.

E invece stette lì a guardarlo, con gli occhi che gli si facevano più lucidi ad ogni suo passo e il suo nome che premeva per uscire dalle sue labbra. Ma la gola gli faceva male, stava trattenendo da troppo tempo quelle lacrime e sapeva che anche un flebile suono, anche un saluto, lo avrebbe indotto a crollare definitivamente. Così tacque, lasciò che il tempo scorresse e che Sebastian si accomodasse di fronte a lui con estrema lentezza, senza smettere di fissarlo in quel modo, quel modo che lo faceva morire dentro.

«…qui da solo?»

La frase gli arrivò a metà, incompleta, priva di qualsiasi senso. Continuò a osservarlo col cuore che gli batteva a mille, mentre il sorriso di Sebastian si spegneva pian piano, attendendo una risposta che non arrivava.

«Blaine…?»

Sobbalzò. Il suo nome, pronunciato da quella voce, era un suono troppo bello per essere vero. Voleva risentirlo, gli dava la forza che gli serviva, lo riportava alla vita…

«Sebastian…»

Una lacrima gli solcò la guancia… stupidamente.

Sebastian sgranò leggermente gli occhi.

«Ehi… Non…»

Allungò una mano, cercando di raggiungere la sua, ma Blaine la ritirò, portandola ad asciugarsi gli occhi, e quella di Sebastian rimase lì, a metà strada, così vicina, ma comunque lontana.

«Perché sei qui da solo?» domandò nuovamente, abbassando appena lo sguardo.

Blaine scosse la testa singhiozzando, entrambe le mani strette a pugno davanti agli occhi, e allora Sebastian comprese il perché era lì. Sospirò. Si alzò dalla sedia e si accostò a lui. Gli scostò la mano dal viso, stringendola nella sua, e lo tirò leggermente.

‹‹Vieni con me.››

Intrecciò automaticamente le dita alle sue e si lasciò guidare fuori dal locale, completamente dimentico del bicchiere ancora pieno lì sul tavolo. Si lasciò guidare come un bambino che ha perso la strada.

Perso… Questo era, senza Sebastian.

Poteva dimenticare il suo volto e la sua voce, ma le carezze gli rimanevano impresse sulla pelle, quelle carezze nascoste dal mondo e quei baci… Dolcezza e amarezza, insieme.

 

‹‹Non è giusto.››

 

‹‹Dobbiamo smetterla.››

 

‹‹Non cercarmi più.››

 

La porta del locale gli si chiuse alle spalle e Sebastian si fermò, costringendo anche Blaine a fare lo stesso. Avevano entrambi lo stomaco annodato. Quella promessa infranta faceva male. Stare lontani non era così facile e tre parole non bastavano per concretizzare il tutto. Entrambi erano di nuovo lì, l’uno ad aspettare l’altro.

Iridi caramellate alla ricerca di sprazzi di verde luccicante in una distesa color nocciola.

Attendere.

E poi cozzare contro la realtà, vedendolo lì, per davvero, non più soltanto frutto di un sogno.

Era davanti a lui e gli stringeva la mano… e gli sorrideva.

‹‹Pensavo non saresti più tornato qui.›› sussurrò a voce bassissima Sebastian, quasi convenendo di riservare quelle parole esclusivamente a Blaine, quasi stesse mormorando un piccolo segreto.

‹‹Anch’io…››

Voce tremante, vista oscurata dalle lacrime, dita serrate attorno alle sue… paura di vederlo sparire.

‹‹Perché sei tornato…? Ti avevo detto…››

‹‹Il caffè di questo posto è inimitabile.››

Sebastian lo guardò tranquillo, i lineamenti dolci e il pollice che gli sfiorava delicatamente il dorso della mano. Ma nel suo sguardo c’era molto altro.

‹‹Dio, quanto mi sei mancato.›› diceva il suo sguardo e il cuore di Blaine aveva stipulato un tacito accordo con esso. Lo osservava e quello batteva forte, così forte che forse anche l’altro riusciva a sentirne i guizzi. E magari, era questo il motivo per cui Sebastian, in maniera inconsapevole e immediata, si era ritrovato più vicino a lui.

‹‹Pensavi davvero che un ammasso di parole mi avrebbe indotto a non cercarti?››

Non volevano lasciarsi andare, i loro occhi, erano stati lontani fin troppo e, ad ogni frase, si divoravano tra loro con fare frenetico. La dolcezza spariva, persino il dolore spariva, lasciando il posto alla voglia di sentirsi più vicini, sentire un paio di braccia stringersi attorno al proprio corpo, sentire un profumo, un bisbiglio all’orecchio. Ma restavano separati, a un passo di distanza, l’uno temendo la fuga dell’altro, e cercavano di scorgere, nelle loro espressioni, un barlume di speranza.

‹‹Perché…?›› chiese Blaine, a mezza voce, pur non conoscendo il vero significato di quella domanda che aveva lasciato le sue labbra. Lottava ancora contro il sogno, si chiedeva ancora se, da un momento all’altro, i suoi occhi si sarebbero spalancati e avrebbe contemplato il nulla. Aveva ancora paura di svegliarsi solo.

Eppure le parole che disse Sebastian in risposta erano troppo vere. Il venticello di fine Marzo era vero, il rumore delle auto, il chiacchiericcio, il profumo di muffin… e le sue braccia, il suo calore, il suo respiro a pochi centimetri dal viso…

‹‹Perché ti amo…››

E le labbra, che sfioravano dolcemente le sue. Quelle erano indubbiamente vere. Non esisteva sogno che fosse così reale, non esisteva sogno che potesse compensare l’assenza di Sebastian. E con quella consapevolezza, era tutto più semplice.

‹‹Ti amo anche io…›› inframezzò Blaine, sulla sua bocca, senza lasciarla andare completamente.

Non gli importava più del resto del mondo. Improvvisamente non voleva più lasciarlo e abbandonare quella sensazione di felicità. Erano solo loro due, sul viale principale di Lima, e si amavano.

Non c’era altro che potesse contare di più.

 

Fine.

 

 

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