Primo
brandello di storia (o vista di un folle sulla collina)
-You live
with straights who tell you you was king
Jump when your momma tell you anything
The only thing you done was yesterday
And since you're gone you're just another day
Ah, how do you sleep?
Ah, how do you sleep at night?-
In
un morbido materasso, fra lenzuola
candide e pulite, John respirava piano. Una mano sotto al cuscino,
l'altra
abbandonata a pochi centimetri dal viso inespressivo. Non dormiva,
rifletteva
in silenzio. Nella sua amata pace mille colori e suoni attraversavano
la sua
mente, senza che lui potesse farci niente. Ogni tanto corrugava la
fronte
quando qualcosa lo coglieva di sorpresa, e sembrava essere ritornato
bambino
con quelle labbra sottili appena socchiuse. I suoi lunghi e liberi
capelli
erano tanti piccoli fiumiciattoli che solcavano il cuscino, e
chissà, magari
John stava proprio sognando di navigare in qualche mondo dove niente
è reale.
Yoko era uscita giusto un attimo per sbrigare delle faccende, e lui si
era
addormentato fra quelle lenzuola che avvolgevano i suoi pensieri. Ogni
tanto si
soffermava su cose insensate, altre volte sulla sua adorata ragazza,
altre
ancora, anche se ciò gli faceva ribollire il sangue nelle
vene, su Paul. Non
era molto che aveva composto quella canzone in suo onore. “How
do you sleep?”
incoronava a dovere quel figlio di puttana, era la ciliegina sulla
torta di
gloria e meriti che quei pazzi dei suoi fans gli avevano costruito. Si
girò su
un fianco, un po' stizzito dall'idea che la sua mente potesse anche
solo
posarsi su quel bastardo che credeva amico. Si sistemò per
bene sul cuscino nel
vano tentativo di riuscire a dormire sul serio, quando qualcuno
bussò alla
porta. Fece finta di non sentir nulla, ma i rimbombi aumentavano sempre
più
veloci e così, stiracchiandosi e sbadigliando,
inforcò gli occhiali che teneva
sul comodino ed andò ad aprire a Yoko. Ondeggiò
leggermente per la casa, fino a
quando non scese le scale borbottando fra sé ed alcuni
poster di Elvis che teneva
in casa.
“Arrivo
arrivo” mugugnò in risposta a
quel rumore che la sua futura moglie faceva alla porta. Sì,
l'avrebbe sposata,
sarebbe stato fiero di prendere il suo cognome e lei il suo, e
sì, avrebbero
avuto un bel bambino o una bella bambina. Tutto loro, figlio del loro
amore.
L'avrebbe coccolata tutte le notti, l'avrebbe baciata ogni volta che ne
avesse
avuto l'opportunità, le avrebbe accarezzato i morbidi
capelli. Le avrebbe
dedicato delle canzoni, e le avrebbe finalmente sussurrato all'orecchio
che l'amava.
“Yoko
Cristo santo, certo che ogni tanto
le chiavi di casa te le puoi anche portar dietro...” disse
distogliendosi un
attimo da quei travolgenti pensieri d'artista.“E poi
amore” proseguì aprendo
l'uscio “devi spiegarmi perché diavolo
cont-”
“Ciao John”.
John si irrigidì.
John
Lennon e un folle sulla collina.