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Autore: Aku Yamamoto    31/07/2012    8 recensioni
Come tanti di noi sanno, la storia di cappuccetto rosso, tratta di una bambina a cui gli è stata data una commissione: Portare un cesto di pietanze alla nonna.
Purtroppo, nel cammino incontra il lupo che le fa cambiare strada, nonostante la madre le aveva detto di non rivolgere la parola a nessuno.
E vabbè, non mi metto a scrivere altro, perché tutti conosciamo il finale di cappuccetto rosso.
Ebbene, poiché sono una patita di yaoi, e la mia mente non fa che pensare ad altro, ho deciso di riscrivere la storia a modo mio.
Spero vi piaccia! Buona lettura e enjoy. ~ :3
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sì, ho deciso di continuarlo! Beh, e che dire spero vi piaccia quel che è uscito dalla mia mente. çWç ... Approfittandone dell’occasione, allora, gliele toccai. Erano così soffici, quelle orecchie dal colore della pece. Nere.
Il ragazzo, appena incominciai ad accarezzare le sue orecchie, si accoccolò a me, e mise la sua testa sul mio petto.
« Scansati.»
« Oh, e perché?»
« Non mi piace tutta questa intimità... Mi mette a disagio.»
« E io che lo facevo per consolarti! Guarda come stai piangendo!»
Spostai il mio sguardo verso destra. Non volevo che vedesse le lacrime rigarmi le guance. Mi portai le gambe al petto, e abbassai la mia testa in mezzo a loro, successivamente mi coprì con quel mantello.
« Lasciami solo.»
« Non posso lasciare una persona da sola in momenti come questi.»
La sua maledetta voce. Era quella che mi faceva impazzire di lui. Era ammaliante e sicura di sé.
Mi scoprì la testa e incominciò ad accarezzarmela. Sentivo il tocco delle sue mani, il movimento delle sue dita affusolate che strusciavano tra le ciocche platinate dei miei capelli.
« Sono setosi.»
« ...Stavo pensando... Non mi hai detto ancora il tuo nome.»
« ...Non ha importanza.»
« Dimmelo. Almeno, quando poi dovrò andarmene potrò pensarti.»
Fece un altro dei suoi sorrisi bastardi.
« Mi penserai, eh? Allora ti sei proprio innamorato di me!»
Sentendo quelle parole, diventai rosso in faccia.
« N-Non volevo intendere quello! E non cambiare discorso!»
« Ok, te lo dirò. Kei.»
« Kei, e basta?»
« Insomma! Sono un lupo!»
« V-Va bene.. Kei.»
« Oddio sei così carino quando lo dici!~»
« Ma smettila!»
 
Passarono i giorni di quell’estate, così diversa, ma così interessante. Penso che in tutti i miei diciott’anni non mi sia divertito mai così, soprattutto per il tipo di ragazzo che sono.
Purtroppo, dopo quella litigata, io e mia madre non ci parliamo più da almeno una settimana. Adesso frequento più spesso il bosco, dato che c’è Kei che mi tiene compagnia.
E incominciai anche ad indossare quel mantello bianco, come la neve, che mi aveva regalato quella notte.
Sicuramente penserete “Ma se era estate, con quel mantello non provava calore?”
Ebbene, no. Eravamo in montagna. Il clima pungeva di freddo, più che calore.
« Ci manca solo la neve. Poi sarebbe un paesaggio invernale.»
Immerso nei miei pensieri, da un secondo all’altro sentì dei passi.
Era Kei, le sue braccia mi scivolarono al collo, mi stava abbracciando.
« K-Kei..!»
« Ma allora sei proprio perspicace!»
Disse Kei, e dopo mi scompigliò i capelli come ha sempre fatto.
 
« Uffa, smettila di trattarmi come se fossi un bambino di cinque anni!»
« Ma tu sei un bambino di cinque anni!»
Si mise a ghignare, e le mie parole non avevano fatto effetto, dato che continuava ad arruffarmi i capelli.
« Ah, Jun! Mi son ricordato di una cosa che dovevo dirti qualche giorno fa!»
« Cioè?»
Lo guardai con aria interrogativa.
Kei mi sorrise, e pian piano si avvicinava al mio viso.
Io, idiota com’ero, non capivo le sue intenzioni, e stavo calmo, continuando a guardarlo con quello sguardo.
Kei tagliò la tensione che si era appena creata, appoggiando le sue labbra sulle mie.
Non riuscivo a non respingerlo nonostante, io, non volevo che mi baciasse.
Non riuscivo a oppormi alle sue labbra, così morbide, umide, ma calde.
Non riuscivo a non volere quel bacio, che si faceva sempre più avido, tra incroci di lingue e quant’altro.
Kei si allontanò di qualche centimetro e appoggiò la sua fronte alla mia.
Le mie guance erano diventate rosee per la situazione, e non volevo che Kei mi vedesse in quel modo, per questo abbassai lo sguardo.
« Jun, ti amo.~»
E, come al solito, sorrise con quella faccia da idiota che si ritrovava, però, per me, quel sorriso era irresistibile.
Non sapevo cosa mi stava succedendo, mi piaceva stare in compagnia di Kei, mi piaceva il modo in cui mi trattava, mi piaceva il modo in cui faceva quel suo sorriso da bastardo, mi piaceva quando mi accarezzava i capelli, mi piaceva quando mi baciava... Forse anche io provavo gli stessi sentimenti di Kei. Forse anche io provavo qualcosa in più dell’amicizia...
« Non dire cavolate...!»
« A te dico sempre la verità.»
Riprese a baciarmi.
« E tu, Jun, tu mi ami?»
Non sapevo cosa rispondere. Ero troppo confuso, troppe domande a cui dare risposta.
« Ma insomma! Non sono domande da fare, idiota! E poi ci conosciamo da almeno due settimane, e in più siamo due maschi e...»
Sapete quando si dice.. Non c’è due senza tre?
Ebbene sì, mi baciò per una terza e definita volta, però farmi stare zitto.
« Non mi frega se siamo due ragazzi. Io ti amo, questo è il punto. Ti ho aspettato per anche troppo tempo. E adesso non puoi venire e dirmi che due uomini non possono stare insieme, ti amo e basta.»
Kei mise una mano sulla mia nuca, e me la spostò in avanti in modo ad essere più vicino al suo viso.
« K-Kei, smettila di dire cavolate...! E’ come dico io!»
« Non è vero.»
Mi abbracciò. Forte. Non volevo che quel momento finisse mai. Le braccia di Kei, lui, mi facevano sentire bene. Emanava calore, tanto calore.
Neanche dai miei genitori avevo mai avuto così tanto affetto in un solo, unico e semplice abbraccio.
A quel punto, non potevo trattenermi. Lo abbracciai anche io.
Kei sbuffò divertito.
« Anche tu mi ami, non è così?»
A quella domanda mi irrigidì, non volevo che me lo chiedesse, anche perché non avevo una risposta ben formulata, potevo anche offenderlo.
« Smettila di chiedermelo.»
« Tanto so già la risposta. Mi ami, Jun. Chiunque si sarebbe fatto abbracciare e basta. Ma tu hai ricambiato il mio abbraccio.»
Non risposi, ovviamente, per volontà.
Volevo solo godermi quell’abbraccio.
« ..Jun..»
« Hm?»
« ...Ti va se..?»
Mi allontanai spalancando gli occhi, e gli voltai le spalle.
« E-Eh?! Maledetto lupo pervertito!»
Lui si avvicinò, da dietro, le sue labbra erano a qualche centimetro dal mio orecchio.
« Stavolta ci andrò piano...»
« Kei, no!»
« Uffa..»
Ma ancora una volta, le mie parole non fecero effetto.
Mi gettò all’indietro, Kei si mise comodo e si sdraiò su me.
Riuscivo a sentire il battito cardiaco di Kei. Il suo cuore andava veloce.
Allora, forse, quello che diceva Kei.. Che lui mi amava.. Forse lo diceva davvero.
Le sue mani, pian piano, scivolarono dentro la mia maglietta.
Kei cominciò a toccarmi il petto, lo sfiorava delicatamente, e ad un certo punto fu anche piacevole.
« K-Kei, s-smettila!»
Mi fissò, dritto negli occhi per un attimo. Era deciso su quello che stava facendo e niente lo poteva fermare finché non sarebbe stato soddisfatto. E quando mi guardava così, non potevo oppormi, o almeno, sarebbe stata fatica inutile.
Kei incominciò a leccarmi il collo, e in seguito mi lasciò il segno di un succhiotto.
Annoiato di giocare solo con le mani, s’infilò lui sotto la mia maglietta e iniziò a mordicchiare il mio capezzolo.
« ...Kei..»
« Va tutto bene Jun. Devi soltanto rilassarti.»
« M-Ma io..»
« Respira profondamente...»
Feci come detto da lui.
La situazione, incominciava a piacermi. Mi piaceva il modo in cui riusciva a stuzzicare il mio piacere, e poi il tocco delle sue mani che stringevano le mie anche, lo trovavo bellissimo.
« Jun... Guarda che adesso ci andrò giù un po’ pesante..»
« Kei..»
Riuscivo a dire soltanto il suo nome, nessun  altra parola riuscivo a emettere, se non gemiti che andavano dal più basso e man mano diventavano più forti in base a quello che Kei faceva.
La mano destra di Kei si avviava sempre più nella zona inguinale.
Lentamente entrava dentro i pantaloni fino a sfiorare la punta del mio membro.
Sul suo viso si andò a disegnare un altro dei suoi sorrisi.
« Sei ancora un ragazzino.»
Mi mordevo la lingua pur di non gemere come un cane indifeso, volevo dimostrare a Kei che quello che diceva sul fatto di essere un ragazzino, fosse falso.
Le sue lunghe dita si facevano sempre più curiose, andando ad esplorare le cavità del mio corpo.
Fece entrare il suo dito medio nell’unica cavità che si trovava là sotto.
Mordevo così forte la mia lingua a tal punto di farvici un taglio, e così fu.
Kei si accorse di quello che avevo combinato.
Si alzò e poggiò le sue labbra, sulle mie.
La sua lingua s’incurvava sempre di più insieme alla mia.
Il sapore di quel bacio, era diverso dagli altri, anche perché tra la saliva, di mezzo c’era anche il gusto del sangue, che sembrava aver cambiato un po’ il comportamento di Kei, dato che incominciava ad essere più violento.
La sua lingua si spingeva sempre più in profondità della mia bocca.
Era diventato tutto più diverso.
Mi tolse tutto. Ero nudo, sopra quel mantello che faceva da tappeto.
Afferrò le mie cosce e me le portò dritte al petto.
Incominciavo a sentire dolore.
Era cambiato tutto.
Kei si leccò la mano, bagnata del liquido che mi aveva fatto provocare. Kei sembrava aver cambiato il suo viso. I suoi occhi erano diversi.
Senza una piccola sosta, Kei, fece entrare il suo fallo dentro me.
Riuscivo benissimo a sentire quella presenza che si stava impadronendo di me e del mio corpo. Percepivo benissimo i movimenti rettilinei che eseguiva. I nostri bacini che si toccavano. E io che cercavo di trattenermi digrignando i denti più forte che potevo.
Stavo sprofondando nel piacere.
Non riuscì più a trattenermi.
Gridai.
Kei smise subito, si rivestì e si mise a sedere guardando il tramonto che c’era.
Io ero ancora sdraiato a terra, privo di forze.
Mi scese qualche lacrima, ma non ero infelice.
Anzi il contrario, mi era piaciuto. Anche se Kei, non era quello di sempre.
Presi il mantello e lo avvolsi attorno al mio corpo bagnato di sudore.
Mi gettai sulla schiena di Kei.
« Adesso ti porto a casa.»
« Non voglio tornare a casa.»
« Invece sì. Tua madre sarà in pensiero..»
« A lei non frega niente di me. Solo con te mi sento a casa.»
« Ti sbagli. Con me non sei per niente al sicuro. E poi quella è pur sempre tua madre. Non potrebbe mai odiarti.»
« Non è vero. Per qualunque cosa io faccia, per lei è tutto sbagliato. Si lamenta sempre. Certe volte mi chiedo anche perché mi abbia messo al mondo.»
« E tuo padre di tutto questo? Cosa dice?»
« Mio padre non c’è più, però, sono certo, che se lui fosse ancora in vita.. Tutto questo non ci sarebbe. Tutto questo caos che si è andato a creare dal momento in cui lui è morto, non sarebbe accaduto.»
« Purtroppo, io non ho mai avuto una famiglia vera e propria. Sono cresciuto solo, in questa immensa foresta verde. Ma posso dirti che dovresti conversare di più con tua madre. E possibilmente parlare anche di quello che sarebbe piaciuto fare a tuo padre.»
« A mia madre non è mai importato di mio padre, stava con lui soltanto per il mio bene, e forse neanche quello. Pensa che una volta l’ho sorpresa mentre era a letto con un uomo di qualche anno più grande di lei. E tutto questo per i soldi.»
« Mi spiace per tutto questo...»
« Oramai ci son abituato, per cui anche una minima dimostrazione di compassione, non ha più effetto. Adesso so’ la storia. E’ tutto inutile. Io voglio restare qua con te.»
« Dannazione, Jun, non puoi. Tu la fai facile, ma in realtà è tutt’altra cosa. Con me potresti essere sempre soggetto a risse. Preda dei cacciatori, insomma, non è una buona idea.»
« Ma.. Kei..»
« Capisco quello che provi stando con tua madre. Ma almeno, là sei protetto.»
« Allora.. Vado.»
« Ti accompagno.»
Mi vestì e Kei, scelse la strada più lunga da percorrere. Forse voleva farmi passare più tempo con lui, dato che mi sentivo al sicuro.
Non saprei. Ma ero contento.
Per tutto il percorso siamo stati zitti, senza dirci una parola.
Ma Kei, continuava a sorridermi con quel suo viso così bello, che poteva sedurre chiunque.
Quei lineamenti, troppo perfetti per essere un selvaggio, come si descriveva lui.
I suoi capelli, neri come la pece. Senza uno spiraglio di riflessi. Ma favolosi. Quei capelli. Stupendi. Erano perfetti. Si vedeva benissimo che li curava abbastanza.
E i suoi occhi, di una beltà indescrivibile. Andavano dall’ambrato più scuro, al più chiaro. Le sue occhiate, quando mi fissava.
Quasi quasi, mi metteva a disagio.
Dopo un bel po’ di strada, ovviamente, fatta assieme, arrivammo a casa.
Kei, prima di andarsene, si accasciò davanti a me. Appoggiò un ginocchio a terra, prese la mia mano sinistra e me la baciò con delicatezza.
« Non sono una principessa!»
Dissi mettendola sul comico.
« Buona notte, principessino.»
« M-Ma che diavolo?! P-Principessino?!»
Neanche il tempo di dargli una botta in testa che, pare si dissolse nel buio.
 
M’incartocciai tra le coperte del mio letto.
Non riuscivo a non pensare Kei, e quello che mi aveva detto quel giorno.
“ Io ti amo, è questo il punto ... Io ti amo e basta.”
Kei mi amava più di ogni altra cosa.
Anche se lo diceva soltanto a parole, in me c’era come un sesto senso che mi faceva arrivare alla conclusione che quella era la verità.
Kei mi amava davvero.
Però io, ero sempre più confuso. Kei mi faceva provare emozioni mai provate in tutta la mia inutile vita da diciottenne.
Forse, una parte del mio essere, ama Kei.
No, mi sbaglio.
Io amo Kei con tutto me stesso. Lo amo sin dal nostro primo incontro. E’ stato amore a prima vista.
Ho sempre amato Kei. Forse, anche io l’ho sempre aspettato, e finalmente l’ho trovato. Lui è la persona che deve stare al mio fianco...
L’unico e solo, Kei.
 
La mattina seguente, la ricordo ancora benissimo come se fosse stato ieri.
Era il nove di agosto. Mi svegliai un po’ tardi, era tipo mezzogiorno.
Il mio primo pensiero era andare subito da Kei, e al sol pensiero, ero felice.
Scalciai le lenzuola e saltai giù dal letto.
Pigliai i primi vestiti che mi capitarono tra le mani, mi vestì e scesi, di corsa.
Come al solito, non parlavo con mia madre.
Non ci calcolavamo. Io non c’ero per lei, lei non c’era per me.
Ma quella mattina fu diversa. Mia madre, mi rivolse la parola.
« Jun, oggi devi andare a visitare la nonna. Infondo questa vacanza è stata progettata apposta per starle accanto.»
« Da questo posso dedurre, che non mi accompagnerai, no? Non andrai neanche a consolare tua madre quand’è malata, giusto?»
« Non voglio litigare adesso. Non scordarti di portarle queste medicine. Si rimetterà molto più in fretta.»
« Ok, allora vado.»
« Attento, in questi ultimi tempi è stagione di caccia. E soprattutto i lupi escono fuori dalle loro tane. Sta’ attento, mi raccomando.»
« Come se t’importasse.»
Presi il mantello, lo allacciai, presi la busta e andai.
Per prima cosa m’incamminai verso il posto in cui io e Kei ci ritrovavamo sempre.
Era strano. Kei non c’era. Non era là ad aspettarmi. Forse perché non mi alzai presto quella mattina, non saprei.
In quella stradicciola dissestata che dovevo percorrere, calò la nebbia.
Era difficile capire dove stavo andando.
Sentivo i miei piedi schiacciare le foglie secche che emettevano uno scricchiolio un po’ tetro, a quanto s’era creato.
Si sentiva il battito di ali degli uccelli che si adagiavano sui rami.
La strada nera, e la campagna del colore della melma.
Sembravo essere finito in un altro pianeta, o cosa del genere.
E a quel paesaggio macabro che c’era, a renderlo più spaventoso, ovviamente, non poteva non mancare un urlo da tipica persona in difficoltà.
Seguì le onde sonore che emetteva quel grido straziante. Non potevo fare a meno di non aiutare, chiunque era, quella persona.
Forse, anche perché a momenti, me la facevo addosso.
Cominciai a correre.
I miei passi, e la voce, mi condussero davanti a una casa.
Molto famigliare. Anche se con quella nebbia non riuscivo a metterla a fuoco.
Mi avvicinai sempre più.
Incominciai a sentire qualcosa ringhiare, e quella donna ansimare.
Avevo paura. E se fosse stato un’animale feroce, tipo.. Un orso, cosa avrei fatto?
Ma avrebbe azzannato sicuramente.
Però, non potevo fare altro.
Mi feci forza e spalancai la porta.
« Chi va là?!»
Gridai, anche se non molto convincente, la voce mi tremava e si faceva sempre più strozzata.
Avevo troppa paura. In quel momento, penso che soltanto un miracolo potrebbe avermi salvato.
« ...Un bocconcino in più..»
« ..iunque... Tu.. ia... alvami... prego..»
La voce parlava ad intermittenza. Però riuscivo benissimo a capire quello che mi voleva dire.
« N-Non si preoccupi..»
Venni colpito alle spalle.
Qualcosa mi aveva azzannato la schiena. Me l’aveva lacerata, con un solo movimento.
Sul momento sputai sangue.
Molto sangue.
Caddi a terra, sfinito. Non riuscivo a muovere nessun mio muscolo.
Neanche la minima cosa come sbattere le palpebre degli occhi.
Troppo male. Come se fossi stato investito da un camion.
« Pff, da come ti eri partito pensavo fossi più interessante, ma si vede che sei soltanto una ragazzina! E gente come te, a questo mondo, sai come viene trattata?  Da schifo, infatti dovrebbero andare uccise.. O meglio... Mangiate.»
Avventò la sua famelica bocca sul mio collo. Sentivo il suo alito fetido che mi si appiccicava a dosso.
Sentivo i suoi canini sporgenti sfiorarmi la parte destra del mio collo.
Pensavo fosse la fine. Pensavo che avevo fatto un grande sbaglio ad andare là.
Dovevo stare per i fatti miei.
Fortunatamente, venne attaccato da un altro lupo.
Non riuscivo a vedere bene quello che stavano facendo tra il buio e la luce, dato che in più c’era la nebbia.
« Jun, scappa!»
Quella voce...
La voce di Kei. Era lui, era venuto a salvarmi, il mio adorato Kei...
Si stavano battendo come belve feroci, sì, insomma, infondo erano quello.
« Tsk, amico, non ti scaldare tanto, infondo siamo dello stesso sangue! Dimmi che non ti è mai venuta la voglia di mangiarlo...!»
« Sta’ lontano da lui.»
Kei gli ringhiò contro.
Cercai di avvicinarmi alla donna che, inizialmente, dovevo salvare.
Mi muovevo nella piccola stanza grazie ai miei gomiti che trasportavano il mio peso.
Strisciavo con quelli, perché non riuscivo a muovere le gambe.
Stavo per arrivare da quella donna.
« S-Signora non si preoccupi adesso...»
Scrutai meglio il suo viso.
Era mia nonna. La donna a cui dovevo fare visita, era stata aggredita.
« Nonna!»
« J-Jun caro... Sei tu?»
Incominciai a piangere.
« Nonna! Cosa ti è successo?! Cosa?!»
L’abbracciai per a felicita che lei fosse ancora viva.
« Quel cagnaccio, fortunatamente, non mi ha fatto un bel nulla... Ma tu piuttosto! Perché sei venuto?»
« E-Era per dei medicinali..»
Si sentivano i colpi dei graffi e del sangue che schizzava sui muri.
« Nonna! Hai il cellulare?»
« Sì.. E’ qua..»
Mia nonna mise una mano dentro la tasca del suo vestito fiorato, mi diede il suo cellulare e io chiamai la Guardia Forestale, e mi avevano detto che qualche cacciatore sarebbe venuto, anche perché, era stagione di caccia.
Nel frattempo loro continuavano come dei selvaggi. Uno per difendere, l’altro per attaccare.
Sinceramente, quello che provavo in quel momento era indescrivibile, dato che avevo la felicità mischiata alla preoccupazione, e alla paura che Kei non ci riuscisse.
Ma avevo fiducia in lui. Sì, doveva farcela. Per la sua vita. Per me.
Qualcuno aveva bussato alla finestra, come segno che era arrivato, lui, il cacciatore.
Non si fece sentire dagli altri due.
Era un uomo barbuto, che poteva avere, sì o no, cinquant’anni.
Non pensavo sarebbe riuscito a fermare quella lite.
Si mise in punta.
Affilò quel fucile.
Prese la mira.
Bang.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fermarono la loro lotta, si guardarono dritto negli occhi.
Ancora volevano picchiarsi, ma per uno, la lotta era finita.
Uno dei due cadde a terra.
« ...Jun..»
Kei mi sorrise mentre le lacrime gli scendevano, e cadeva su quel pavimento. Freddo, polveroso.
Qualcosa mi rigò la guancia.
Qualcosa di bagnato.
Qualcosa che conteneva disperazione.
Se ne aggiunsero altre a quella misera.
Stavo piangendo nuovamente. Piangevo come non avevo mai fatto per nessuno.
Piangevo per amore.
Kei. Il solo e unico ragazzo/lupo, quel che era, che era riuscito a farmi battere il cuore.
Lui, dalla bellezza favolosa.
Lui, il bastardo che mi ha fatto innamorare di lui.
Fermai la sua caduta, lo avevo tra le mie braccia.
Più vedevo lui piangere, più mi scendevano le lacrime a dirotto.
L’aveva colpito vicino al cuore, forse si poteva recuperare qualcosa.. Ma quale ospedale avrebbe accolto un ragazzo con le orecchie e la coda da lupo...
Non poteva essere vero.
« Jun... Mi... ispiace..»
« Kei! No! Non può finire così! Kei! Kei!»
Alzai lo sguardo in su e mi misi a gridare mentre le gocce del mio pianto cadevano sul pavimento e alcune sul viso di Kei, sereno ma, malinconico.
Gridavo a squarciagola, non poteva essere la realtà. No. Kei non poteva morire così.
« Dimmi che stai bene! Dimmi che stai bene!»
« ...Ti amo, Jun.. icordatelo..»
« Anche io Kei! Io ti ho sempre amato! Non lasciarmi solo, ti prego!»
« Jun... Sorridi.. I tuoi occhi, sono sempre così lucenti... Ora invece..»
Non riuscivo a non piangere. Non volevo dare ascolto a nessuno. Volevo solo che Kei vivesse.
Solo questo... Non chiedevo di più.
« Voglio che tu sia il Jun di sempre... Anche se non ci sarò... Ti starò sempre accanto, ti veglierò da lassù, e quando ti capiterà di sfiorare il mantello... Pensami, quando lo abbraccerai, fa come se fossi io. E quando piangerai, potrai benissimo riversare le tue lacrime là sopra, piangerò assieme a te. Ti amo..»
Kei chiuse lentamente le palpebre dei suoi occhi.
Le sue ambre, s’erano spente, per sempre.
« Kei.. Dimmi che non è vero.. Kei!»
Niente e nessuno poteva riuscire a fermare le mie lacrime.
Niente e nessuno poteva farmi scordare quel momento.
Niente e nessuno poteva farmi dimenticare il colore di quella foresta.
Melma, verde scuro, azzurro e bianco.
Quel miscuglio di colori.
Fino al giorno della mia morte, rammenterò quel giorno.
Il giorno in cui conobbi Kei.
Il giorno in cui persi Kei.
E il suo mantello, che tengo ancora ora.
Strappato e intinto del colore del rosso.
Ancora impregnato del mio sangue.
Ancora impregnato delle mie lacrime.
Adesso lo abbraccio, e penso a lui.
Tutti i nostri bei momenti.
E la volta in cui mi disse “ti amo”.
Più che altro, non è un mantello, ma come un diario su quello che accadde quell’estate.
Quel mantello... Che doveva stare immacolato.
Adesso era rosso.

..
Aku's care.~
Ok, penso che quando lo scrivevo, anche a me è uscita qualche lacrima. ç__ç Sì, sono drammatica. Ma, infondo è pur sempre la storia di cappuccetto rosso, il lupo doveva morire. D; Scusate per gli Orrori. Scusate per le ripetizioni {L'ho rifatto D8} Scusate per gli errori di battitura. Ma comunque, grazie per aver letto fino a qua. T^T VOGLIO BENE A TUTTI! Aku. ~
  
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