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Autore: candycotton    01/08/2012    1 recensioni
Anno 2181. Hestla.
Lo scienziato Sycor ha iniziato, più di 50 anni fa, il suo piano malato di trasformare l’imperfetta popolazione di esseri umani uccidendoli e donando loro una seconda vita, grazie all’impianto di fili metallici e organi sostitutivi, creando così una nuova razza, i Sostituti.
Rigel e Bion. Due ragazzi alla ricerca di vendetta, in un mondo che sembra aver tolto loro ogni cosa.
Ma niente è quello che sembra su Hestla, ed è fondamentale saper riconoscere gli Umani dai Sostituti, la verità dalle bugie, il tradimento dalla fiducia, il bene dal male.
In un vortice di equivoci, doppiogiochisti, imbrogli e verità, i due ragazzi riusciranno a raggiungere la meritata rivincita su quel mondo spietato? E gli esseri umani, saranno disposti a lasciarsi trasformare? Saranno disposti a morire per vivere una vita all’apparenza migliore?
Un mondo sull'orlo della guerra. Un'intera popolazione perseguitata e sottomessa. Un ragazzo e una ragazza pronti a combattere con un destino ignoto che li attende..
Genere: Azione, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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10

Rivelazioni

prima parte

 

 

Era passata ormai una settimana dalla visita di Zaniah quando, una mattina, Galen si svegliò stranamente di buon umore.

Schizzò fuori dal letto e raggiunse un calendario appeso alla parete. Lo scorse con il dito, fino ad arrivare alla data corrispondete a quel giorno.

Esultò in silenzio, dopo aver letto una scritta sbiadita appuntata a mano.

Si lavò e si vestì velocemente per poi catapultarsi in salotto. Sua madre era comodamente seduta al tavolo da pranzo, sorseggiando un tè con la cannella e leggendo distrattamente un quotidiano.

“Ben alzato”.

Galen le corse incontro, le stampò un bacio sulla crocchia di capelli biondi e prese due fette di pane da un cesto sul tavolo.

“Non che mi faccia piacere, ma come mai tutta questa allegria?” domandò Chara aggrottando appena la fronte.

“C’è la visita, oggi” rispose Galen, inspirando una potente ondata di cannella.

“Già, quando mai si è visto qualcuno triste per una visita medica?” lo canzonò sua madre.

Galen scoppiò a ridere. “Hana verrà con me, giusto?”

Chara annuì e sorseggiò altro tè.

Il ragazzo abbassò lo sguardo sul pane. Sarebbe stata l’occasione perfetta per parlare ad Hana, finalmente senza il rischio di essere visti o sentiti. Per una settimana non avevano comunicato granché. Ma era impossibile non notare lo stato d’animo della ragazza. Era spesso distratta, tra le nuvole. Aveva gli occhi spenti e molte volte rossi di pianto. Chissà come aveva interpretato le sue parole. Doveva averla spaventata a morte, per avergli detto la verità. E quel giorno, finalmente, avrebbero potuto chiarirsi. E poi, c’era un’altra cosa importante che non vedeva l’ora di dirle.

Proprio in quel momento, la porta della stanza di Hana si aprì e lei uscì in salotto accompagnata da un certo silenzio. Galen e Chara la fissarono.

Indossava la solita tunica rosa sbiadito delle Aiutanti, ma doveva essere una di quelle di ricambio, che teneva stipate nell’armadio da usare in occasioni particolari. Una cordicella le stringeva blandamente la vita. Indossava un paio di saldali alla schiava, che le fasciavano il piede e la gamba fin sotto al ginocchio con delle strette fasce di cuoio.

I capelli biondi erano raccolti in una coda morbida, adagiata sulla spalla.

In realtà non aveva nulla di diverso della sua solita divisa da Aiutante, a parte forse la pettinatura. Tuttavia, era più bella del solito.

“Ci vediamo dopo” biascicò Chara, tornata a concentrarsi sul giornale.

“Sì, a dopo” ribatté Galen. Si affiancò ad Hana e insieme uscirono di casa alla luce del sole già alto nel cielo.

Si allontanarono un po’ dalla casa senza parlare. Galen si lanciava occhiate furtive attorno, ad accertarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi.

“Tutto bene?” Hana alzò gli occhi su di lui, e li socchiuse per il sole.

“Devo parlarti, da giorni. Mi sto solo accertando che nessuno ci ascolti”.

Hana abbassò lo sguardo e annuì con il capo. “Cosa volevi dirmi?”

Galen smise di girarsi in continuazione e si arrestò su di lei. La fissò dall’alto e la vide così ingenua e pura. Gli fece male dover iniziare quel discorso, ma se voleva salvarla veramente, era necessario.

Sei un po’ come la mia seconda occasione. Gli sembrò di risentire le parole di suo fratello. La sua seconda occasione. Già, era proprio quello che doveva essere per Hana.

“Mi dispiace non aver potuto parlarti per tutto questo tempo. Ma devi sapere che la casa è sorvegliata da mio padre. Ci sono telecamere ovunque, persino in bagno, ma non in giardino. Mi dirai che avrei potuto parlarti lì, ma mi sono detto che dopo la visita di mio fratello, un gesto del genere avrebbe cacciato nei guai tutti quanti”.

Fece una pausa, e incontrò lo sguardo di Hana.

“Penso che abbia già rischiato parecchio dicendomi la verità. Dopo la mia sfuriata a pranzo, ha trovato una scusa per chiamarmi in giardino. Ma se io avessi trovato una scusa per chiamare te, in giardino, mio padre avrebbe pensato che Zaniah mi avesse detto tutto e che io stessi cercando un modo per dirlo a te. Non so se mi segui”.

Hana annuì.

“Fantastico, perché certe volte penso di avere un cervello piuttosto contorto” rise e Hana lo imitò.

“E allora tuo fratello è buono?”

“Oh, sì. Sorprendente, vero?”

Hana inarcò le sopracciglia e sbuffò una risata.

“Senti. Le cose che ti ho detto a pranzo… erano vere. Mio padre sta realizzando un progetto che va avanti da anni. Vuole trasformare tutti gli esseri umani in una razza superiore. Li chiamano Sostituti, perché in pratica è esattamente ciò che sono. Sostituti degli umani, stesso aspetto, soltanto molto migliorati in resistenza fisica e psicologica. Ma si può dire siano ancora un prototipo, sebbene siano passati decenni dal primo Sostituto creato. Voglio dire che nemmeno loro sono perfetti. Si ammalano e muoiono. Mio padre sta proprio studiando una cura, per protratte la loro vita più a lungo possibile”.

“Si ammalano? Muoiono? Ma allora non c’è differenza con gli umani!”

“Sì, invece. Per esempio, hanno solo un punto debole. Della serie che gli puoi sparare ovunque, ma se non li becchi in mezzo alla fronte, loro continuano a camminare”.

Hana fece una smorfia disgustata.

“E diciamo che sono macchine da guerra perfette. Non hanno sentimenti molto profondi, non quanto quelli umani”.

“Quindi non sono nemmeno capaci di odiare profondamente” constatò Hana.

“No. Ma non serve provare odio profondo per uccidere qualcuno. Almeno non per loro. Le sentinelle di mio padre rispondono a comando, sono stati addestrati per questo. Ma i Sostituti normali, quelli che non hanno subito un addestramento militare – donne, bambini, lavoratori – sono più normali”.

Hana restò pensierosa.

“Non voglio mettere Zaniah nei guai. Lui lavora per mio padre, e se mai scoprisse che lo ha tradito, come minimo lo trasformerebbe in un Sostituto”.

“È terribile” commentò lei abbassando la voce di parecchi toni. Affondò lo sguardo nel terreno asfaltato sotto i suoi piedi, “quindi anche io diventerò un Sostituto?”

Galen la fissò a bocca aperta, per un attimo incerto su come usare al meglio le parole. “Tu sei un’Aiutante, e come te molte altre. Già lo sai, è così che vi chiamano. La trasformazione può avvenire solo al compimento del ventesimo anno di età. Per motivi genetici. Il Sostituto non può sopravvivere se lo sviluppo dell’essere umano non è completo. Ma quando mio padre trova umani, non gli importa che età abbiano, in qualche modo si deve accertare che, raggiunti i vent’anni, vengano trasformati. Quindi le ragazzine della tua età vengono inviate a fare le cameriere nelle case di persone importanti, mentre i maschi sono spediti a lavorare in fabbrica e nei campi”.

Galen fece un’altra pausa e valutò lo stato d’animo di Hana. Aveva gli occhi spalancati, era sconcertata. Si fermò e la prese per le spalle. Si chinò in avanti per guardarla negli occhi. “Hana, non lascerò che ciò accada. Mai”.

Lei sbatté le palpebre e finalmente i loro sguardi si incontrarono.

“Ho un piano. E se andrà bene saremo tutti salvi. Tutti quanti. Ma ho bisogno anche del tuo aiuto. Zaniah ha già fatto molto, raccontandomi tutto. Mi ha anche detto che io sono la sua seconda possibilità. Mia madre, Zaniah, tu… ci sono così tante persone che hanno bisogno di una seconda chance. Io voglio darvela. Voglio combattere e voglio vincere. Sei con me?”

Gli occhi di Hana indugiarono a lungo nei suoi. Il labbro inferiore le tremava. Annuì.

Galen le strinse a sé lievemente, come se avesse paura di romperla. “Grazie” le sussurrò.

Si staccò da lei e buttò un’occhiata all’orologio a polso. “È quasi ora della mia visita” le prese le braccia e la strinse forte. “Ascoltami, Hana. È fondamentale che coinvolgiamo il maggior numero di persone possibile. Devi parlare con le altri Aiutanti. Devi convincerle a collaborare”.

“Cosa? Ma io…”

“Ti prego. So che puoi farcela. Quando vai al mercato, o da qualunque altra parta, devi cercare di conoscerle e fartele amiche. Dovete riunirvi, essere determinate”.

“Qualcuna già la conosco. Quel giorno, con me, hanno rapito anche due mie amiche di Keel” ricordò Hana, stringendosi nelle spalle.

“Fantastico!” esultò Galen e lei lo guardò di traverso. “Certo, non perché le hanno rapite. Ma se già le conosci, potrai chieder loro di spargere la voce, e così tutte saranno al corrente della verità, di quello a cui andate incontro!”

“D’accordo. Ci proverò”.

Galen si raddrizzò con l’espressione sollevata. “Un’ultima cosa” infilò una mano nella bisaccia che portava a tracolla e ne estrasse un aggeggio minuscolo, quadrato e un po’ bombato sui lati. Aveva un display di fronte e due antenne poste sul retro. Galen glielo mise in mano. “È una ricetrasmittente” disse in tono pratico.

Hana lo guardò interrogativa.

“Serve per comunicare a distanza. Mia madre me ne aveva regalata una quand’ero piccolo, e così mi ha dato l’idea. Ne ho fatte fare altre. Ogni volta che porterai dalla nostra parte qualcuno, gliene darai una. Ma solo quando sarai davvero convinta della fedeltà di quella persona. Così potremo comunicare in ogni momento, se ce ne fosse bisogno. Ma nessuno deve saperlo, nessuno. Neanche mia madre, o Zaniah, intesi? Percui cerca di tenerla ben nascosta”.

Hana si rigirò la ricetrasmittente tra le dita. Era davvero minuscola, grande quanto una zolletta di zucchero. Chiuse il palmo e lo riaprì. Rimaneva nascosta alla perfezione. La infilò nella sua bisaccia.

“Grazie, Galen”.

Lui annuì e le appoggiò una mano sulla spalla. “Andiamo, adesso o faremo tardi” si incamminò, ma Hana rimase ferma.

“Ehi, potresti essere davvero la nostra seconda occasione” mormorò.

E lui sorrise.

 

  
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