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Autore: Aya_Brea    05/08/2012    4 recensioni
“Dai Jake, questi ci ammazzano di botte, scendi e non fare l’eroe!”
Ma il piccolo biondino non aveva alcuna intenzione di demordere, né tantomeno di arrendersi di fronte a quei brutti ceffi. Una folata di vento gli scompigliò i capelli, poi quando tutto tacque, le punte gli sfiorarono nuovamente le guance.
Dagli occhi di Gin non trapela mai nulla, ma i ricordi si sa, non possono essere cancellati.
 
Fanfiction sul passato del più carismatico fra gli Uomini in Nero.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Gin, Nuovo personaggio, Vermouth, Vodka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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3. A sangue freddo



Quella mattinata scolastica sembrava non voler più volgere al termine: l’ora di biologia, seppur di sessanta minuti, si stava prolungando all’inverosimile e Jake non riusciva più a seguire le parole del professore, che nella sua mente avevano perso completamente un qualsiasi filo logico: gli parevano tante frasi sconnesse che di tanto in tanto giungevano soltanto a disturbare la sua mente, troppo intenta a pensare ad altro.
Il biondo incrociò le braccia contro il petto e volse il capo altrove, incontrando con lo sguardo i volti annoiati e stremati dei ragazzi delle altre sezioni, i cui pallidi occhi smorti rilucevano al di là delle finestre. Dando un’ulteriore occhiata nella sua classe non mancò di incontrare visi simili. Non c’era nulla da fare: l’ultima ora era sempre distruttiva. Una buona parte della classe fingeva di seguire la lezione, altri invece, incuranti dell’insegnante, disegnavano o scarabocchiavano incantevoli ghirigori sugli angoli dei quaderni, altri ancora cercavano di intavolare fugaci e frammentate conversazioni.
Jake posò lo sguardo sulla schiena di Lily e la vide invece attenta: prendeva appunti, reclinava poco il capo sul foglio e la sua manina procedeva speditamente e senza indugi. Pareva quasi che la penna fosse dotata di un’anima che le permettesse di proseguire autonomamente.
“Lily.” La voce del ragazzo alle sue spalle era incredibilmente bassa e suadente. Un brivido le percorse la colonna vertebrale e inavvertitamente la calligrafia si inceppò. Volse appena il busto e incrociò lo sguardo penetrante di Jake. “Ehi, dimmi.”
“La vuoi piantare di seguire quell’idiota? Dai, parliamo un po’.” Si stava evidentemente annoiando.
Lily sorrise a malapena, ma dalla sua posizione terribilmente incerta trapelava il timore di essere scoperta a chiacchierare col suo compagno. “Tra poco è quasi finita l’ora, su. Mi interessa questa lezione.”
“Più di me?”
Quell’azzardo le fece arrivare il cuore in gola. “No, ma che stai dicendo? Senti, facciamo così. Oggi a pranzo sono sola, se vuoi puoi venire da me, così parliamo tutto il tempo che ci pare, va bene?”
Il ragazzo dai lunghi capelli biondi le riservò un perfido sorrisetto. “Secchiona inutile.” Eppure nel suo tono non c’era neanche un briciolo di ironia: quell’affermazione aveva tutta l’aria di essere una pesante offesa. Lei abbassò piano il capo e tornò ai suoi appunti. Le tremavano le mani. Gli avrebbe volentieri mollato un ceffone.
Mezz’ora più tardi la campanella sancì la fine della lezione e come sempre i ragazzi abbandonarono i loro banchi con rinnovato entusiasmo. Lily mise in ordine le sue cose e infilò i quaderni nello zaino con estrema lentezza: ci era rimasta davvero male.
D’un tratto Jake le si avvicinò, proprio nel momento in cui tutti avevano lasciato l’aula. Erano soli.
“Vuoi darti una mossa?”
“Sei uno stronzo, Jake.” Farfugliò lei mentre i singulti la scuotevano tutta. Il ragazzo comprese al volo che se l’era presa per la precedente affermazione, nonostante non potesse osservarla in viso. Così le si avvicinò e le cinse la vita con entrambe le braccia. “Guarda che scherzavo.” La sua voce divenne un sussurro.
“Che scherzo di cattivo gusto. Lasciami, non toccarmi.” La presa si affievolì, fino a sciogliersi definitivamente.
“Come vuoi.”
“E pensare che avevo anche una bella proposta da farti.” Aggiunse lei con tono rammaricato e colmo di rancore. Ma quel tono destò nuovamente la curiosità di Jake, il quale non mancò infatti di chiederle ulteriori informazioni.
“I miei hanno casa al mare, non lontano da qui. Pensavo che potresti venire con noi. Magari invito un altro paio di amici di classe e andiamo a passare il week end lì. La stagione ce lo permette ancora, per fortuna.” La piccoletta biondina si mise lo zaino in spalla e col capo reclinato all’indietro osservò il ragazzo. Era decisamente troppo alto per lei.
“Ci sto. A patto che tu ti tolga quel muso lungo.”
Lily sorrise.
 
 
 
 
 
Il week-end non tardò ad arrivare e con esso le tanto agognate vacanze. Anche se i ragazzi avevano soltanto pochi giorni a disposizione, si sarebbero divertiti ugualmente. Per quell’anno, avrebbero salutato il mare con la promessa di farvi ritorno l’estate successiva.
Dopo aver posato gli zaini a casa di Lily, i cinque compagni di scuola si recarono in spiaggia: data la stagione ormai agli sgoccioli, la gente era veramente poca. Il manto sabbioso si stendeva a perdifiato di fronte a loro e il mare infinito, placido e limpido, pareva ancor più caldo e affascinante. Le luci dell’alba si rifrangevano nell’atmosfera, creando un insolito clima di calma e serenità.
Sull’orizzonte rotolavano come mille scintillanti diamanti, i riflessi dei raggi del sole.
“E’ tutto nostro!” Lily allargò le braccia e compì una giravolta su se stessa, alludendo al fatto che in quel luogo sconfinato vi fossero soltanto loro. Rivolse uno sguardo a Jake e lo vide fermo lì al suo fianco: i suoi occhi verdi erano come persi in quell’oceano trasparente.
“Jake? Ci sei?”
Lui annuì poco dopo. “Pensavo.” Dopodiché si sfilò la maglietta nera e rimase soltanto col costume scuro, uno di quei modelli stile bermuda che tanto andavano di moda. Lily non poté non osservarlo con ammirazione: aveva un fisico perfetto. Era magro e asciutto, ma i muscoli non gli mancavano di certo, specialmente nella parte della fascia addominale. Quei suoi capelli biondi rilucevano di platino. “Wow, complimenti Jake.” Le scappò.
Lui rise sommessamente e si sfilò dalla tasca del costume il pacco delle sigarette, poi se ne portò una alle labbra. “Mi sto allenando per diventare un killer professionista.” Con un rapido gesto fece compiere un volo al pacchetto di Lucky Strike e poi guardò la ragazza.
“Bella questa! Sei sempre il solito scemo.” Lily si sfilò il vestito e lasciò che anche il suo corpicino ricevesse il sole del mattino.
‘Non male, però.’ Pensò Jake, osservandola.
 
I ragazzi continuarono a conversare, poi si sdraiarono sugli asciugamani e si presero qualche ora di dovuto riposo. L’aria era ferma, sonnecchiare sulla sabbia calda era davvero piacevole: oltretutto regnava il silenzio, inframmezzato soltanto dalla melodia tenue delle onde del mare, spumose e lente come a voler creare una flebile ninna nanna.
Qualche ora più tardi però, comparve all’orizzonte un uomo. Aveva tutta l’aria di muoversi verso il loro ombrellone.
Lily sollevò il capo e riconobbe la camicia celeste e i pantaloni neri indossati da quel tizio che via via si faceva sempre più vicino. Era suo padre.
“Papà! Che ci fai qui?” La biondina si alzò in piedi e assunse un’espressione contrita. Non doveva essere particolarmente contenta di quella visita inaspettata. “Ti avevo già detto di non venire. Sono con gli amici.”
Jake si rigirò più volte e poi si soffermò ad osservare l’uomo che conversava amabilmente con la figliola: a giudicare dalla sua uniforme doveva essere un poliziotto impegnato nel suo abitudinario giro di ronda. Intorno alla vita aveva avvolta una fondina e una pistola e fu proprio quel particolare a destare la sua attenzione.
“Bambina mia, quante storie. Ero in servizio e ho deciso di venirti a trovare. Tranquilla me ne vado subito.”
Il biondo si perse completamente nei suoi pensieri e i suoi occhi cominciarono a vagare frenetici fra gli infinitesimi granelli di sabbia che gli stavano ad un palmo dal naso. Con la stessa frenesia spasmodica raggiunse l’ennesima sigaretta e se la accese. Un ghigno perverso gli si era delineato sulle labbra. Sentiva l’adrenalina scorrergli nelle vene.
 
 
 
 
 
Jake e gli altri consumarono la loro intera giornata lì, fin quando le luci della sera non li avevano costretti ad andar via.
Cenarono nei pressi del lungo mare e decisero in seguito di farsi una passeggiata sulla stradina che costeggiava la spiaggia. Era tutto illuminato ma altrettanto deserto. Soltanto i locali pullulavano di persone e di ragazzi. Il mare nero alla loro destra emanava un certo timore reverenziale, ma tuttavia era al contempo affascinante e misterioso.
“Che bello, mi mancava proprio il clima di vacanza. Già mi sono rotto le scatole di andare a scuola.” Commentò uno dei ragazzi che era con loro e che si era incantato nel calciare un sasso lungo il suo percorso.
Lily si unì alla loro conversazione ma non mancò di notare che Jake era proprio alle loro spalle: durante tutta la giornata non aveva fatto altro che isolarsi, fumare e starsene sulle sue. A quel punto dovette rallentare il passo per poter camminare al suo fianco.
“Ehi, va tutto bene?”
Lui aveva le mani in tasca e guardava dritto di fronte a sé. “Perché dovrebbe andare male?”
“Non parli mai con noi.” Il tono di lei era basso e sentito.
Jake si fermò e la costrinse a fare altrettanto. “Mi hanno stancato quei tre. Perché non li lasciamo andare al loro dannato pub e non ce ne torniamo a casa?” Lily schiuse le labbra per poter controbattere ma lui le impedì di proseguire qualsiasi sua frase e interruppe qualsiasi suo pensiero: le aveva afferrato il mento con una mano e col pollice le accarezzava lo zigomo. “Ho voglia di stare da solo con te.” Aggiunse poi sottovoce, di modo che gli altri non potessero sentire. La ragazza percepì chiaramente un vuoto allo stomaco e nel guardare quegli occhi terribili ed enigmatici si sentì come trasportata da una forza a lei estranea: una forza che non le permise di offrirgli un diniego. “Aspettami qui, avverto gli altri.”
 
 
 
 
 
L’oscurità aveva inghiottito ormai ogni cosa, ma non per questo la città marittima si era assopita: fuori dalle abitazioni vi era ancora un gran movimento e se si tendevano le orecchie si potevano udire musiche lontane che testimoniavano lo svolgimento di varie feste notturne e di falò lungo la spiaggia. Una lingua di fuoco si distingueva oltre il cielo nero e nell’aria si era sollevato un gran polverone di sabbia e di fumo. Nell’atmosfera aleggiava ancora l’odore dell’arrosto e della birra.
Jake e Lily si fermarono di fronte alla porta di casa e lei prese a frugare frettolosamente nella borsetta, in cerca del mazzo di chiavi.
Proprio in quell’istante sentì le mani di lui stringersi contro i fianchi ed effettuare una breve pressione. “Muoviti.” La incitò.
Finalmente lei riuscì ad aprire la porta. Il ragazzo non le diede neanche il tempo di accendere le luci che lei si vide premere violentemente contro la porta.
“Oddio, Jake che fai?” Lily non poteva vederlo, ma sentiva il suo respiro sulla pelle e le sue mani scorrere veloci sul suo corpo inerme. Ogni volta che la sfiorava il suo respiro accelerava di poco, poi la lasciava senza fiato. “Dai, almeno accendiamo la luce.” La bionda annaspò nel tentativo di tendere il braccio verso l’interruttore, ma Jake fu abbastanza lesto nell’impedire che ciò avvenisse. Le bloccò il polso e con l’altra mano si insinuò sotto al leggero tessuto della canottiera di lei, sfiorandole la schiena con le dita e scoprendola incredibilmente calda. Lily gemette nel sentire quel contatto così freddo.
Il biondo si spinse contro il suo corpo e dopo innumerevoli baci sul collo trovò finalmente le sue labbra. Nonostante il trasporto lui appariva comunque abbastanza controllato, mentre Lily aveva preso lentamente ad ansimare. Jake le strinse una mano al seno e la sentì mugolare. “Finalmente ti sento viva.” Commentò aspramente e col respiro più corto.
“Jake io non so come dirtelo ma …” Non riusciva proprio a racimolare quelle stupide parole che aveva da dirgli: che doveva dirgli. Aveva paura di sembrare una stupida ai suoi occhi ed era terrorizzata dal giudizio che un tipo spavaldo come lui avrebbe potuto esprimere nei suoi confronti. Improvvisamente le mancò il respiro e un brivido si impadronì del suo corpo non appena Jake sfiorò la sua coscia.
A quel punto fu lui a concludere la sua frase. “Non c’è problema.” Bofonchiò.
“Farà male?”
Lui strinse i denti: gli dava ai nervi. “Stai zitta.”
 
 
 
 
 
In quella minuscola stanzetta era piombato d’improvviso un silenzio quasi innaturale e dalla finestra aperta entrava una piacevole brezza marina, che inoltrandosi furtivamente nella camera, sospingeva le lenzuola bianche del letto.
Jake appoggiava dolcemente la schiena sul davanzale e senza batter ciglio osservava il corpicino nudo di quella ragazza: la luce dei lampioni filtrava attraverso il piccolo riquadro della finestrella e accarezzava le curve sinuose di lei, che ignara della presenza di Jake, dormiva ancora beatamente. I capelli biondi erano sparsi sul cuscino e distinti in grandi ciocche lucide.
Il ragazzo diede una lunga e avida tirata alla sua sigaretta e fece volar via il mozzicone ormai consumatosi. Dopodiché, senza far rumore e con passi felpati, si infilò una t-shirt grigia e ripose nella tasca dei pantaloni quel che aveva cercato a lungo.
Prima di abbandonare la stanza però, egli si fermò per qualche ultimo istante ad osservare Lily, il cui petto si gonfiava ritmicamente e con insolita tenerezza. L’indomani si sarebbe svegliata senza nessuno al suo fianco e quella sua prima volta si sarebbe consumata lì, inutilmente, come quel poco che era rimasto dell’ultima sigaretta di Jake. Soltanto polvere e cenere.
 
 
Alcuni minuti più tardi il ragazzo si ritrovò a percorrere il grande stradone che lo avrebbe finalmente condotto nei pressi del suo quartiere e per grande fortuna lo ritrovò stranamente solitario e silenzioso. Infilò le mani nelle tasche e proseguì lungo i suoi passi col capo sollevato.
D’un tratto però sentì un vociare confuso provenire da uno dei viottoli che si immettevano in quello principale, così rallentò l’incedere della sua camminata e cercò di carpire attentamente le loro parole. Divenivano sempre più nitide e chiare.
“Ma alla fine l’avete vista quella? Era uno schianto!” Una risata fragorosa accompagnò la sua entrata in scena: Robert si parò proprio di fronte alla figura di Jake. Era con un paio di suoi amici di scorribande e tutti e tre avevano l’aria di aver bevuto qualche bicchierino di troppo. Barcollanti e ciondoloni, si avvicinarono al biondo.
“Ma tu guarda che fortuita coincidenza! Parli di schianti e compare questo idiota sul tuo cammino. Jake, maledetto. Io e te dobbiamo parlare.” Robert pareva il più vigile e sveglio della combriccola, ma il suo tono era ugualmente sbiascicato per via dell’alcol. I suoi occhi erano rossi e costellati di microscopiche vene pulsanti.
Jake lo scansò con un violento spintone e senza averlo neanche degnato di uno sguardo tentò di aggirare quel grattacapo. “Vattene a casa, sei ubriaco fradicio.” Sentenziò, gelido.
Non riuscì a percorrere neanche una decina di metri che si vide afferrato brutalmente da quei due ragazzoni: uno lo afferrò per i capelli e un altro lo spinse contro il muro freddo. A quel punto si aggiunse anche Robert, che inizialmente si tenne in disparte. “Ok Jake, ora mi godo io lo spettacolo. Mentre ti massacrano di botte.”
Il biondo schiuse le labbra per poi serrare con forza i denti: arrivò un primo pugno sul viso, poi giunse un altro colpo devastante alla bocca dello stomaco. Jake emise un flebile mugolio di dolore e tossì. Non era la prima volta che faceva a botte con qualcuno: così, egli non mancò di reagire. Nonostante la fitta all’addome fosse tremendamente acuta, riuscì comunque a contrattaccare con un potente destro: la tecnica fu talmente efficace che il primo cadde rovinosamente al suolo.
“Robert, te lo ripeto. Vattene a casa. Non è giornata.” Le parole di Jake erano volutamente distanziate e ‘misurate’. Ma il moro fece un cenno all’amico e questi si scagliò nuovamente contro l’avversario. Stavolta Jake non riuscì a difendersi da una violenta testata, che ebbe l’effetto di fargli battere il capo contro il muro alle sue spalle. Improvvisamente quel che aveva intorno cominciò a girare vorticosamente e nonostante la sua esperienza sul ‘campo’, sentì le gambe cedere e pian piano la sua schiena scivolò giù, grattando contro il calcestruzzo poroso e procurandogli un immenso bruciore.
Robert si avvicinò a lui e dall’alto poteva scorgere gli occhi verdi di Jake fra i molteplici ciuffi di capelli biondi: sprezzanti, cinici, imbevuti di odio e di sarcasmo. Quello sguardo strafottente non l’aveva mai sopportato. Cominciò a prenderlo a calci nello stomaco, fino a fargli sputare sangue.
“Non dovevi toccare Lily. Io ti avevo avvisato.” Continuava ad urlare fra le percosse. Ma ad un tratto egli si sentì una presa salda alla caviglia, poi Jake fece leva e si sollevò in ginocchio: Robert rimase come paralizzato. Paralizzato da quel che il biondo brancolava con la mano sinistra.
“Ma che cazzo fai? Sei impazzito? Posa quella pistola! Parliamone.” Balbettò il moro. Istintivamente si ritrovò a sciogliere la sua presa e l’amico che era con lui decise che era preferibile darsela a gambe. Il vicolo tornò nuovamente buio e solitario.
“Allora? Il gatto ti ha per caso mangiato la lingua? Se sparo non ci sarà nessuno a soccorrerti nel raggio di venti miglia.” La risata perfida di Jake riecheggiò tetra in quella notte ferma. Finì per rialzarsi in piedi, nonostante i colpi subiti e i rivoli di sangue che gli scolavano lungo il mento. Si leccò piano le labbra e la presa alla pistola si fece più salda e decisa.
“Dai Jake, ti prego. Non fare stronzate. Ti ho detto che si risolve. Ti pago. Ok?” La voce di Robert era stucchevole e supplichevole da far schifo.
“Non mi importa nulla. Non voglio i soldi di un ipocrita come te.” Il tono di Jake non ammetteva repliche e il suo indice era vertiginosamente vicino al grilletto. “I tuoi presunti amici se la sono data a gambe e ti hanno lasciato solo. Nessuno piangerà la tua morte. O forse qualcuno ci sarà al tuo funerale.”
“Lily.” Deglutì quell’altro. “Non fare l’idiota, io e te potremmo essere buoni amici e …”
“Mi hai seccato. Salutami il Diavolo da parte mia e digli che sulla terra ha un degno rivale pronto a sfidarlo.” Un ghigno sadico illuminò il suo volto, stranamente oscurato per via della luce notturna. L’indice si adagiò dolcemente contro il grilletto e poi si sentì uno sparo talmente forte da far vibrare l’aria.
Robert si accasciò al suolo crollando con un tonfo sordo e quella scena di morte penetrò nella mente di Jake riportando alla luce i ricordi di quell’omicidio consumatosi nell’oscurità di un parco giochi. Il biondo si fermò ai piedi del corpo ancora caldo e lo guardò: l'adrenalina gli annebbiava completamente la vista, il suo respiro era ancora corto ed irregolare. Cercò di riprendersi velocememente, poi, dopo aver riposto la sua arma si infilò nuovamente le mani in tasca e continuò per la sua strada, lasciandosi alle spalle un cadavere ormai privo di vita.
Doveva sbrigare un’altra, ultima, spinosa faccenda. E non poteva perdere tempo.
Soltanto dopo essersi tolto quell’impaccio sarebbe stato finalmente libero. 








Rieccomi con un altro capitolo :)
Mazza quanto sono stata crudele con Jake, stavolta :( Che ne pensate??? 
Non vedo l'ora di postare il prossimo capitolo ... credo che non avrò più il grattacapo di scrivere 'Jake' (piccolo spoiler.. eheh)... 
Ogni santa volta scrivevo "Gin", per poi rendermi che... non è ancora Gin!!! Ahahaha :) Vedremo vedremo... :P Non vi voglio togliere la curiosità. 
Crudele.. hauahauhauaha
Ringrazio come sempre tutti coloro che si fermeranno anche soltanto a leggere questo esperimentino!
Un bacino grande a tutti quanti i miei lettori :) 
Buone vacanze, alla prossima! 

Aya_Brea


  
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