La
storia è stata scritta per il 12 mesi di FF
Il
prompt di luglio è:
“Ho
sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi
perché
mi paiono più svelte a capire il mondo.”
[Chabon]
Personaggi:
Sirius Black [Dorcas, James e Lily Potter]
Rating:
giallo
Genere:
introspettivo
Introduzione:
Libero.
Dopo 12 anni passati dentro a una cella buia. L'essere che è fuggito
da Azkaban, però, non è che un'ombra sbiadita del ragazzo che
chiamavano Sirius Black. Troppe cose sono cambiate, troppe sono
andate irrimediabilmente perdute.
Ma
il fuggitivo ha una missione: trovare Peter Minus. Ristabilire la
verità. Solo dopo potrà, finalmente, riposare.
NdA:
È
la prima volta che scrivo di Sirius. L'ispirazione mi è venuta
leggendo una delle storie di luglio (su di lui e la prigionia ad
Azkaban). Ho voluto raccontare i momenti dopo la fuga – di cui non
si legge molto spesso. Uno esce di prigione dopo anni e si ritrova
nel mondo... e niente di ciò che conosceva è come prima. Non deve
essere facile.
Non
so perché, scrivendo i pensieri di Felpato - che in origine dovevano
essere solo sul deprimente-triste-malinconico - è venuta fuori una
nota leggermente comica... Ci sento un che di scanzonato e ironico,
che per me fa molto Sirius.
Per quello che riguarda il suo rapporto con Harry, non ricordo cosa viene detto nel 3° libro a riguardo. Io ho immaginato che quello che inizialmente spinge Sirius sia solo desiderio di rivalsa su Minus, per riabilitare il proprio nome e dimostrare la propria innocenza. L'interesse per Harry, nella mia storia, arriva in un secondo momento (magari dalla lettura di qualche giornale rubato dal grosso cane nero :)
Per la relazione Sirius/Dorcas ho ripreso la versione fan, adattandola. Nella mia interpretazione tra i due c'era una simpatia, in crescita, ma non ancora sbocciata in amore. Il sentimento si stava formando, in pratica. Ho immaginato Dorcas come un opposto di Sirius, pacata, riflessiva. Non per questo debole. Anzi. Per come l'ho voluta vedere io, era proprio questo suo osservare e riflettere che la rendeva potente.
L'innocenza del condannato
Di
queste case
non
è rimasto
che
qualche
brandello
di muro
Di
tanti
che
mi corrispondevano
non
è rimasto
neppure
tanto
Ma
nel cuore
nessuna
croce manca
È
il mio cuore
il
paese più straziato
[San Martino del Carso, G. Ungaretti]
Quello
che non ho
è
un treno arrugginito
che
mi riporti indietro da dove son partito
[Quello che non ho, F. De Andrè]
Agosto 1993
Mi
guardo intorno, teso. Non posso fare a meno di controllarmi dietro le
spalle, continuamente, come se fossi inseguito. Ogni mio senso canino
è all'erta.
Anche
se la notizia della mia fuga non può essersi ancora diffusa – so
che il Ministero cercherà in tutti i modi di catturarmi senza far
trapelare la notizia, prima di diffondere il panico nella comunità
magica – non è molto semplice essere razionali in questo momento.
Non
è molto semplice essere razionale in senso assoluto, data la mia
situazione.
Secondo
i canoni della natura umana dovrei essere uscito di senno, da un bel
po' di tempo. Tutti pensano che sia così – o lo farebbero, se
ancora qualcuno si interessasse a me, e al destino della mia psiche.
12
anni ad Azkaban.
12
anni lontano dalla luce del sole.
12
anni rinchiuso tra quattro mura umide e gelide.
12
anni circondato dal potere oscuro e letale dei Dissennatori.
Questo
dovrebbe essere abbastanza per chiunque. Questo dovrebbe essere
troppo.
Dovrei
essere impazzito in quella cella.
Dovrei
essere morto.
Invece
sono qui.
Sento
il sangue pulsare con forza nelle mie vene, sento il battito del mio
cuore. La consistenza della terra sotto le zampe è reale. Reale come
l'odore fragrante dell'aria, misto a quello delle foglie degli
alberi. Sento tutto questo. Percepisco decine di altre cose.
Sono
indubbiamente vivo.
Mi
guardo intorno con sguardo stupito. Avevo finito per dimenticare
quanto il mondo fosse... bello. Semplicemente e incredibilmente
bello.
Contro
ogni logica e previsione – se mi fosse rimasta un briciolo di
arroganza potrei complimentarmi con me stesso per essere stato il
primo a trionfare in questa impresa – sono riuscito a scappare
dalla prigione dei maghi.
Uno
scatto di volontà, una scintilla della mia antica forza. Tanto è
bastato per riuscire ad assumere ancora queste familiari sembianze
ferine.
Il
resto è stato quasi un gioco da ragazzi.
Infilarmi
tra le sbarre, giocando i dannati custodi della mia prigionia.
Scappare
lungo gli interminabili corridoi fino a raggiungere l'aria.
Nuotare
dall'isola fino alla terra ferma.
Sono
vivo. Sono libero. Non ho più arroganza per gloriarmi con me stesso
di questa impresa.
So
bene che non ci sarei mai riuscito se quella foto non avesse
riacceso in me tutta la rabbia, tutto l'odio che un tempo ero capace
di provare.
È
stata quella foto che mi ha salvato.
È
stato l'odio per l'essere immondo che si faceva chiamare Peter Minus
a farmi fuggire.
Pensare
a Codaliscia, anche solo computare mentalmente il suo nome, mi ha
provocato una scarica di adrenalina. È stato come essere
rivitalizzato da un incantesimo potentissimo.
Non
potevo restare lì dentro, mentre lui si aggirava ancora per il mondo
- vivo, libero.
Non
potevo.
Ora
sono fuori.
E
tutto mi sembra estraneo. Tutto mi sembra nuovo.
12
anni sono lunghi da passare.
12
anni sono infiniti, rinchiuso innocente per un crimine non commesso.
Ma
adesso che le mie zampe si posano di nuovo sulla terra, mi rendo
conto di quanto questi 12 anni abbiano cambiato il mondo, oltre alla
mia persona.
Nei
momenti di lucidità, dentro la mia cella, immaginavo quello che ci
sarebbe stato fuori. Immaginavo il futuro, immaginavo la vita.
Non
avevo del tutto messo a fuoco quello che era successo prima
dell'incarcerazione.
Non
avevo considerato tutto ciò che, in un modo o nell'altro, non ci
sarebbe stato comunque, che io fossi stato dentro o fuori la
prigione.
Tutti quei morti. Tutti quei lutti.
Dentro
le mura di Azkaban non potevo lasciarmi sopraffare, non potevo
concentrarmi su quello che significassero per me. Il dolore mi
avrebbe ucciso. La disperazione era la mia più acerrima nemica. Ho
messo tutto in un angolo della mente, demandando a un momento
successivo la riflessione.
Per
12 anni mi sono nutrito solo della certezza della mia innocenza.
Ho
bandito la paura, ho scacciato la disperazione più nera che viene
dal pensiero di non avere via d'uscita. Io ero innocente. Non dovevo
smettere di crederci.
È
stato questo che mi ha tenuto in vita.
Per 12 anni.
Ma
adesso sono fuori, sono libero, certi pensieri non possono più
essere messi da parte.
Proprio
adesso che sono fuori, mi rendo conto che niente è come prima. Che
niente, per me, potrà mai più essere lo stesso.
James
e Lily non torneranno.
Non
potrò più sentire la risata cristallina del mio migliore amico,
mentre gli racconto una delle mie imprese. Non condividerà più i
miei pensieri, con un semplice sguardo. Non mi aiuterà più a
sopportare il peso della mia famiglia e della mia stirpe. Mai.
Andato, perduto per sempre.
E
Lily... la dolce, ma tenace Lily. Non potrà più guardarci con
quegli occhi verdi, profondi; con lo sguardo divertito di una mamma
che ha a che fare con due bambini un po' troppo monelli.
Lily...
così vicina a una sorella, anche se spesso non condivideva le mie
azioni e la mia impulsività. Ma c'era sempre. Per me, per noi.
Pronta a sgridare e a consolare. Pronta a essere la nostra fortezza.
Non accadrà mai più. Andata, perduta per sempre.
E
Dorcas...
Oh,
Dorcas aveva un modo tutto suo di relazionarsi con le persone. Ho
sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi perché mi paiono
più svelte a capire il mondo.
Lei
era proprio così. Il mio contraltare perfetto, oserei dire. Tanto io
ero avventato e impulsivo, così lei era pacata e riflessiva.
Preferiva guardarsi bene intorno, prima di esprimere un'opinione.
Preferiva assicurarsi di avere capito bene, valutato bene, prima di
agire.
Io
ero l'opposto. Arrogante e pieno di me. Un ragazzo, sempre pronto a
gettarsi nella mischia – ma non lo eravamo tutti? Ragazzi. E
incoscienti, anche, perché no.
Ragazzi.
Teste calde, a volte. Certi di essere invincibili. Perché quando hai
20 anni non riesci a pensare seriamente che la tua vita potrebbe
interrompersi in un battito di ciglia. Non puoi proprio farlo.
All'epoca
avevo senso dell'umorismo. Ero divertente, così mi dicevano. Avevo
la tendenza a calcare la mano, però. Ho sempre avuto dei problemi a
capire quando era il momento di lasciar perdere...
Anche
Dorcas era spiritosa, a suo modo. Ma non feriva mai nessuno con le
sue parole, come invece troppe volte ho fatto io.
E
aveva una risata così bella... Cristallina e sincera. Limpida, come
lei.
Il
nostro rapporto era cresciuto nel tempo, giorno dopo giorno, senza
fretta. Assurdo, se si pensa ai tempi incerti in cui ci eravamo
trovati a vivere. Ma non esisteva altro modo di vivere, per lei. Non
avrebbe mai affrettato le cose, non sarebbe mai stata avventata.
Così
non è mai successo nulla tra noi.
Sguardi
che si fanno via via sempre più dolci. Mani che dopo aver lottato si
cercano nel buio, per scambiarsi una silenziosa e dolce carezza.
Tutto qui quello che mi resta, tutto ciò che ho per cui provare
nostalgia.
Scuoto
il capo, spargendo tutto intorno le gocce di pioggia che hanno preso
a cadere, inzuppandomi il pelo.
Fantasmi,
niente altro che fantasmi.
Porto
i mie morti nel cuore, come un macabro camposanto.
Avrei
potuto unirmi a loro.
In
questi 12 anni avrei potuto mille volte mollare la presa su questa
vita così crudele, così ingiusta. Lasciarmi andare, semplicemente.
Smettere di respirare. In certi momenti avrei accolto la morte come
una benedizione, come una sorella attesa da lungo tempo.
Avrei
potuto... ma non l'ho fatto.
Troppo
forte il senso dell'ingiustizia che ho patito. Troppo forte il
desiderio di vivere per dimostrare al mondo quanto grande sia stato
il suo errore.
Avete
sbagliato a giudicarmi.
Avete
sbagliato tutto.
Sono
sopravvissuto sperando, un giorno, di poter gridare in faccia alla
gente la mia rivalsa.
La
mia innocenza.
Non
sono un assassino, non sono un mostro.
Non
ha senso recriminare adesso. Non ha senso abbattersi.
Adesso
che ho la possibilità vera e concreta di portare a termine la mia
vendetta. Adesso, che il momento della rivalsa è arrivato davvero, e
non solo nei miei sogni.
I
fantasmi saranno ancora lì ad aspettarmi, quando avrò finito con
Minus.
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