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Autore: orual    10/08/2012    6 recensioni
Una raccolta di racconti dedicata al gruppo di amici che abbiamo visto in azione in E' illegale, Molly Prewett! e in Primo Natale alla Tana. Andremo a sbirciare i loro anni di scuola e li seguiremo nei tempi cupi della Prima Guerra magica, mentre crescono, lavorano, si innamorano, lottano e soffrono, come tutti. Una old generation un po' diversa dal solito: non solo i Malandrini sono stati giovani!
-Vattene via, Bellatrix- sibilò Andromeda, il bouquet che tremava nella mano stretta convulsamente.
Bellatrix si guardava intorno, osservando schifata lo spoglio ambiente in penombra della chiesa.
-Cielo, come sei caduta in basso, Dromeda. Questo posto è una vera schifezza. Certo, non che il panorama non si adatti allo sposo.
-C’è di peggio, Bella!- sghignazzò Yaxley, accennando ai Tonks. Entrambi erano pallidi oltre ogni dire, e lui si era spostato un po’ davanti alla moglie, cercando istintivamente di proteggerla.
-Feccia babbana- sibilò Bellatrix, volgendosi di nuovo alla sorella –Come hai osato tradirci in questo modo? Eri così in fregola che c’era bisogno che un Sanguesporco ti calmasse i pruriti? Ed avete anche messo in cantiere un bel mostriciattolo mezzosangue con le vene sporche, non è così? Salazar, mi viene da vomitare!
Genere: Avventura, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Arthur/Molly, Ted/Andromeda
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Arthur, Molly e...'
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Sì, non sono morta. Mi sono solo sposata.
Adesso ritorno ad aggiornare anche Dopoguerra, nel frattempo, ecco un altro capitolo di quella che sta diventando la mia storia “parallela”. Ho in serbo anche altra roba, e chiedo scusa a tutti quelli alle cui recensioni non ho risposto. Torno a pieno regime al più presto, tranquilli.
Devo solo finire di imparare a stirare da mio... oddio, suona strano. Da mio marito.
Un bacio a tutti! ;)
Oru

 
Discriminazione
 
La prima volta fu a Diagon Alley. Certo, c’era stato il matrimonio di Ted e Andromeda, e qualche episodio sgradevole nel corso degli anni, compreso quello dei tempi della scuola che aveva segnato l’inizio del loro gruppo, aggregando in modo che poi si era rivelato permanente Andromeda, Hector ed Arthur al loro quartetto.
Quella però era la prima volta in cui Annie si rendeva conto pienamente che il mondo magico inglese stava cambiando, rispetto a quello che era stato i primi anni in cui ne aveva fatto parte, dopo la lettera da Hogwarts.
Si era decisa  a comprare un gufo. Dopo la morte della civetta che aveva avuto ai tempi di Hogwarts era rimasta senza nessun animale per qualche anno, perchè aveva voluto molto bene a Holly. Adesso però doversi recare all’Ufficio Postale di Hogsmeade o a quello di Diagon Alley cominciava a pesarle, e Bathilda Bath era del tutto restia riguardo l’uso di “scempiaggini tecnologiche” come chiamava la comunicazione via camino. E si trattava della sua datrice di lavoro, quindi non era il caso di indisporla troppo.
Era una giornata primaverile veramente bella, e gli animali nelle belle gabbie d’ottone esposte fuori dall’Emporio del Gufo facevano un gran frastuono, che si mescolava ai normali rumori di Diagon Alley in una mattina di ordinaria attività. Ne era uscita con un bel gufo bruno, scelto tra i tanti per gli occhi dorati ed intelligentissimi che la fissavano sospettosi, pieni di dignità.
Pensava a quale nome dargli, e a molte altre cose oziose, e anche che la pancia di Andromeda era sempre più grossa, e che si stava innamorando in modo più che serio di Hector e che era incredibile che per anni avesse fatto l’indifferente con lui perdendo mesi belli come quelli che avevano passato insieme di recente, e poi lo sguardo le cadde sul cartello appeso ad una vetrina e la gabbia rischiò di sfuggirle le mani.
Sul cartello stava scritto, in caratteri molto signorili:
 “I Nati Babbani non sono graditi in questo negozio”.
Sbatté le palpebre, sicura di aver letto male.
Poi alzò lo sguardo per capire di che negozio si trattasse, certa di trovarsi di fronte a qualche emporio di scherzi magici che aveva avuto una trovata di cattivo gusto, ma si ritrovò a fissare a bocca aperta l’insegna di una comune Apoteca, come confermava la vetrina piena di vasi per ingredienti e bilance i cui piatti ospitavano mucchietti di polveri e strane foglie.
Un senso di oppressione si fece strada all’altezza del petto, e poi, come d’improvviso, ricordò gli occhi freddi e crudeli di Rodolphus Lestrange nella grigia chiesa di Manchester, che la fissava oltre le spalle tremanti per la rabbia di Andromeda vestita di bianco, e diceva...
...diceva “I tempi stanno cambiando”.
Annie rilesse ancora una volta il cartello e sentì lo sgomento mutarsi in disgusto.
Lestrange con la sua moglie pazza ed il suo gruppo di idioti non era altro che un offensivo cafone che aveva voluto guastare la festa alla cognata nel giorno del matrimonio insultandole marito e amici, e lei invece di essere turbata da cartelli di quel genere avrebbe dovuto entrare a dirne quattro al proprietario. Era una strega brillante che ad Hogwarts aveva primeggiato e si era diplomata con dieci MAGO, di cui sette Eccezionali. Aveva vinto un concorso ministeriale e si era potuta permettere di rifiutare la proposta di assunzione che ne era conseguita per lavorare con la più celebre storica della magia d’Europa, e nessuno aveva il diritto di insolentirla in quel modo, tra l’altro vigliacco ed indiretto.
Aveva già la mano sulla maniglia sulla porta.
E poi la ritrasse. Scoprì che non voleva guardare negli occhi chi aveva appeso un cartello del genere.
 
Hector uscì dal Quartier Generale degli Auror nel corridoio, con una bracciata di rapporti e verbali da depositare in archivio, e quando vide Annie che veniva avanti a passo di marcia nel viavai quotidiano del Ministero, con un gufo in gabbia e l’aria turbata, si diede dello stupido: avrebbe dovuto parlarle prima.
Aveva rimandato perchè non voleva turbarla e umiliarla, e perchè la faccenda lo faceva davvero arrabbiare. Si rese conto di quanto aveva sbagliato. Sicuramente aveva visto un altro di quei cartelli, o qualcuno l’aveva insultata.
Annie lo vide quasi immediatamente e gli venne incontro praticamente di corsa. Nemmeno si accorse del suo tentativo di salutarla con un bacio.
-Hector...
-Ciao. E’ successo qual...
-Hec, l’Apoteca Blavgad, o come accidenti si chiama, a Diagon Alley ha...- cominciò lei con foga, poi si interruppe per guardarlo meglio, inclinando come al solito la testa per la differenza d’altezza, e dovette notare qualcosa nel suo sguardo preoccupato: -Tu lo sapevi già!- sbottò, la voce resa stridula dalla rabbia.
Hector le mise una mano sulla spalla.
-Annie...- tentò. Lei non lo lasciò finire.
-Perchè non me lo avevi detto? Io... e comunque questa cosa non può essere legale. Cosa accidenti... a chi devo rivolgermi per denunciarli? Non...
Gesticolava tremante di indignazione, sbatacchiando in dondolii frenetici la gabbia con dentro il povero gufo che strideva furibondo, fino a che non gliela sbatté violentemente contro un ginocchio. Lui gliela tolse di mano, soffocando un lamento, per preservare se stesso e l’animale, usando il braccio libero dalle pergamene.
-Annie, non so di cosa tu stia parlando esattamente, ma... se mi spieghi meglio posso...
La stava spingendo verso un corridoio più vuoto di quello dove si trovavano in quel momento. Lei lo lasciò fare, continuando ad agitarsi.
-Come sarebbe che non sai di cosa sto parlando?
-Diciamo che lo immagino, ma se chiarisci è più pratico.
-Ero a Diagon Alley, e sulla vetrina di un negozio ho visto un cartello con su scritto...
Si interruppe, come spaventata all’idea di ripeterlo. Hector sospirò. Sì, parlavano della stessa cosa. Purtroppo.
-Ho fatto male a non parlartene prima. E’ il terzo caso negli ultimi due mesi, ma gli altri due sono successi ad Hogsmeade, e tu non ci vai mai...
-Questo non è un pestaggio o un episodio di bullismo stile matrimonio di Teddy, questo è diverso!
-Lo so.
-Non è possibile che sia legale.
-C’era scritto che i Nati Babbani non possono entrare?
-No. Solo che la presenza di quelli come me non è gradita- rispose Annie storcendo la bocca e mimando in aria delle virgolette con le mani.
-Vedi? Come le altre due volte. Teoricamente non ti proibiscono di entrare o di fare acquisti. Si limitano a informarti che non “gradiscono” la tua presenza.
-E’ insultante.
-Non è illegale.
-Dovrebbe esserlo!- gridò Annie, furente.
Hector si portò le mani alla fronte, l’aria stanca.
-Lo penso anche io. Ann, smettila di gridare, io sono d’accordo con te, lo sai benissimo.
Queste parole la zittirono, e lei abbandonò lentamente le mani lungo i fianchi. Sembrava stanca.
-Ma che cavolo sta succedendo?
Hector la guardò, impotente:
-Non lo so. Ann, mi dispiace tanto. Sono furibondo, ma non c’è modo di... ho sbagliato a non dirtelo.
-Volevo entrare e fare una piazzata, ma ho lasciato perdere. Probabilmente sono una vigliacca.
-Invece hai fatto bene. Con questa gente non si ragiona, era inutile rovinarsi la giornata.
Annie scrollò le spalle e gli tolse la gabbia di mano:
-Se è per questo, me la sono già rovinata. Me ne vado a casa!- sbottò. Senza aggiungere altro, girò sui tacchi e si allontanò.
 
Hector poté andare a cercarla solo quando staccò dal lavoro, e per prima cosa usò i camini del Ministero per arrivare alla Stazione Metropolveritana di Godric’s Hollow, situata in un’insospettabile rimessa per gli attrezzi in rovina in un orto ai margini della cittadina. Godric’s Hollow era uno dei luoghi a più alta densità di maghi di tutta la Gran Bretagna: costituivano circa un terzo degli abitanti del piccolo villaggio ed erano tra i più bravi ad amalgamarsi senza dare nell’occhio con la popolazione Babbana. Annie divideva un appartamento con l’altro tirocinante di Bathilda Bath, in una vecchia palazzina del corso principale, non molto lontana dalla villetta della famosa storica della Magia.
Le persone gli passavano accanto col passo tranquillo di un tardo pomeriggio tiepido. C’erano un sacco di bambini che tornavano a casa da scuola, e da un bar proveniva la musica di un juke-box che riempiva l’aria dell’ultimo successo babbano. I Pink Floyd, o qualcosa del genere, non era un cultore.
Nessuno sembrava preoccupato, intorno a lui, ed Hector si disse che forse si erano impressionati un po’ troppo. La stupidità e la grettezza sarebbero esistiti sempre, ed era così evidente per il corso di Godric’s Hollow quanto tutti fossero in fondo uguali ed impossibili da distinguere, maghi, Babbani, Nati Babbani, che certe contestazioni assomigliavano ai gruppuscoli che insistevano a dire che la terra era in realtà piatta.
Suonò il campanello corrispondente e salì le scale, ma alla porta venne ad aprire Tarquin Traggle, il coinquilino di Annie. Non si poteva dire che Hector fosse propriamente entusiasta del fatto che Annie abitasse da sola con un ragazzo, da quando il più anziano dei tre tirocinanti di Bathilda, un trentenne che si fregiava del titolo di Primo Assistente, si era sposato in gennaio ed aveva acquistato la villetta dirimpetto quella della storica, pubblicizzando il cambio di residenza con arie di grande importanza. Tuttavia, Tarquin era un tipo inoffensivo, a quanto sembrava: aveva una gran testa di stopposi capelli color paglia ed enormi occhiali dalla pesante montatura in tartaruga, e Annie e lui condividevano una solida amicizia cementata da qualche anno di cameratismo per fronteggiare l’antipatico Primo Assistente.
-Ah, Hector, sei tu- constatò quietamente, guardandolo con il mite sguardo miope dalla soglia. Era avvolto in una grossa sciarpa viola fatta a mano: Tarquin aveva sempre freddo, forse per la corporatura ossuta, tutta gomiti e ginocchia. Aveva sei dita alla mano sinistra, particolare un po’ inquietante che spiccava particolarmente contro la ceramica blu della tazza fumante che teneva in mano.
-Cercavo Annie- tagliò corto Hector, sbirciando oltre le spalle dell’altro per vedere se la scorgeva.
Tarquin lo guardò confuso.
-Mi dispiace, ma veramente non credo sia in casa.
-C’è o non c’è?
-Beh, sono stato alla mia scrivania nelle ultime cinque ore, e quindi non sono proprio sicuro che non sia rientrata, ma...
-Se permetti, vado a controllare, ti spiace? Ho bisogno di parlarle.
Tarquin si ritrasse obbediente, ed Hector entrò nell’appartamento, vecchio stile ma ampio ed arioso, dirigendosi a grandi passi verso la camera di Annie. Era vuota, la scrivania stracolma di fogli, libri ovunque ed un vecchio paiolo sul fuoco spento.
-Sembra non sia in casa. Se tornasse, ti spiacerebbe farle sapere che l’ho cercata?
Tarquin annuì, poi chiese, vagamente accigliato:
-E’ successo qualcosa di male?
-Non proprio. Ehm, Tarquin, tu conosci Annie da tanto tempo, sai che è di famiglia Babbana, vero?
-Certo.
-Oggi ha visto un cartello sgradevole sulla vetrina di un negozio, ed è rimasta turbata.
-Sgradevole?
-Razzista, per intenderci
-Oh, santo cielo.
-Sì, appunto- tagliò corto Hector. La lentezza di Tarquin lo irritava terribilmente –Speravo fosse qui ma non è così. Vado a cercarla, scusami... ehm, posso usare il camino? Siete collegati alla Metropolvere, vero?
-Quello del salotto sì, ma... toccava a me fare scorta di Polvere Volante e temo di essermene dimenticato e...
-Ne porto sempre con me di scorta.
L’equipaggiamento da Auror serviva, a quanto pareva.
Scostò Tarquin ringraziandolo con un’occhiata e si diresse a grandi passi verso il camino del salotto. Accese il fuoco con un gesto di bacchetta e gettò una manciata di polvere nelle fiamme prima di infilarci la testa chiedendo forte:
-La Tana!
Offuscato dal tremore della fiamma, davanti a lui apparve il soggiorno della Tana, con il piccolo Bill che giocava con dei cubi sdraiato sul pavimento a pancia in giù e che sollevò la testa con moderato interesse quando si accorse che si era accesa una fiamma verdastra.
-Molly! Molly, sei in casa?
Ci volle qualche attimo prima che Molly comparisse tra il figlio ed il camino.
-Chi è? Hector, sei tu? Come stai?
-Annie è da voi?
-No- il fare ansioso di Molly esplose subito –E’ successo qualcosa?
-Posso venire da voi?
-Certo, cosa aspetti?
Hector si tirò fuori giusto il tempo di salutare Tarquin, che continuava a tormentare la tazza ormai fredda con le sue undici lunghe dita, poi entrò completamente nelle fiamme e un attimo dopo ruzzolava fuori dal caminetto della Tana, davanti a Molly che lo aiutava a rialzarsi e gli toglieva la cenere dal giaccone con qualche colpetto.
-Come mai la stai cercando? Non farmi preoccupare.
-Non è nulla, Molly. Non ti allarmare. Ho solo bisogno di parlarle, ma forse lei non ne ha tanta voglia, e non so dove sia andata. Al suo appartamento non è tornata.
Molly lo scrutò, con occhio indagatore:
-Non avrete mica litigato?
-Non proprio. Ho rimandato il momento per parlarle di una cosa piuttosto importante e così... beh, per farla breve oggi ha visto un cartello fuori da un’Apoteca di Diagon Alley che invitava i Nati Babbani a girare al largo, ed è rimasta un po’ scioccata.
Molly sembrò afferrare al volo. Annuì lentamente.
-Arthur mi aveva parlato di una cosa del genere...
Scrutò il viso amaro e disgustato dell’amico, gli mise una mano sul braccio.
-Cos’è, ti senti in colpa?
-Avrei dovuto parlargliene prima. E’... è come se glielo avessi tenuto nascosto.
-E lei?
-E’ Annie. L’ha capito subito. Credo si sia sentita un po’ tradita.
Hector si lasciò cadere stancamente sul divano dei Weasley, passandosi una mano nei capelli. Sembrava stanco, e Molly pensò che di recente anche Arthur tornava dal Ministero con quell’espressione insoddisfatta e con una specie di lieve apprensione negli occhi. Non disse nulla, e si limitò a sedersi sulla poltrona che fronteggiava il divano, pensando distrattamente che la fodera doveva essere di nuovo pulita.
-Molly, ho un brutto presentimento.
Bertha avrebbe detto che l’Apotecario era solo un gran bastardo, e che gli svitati avevano pur diritto all’esistenza. Andromeda non avrebbe detto nulla, perchè percepiva vicende di quel genere come una sorta di suo peccato originale, viste le sue radici familiari, ed odiava argomenti simili. Teddy avrebbe alzato le spalle, perchè si sentiva giovane, si sentiva forte, aveva sposato Dromeda in barba a tutti i Purosangue del mondo e questo voleva dire che nessuno avrebbe mai potuto sconfiggerlo. Arthur avrebbe pulito nervosamente i suoi occhiali, ed avrebbe detto di non esagerare con il pessimismo.
Ma Molly si sentiva responsabile per tutte le persone che amava, ed aveva i sensi all’erta per tutti, e non era incline a credere che le cose si risolvevano per il meglio se lasciate da sole, ed annuì alle parole di Hector.
-Non piace nemmeno a me.
-Sono tanti, quelli che la pensano anche solo vagamente così. Più di quanto si immagini. Al Dipartimento ci arrivano segnalazioni strane. E quello strano tipo che dovrebbe essere eletto Ministro della Magia...
-Pensi che sia un pericolo serio?
Molly aveva la voce e gli occhi duri. Bill aveva continuato a giocare ai loro piedi durante la conversazione e lei lo sollevò in braccio.
-Ho paura per Annie.
-Pensi che potrebbero fare del male a lei e a Teddy?
-Ted è immune a queste stronzate. E’ lei che ne soffre.
-Intendevo del male fisico.
Hector la guardò.
-Santo cielo, Molly. Non credo che si arriverà a tanto.
-Al matrimonio di Ted e Andie qualcuno avrebbe potuto restarci- ribatté Molly, dura. Aveva fatto scudo ai figli col suo corpo, quando la pioggia di schegge era piombata su di loro, ed aveva avvertito per la prima volta la paura che urlava in fondo alle sue viscere, la paura per la carne della sua carne, e non era donna da dimenticare una cosa del genere. Mai. Per tutta la vita.
-Arthur dice che sono troppo ansiosa, ma quelli non scherzano, perciò non ho intenzione di scherzare neanche io.
Hector la guardava fisso, come se le sue parole gli avessero aperto una sorta di nuova prospettiva sull’accaduto.
-Molly, se tu la pensi così, io...
-Sono esagerata, dici?
-No. Io credo che tu veda più lontano di altri. Ma mi fai paura.
Molly strinse il bracciolo della poltrona. Hector era sempre stato il loro punto di riferimento, il leader indiscusso e rassicurante di tutti. La guardava con occhi seri e smarriti. Erano finiti, finiti i tempi della scuola, e lei avrebbe dato non sapeva cosa per credere ad Arthur ed a chiunque altro di loro che le dicesse che non c’era da temere, ma l’istinto di protezione con cui era nata gridava a gran voce. Per la sua migliore amica non meno che per i suoi figli. Per tutti loro.
-Dove potrebbe essere Annie?- le chiese lui, come emergendo da una riflessione che lo aveva immerso per quasi un minuto nel silenzio.
-Se resti con i bambini, vado a cercarla io.
-Come?
-Con i bambini, Hec. Non è difficile. Pipì e popò nel vasino, niente biscotti perchè sennò poi non cena- disse, accennando a Bill e passandoglielo in braccio –Charlie dorme. Se sei fortunato tornerò prima che si svegli.
-Ma Molly...
Prima che lui potesse chiedere cosa avrebbe dovuto fare se alla fine non fosse risultato fortunato, Molly aveva afferrato la bacchetta ed era sparita. Hector sedette del tutto confuso e disse a Bill:
-Bene, Bill. Giochiamo ai tutori della legge, ti va?
 
La casa dei Liddell era una villetta bifamiliare alla periferia di York, circondata dal giardino, in una zona molto silenziosa e tranquilla, piena di bambini che giocavano al pallone per la strada. Molly c’era stata solo poche volte, e la ricordava come una strana casa babbana piena di strani e del tutto illogici oggetti babbani. Annie era la primogenita di molti fratelli, e l’unica che avesse mai mostrato un briciolo di magia in famiglia: gli altri erano cresciuti tranquillamente nel quartiere, frequentando le scuole babbane dei dintorni. Patrick era al college in Scozia, a quanto pareva, e Peter era via per il servizio di leva, qualunque cosa ciò volesse dire, ma i tre fratelli minori, una ragazzina quattordicenne e due bambini di dieci e nove anni, vivevano ancora con i genitori, se Molly ricordava bene.
Attraversò il vialetto del giardino dopo aver controllato di essere al numero civico giusto, e si chiese nervosamente se la sua veste verde smeraldo non risultasse un po’ troppo eccentrica per la vicina dei Liddell, che la scrutava ad occhi sbarrati da oltre la siepe. Suonò alla porta, e venne ad aprirle Marie, la più grande dei fratellini, che sembrava una Annie in miniatura, come era stata ai tempi di Hogwarts, con gli stessi capelli castani ondulati ed il viso spigoloso. Aveva addosso un’uniforme scolastica con la gonna a pieghe e i calzettoni fino al ginocchio.
-Ciao, Marie. Forse non ti ricordi di me, sono...
-Un’amica di Annie. Non che ci voglia un genio per capirlo, ma comunque mi ricordo di te. Sei Molly- fece la ragazzina, squadrando Molly e dandole la conferma che c’era qualcosa nel suo abbigliamento che non andava troppo bene.
-Annie è per caso qui da voi?
Marie si scostò per farla entrare, rispondendo:
-E’ di là.
Nel salotto pieno di strani aggeggi che avrebbero fatto la gioia di Arthur, Annie beveva il tè raggomitolata sul divano, accanto ad una donna che le somigliava in modo strabiliante e le parlava a voce bassa. Quando Molly entrò, entrambe alzarono lo sguardo e Annie emise un’interiezione di sgomento:
-Molly, che diavolo ti sei messa addosso?
-Non va bene, eh?- fece Molly con un mezzo sorriso.
-La Craddle, della porta a fianco, ti avrà presa per l’adepta di una qualche setta... che ci fai qui?
-Fai sedere la tua amica, tesoro- intervenne la signora Liddell, alzandosi e indicando urbanamente a Molly una poltrona. Molly fece tanto d’occhi esaminando la televisione mentre vi passava vicino, poi sedette.
-Grazie, signora Liddell. E’ bello rivederla, la trovo benissimo.
-Ti ringrazio, Molly. Non si può dire altrettanto di Annie, oggi- fece la donna di rimando, posando una mano sulla spalla della figlia.
-Oddio... Hector ti ha detto qualcosa, vero?
-Certo che mi ha detto qualcosa. E’ venuto alla Tana direttamente da Godric’s Hollow. Quel tipo con cui abiti, Tarquin, gli ha detto che non sapeva dov’eri e lui si è preoccupato.
Annie sospirò, appoggiando la tazza.
-Non dovevate mobilitarvi in questo modo. Sto bene, mi sono solo presa... un’arrabbiatura, ecco.
Molly guardò la signora Liddell e le teste dei fratelli di Annie che si godevano lo spettacolo seduti sulle scale, e si chiese quanto Annie li tenesse informati degli sviluppi preoccupanti che stava prendendo il mondo magico negli ultimi tempi.
-Forse, Molly, puoi illuminarmi su quanto è successo, visto che Annie è reticente- intervenne la signora Liddell.
Molly diede un’occhiata ad Annie e poi scosse le spalle:
-C’è gente maleducata anche tra i maghi, signora... oggi hanno fatto uno sgarbo ad Annie, non è così?
Annie annuì vagamente, e la signora Liddell assottigliò lo sguardo. Era una donna molto acuta e si vedeva chiaramente che voleva saperne di più, ma non insistette.
-Che ne dici se andiamo alla Tana? Tanto per evitare che Hector finisca nei guai con i bambini...
-Li hai lasciati con lui?
-Qualcuno doveva pur pensarci. O forse preferisci stare a cena a casa...
-Resta, Annie!- intervenne improvvisamente Marie, e Theresa e Thomas si accodarono subito, imploranti. Adoravano gli strani trucchi della sorella maggiore strega, e la vedevano molto raramente.
Annie apparve incerta, poi si alzò, con uno sguardo di scusa ai fratelli:
-Vengo sabato, ve lo prometto. Ora sarà meglio che mi occupi di Hector.
-Siete davvero fidanzati?- non si trattenne Marie, zittita immediatamente da un terribile sguardo della madre.
Annie la ignorò, facendole un sorrisetto.
-Mamma, va bene se passo sabato e resto a cena?
-Tesoro, passa quando vuoi.
 
Si trasferirono in ingresso per Smaterializzarsi in un luogo protetto, i tre Liddell minori pronti allo spettacolo che avevano visto già altre volte e a occhi sbarrati, e in un attimo furono di nuovo nel disimpegno delle scale della Tana, il pianto di Charlie che trapanava il cervello. Hector, terrificato, lo reggeva come se avesse in mano una bomba, un po’ discosto dal corpo, e parlava a voce altissima per sovrastare gli urli:
-Charlie, non piangere. Non c’è motivo per cui tu debba farlo. Ho controllato. Non sei bagnato. Aspetta, te lo spiego più lentamente. Non...
Si accorse del loro arrivo e disse a Molly, con una smorfia:
-Non sono stato fortunato. Si è svegliato prima che tornassi. Come stai, Annie? Mi hai fatto preoccupare.
-Mi dispiace.
Era bastata una ninnata più energica da parte della madre perchè Charlie si calmasse, e nel silenzio che seguì, Molly propose:
-Vi fermate a cena?
Annie sospirò, prima di voltarsi a guardarla:
-E’ meglio di no, Molly... penso che dobbiamo parlare un po’, io ed Hec.
 
-Devi scusarmi. Avrei dovuto parlartene prima.
Hector era seduto sul suo letto, nella stanza piena di scartoffie dove l’aveva cercata quel pomeriggio. La casa era tranquilla, a parte per gli strani rumori che provenivano di tanto in tanto dalla cucina e che Annie aveva liquidato con un semplice “E’ Tarquin che cerca di cucinare”.
Annie, sulla sedia della scrivania, si tormentava l’orlo della gonna fissandolo con aria un po’ frustrata.
-Avete avuto molti casi simili?- chiese, piano.
-Sono in crescita. Te l’ho detto, è il terzo del genere in due mesi.
-Del genere? Ci sono altri generi?
Hector la guardò in faccia.
-Sei spaventata, Ann?
-Sono arrabbiata.
-Ci sono altri generi, sì. Per esempio spacciatori di falsi alberi genealogici- disse Hector, per poi aggiungere, notando il suo sguardo vacuo: -Per gente che vorrebbe costruirsi un passato un po’ più... purosangue, non so se mi spiego.
-Ti spieghi benissimo.
Hector sospirò.
-Non so da dove è cominciata questa mania. Immagino che sia l’influenza di quel tipo, quel tale che si fa chiamare...
-Lord Voldemort?
-Lo conosci?
-Ho letto un articolo del Profeta che lo sosteneva. Un articolo ignobile, se vuoi il mio parere. La Purezza del Sangue, e i babbani che la insidiano... e roba del genere. Ma un conto è leggere un editoriale, un conto è vedersi sbattere in faccia il fatto che qualcuno la pensa davvero così. Qualcuno che io posso incontrare per strada.
Hector non rispose, ed Annie rimase a lungo in silenzio e fissarsi le mani. Alla fine, scosse la testa, come per allontanare i cattivi pensieri, e lo guardò:
-Devi scusarmi se ti ho dato l’impressione di essermela presa con te. Sarà meglio pensare ad altro.
Hector, che per la verità non pensava ad altro da oltre un mese, annuì, perchè pensava che per Annie sarebbe stato davvero meglio così. Almeno per il momento.
Dalla cucina arrivò un tonfo abbastanza terribile, e Annie si alzò di scatto dalla sedia.
-Tarquin! Hai di nuovo fatto cadere tutti i piatti?- ruggì, prendendo la porta e scomparendo per il corridoio.
Hector si alzò con un sospiro e la seguì. Non che pretendesse assurdità come baciarla ogni volta che si vedevano, ma sarebbe stato carino riuscirci almeno una volta, prima di dover tornare a casa.
O prima che qualcuno vietasse baci tra maghi Purosangue e Nati Babbani. Sorrise a quel pensiero assurdo, poi si ricordò lo sguardo serio di Molly e smise di botto di sorridere.
Poteva succedere.
Poteva succedere davvero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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