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Autore: Meahb    24/02/2007    8 recensioni
Un amore vecchio, e un amore nuovo. Un sentimento che si rinnova e uno che nasce silenziosamente. Può davvero, l’amore, resistere a tutte le intemperie? E può davvero, chi ama, lasciare andare il suo oggetto del desiderio?
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAMER

 

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Autore: AmarantaB

Summary: Un amore vecchio, e un amore nuovo. Un sentimento che si rinnova e uno che nasce silenziosamente. Può davvero, l’amore, resistere a tutte le intemperie? E può davvero, chi ama, lasciare andare il suo oggetto del desiderio?

Spoilers: No one peeps!! ;)

Pairs: House/Cameron, di base, ma ci sarà qualche “problemino” e qualche nuova coppia…

Timeline: Diciamo che questa storia nasce come sequel del mio precedente lavoro “Tomorrow never knows”. Il finale raccontava di House e Cameron finalmente insieme. Il sequel racconterà la loro storia… e la storia di qualcun altro! ;)

Piccola precisazione: Gee in inglese è un’esclamazione di sorpresa. Sarebbe come dire “Cavolo!”… capirete poi perché! E l’ho scelta perché guardando le interviste di Jennifer, ho notato che è un’espressione che usa spesso!

Voglio ringraziare personalmente tutte le persone che hanno recensito la storia precedente, e tutte quelle che mi hanno scritto spronandomi di andare avanti a scrivere. Spero che questo lavoro, non deluda le vostre aspettative…

Buona lettura!

 

 

 

 

EPPURE SENTIRE

Da una canzone di Elisa

 

 

 

 

 

PROLOGO

 

 

 

 

 "Eppure sentire, nei fiori tra l'asfalto, nei cieli di cobalto c'è... Eppure sentire, nei sogni in fondo a un pianto, nei giorni di silenzio c'è...c'è un senso di te..."

 

 

 

 

 

 

 

Non era tanto per quello che sentiva.

Era soprattutto a causa di quello che non sentiva.

Sospiri, il suo nome chiamato dall’altra stanza, lei che rideva, o che canticchiava qualcosa mentre si preparava per andare a lavoro.

Non la sentiva più.

Come se, invero, fosse così dannatamente distante da non riuscire a percepire la sua presenza.

Sprimacciò il cuscino, cercando un momento di pace. Un momento in cui gli occhi di lei, non le invadessero i pensieri… i sogni.

Un momento in cui non si sentisse maledettamente in colpa per quello che era successo.

Invano.

Gli sembrava impossibile smettere di pensarci.

Impossibile, si.

Come se non fosse in grado di trovare una soluzione al problema.

Come se, questa volta, qualsiasi diagnosi avesse fatto, non lo avrebbe condotto da nessuna parte. Non c’erano cure, stavolta.

Non ce n’erano mai state.

E si rammaricò di non riuscire ad alleviare almeno un po’ del dolore che sentiva.

Almeno un po’.

Sbuffando, scalciò via il piumino, e si rizzò a sedere.

Si massaggiò a lungo la gamba, quindi prese il suo bastone e deambulò in cucina.

Le palpebre socchiuse per proteggersi dalla luce del sole… per non vedere l’assenza di lei.

Della sua figura esile che, non appena lo vedeva, si avvicinava alla mensola per prendere una tazza e riempirla di caffè, per lui.

Per lui.

Ogni suo più insignificante gesto era per lui.

Anche quando, prima di andare a dormire, lo guardava con tenerezza, senza nemmeno sfiorarlo, se non con lo sguardo.

E lui, in quello sguardo, si era sempre sentito protetto, accettato, compreso.

Si era sentito se stesso.

E allora le prendeva una mano, con urgenza, e la traeva a se, bisbigliandole nell’orecchio.

“Smettila! Mi fai il solletico!”, rideva lei.

Ma lui non l’ascoltava, era in sintonia con il cuore che batteva veloce, finalmente guarito, finalmente salvo.

E poi… il silenzio.

Un silenzio consistente, pesante.

Un silenzio che significava assenza di lei.

Dei suoi piedi freddi a letto, della sua risata, delle sue mani piccole che lo cercavano continuamente.

Assenza della sua “Al”.

“Non mi piace, Al!” gli diceva lei, “Non potresti chiamarmi Allie come fanno tutti?

E lui sorrideva a quella richiesta, “Ti sembro uno che si uniforma a quello che fanno gli altri?

E si era arresa, Allison. Aveva accettato anche quel nomignolo buffo, consapevole che era il nomignolo con cui l’avrebbe chiamata lui.

Il loro nome.

E aveva preso a chiamarlo Gee.

Sai cosa vuol dire Gee, signorina?” le aveva domandato un giorno.

Lei aveva riso forte, quando glielo aveva chiesto, “Naturale che lo so!” aveva ammiccato.

E adesso, si domandò Greg, dov’erano finiti Gee e Al?

Cosa era rimasto di loro?

Fissò la mensola dove teneva le tazze.

Mancava qualcosa lì sopra.

Una cosa unica.

Rara.

E forse per questo preziosa.

“Non l’hai mai voluta questa, quindi la possiamo buttare. Come hai buttato tutto il resto”.

E se ne era andata.

Senza voltarsi.

  
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