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Autore: Kaida_ _ _    12/08/2012    3 recensioni
Uno spasimante, un ammiratore! Cosa c’è di più bello e fastidioso nello stesso tempo? Peccato per Tino che il suo spasimante coincida anche con il suo peggiore incubo, alias Berwald Oxenstierna.
E soprattutto peccato che quella pazza della sua amica - tale Luk - voglia addirittura farlo diventare un suo “buon amico” e, chissà, qualcosa di più.
Tutto ciò con lo sfondo di un grigio – sì, più o meno – college londinese, tra recite, improbabili intrighi e compiti in classe.
{Modestamente, è un po’ molto obbrobriosa, ‘sta fic. Ma vabbè, al cervello non si comanda. Sempre che ce ne sia uno…}
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Finlandia/ Tino Väinämöinen, Nuovo personaggio, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tristi Patate

Chapter n°14: Tristi patate

   « Cia’. » non aveva idea di come cominciare un discorso, Berwald. Se già si trovava impacciato con Tino per cause naturali, con Eduard tanto vicino la sua mente non riusciva a fare altro che chiedersi perché diavolo fosse lì. Anche tutti quei film mentali su di un omicidio fra le mura dell’istituto però non erano male e, benché la sua immaginazione fosse sempre stata abitata dal Dottor Berwald, non poteva dire di non avere il fascino dell’assassino. Oltre alle porte della psicologia, dunque, gli si sarebbero spalancate anche quelle del cinema e delle serie TV della serie C.S.I Stoccolma.

   Tutti queste sue fantasie non fecero altro che compensare il silenzio imbarazzante che intanto si era creato fra loro, interrotto solo dal tintinnare dei piatti di ceramica sulla tavola, appoggiati con poca grazia dall’inserviente della mensa, una triste donna di mezz’età con i capelli rinchiusi in una retina che amava la TV e il suo fantomatico figlio trasferitosi in un qualche paese esotico dopo aver guadagnato un mucchio di soldi. Il fatto che ne parlasse con gli occhi luccicanti di una madre orgogliosa (col figlio al quale di questo orgoglio materno non importava un bel niente, a quanto pare) faceva nascere o compassione o scetticismo. La povera signora era tanto triste e sola che pur di intavolare una misera conversazione con qualcuno era disposta ad inventarsi un figlio ricco e famoso.

   « In realtà quella del figlio è solo una bugia creata dalla sua mente per cercare un minimo contatto umano, anche in qualcuno di inesistente. Se continuerà così finirà con l’accudire bambole di plastica, signora. » avrebbe detto il Dottor B., togliendosi gli occhiali in maniera innegabilmente sexy e prescrivendo una cura miracolosa a base di infuso di zucchero filato e fagioli magici. Ma non c’era tempo per pensare a lui, adesso. Qualcuno doveva trovare un modo per cominciare la conversazione.

   « Patat’. » fece lo svedese, cercando di apparire la persona più felice del mondo alla vista del tubero. Purtroppo non era né tedesco né un irlandese vissuto durante la Grande Carestia, quindi la cosa non gli riuscì molto bene. O meglio, non gli riuscì perché era semplicemente lui.

   « Non ti piacciono? » chiese Eduard con un filo di voce. Perché Berwald era lì? Proprio quella sera? Ne avrebbe avute milioni da passare nella vita, non poteva permettersi di rovinare quelle degli altri. In un momento di particolare odio verso il rivale sperò che fosse inconsciamente allergico alle patate, ma che quelle lo ispirassero tanto da fargli fare un scorpacciata. E anche se dal tono di voce non sembrava tanto contento, gli sarebbe bastato un semplice assaggio per lasciarlo secco, dato che la sua allergia sarebbe stata ovviamente caratterizzata da morti fulminanti. « C’è il burro… » aggiunse, sperando che magari fosse intollerante al lattosio. Combinazione letale.

   Non parlavo con te. Lascia parlare Tino. E mi piacciono le patate, sì. Ma prima mangiale tu, così potrai tapparti quella dannatissima bocca.

   Amore e odio nascono e crescono in tempi notevolmente veloci, si sa. Anche l’imbarazzo però non scherza, notando la gote del finnico, sempre più purpurea. Perché era proprio là in mezzo? Perché Luk non stava tenendo Berwald in ostaggio? Se l’era mangiata pur di raggiungerlo? E perché Eduard si era deciso a parlargli (non ancora, ma quella probabilmente era la sua intenzione) proprio quella sera? Non potevano mettersi d’accordo per vederlo, come fanno tutte le coppie divorziate?

   Un momento. COSA. STO. PENSANDO.

   « A te piacciono le patate, Tino? » domandò ancora Eduard, prendendo un altro po’ di coraggio, cosa che lasciò lo svedese interdetto. Non poteva parlare in sua presenza, non doveva. Lui era il grande Nanuk che aveva spaventato intere legioni di studenti, che metteva in soggezione con un solo sguardo. Nessuno poteva parlare con Tino in sua presenza. Nessuno.

   Berwald usa sguardo omicida.

   « Non immagini quanto… » rispose Tino, girandosi dalla parte dell’Estone e cogliendo, più che il significato letterale, l’altro senso della domanda, pensando che sarebbe stato un momento magico quello in cui i ragazzi che aveva ai lati avrebbero esclamato in coro “anch’io!” e se ne sarebbero finalmente andati, lasciando spazio a compagn(i)e più gradite.

   Berwald fallisce. Berwald si evolve in Svedese Triste!

   Era ancora più doloroso di non trovarlo mai in camera. Lo ignorava per dare attenzione a qualcun altro, ecco la cosa peggiore. Qualcosa di brutto e mortificante gli invase il cuore, sembrando volerlo tenere per sempre in quella morsa. A meno che Eduard non sparisse all’istante, ovvio. Era lui il problema. E Berwald non ricordava di aver mai provato un odio tanto profondo nei confronti di qualcuno in maniera tanto infantile ed, in certo senso, giustificata. Spostò lo sguardo verso la folla per far sbollire un po’ la rabbia e non posare il suo sguardo glaciale – avrebbe desiderato che fosse incandescente, in realtà – su qualcun altro e lasciare Tino più tranquillo. Si capiva dal modo sconsolato con cui fissava il piatto che non gradiva tutte quelle attenzioni. Mentre la vista indagava tra i volti dei commensali, qualcosa gli sfiorò la manica della giacca. Si stava strusciando.

   Chi osa?

   « Ciao! » Luk spostò a sua volta lo sguard+-+o verso Eduard e Tino, alzando una mano in segno di saluto. Ovviamente non ricevette alcuna risposta, se non un sorrisetto nervoso di Tino. Eduard era troppo concentrato per dire alcunché. Probabilmente stava scaricando dei dati nel suo cervello usufruendo del wi-fi.

   Come chiarirsi con il tuo amico e uccidere gli svedesi di troppo.zip – file in download, attendere…

   « Sappi che ti sto inviando tutta la mia energia positiva, Nanuk. » lo informò la groenlandese, con tono serioso. « Quindi se sentirai scorrerti in corpo una forza prorompente, beh, sono io! » si batté la mano destra sul petto, orgogliosa. Berwald ignorava ancora (e sempre avrebbe ignorato) i motivi del suo arrivo e, soprattutto, dell’improbabile invio di energia. Doveva monitorare i movimenti degli altri due, con attenzione. Fino a quel momento non c’era stato nessuno scambio di sguardi complici, la situazione era rimasta stabile. E il fatto che la stabilità coincidesse con sguardi imbarazzati, discorsi appena abbozzati e poi subito troncati, sorrisetti nervosi e così via non faceva sperare in uno sviluppo migliore, né per Eduard né per Berwald. Almeno i due contendenti avrebbero avuto come premio di consolazione la sconfitta dell’altro. Meglio di niente, ma davvero poco.

   Eduard si sentiva terribilmente fuori posto, in quello scenario. Era al lato sinistro, all’esterno di qualcosa che sarebbe potuto accadere, qualcosa che sarebbe potuto andare avanti. Troppo lontano da un risultato che non sarebbe riuscito a raggiungere, dopo tutti gli anni di confidenze, risate e amicizia. Un’amicizia che magari ad occhi esterni era potuta sembrare indissolubile, una di quelle amicizie che sarebbe finita – almeno fisicamente – con un fiore poggiato accanto ad un epitaffio, con i racconti di un vecchio nonno, le battute di circostanza, “amici come quelli non se ne vedono più!”. E bene o male era stato così, per i primi tempi. Amicizia, pura e semplice, disinteressata. Era stato lui a renderla qualcosa di diverso, da quando aveva iniziato a desiderare ben altro che passare un po’ di tempo in più con il finnico, da quando sfiorarlo per un semplice gioco era diventato un piacere che andava ben oltre i canoni di un’amicizia normale, per così dire. E Tino non se n’era accorto, fino al momento in cui le loro labbra erano arrivate a sfiorarsi, fino a quando le braccia di Eduard non l’avevano stretto un po’ di più, finché due occhi verdi non l’avevano guardato, speranzosi di essere stati compresi una volta per tutte. Credendo che tutti quegli sguardi, quegli invisibili segnali avessero fatto accendere una scintilla in lui, credendo che sapesse. E adesso quegli stessi occhi lo guardavano come lo avevano sempre guardato da un anno a questa parte. Rassegnati, con una minuscola scintilla di speranza che, però, adesso tardava a farsi vedere. Non brillavano più.

   « Berwald. » lo svedese si girò di scatto, tant’era diventato impaziente di sviluppi. Ebbene, si arrendeva? Oppure no? Che diavolo voleva, adesso? Perché Tino continuava a rigirare la forchetta tra le patate, disinteressato ai loro discorsi? O faceva finta? O non aveva sentito? Nonostante fossero tanti i quesiti che lo attanagliavano, si limitò a rispondere con un grugnito disattento e lo sguardo ancora posato su qualcosa di vago. « Non importa. » e qui gli sorrise. Lo scandinavo restò per un po’ ad esaminarne il sorriso. Era stranamente dolce e vero. Perché non gli importava? Si riferiva a Tino? E perché Luk stava stranamente zitta? Dov’era tutta quell’energia positiva che gli stava inviando? Stava solo iniziando a innervosirsi, con quello sguardo mellifluo davanti. Eduard sembrava un ebete, perché non si decideva a darsi un contegno e ad andarsene, accettando la sconfitta.

   Non importa.

   Forse non gli importava di essere sconfitto o di vincere. Stava semplicemente lasciando perdere. Si era arreso, ma quello sguardo era stranamente sereno. Perché si stava alzando, perché salutava Tino e Luk? Perché salutava anche lui? Non erano nemici, fino a prova contraria? Stava lasciando perdere prima di iniziare? O aveva già iniziato? Lo sguardo di Tino si posò sullo svedese per un attimo, incredulo. Credeva che si sarebbero battuti, in qualche modo. Che avrebbero cercato di aggiudicarsi le sue attenzioni, mettendolo più in imbarazzo di quanto non fosse già. Si sarebbero lanciati arcigni sguardi di sfida e si sarebbero dati appuntamento all’alba, in un posto abbastanza lontano da occhi indiscreti, per passare alle mani. Si rese improvvisamente conto quanto fossero egoistiche queste sue teorie. Tutti a battersi per lui, il centro del mondo. E invece Eduard era andato via, tranquillo, e Berwald fissava il burro fuoriuscire dalle patate ormai fredde. L’inserviente della mensa passò, sottraendogli le patate da sotto il naso e mettendogli davanti uno spezzatino. L’espressione non era cambiata, però, e le sue guance sembravano essersi tinte di un colore più acceso. Si girò di slancio verso di lui, fulminandolo con lo sguardo. Tino iniziò a mangiare la carne.

   « Eduard se n’è andato, Nanuk! » esclamò Luk, cercando di attirare la sua attenzione. « Che gran botta di fortuna, eh? » e qui s’infilò in bocca un grande pezzo di carne, cominciando a masticare con lena. « Un po’ stopposa, non credi? »

   E quindi quel grande turbinio d’emozioni, quegli sguardi e quello strano sorriso rassegnato, erano rimasti sconosciuti al resto? Nessuno si era accorto di niente? Era stato un evento intimo, distaccato dagli avvenimenti del mondo circostante.

   « No’ ho ‘na gran’ fame. » fece lui, voltandosi poi verso Pipaluk. « E ‘piegami ‘sto fatto de’ energia positiv’. » si interruppe un attimo. « Spiegam’. » Luk sorrise al tentativo dell’altro di rendere più comprensibile il proprio accento.

    « Si vedeva che eri in difficoltà, Nanuk. Fin quando saremo sochi dovrò spalleggh- insomma, aiutarti. » affermò lei, con le mani incrociate davanti al petto. Era riuscita ad evitare una caduta nel suo mirabolante accento, quindi si sentiva molto orgogliosa di sé. Per l’altra pazienza, ci sarebbero state altre occasioni.

   « No’ ho bisogn’ d’aiuto. » mugugnò lui. Ci mancava solo una tappa che gli facesse da balia. Carino da parte sua, ma alquanto fastidioso per lui.

   « Questo l’hanno detto un sacco di persone prima di morire, Nanuk, eh-eh! » ridacchiò per un po’, contenta della battuta ad effetto. « Ma forse per ghli orsi polari non vale! » colpo di glottide per finire in bellezza.

   Lo stesso giorno Eduard fece richiesta per ritirarsi da scuola alla fine del quadrimestre e tornare in Estonia. La segretaria lo trovò stranamente tranquillo.   

 

I’m back!

Salve, mie care carissime lettrici, lettori e procioni! (?) Si vede che l’Inghilterra m’ha fatto male, eh… fortunatamente sono tornata sana, salva e affamata, soprattutto. E vorrei ben dire, dopo due settimane di mele, riso, verdure lesse e pollo arido… vi dirò, il pane-con-sopra-salsa-di-pomodoro-e-mozzarella-che-doveva-essere-pizza era buono, già. E i tizi della mensa simpatici. E il professore figo. Dovrei scrivere una mail alle mie amichette del Kazakistan (alzi la mano chi lo conosceva già!) e anche alla francese, sennò credo che penseranno che io sia la solita italiana pesaculo che le ha già dimenticate. Beh, tra un po’ raggiungerò le palle di polvere nell’esotica Metaponto (vale la stessa domanda riguardante il Kazakistan x°) e, lì, a fare da cibo alle zanzare e alle meduse, avrò un bel po’ di tempo per scrivere… che dire, mi siete mancate. Tanto. <3                                                                                                                                E adesso passiamo alla pallosa parte della fan fiction, yeah… devo farvi un annuncio che vi riempirà di gioia, già. Avete presente il fatto che le cose belle finiscono e bla bla bla? Beh, lo fanno anche le cose brutte, quindi tra un paio di capitoli (non di meno, non di più, a meno che non succeda qualcosa di non previsto) la ff volgerà al termine, tra costumi, Luk e milkshake. E vi ho detto tutto il dicibile. (?)

Baci al gusto di fish ‘n chips – che poi, le squame di pesce si trovano in parecchi rossetti!,

                                                                                                                                                              Kaida_ _ _

P.S.: Che titolo figo, eh? Eh...
  
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