Aprì gli
occhi pochi istanti prima che la sveglia
iniziasse a produrre quell’orribile suono gracchiante che lo
destava tutte le
mattine; intanto l’aria cominciava a odorare di croissant
freschi preparati
dalla mamma. -Buongiorno caro mio-. Peter
disattivò la sveglia e iniziò a
vestirsi. -Continui a ignorarmi?- L’unica
nota positiva di quelle mattine
era la fantastica colazione della madre: Bridget lavorava in una
pasticceria, e
tutte quelle paste che non erano perfette le portava a casa.
-Dormito bene?- chiese dolcemente la madre. Mentre
addentava un croissant fumante, Peter annuì mentendo,
poiché ormai non riusciva
più a riposare decentemente da due anni. –Questa
tua nuova politica mi sta annoiando… lo sai benissimo anche
tu che questa
storia finirà entro poche ore.-
Alle 7.30 Peter prese il pullman per andare a scuola. –Come
al solito non hai nessuno accanto.
Povero…- -Basta!- disse sottovoce il ragazzo,
-Lasciami in pace!- -Ma lo sai anche tu non
posso.-
-Come avevo detto, oggi
interrogo tre persone.- Peter si
mise la mano davanti agli occhi, mentre sentiva la tensione crescere
dentro di
lui. –Allora… Martino.- disse la professoressa
–Poi Justin e adesso una
ragazza.- -Dai che ti è andata
bene, lo
so che non hai stu…- -Anzi no! Sentiamo Peter.
È un po’ di tempo che non lo
interrogo.-
Il ragazzo si alzò dal banco, freddo come un iceberg. –Cosa? Tutto qui? Ma lo sapevi
già? No
perché sembra di sì, non hai fatto una piega
quando…- -Risparmi tempo prof,
non ho studiato.- ammise Peter. La professoressa sbuffò, e
segnò qualcosa sul
registro: -Allora interrogo Milly. Peter, è da due anni che
sei completamente
cambiato. Lo so che te l’ho già chiesto un
migliaio di volte, ma è successo
qualcosa?- -Sì, sono arrivato io
ahahahah.- -Da quando il suo fantasma lo perseguita non
è più lui.- Tutta
la classe scoppiò in una fragorosa risata. –Lo
sai, vero, che a un tuo cenno quel Bob non farà mai
più battute del
genere?- Peter
si risedette e mosse
le labbra per dire –smettila-, in modo che nessuno lo potesse
sentire. –Lo
avete visto tutti?- urlò Bob –Ha appena detto
qualcosa al suo fantasmino. È
diventato pazzo!- Un’altra risata sommerse il ragazzo come
una violenta
valanga. –Basta!- strillò la professoressa,
–Bob, continua così e avrai una
bella nota sul registro.- Poi si girò di scatto: -Martino,
la situazione prima
della Rivoluzione Francese.-
Durante l’intervallo Peter si chiuse in bagno.
–D’accordo, come vuoi tu. Fallo spaventare, fagli
qualcosa…- La campanella
suonò per richiamare tutti in classe; -Ma non ucciderlo.-
Queste parole furono
pronunciate dal ragazzo una alla volta, scandendole e rendendole chiare
il più
possibile. –Lascia fare a me, ho in
mente
una certa cosa… ti divertirai.-
Mentre Peter stava entrando in aula, Bob gli diede uno
spintone: -Oooh scusa pazzerello! Non l’ho fatto apposta.-
-Te ne pentirai.-
-Cosa hai detto celebroleso?- Contro quel mostro Peter non avrebbe
avuto
scampo: Bob era stato bocciato tre volte, ed era il doppio di lui.
Senza dire
una parola tornò al suo posto. –Scappa,
è meglio per te.- lo canzonò
l’energumeno.
Alle 11.48 la lezione di matematica era nel pieno del suo
corso: -…quindi il teorema fondamentale dice che sen quadro
più cos quadro fa
uno. Grazie a questa relazione noi…- -Vado!-
Peter sorrise compiaciuto. Una sedia scricchiolò,
e tutti si voltarono
verso Bob. –Ehi ragazzo, stai bene?- chiese
l’insegnante.
Bob aveva gli occhi sbarrati, la bocca aperta e la sua
pelle era simile alla candida neve; oltre a ciò tremava,
tremava sempre di più,
facendo vibrare anche il banco e la sedia. –Ma che diavolo ti
prende?- urlò il
professore. Peter assisteva inorridito alla scena. Improvvisamente Bob
smise di
tremare, ma il suo sguardo continuava a essere fisso nel vuoto;
d’un tratto le
pupille gli si restrinsero ad una velocità folle,
riducendosi a minuscoli pallini.
Peter si coprì l’intero volto con le mani,
poiché sapeva fin troppo bene cosa
sarebbe successo negli istanti successivi.
Tutti i muscoli della faccia di Bob si contrassero in una
smorfia di puro terrore; nel totale silenzio, lanciò un urlo
potentissimo da
far ghiacciare il sangue a tutti gli studenti in aula. Peter si sedette
e
nascose la testa tra le braccia. Bob cadde a terra senza smettere un
secondo di
urlare e, una volta sul pavimento, gli vennero delle convulsioni: il
suo corpo
si agitava, si dimenava , si contorceva come un verme in fin di vita;
lo
spettacolo era davvero raccapricciante. –Chiamate
un’ambulanza, presto!- ordinò
il professore.
Nei dieci minuti successivi, Bob non fermò neanche per un
secondo le sue urla, e nulla servirono i tentativi di tenerlo fermo da
parte
del professore e di due altri ragazzi. Quando arrivarono i medici gli
iniettarono un calmante, senza però ottenere alcun
risultato; così lo portarono
all’ospedale legato sulla barella come un pazzo delirante.
Ma che cosa gli hai fatto?- chiese Peter –Ti avevo detto
di spaventarlo e basta, non di farlo fuori.- -Ma
cosa sarà mai?! Gli ho solamente mostrato cosa lo aspetta
quando la
sua vita finirà…- -Lo so cosa gli hai
fatto vedere, lo hai fatto anche con
me quella notte.- -E allora! Tu non hai
mica reagito come ha fatto lui.- -Io no, ma gli altri due
miei amici sì… e
adesso a Bob attende lo stesso loro futuro.- -In
fondo sei stato tu a chiedermi di fare qualcosa… non sono il
tipo
che sbuca dall’armadio di notte e spaventa la gente. Ma
questo tu lo sai. Non è
che volevi che gli facessi proprio ciò che ho fatto? O mi
sbaglio?- Peter
non rispose e scese dal pullman.