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Autore: _vally_    27/02/2007    6 recensioni
Una serata un po' diversa, una serie di coincidenze. Incontri fortuiti in una notte in cui sangue e alcool scorrono sposati nelle vene. Quell'alcool che fa perdere il controllo, quello che soffoca le inibizioni! E dopo che accadrà?
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, Lisa Cuddy, Robert Chase
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

 

“Ti porto a casa io.”

“Mi porta a casa lui?!” Lisa si fece questa domanda, nella sua mente offuscata dall’alcool, mentre continuava a tenere le dita intrecciate dietro il suo collo. Sentì una morsa allo stomaco, e questa volta non era colpa di quello che aveva bevuto.

Lentamente sciolse la presa, e le sue mani tornarono a stringere la superficie dura e fredda del lavandino, dietro di lei.

House non aveva smesso per un secondo di guardarla, e le era impossibile sganciare gli occhi dai suoi, senza il suo permesso.

La rapivano.

Ma questo, ubriaca o non ubriaca, l’avevano sempre fatto.

“Va bene.” lunghissimo istante di silenzio. “Grazie.”

Lui annuì, spostando lo sguardo allo specchio. Gli occhi indugiarono sul riflesso dei suoi capelli, poi sulla zip del vestito che scendeva lungo la schiena terminando quasi al…

“Ok!” esclamò tutto ad un tratto, facendola sobbalzare.

Fece un passo indietro, indicandole la porta. “Prego.”

Lisa, invece di andare verso la porta, si avvicinò a lui, e lo prese sottobraccio.

“Credi che sia saggio appoggiarsi a uno zoppo per mantenere l’equilibrio?”

“Sempre più saggio che provare a muovermi da sola. Mi gira tutto…” Lisa afferrò un po’ più saldamente il braccio di House.

“Fantastico.” disse lui sarcastico, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del suo capo.

Insieme, uscirono dal bagno, uscirono dal locale. House sentiva quella pressione sul braccio, il corpo della donna aderente al suo…

“Hai paura che cambi idea e scappi lasciandoti sola e traballante in mezzo al parcheggio? La vuoi finire di starmi appiccicata?!” si fermò e la guardò alzando un sopracciglio.

Aspettò con ansia la sua risposta. La sua era una provocazione, che aveva lo scopo di farsi mandare a quel paese da lei, convincerla che era meglio chiamare quel dannato taxi. Si era messo nei guai con le sue mani, ma di solito non aveva problemi ad uscirne…

“No!” esclamò lei con un sorriso accattivante. Riprese poi a camminare, come se nulla fosse, continuando a stringersi a lui.

“Mi stai scroccando un passaggio allettandomi con promesse velate di favori sessuali.”

Lei continuò a camminare, ridendo sommessamente.

House incominciò seriamente a preoccuparsi.

La Cuddy che conosceva lui a questo punto si sarebbe sentita mancata di rispetto, e l’avrebbe fulminato con qualche battuta tagliente. Tagliente non quanto le sue ma…era comunque una buona allieva.

Invece niente.

Rideva come un’oca.

“Comunque sei tu che ti sei offerto di accompagnarmi a casa...”

O diceva scomode verità.

“…e sei tu che mi hai fatto una velata allettante proposta sessuale.”

Scomodissime verità.

“Sei ubriaca e disinibita. Se non fossi arrivato in tempo aprendo quella porta avrei trovato il tuo vestito a terra, vuoto. Avrei fatto qualche passo in avanti e avrei trovato un’orrenda camicia abbandonata sul pavimento. Una camicia proprio brutta. Qualche altro passo: un’orrenda cravatta. Poi avrei aperto la porta della toilette e avrei visto te e il mio povero indifeso assistente…”

House si interruppe.

La sua fervida immaginazione aveva illustrato le sue parole con delle diapositive immaginarie alquanto inquietanti.

“Che schifo.” concluse, con un’espressione disgustata.

Nonostante l’andatura lenta e instabile, erano già arrivati alla macchina di House.

“Guidi tu?” le chiese lui, porgendole le chiavi.

Lisa alzò una mano per afferrarle, ma lui le ritirò di colpo.

Perse l’equilibrio e crollò sul suo petto, ridendo.

House la prese per le spalle e l’allontanò, alzando gli occhi al cielo. “Se ti legassi sul tetto della macchina? Sai, non vorrei che vomitassi sporcandomi gli interni.”

“Ma…non è tua questa macchina. E’ la macchina di Wilson.” disse lei disorientata, cercando di rimanere in piedi finalmente da sola.

“Ah già! Nessun problema allora, sali pure.”

Aprì la portiera del passeggero, e Lisa si avvicinò per salire, stupita da quel gesto galante.

“No, forse è meglio che salgo dall’altra parte.” House richiuse bruscamente la portiera prima che lei potesse approfittare di quel gesto, fece il giro dell’auto e salì dalla parte del guidatore.

La Cuddy restò qualche secondo imbambolata davanti alla portiera chiusa. Quel briciolo di lucidità che era rimasta in lei le comunicò che probabilmente House stava cercando di irritarla, di provocarla.

Di farle cambiare idea.

Eppure pochi minuti prima aveva visto come la guardava…

E lei cosa voleva? Voleva andare a letto con House?

Fece un profondo respiro. Era ubriaca…era… Non riusciva a ragionare.

“Quanto vuoi?”

Si abbassò per guardare dentro l’auto, e incontrò gli occhi di House che la osservavano divertiti. “Oh scusa Cuddy, sei sempre tu! Sai, con quel vestito ti avevo scambiata per una delle mie vestali dell’amore.”

Lei salì in auto, facendo il possibile per sembrare incazzata. Seriamente incazzata.

Stava esagerando.

“Portami a casa in fretta.” disse con voce dura.

“Se non riesci a resistere possiamo farlo qui.” le rispose House, improvvisamente sicuro di sé. Quel briciolo di ira nella sua voce gli aveva fatto riconoscere Cuddy, la sua Lisa Cuddy. Quella che era così divertente tormentare.

Lei, di tutta risposta, indossò la cintura di sicurezza.

O almeno ci provò.

House la osservò tentare almeno una quindicina di volte di centrare il buco con la fibbia della cintura, senza successo. Quando lei alzò lo sguardo, lo trovò che la guardava, con un sorriso sincero stampato in faccia.

Un sorriso sincero.

Sinceramente divertito dalla sua difficoltà a indossare quella stupida, poco collaborativa cintura di sicurezza.

“Vaffanculo.” disse per sottolineare il suo disappunto. “Parti.”

Lui le si avvicinò, guardandola negli occhi. Sempre più vicino.

Afferrò la cintura alle sue spalle e la fissò con un gesto deciso. “Va bene per il vomito, ma se sporchiamo i sedili di materia grigia, Wilson chi lo sente?!”

Lisa si accorse che, da quando lo aveva visto avvicinarsi, aveva trattenuto il respiro. Chiuse gli occhi, e tentò di riprendere il controllo su di sé.

Aveva le vertigini, aveva pensieri strani per la testa…

Aveva sonno.

Si addormentò.

 

Si svegliò di soprassalto.

Qualcuno le stava scrollando violentemente una spalla.

House.

“Sveglia sveglia sveglia sveglia!” non sembrava avere intenzione di smettere.

Alzò una mano, tentando di fermarlo. Le stava scoppiando la testa.

Si guardò intorno, spaesata.

Erano ancora in macchina, fermi, ma quella che aveva davanti non era la sua villetta.

“Siamo a casa tua.”

“Hai intenzione di mettere i sottotitoli a tutto quello che vedi?”

“Perché non mi hai portato a casa mia?” riuscì ad usare un tono offeso, nonostante fosse terribilmente felice di essere lì.

“Ti ho portato a casa tua.” rispose House, slacciandosi la cintura e facendo lo stesso con lei. “Ma era arrivato prima tuo fratello.”

Scese dall’auto, facendo il giro per raggiungerla dal lato del passeggero.

Le aprì la portiera. “Dormi lì?”

“Mio fratello?!” non ci poteva credere. Era la seconda volta che Brian usava casa sua come la stanza di un motel. La sfuriata che gli aveva fatto la prima volta, evidentemente, non era bastata.

Posò i piedi a terra, tentando di scendere dalla macchina, ma i capogiri non erano passati.

House la aspettava con una mano sulla portiera, l’altra stretta intorno al suo bastone; la testa leggermente inclinata, e il suo solito sorriso ironico stampato in faccia.

Era irresistibile.

“Non starai facendo tutta questa scenata per non dormire sul mio divano?” la provocò lui.

In quel momento Lisa aspirava a qualcosa di diverso dal suo divano, ma preferì tenere la bocca chiuse e tentare di alzarsi.

“E’ molto divertente stare qui a guardarti mentre tenti di combattere contro la forza di gravità e i fumi dell’alcool per sollevare il tuo sedere da lì ma…” la prese per un braccio, tirandola in piedi, e facendoselo passare dietro le spalle. Poi l’afferrò saldamente per la vita. “…non vorrei che qualcuno mi prendesse per un sadico. Cosa che assolutamente non sono. Ho una solida reputazione da masochista e ci tengo a mantenerla. La pietà dei vicini può essere molto vantaggiosa, sai? Un sacco di zucchero e caffè in regalo.”

Lisa non riusciva a seguire il suo discorso. Sentiva la pressione della mano sul fianco, mentre House, con fatica, camminava verso l’entrata del suo palazzo trascinandosela dietro.

Finalmente arrivarono all’atrio, alla porta d’ingresso.

Finalmente dentro casa sua.

Finalmente a quel divano.

“Uff.” House si lasciò cadere su quei cuscini assieme a lei. “Sei incinta, te lo dico io. E’ impossibile che pesi così tanto da sola.”

Lisa stava per ribattere qualcosa, ma fu interrotta dalla risata che non riuscì a trattenere.

House alzò gli occhi al soffitto, mentre si scostava da lei e si alzava, improvvisamente a disagio. Prima che potesse allontanarsi dal divano però, lei lo afferrò per una mano.

Si voltò, guardandola serio.

Lei aveva ancora quel sorriso radioso dipinto sul viso, e con la mano lo tirava verso di sé, con la stessa decisione, mista a delicatezza, che aveva usato ormai un’ora fa, nel bagno dell’Alexander Cafè.

House decise che doveva resistere, che era pericoloso cedere adesso.

Purtroppo, quando questi pensieri presero forma nella sua testa, era già troppo tardi.

Quando decise di resisterle, era già accanto a lei, e la mano della rigida dottoressa Cuddy era già risalita lungo il suo braccio, fermandosi poi dietro la sua nuca.

Quando decise di resisterle, quando decise di dirle di fermarsi, non poté parlare perché le sue labbra erano già impegnate a giocare con quelle altrettanto morbide del suo capo.

Ebbero entrambi la forte sensazioni di chi si sta mettendo nei guai con le proprie mani ma, da una parte la disinibizione portata dall’alcool, dall’altra l’incapacità di resistere a una donna che ti bacia con quel trasporto, li impedì di porre fine a quel momento. Neanche per quei pochi secondi che sarebbero bastati per chiedersi “cosa stiamo facendo?” e rompere la magia.

Quando Lisa sentì che la mano di House, che da alcuni minuti percorreva con indecisione la sua schiena, si era fermata sulla zip del suo vestito e la stava tirando giù lentamente, ebbe un istante di lucidità, seguito da un momento di autentico panico. La fatidica domanda arrivò “Cosa sto facendo?”.

Posò i palmi della mani sul suo petto, e lo allontanò con decisione. Era la prima volta, da quando le loro bocche si erano incontrate nel primo bacio, che si guardavano negli occhi.

“Sono ubriaca.” disse Lisa. Con quelle due stupide parole voleva dare ad entrambi una motivazione per fermarsi. In realtà, il tono fu quello di una giustificazione.

Una giustificazione per quello che stava per fare.

“Io sono stato assalito da una donna ubriaca.” Evidentemente House aveva intenzione di usare la stessa sua tecnica per liberarsi di ogni riserva.

Scoppiarono entrambi a ridere, questa volta per il nervosismo che prende inevitabilmente due amici che diventano amanti, quando si rendono conto che il corso degli eventi non si può più fermare.

House distolse lo sguardo, gesto insolito da parte sua.

La fortuna fu che i ripensamenti non coglievano mai entrambi nello stesso momento, e quando House sembrò avere un attimo di esitazione, Lisa non gli diede il tempo di agire, di scappare.

Si portò le mani dietro la schiena e si slacciò la zip del vestito, facendoselo poi scivolare sulle spalle.

“Mi son sempre chiesto quanto allenamento richiede un’azione come questa.” Il diagnosta tentò di ironizzare per cacciare l’imbarazzo. Si era imposto di guardarla negli occhi, ma diventava sempre più difficile. Lo splendido corpo che aveva più volte immaginato, stuzzicato da una scollatura o da uno spacco, era tutti intero davanti a lui.

Fu ancora Lisa a prendere l’iniziativa, rincominciando a baciarlo.

Quel divano stava diventando troppo stretto per i loro movimenti sempre più impazienti, ma nessuno dei due aveva la forza e il coraggio di interrompersi.

Fecero l’amore lì, e fu terribilmente scomodo e terribilmente bello allo stesso tempo.

Quando si ritrovarono una tra le braccia dell’altro, esausti e storditi, quell’imbarazzo e quella paura che avevano tentato di cacciare incominciò a farsi strada in loro.

“Cosa sto facendo?” diventava inevitabilmente “Cosa ho fatto?”, e si perdeva ogni possibilità di fermarsi in tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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