Capitolo 3: PAROLE OSCURE
La vita umana nel suo insieme, non è che un gioco, il gioco della
pazzia.
Erasmo da Rotterdam
Vlad fissò sua madre, cercando di capire a cosa stesse alludendo.
Ma non riuscì a venirne a capo.
L'anziana donna, nel frattempo, si era alzata, e volgendogli le spalle stava
scrutando la folla in strada.
Dopo alcuni attimi di silenzio, riprese a parlare.
"E'a causa del ritorno di tua cugina dal collegio. Nei prossimi mesi
sarò molto impegnata, perchè come sai è stato appena
ufficializzato il suo fidanzamento, e dal momento che sono la sua unica parente
ancora viva, toccherà a me ospitarla ed organizzare questo matrimonio.
Quindi non avrò tempo libero per.."
"Per badare a me?" la interruppe Vlad, quasi ringhiando.
"Per badare che il piccolo, sciocco bambino che sono non combini troppi
guai?"
Sul volto di sua madre apparve un'espressione afflitta e colpevole.
"Oh, non fare così! non intendevo affatto dire questo. So che ormai
sei un adulto, e da un pezzo non vieni più a chiedermi consiglio, a
confidarti come quando eri piccolo.."
Una nota di rimpianto e nostalgia velava le sue parole.
Vlad si raddolcì.
"Va bene mamma, non litighiamo. Ma quello che mi hai detto non è
motivo sufficiente a convincermi a emigrare dall'altra parte del mondo. Se non
mi vorrai fra i piedi, nei prossimi mesi, cercherò di non farmi vivo,se
questo in qualche modo può tranquillizzarti.."
"No!" lo interruppe lei con veemenza. "Non sarà possibile
se resti qui, lo sai. Cosa direbbe la gente, se al ritorno di tua cugina tu non
fossi presente ai ricevimenti, ai balli? Se resti a Londra dovrai partecipare
per forza."
Vlad rise.
Detestava cordialmente i balli e le occasioni mondane in generale.
"Pazienza, mi sacrificherò e mi farò pestare i piedi da
qualche ragazza a caccia di marito. Se la tua premura nel cacciarmi mirava a
proteggermi dalle avventuriere, direi che sei davvero troppo prudente!"
Mrs Roberts non rise affatto a quella facezia.
Sembrava che l'angoscia le avesse trasformato i tratti, solitamente quieti, del
volto.
Vlad proseguì.
"E poi finalmente avrò l'occasione di conoscere questa tanto
declamata cugina. Mina.. mi ricordo che parlavate di lei sin da quando ero
ragazzo, ma non l'ho mai veduta neppure in foto. Se non rammento male, era
rimasta orfana di entrambi i genitori quando era ancora in fasce... morti in un
qualche strano incidente, vero? mi pare che i giornali.."
"I giornali scrivono sempre un mucchio esagerato di sciocchezze."
Mrs Roberts aveva recuperato il suo aplomb, ma la ruga sulla fronte, ancora
visibile e greve, tradiva la sua preoccupazione sempre maggiore.
"E sia, Vlad. Non posso costringerti a partire, e non posso neppure dirti
il vero motivo per cui sarebbe indispensabile il tuo allontanamento. Sappi però
che se resti, darai vita a una catastrofe per il mondo intero, a una piaga
perfino maggiore del nazismo che già l'affligge."
Lui fece tanto d’occhi. Non l’aveva mai sentita parlare con tono
così solenne e catastrofico.
Sua madre era sempre stata una donna allegra, divertente.
Non aveva niente a che fare con quella pallida e anziana donna, che lo fissava
a tratti come se ne fosse terrorizzata. Decisamente, la sua salute psichica
doveva essere stata minata da qualche male.
Lei raccolse il suo cappotto, il cappello e il bastone, e si diresse alla
porta.
Si voltò ancora un'ultima volta prima di uscire, scoccandogli
un'occhiata supplicante eppure fiera.
"Pensaci bene, prima di decidere cosa fare. Pensa a quello che potrebbe
accadere."
Vlad, rimasto solo nel suo ufficio, passò parecchi minuti ad analizzare
la conversazione appena avuta con sua madre. Era a dir poco stupefatto, e molto
preoccupato.
E alla fine prese una decisione.
Chiamò Helena, e giocherellando con la penna e, a motivo evidente del
suo imbarazzo,sospirò.
"Miss Cleave..la prego, contatti il dottor Morrison."
La segretaria lo fissò preoccupata, tradendo il suo trasporto per lui.
"Il medico,signore? si sente forse poco.."
"No,no Helena, stai tranquilla" minimizzò lui con un cenno.
"Non è per me. Si tratta di mia madre. Ho paura che l'età
stia erodendo la sua mente, mi ha appena fatto dei discorsi molto bizzarri, e
sembrava crederci davvero.. e sarei più tranquillo se il dottore
escludesse questa possibilità. Digli di capitare per caso da lei, e di
conversarci un po'. Forse è solo una mia impressione.. beh, spero che
sia così. E'tutto, grazie."
Non riusciva a rassegnarsi all’idea che la pazzia si stesse impadronendo
di sua madre.
Semplicemente, non era intenzionato ad accettarlo.
Melena assentì, uscì silenziosamente dall'ufficio, e riprese il
suo lavoro.
Contattò il dottore e gli lasciò il messaggio del suo capo.
Era colpita, quasi commossa dall'affetto che quel giovane uomo manifestava per
la sua anziana tutrice: sapeva bene infatti che fra loro non correva alcun
legame di sangue.
Sollevò gli occhi, e lo vide intento a lavorare, chino su una pratica.
Sentiva il cuore batterle forte in petto, così forte che temeva che lui
potesse udirla.
E'possibile amare così tanto qualcuno, senza che lui se ne renda
conto?
**************
Mina guardava pigramente fuori dal finestrino della carrozza.
Era molto stanca, ma i continui sobbalzi della vettura per le trafficate vie di
Londra le impedivano di prendere sonno.
Erano due giorni interi che non riusciva a dormire. Cioè da quando la
Madre superiora, direttrice del collegio che frequentava sin da quando era
bambina, l'aveva convocata nel suo ufficio.
Mina si era sentita confusa. Temeva il rimprovero per qualche incursione
notturna al giardino e al refettorio, cui aveva partecipato suo malgrado sotto
l'influenza della sua scapestrata amica e compagna Lucy. Eppure, a un livello
più profondo del suo inconscio, sapeva che non era quella la causa della
sua convocazione. Aveva compiuto 21 anni solo poche settimane prima, e da
allora aveva atteso quella convocazione con un senso di innegabile timore e di
strana attrazione.
"Mia cara Mina" aveva esordito l'anziana donna, stringendole
affabilmente le mani al di sopra della scrivania.
"Sono ormai così tanti anni che vivi qui con noi, che ho imparato
ad amarti come una figlia. Ma è ora per te che si spalanchino le pesanti
porte di questo convento, e che tu possa ritornare al mondo. Una nuova vita ti
attende,bambina."
Mina aveva quindi indovinato. Era la fine del suo quieto mondo di bambina,
della sua infanzia e fanciullezza, svoltesi relativamente in pace nella
frescura e nella protezione di quelle solide mura, governate in cielo dalla
Madre di Dio e qui in terra dalla ben più pratica suor Therese.
Provò una strana sensazione di nausea.
La suora era preparata a quella reazione di turbamento.
"Non devi agitarti, Mina: la tua vita fuori di qui sarà tranquilla
e felice. Questa sera stessa raggiungerai i tuoi parenti, i signori Roberts,
nella loro casa di Londra. E là, fra non molto, potrai incontrare l'uomo
che è destinato ad essere tuo marito."
Mina avvampò.
"Reverenda madre, non ho mai pensato a sposarmi. Sapete bene che per un
periodo ho contemplato l'idea di prendere i voti, e benchè voi mi
abbiate dissuasa io penso ancora che potrei essere una..."
"Taci,Mina! tu non sai di cosa stai parlando. Tu hai conosciuto soltanto
questa vita, la nostra vita di monache, perchè sei stata affidata a noi
troppo piccina per ricordare la tua famiglia, la vita secolare. E'giusto che tu
possa ora conoscere il mondo, con la protezione e l'appoggio dei tuoi parenti,
che sicuramente hanno scelto per te uno sposo degno, onesto ed amabile."
Suor Therese tacque un attimo, cercando di recuperare lo sbiadito ricordo della
sua gioventù.
"Mina, io sono entrata in convento con una vocazione adulta. Ero promessa
ad un uomo meraviglioso, che amavo immensamente, e con cui mi sarei dovuta
sposare. Ma il Signore aveva deciso diversamente. Una morte improvvisa e rapida
me lo portò via. Quel giorno seppi che non avrei mai più potuto
amare alcun uomo di amore terreno,e consacrai il mio amore al prossimo e a Dio.
Quel giorno ho fatto una scelta. Mina, se dopo aver vissuto nel mondo tu avrai
conservato intatta la tua vocazione, farai ritorno, ed io ti accoglierò
con immensa gioia. Ma non prima che sia trascorso almeno un anno, bambina. Dai
tempo al Signore di mostrarti la tua strada."
Detto questo, si avvicinò a Mina e la baciò su entrambe le
guance, con l'infinita tenerezza di chi, privata della maternità e della
sua gioia, ha saputo compensarla con un amore sconfinato per quella bambina
affidatale dalla Provvidenza.
"Un'ultima cosa, Mina. Ho scritto ai tuoi zii, come mi avevi più
volte pregato di fare, riguardo alla situazione della tua amica Lucy. Sono
disposti ad ospitarla come tua amica e compagna, almeno per qualche tempo. Ma
tu sai bene quanto io mi sia sempre preoccupata per l'influenza negativa che
quella ragazza sa avere su di te. Quindi, prudenza, mi raccomando. Sii tu a
guidare lei, e non il contrario."
Mina le sorrise debolmente. Quell'ultima notizia l'aveva parzialmente
rincuorata.
Almeno non dovrò affrontare tutto questo completamente sola,
circondata soltanto da sconosciuti,pensò.
La Madre Superiora le raccomandò di finire presto la preparazione dei
suoi bagagli. Lucy era già stata avvisata da un'altra consorella,e
presumibilmente la stava già aspettando alle scuderie.
Un ultimo abbraccio sigillò la separazione delle due donne,e lacrime di
commozione velavano sia gli occhi scuri e profondi della ragazza sia quelli
chiari e annacquati dal tempo di Suor Therese.
"Mina?Mina?sveglia, che fai, stai dormendo? siamo arrivate!"
La voce squillante di Lucy strappò l'amica ai suoi ricordi.
Il cocchiere aprì lo sportello dell'abitacolo, e con un mezzo inchino
annunciò:
"Roberts Park,milady".