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Autore: CathLan    16/08/2012    18 recensioni
Liam e Niall si sono già incontrati, ma non in una vita passata, no, proprio in questa, eppure sembrano non ricordare.
Dal 14° cap.-Niall era bello, perfino coperto di farina senza inibizioni sul tavolo della mia cucina. Ogni cosa di lui mi gridava di non perderlo, di afferrare la vita e viverla al suo fianco, anche se per poco.
L'amore non è per forza una quercia centenaria sopravvissuta a perturbazioni e terremoti, l'amore è anche semplice, come una bolla di sapone che bagnata dai raggi solari prende colori splendenti. L'amore può durare anni, come può semplicemente durare mesi o anche giorni, l'importante non è quanto, ma come. Puoi amare fino allo stremo anche solo per secondi, innamorandoti del sorriso di una commessa al supermercato o degli occhi di un signore seduto da solo su una panchina. L'importante non è quanto.-
{Accenni di Larry Stylinson}
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Niall Horan, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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19. Wherever you will go

 


Ovunque tu andrai io ci sarò.
Ovunque io sarò tu andrai.


 


 

Hey! Scusate il ritardo, ma tra vacanze e varie crisi non ho potuto aggiornare prima :c
Comunque ho da dirvi molte cose, alcune ve le dirò solo a fondo del capitolo e
vi pregherei di leggerle, mentre le più importanti ve le scrivo subito :3
-La prima è che come avevo già detto questo è il penultimo capitolo prima dell'epilogo.
-La seconda cosa è che il modo di scrivere che ho sempre usato qua non c'entra molto, perché volevo far comprendere bene ogni emozione e ogni singola cosa.
-La terza è che dopo questo, che sarebbe l'ultimo, ci sarà lo speciale sui Larry (siccome qua e nell'epilogo figureranno poco e niente).
La quarta ed ultima cosa è che anche questo capitolo sarà corto, ma purtroppo è così ed è normale.
Spero vivamente di non deludervi. Mi si spezzerebbe il cuore, davvero.


 

Buona lettura.



Ci sono giorni che passano e che non ricordi, sono quelli nel quale non c'è novità, non c'è sentimento o emozione da imprimere nel cuore, sono quelli monotoni che non vedi l'ora la notte si porti via. Poi ci sono i giorni che ti rimangono incisi nella mente come marchi a fuoco, che ti bruciano sotto la carne come ghiaccio e che pur sciogliendosi sotto il sole del tempo non riuscirai mai ad espellere del tutto, perché una parte si fonderà in qualche modo col sangue, scorrendoti per sempre nelle vene. Questi giorni sono quelli che spesso vorresti poter lasciar defluire nel dimenticatoio, ma che sai che non sarebbe giusto e così li tieni stretti ferendoti immancabilmente.

Quando quella mattina mi svegliai tutto era normale, ero sicuro di dover affrontare una separazione, ero sicuro che ci avrei pianto e che poi tutto sarebbe tornato alla normalità, perché l'amore della mia vita sarebbe ritornato presto a stringermi il petto.
In realtà quando ti svegli un giorno è proprio come un altro, eppure poi, chissà come, tutto muta. Le ore diventano secondi, i respiri diventano affanni e le speranze diventano rimpianti. La vita diventa morte e la morte diviene vita.
Se solo avessi saputo prima che quel giorno sarebbe diventato l'acido dentro alle vene allora non mi sarei alzato dal letto, non mi sarei fatto la doccia e non avrei svegliato Niall dicendogli di lavarsi e vestirsi. Non avrei preparato la colazione, non l'avrei trangugiata di tutta fretta per il continuo suono del campanello e non avrei fatto entrare in casa Harry e Louis per gli ultimi
arrivederci. Sicuramente non avrei afferrato le valigie e non sarei salito sulla mia auto. Sì, se solo avessi saputo prima cosa sarebbe accaduto non avrei nemmeno dato un bacio sulla guancia a Niall dicendogli che mi sarebbe mancato e che l'avrei aspettato col cuore in mano.

«Come mai quella faccia?» mi chiese, mentre con il sorriso velato da un misto di tristezza e rammarico mi stringeva la mano libera, quella non arpionata alla valigia pesante.
Io scrollai semplicemente il capo e sporgendomi verso di lui lo baciai, sussurrando che non vedevo l'ora sarebbe tornato.
E lui aveva riso, con quella sua risata convulsa e per niente timida. «Ma se non sono nemmeno partito!» aveva risposto divertito.
«Mi manchi già!»


Ci sono periodi o anche solo momenti che ti si incastrano nel cuore come spine di rose, che più cerchi di togliere più affondano dentro, facendoti male. Sono sicuro che la mia spina di rosa più grande rimarrà per sempre quel giorno, quello che sembrava normale come qualunque altro e che si è dimostrato la mina calpestata nel momento sbagliato.

«Ci credi che fino a qualche mese fa nemmeno ci ricordavamo l'uno dell'altro? Siamo stati sei anni senza vederci o ricordarci!» era da lui tutta quell'enfasi nell'accento marcato. «Ora siamo qua a disperarci per qualche tempo di assenza.»
«E' più che normale scusa, siamo fidanzati!»
I suoi capelli biondi seguirono il movimento rapido della sua testa, un assenso. «Però è strano.»
«Dimmi cosa non lo è, in questa vita.»


Perché in fondo non c'è normalità nella vita, tanto meno nella morte. Non c'è ordine nell'amore, non c'è assetto nell'odio. Non ci sono regole, linee dritte senza sbavature.
E seppur cerchiamo sempre, in ogni cosa la perfezione, probabilmente mai la troveremo e mai la vorremo veramente. Tutto ciò che ci circonda, lo stesso essere è imperfetto.


«Stanotte mi hai fatto un succhiotto, se lo vedesse mia madre» scrollò il capo ridacchiando. Impossibile non se ne fosse accorto, mi aveva pure tirato i capelli quando a metà dell'opera si era reso conto che non lo stavo soltanto assaggiando.
«Lo copri con il colletto della maglietta, no?» feci ovvio.
Lui sbuffò e si tirò su meglio la vela della polo gialla che aveva indossato quella mattina. «Così si vede?»
«No, tua mamma non farà storie, tranquillo.»
«Altrimenti la senti tu poi!»
In quel momento il cuore si costrinse nel petto. «Hai intenzione di dirglielo? Di noi?»
«Già che ci sono» si insaccò nelle spalle e affondò nella poltroncina della sala d'aspetto, «perché no?»


Sarebbe stato tutto diverso. Avremmo cominciato una vita insieme, avremmo costruito sogni, ambizioni e ricordi, lo avremmo fatto davvero. Ci avremmo provato e poi sarebbe andato tutto a posto. Ma chissà come il destino ha sempre piani diversi, strade alternative che ti obbliga a percorrere. 

 

«Quando torno prendiamo un cane, che dici?» mi aveva domandato sorridendo come un moccioso.
Io avevo sollevato la valigia e trascinandola per le rotelle l'avevo portata fino al rullo. «Di che razza?»
«Tu lo preferisci piccolo o grande?»
«Mi è indifferente, mi piacciono tutti» e poi giù, il bagaglio dalle mie mani alle sue, pronto a seguirlo fino in Irlanda.
«Vorrei un Labrador.»
Annuii convinto. Se anche avesse detto una razza di cane bavoso, con tre teste e centosette denti mi sarebbe andato bene. Mi bastava sapere che al suo ritorno avremmo potuto condividere qualcosa di davvero nostro, oltre che i nostri corpi e il nostro amore. «E Labrador sarà.»


Il brutto di vivere una vita imperfetta è che un giorno ci sei e sorridi, tieni la mano al tuo compagno e gli prometti d'amarlo per sempre, di non lasciarlo mai e il giorno dopo ti svegli e sei solo, col cuore spezzato e il sangue tra le mani, nel cuore, perfino sulle labbra. Lo senti ovunque, scorrere potente fuori dagli argini, dalle ferite. E non puoi farci niente, perché per quanti ostacoli tu sia riuscito a saltare, questo proprio non puoi, perché non è un'asta, non è un sasso, è un intero cielo. E come si sorpassa il cielo?

«Fai il bravo va bene?» mi raccomandò, come se in qualche modo potessi trasgredire qualche regola.
«Anche tu» feci piccato, posandogli una mano sulla spalla. Il suo calore sotto al palmo è una delle cose che non scorderò mai, così come le sue labbra umide e screpolate sotto le mie.
«Ti amo tanto, ci vediamo fra qualche giorno», tirò su la valigia e sorrise, scoccandomi un ultimo bacio sulla guancia.
«Ti amo anche io.»


Avrei voluto farglielo capire davvero, quanto amore nutrissi per lui. Quanto importante era quel sentimento, quanto fosse prepotente e duro il filo del destino che ci legava l'uno all'altro. Perché solo due baciati dal fato dopo sei anni si incontrano per caso e scoprono di essersi sempre appartenuti.

Un padre si alzò in piedi, abbracciò i suoi due figli e poi si soffiò il naso a patata gocciolante sorridendo coi denti storti. Era triste, ma allo stesso tempo la schiena dritta e gli occhi grigi luminosi facevano comprendere quanto fosse fiero. Ma non parlò, li lasciò andare con un semplice “ciao”.


 

E' che la vita sembra lunghissima e piena d'occasioni finché un giorno, senza preavviso, non c'è più niente, nemmeno la vita.
Perché è questa la realtà delle cose, che per quanto vogliamo convincerci che ci sia tempo, che le cose possono essere rimandate e le parole possono essere taciute alla fine non è così, perché la vita non dà certezze, non ha una scadenza scritta e non lo sai mai cosa potrebbe accadere, cosa potresti rimpiangere e quali frasi singhiozzerai al vento.
La vita è troppo corta per poter essere risparmiata.


Fuori non c'era il sole, solo tante nuvole e un cielo troppo grigio per presagire cose belle.
E poi tutto quel silenzio, non era possibile. Il silenzio racchiude troppe cose.
Così rientrai dentro e mi appoggiai ad una colonna tanto per passare un po' il tempo. Ormai l'aereo di Niall era partito e tornare a casa per sentire la sua mancanza non mi andava, preferivo di gran lunga restare un altro po' lì ad osservare le persone salutarti e rincontrarsi. 

 

La cosa bella degli arrivederci non è tanto il salutarsi, non è l'abbracciarsi e poi lo scomparire, ma piuttosto il rincontrarsi. Le braccia che si allungano, i petti che collidono e le bocche che si cercano. I cuori che si sforzano di farsi sentire, i profumi che si fondono ed i sorrisi che saettano sul viso sono la prova palpabile che la mancanza è dolore e la lontananza è speranza. Che lo starsi vicini è essenziale. Che alla fine tutto ciò che si cerca nell'andarsene è proprio ciò che si trova nel tornare.


Dopo quasi un'ora ad osservare incontri e perdite mi suonò il cellulare, lo presi dalla tasca e risposi. La voce non la riconobbi, era rotta dal pianto, solo dopo scoprii che al telefono era Harry che aveva appena sentito la notizia al telegiornale.
Parlò balbettando, con quel suo tono mascolino che mal si adattava al suo viso bambinesco e poi mise giù, come a volermi dare tempo. Come se ne avessi bisogno.


Come si può volere del tempo, quando il tempo ti è appena stato strappato dalle mani?
Non puoi arrancare preghiere, quando è troppo tardi e nessuno è pronto ad ascoltarti.

Non ci sono miracoli che salvano vite, preghiere che risorgono i morti. Non ci sono lacrime che diventano acqua per i dissetati o sorrisi che fanno sbocciare i fiori. 

 

Poi tutti i cellulari presero a squillare e l'aeroporto si animò come si fosse appena effettuata una rapina in banca. Gli schermi si accesero e le immagini presero ad apparire a flash sulle televisioni appese. C'era fumo, fuoco, distruzione, dolore, morte e paura.

Si dice che la morte peggiore è quella che si incontra in solitudine.
Questa credenza può avere due diversi significati.
Io tengo conto solo del primo e più esplicito significato, ovvero che morire senza nessuno accanto a pregare per te, piangere o semplicemente a tenerti la mano è la peggior cosa che possa capitare. Molte delle persone sull'aereo erano sole.


 

Tutto intorno era il caos. Una bambina stringeva il maglione della mamma spasmodicamente, mentre quest'ultima gridava piangendo sulle sue spalle piccole tutta la sua disperazione. L'uomo che poco prima avevo visto salutare i suoi figli era seduto immobile, con la faccia scura e gli occhi vitrei. Mi parve di vedere il suo petto spaccarsi come un pezzo di legno inumidito dal temporale.
E all'improvviso lo sentii prepotente, il cuore si frantumò all'interno della cassa toracica, la pelle scricchiolò e mi chinai, non riuscendo a rimanere dritto. Si dice che quando una persona importante ci lascia per sempre una parte di noi lo percepisce e ci lancia un segnale. In mezzo alla strada una ventina di persone stavano ricevendo il segnale e tra quelle c'ero io.
 

 

Quando lo senti, il filo spezzarsi, è perché è veramente finita e non c'è più niente da fare.
E' una sensazione particolare, come lo staccarsi di un arto o di una costola.
Il rumore della carne che si lacera, dei battiti che accelerano e poi sfumano, i polmoni che raschiano in cerca d'aria non intrisa di sangue e dolore li senti.
E poi c'è l'odore acre della saliva, delle lacrime, del sudore e della disperazione che ti impregna le narici.
E' tutto così reale che vorresti abbandonare la vita ed unirti a quella parte di te che non c'è più. 

 

Sentii la bile salire, scalare ogni singolo tratto con una forza tale da farmi girare la testa. Cercai di cacciare giù tutto stringendo le labbra, ma il risultato fu un odore acuto e un sapore fin troppo acido per non vomitare. Rilasciai tutto sul pavimento come se nemmeno mi appartenesse, come se volessi abbandonare tutto.
Le lacrime arrivarono qualche istante dopo, copiose e appiccicose. Infinite come non dovrebbero mai essere.
Qualcuno mi si avvicinò, probabilmente a pensarci ora a mente lucida una hostess di terra, mi afferrò per le ascelle e mi fece scivolare fino ad una sedia. Non ebbi nemmeno la forza di arrampicarmici su, ne rimasi ai piedi, con la gola in fiamme e gli occhi pioventi.
Era il peggior incubo nel quale fossi mai finito, la fine di una storia che mai avrei deciso di scrivere.
Vomitai ancora e poi basta, chiusi gli occhi e decisi di smettere di soffrire.


Niall Horan era la canzone del quale avrei cantato sempre le parole, la poesia dal ritmo più incalzante. Era la voce sussurrata in una notte d'estate, la luna che brilla attraverso la neve, le dita che tremano intorno al pennello. La risata che vibra dentro una gola, il bacio che sfiora la fronte bollente. Il segreto che stride contro le orecchie.
Niall era il mio destino, il mio grande amore, la vita che valeva la vita.
Senza di lui non c'era niente. E niente valeva d'esser vissuto.


§§

Ragazze! Rinnovo le mie scuse per il ritardo, ma è veramente difficile in estate fare tutto :c
Anyway vi dico le ultime cose.
Prima di tutto spero che questo capitolo non abbia deluso nessuno, ho ricevuto qualche critica riguardo a questo finale a sorpresa e devo dire che ci sono rimasta male, anche perché deludere o rovinare diciotto capitolo di storia (come mi è stato detto) non era minimamente mia intenzione.
Ma siccome la fan fiction si chiama You're my destiny, qualcosa c'entrerà no?
Insomma, è tutto fondato sull'amore che viene manipolato dal destino. Due anime che si incontrano, si dividono e poi eccole di nuovo insieme, per poi essere dilaniate nuovamente.
Tu sei il mio destino.
Insomma, mi sto dilungando. Veramente quindi se vi ho deluse scusate, mi dispiace tantissimo. Ma non so, a me sembrava un finale adatto e boh. Aspetterò i vostri commenti ç^ç
Ora come sempre voglio ringraziare tutte le care persone che hanno aggiunto la fan fiction tra preferiti e seguiti e tutti quelli che recensiscono. Grazie.
Bene, detto ciò vi saluto! Alla prossima! Un bacio grande!
Vi voglio bene :D

 

  
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