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Autore: sbianca    20/08/2012    3 recensioni
“Alla fine hai raccontato di me?” chiese incuriosita Santana,
“Sì e continuerò a farlo fino alla morte” rispose sicura Brittany “...e anche dopo.” concluse poi, facendo commuovere l'amica.
Genere: Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Some Die Young
Parte 3

 
“Mamma B, dov'è mama S?” domandò la piccola Alice toccando una gambe alla madre.

Era passato un anno ormai dalla partenza di Santana per il fronte, e a quanto si diceva in giro, la guerra era quasi terminata. Nei paesi dell'Asia Occidentale dove si erano tenuti gli scontri, una buona parte della popolazione si era ribellata ai tentativi di instaurazione di una dittatura, schierandosi con le forze americane ed europee. Per questo la guerra non era durato molto, ma non si poteva dire che le vittime non ci fossero state, anzi, tra guerre civili e battaglie su campi militari, i morti erano davvero molti. 
Fortunatamente Santana non era ancora una di questi.
Per dieci mesi continuarono a sentirsi per lettera: era sconsigliabile via web per la possibilità di essere rintracciati dalle forze nemiche.
Per questo motivo, nelle lettere, non veniva mai citata la sua esatta posizione. Ogni volta che si scrivevano, però, Santana le raccontava quello che succedeva, le raccontava della squadra in cui erano finiti anche, Puck e Quinn, la quale, insieme a lei, comandava su quel piccolo team, le raccontava di come passavano le giornate aspettando la  loro staffetta che li informasse su quello che succedeva all'interno della città... Concludeva sempre la lettera con un “ti amo” sincero, ma le nascondeva spesso la verità quando scriveva, non le raccontava come stessero realmente andando le cose in quel posto. Non raccontava mai che in realtà non era poi tutto tranquillo, che si trovava in un inferno vivente. Non le raccontava che non passavano propriamente tutta la giornata ad aspettare una staffetta alleata, ma che in realtà si trovavano in una zona con continui scontri. Non le raccontava che aveva visto morire sotto i suoi occhi alcuni suoi compagni e compagne, a volte anche più piccoli di lei. Non le raccontava che spesso si ritrovava a piangere da sola quando aveva paura di non poter più tornare a casa dai suoi figli e da lei. Le raccontava solo la parte così detta “positiva” della situazione, il fatto che si trovasse insieme a due dei suoi migliori amici.
Non che Brittany non se ne accorgesse, anzi, sapeva che le stava nascondendo qualcosa per proteggerla, ma anche lei preferiva quella bugia buona all'infernale verità.
Quando lei le scriveva raccontava sempre la verità invece, sapeva che quei racconti rilassavano notevolmente la latina: scriveva del parto di Rachel che aveva dato alla luce una bellissima bambina dagli occhi verdi simili a quelli di Quinn e dai capelli leggermente più chiari della madre biologica, di Alice e Lucas, di come fossero cresciuti in quei mesi, di come Alice ogni tanto parlasse uno spagnolo stentato nel tentavo di imitare la madre, di come i gemelli si proteggessero a vicenda, di come chiedevano sempre di raccontarle di lei, di come si erano conosciute, di come avevano trovato Lord Tubbington (storia che amavano particolarmente sentire), di dove fosse finita e quando sarebbe tornata, e di come lei a quella domanda non sapesse mai che risposta dare se non un “è in giro per lavoro, ma state tranquilli, tornerà presto” con cui cercava di rassicurare anche sé stessa, del fatto che ancora si svegliava al mattino cercando la presenza della moglie a suo fianco, trovando sempre e solo uno spazio vuoto e freddo, di come spesso si ritrovassero con Rachel, Mercedes, Tina e Kurt facendosi compagnia a vicenda, e di come non vedesse l'ora di rivederla, sana e salva, in quella casa, a giocare con i bambini, ad aiutarla a preparare tavola, a raccontarle la sua giornata, a baciarla e stringerla facendola sentire protetta.

Ma ora aveva paura, non aveva più sue notizie da tre mesi ormai e cominciava davvero a pensare al peggio. Non si sapeva niente neanche di Quinn e Puck. Alla TV avevano parlato di un esplosione nel quartiere di Karrada. Cos'era successo? Erano stati scoperti? Se sì, li avevano uccisi? Li avevano catturati e poi torturati? E se non fosse andata così? Se avessero semplicemente troncato i contatti con l'esterno per non essere individuati?

La domanda della figlia le aveva solamente fatto tornare in mente tutte quelle domande senza risposta:
“Te l'ho detto” disse dolcemente “è in giro per lavoro, ma tornerà presto, ha quasi finito” concluse con un sorriso alla vista del piccolo broncio della figlia.
“Va bene...” rispose quella, abituata alla risposta.
Brittany vedendola così giù di morale la prese in braccio e l'abbracciò forte. La bambina rispose stringendo le braccia dietro la testa della madre e appoggiando la testa nell'incavo del suo collo, aggrappandosi letteralmente a lei.
“Mamma?” domandò Lucas arrivando nella stanza “ci racconti la storia di Lord Tubbington?” finì con occhi dolci. A quella vista la madre si sciolse,
“D'accordo” rispose sorridente avvicinandosi al divano e iniziando a raccontare:

Quel giorno Santana e Brittany erano andate nella loro zona del parco dopo un estenuante allenamento con i Cheerios.
“Guarda San, c'è un gattino!” esclamò la bionda notando la piccola palla di pelo dall'altra parte del lago.
“Lo vorresti?” domandò la latina osservando lo sguardo entusiasta dell'altra
“Perchè?” chiese Brittany non capendo subito lo scopo di quella domanda
“Perchè se vuoi te lo prendo...” rispose Santana dolcemente
“Davvero lo faresti?” s'entusiasmò ancora di più l'altra saltellando sul posto,
“Per te questo ed altro!” affermò sicura l'altra alzandosi in piedi.

Quello che non aveva considerato la latina, però, era che forse il gatto non aveva intenzione di farsi prendere, così il pomeriggio passò con lei che correva da una parte all'altra del parco, mentre Brittany la incitava facendole il tifo da sotto il loro albero.
Dopo quasi tre ore di corsa si arrese esausta,
“Mi dispiace Britt-Britt, non ce l'ho fatta” tornò dispiaciuta e vinta al suo posto,
“Non fa niente San, sarà per un'altra volta!” la rassicurò con un sorriso la compagna che ne aveva apprezzato il gesto “ora torniamo che hai proprio bisogno di una doccia!” scherzò Brittany, ricevendo una spinta giocosa dall'altra che aveva ancora un piano in mente per vincere la sua “guerra” contro quel gatto.

Dopo che si furono salutate, Santana tornò al parco a dare la caccia a quella palla di pelo. Incominciava a cambiare idea sui gatti, non erano affatto carini! E sopratutto non era vero che non rompevano le scatole, le rompevano eccome!!
Rimase quasi fino alle undici in quel parchetto a rincorrere il gatto, quando finalmente riuscì ad acciuffarlo e a dirigersi a casa propria vittoriosa, incurante della sgridata che avrebbe ricevuto dai suoi genitori per quel ritardo. Avrebbe reso felice Brittany, a lei quello importava.


Il giorno dopo passò a casa Pierce,
“BRITTANYYYYYYYY!!!!! scendi! Ho una sorpresa per te!” urlò dal giardino
“San...sono le sette e mezza del mattino...” spuntò la bionda dalla finestra sbadigliando,
“Lo so, ma tu scendi!” insistette sempre più sorridente.
“Che c'è?” chiese Brittany uscendo dalla porta con addosso una vestaglia,
“Ok pronta? Ta-daaaan!!” esclamò Santana mostrandole il gattino che teneva in braccio;
“O mio Dio, San!!!” esclamò la bionda svegliandosi di botto “Grazie! Ma come hai fatto a prenderlo?” domandò emozionata prendendo in braccio il gatto
“Ieri dopo averti salutata sono tornata al parco a catturarlo” rispose con un sorriso l'altra “per te” aggiunse arrossendo un po'. Allora Brittany si lanciò ad abbracciarla, incurante del gatto che aveva iniziato a miagolare infastidito perché schiacciato dai corpi delle due.

Appena finito il racconto, Brittany si fece sfuggire qualche lacrima, che riuscì a nascondere velocemente ai figli, abbracciandoli e nascondendo il viso dietro i loro piccoli corpi, sperando che sua moglie tornasse presto a casa, sana e salva possibilmente.

 
I will tell your story if you die…
 

***

ORE 01:33


“Ho paura” disse Santana, durante il suo turno di sentinella insieme a Quinn e Puck.
 
Erano tre mesi che avevano chiuso i contatti con l'esterno. Tre mesi senza che avesse notizie né di Brittany, né dei suoi figli, né tantomeno di quello che stava succedendo fuori dall'Iraq. L'ultima informazione che aveva ricevuto era quella di un attentato a una scuola di Karrada, un quartiere importante della città di Baghdad, lì vicino c'era una loro squadra alleata che era collegata direttamente con la loro base militare, da lì ricevevano ordini e informazioni.
Non sapeva cosa fosse successo a quel team, sapeva solo che dal giorno dell'attentato gli scontri erano aumentati a dismisura in quella zona, e nella loro.
Con Quinn avevano deciso di aspettare un po' prima di andare a vedere cosa era successo all'altra squadra. Sarebbero partiti la mattina presto, avrebbero girato la città passando per le zone che speravano essere meno pericolose e poi sarebbero arrivati alla base alleata, da lì avrebbero comunicato con la base, il tutto con il minor numero di morti e feriti possibile. Sapeva che sarebbe stato più complicato di quanto sperava. Dall'attacco alla scuola non avevano più avuto aiuti esterni. Erano affamati, le munizioni stavano scarseggiando visibilmente a causa dei continui scontri. Non potevano aspettare oltre, o sarebbe stato peggio.

“Anch'io...” rispose Quinn dopo un momento di silenzio.
“Pensate ce la faremo?” chiese Puck alle sue superiori,
“Spero,” rispose la bionda amaramente “sarà difficile, siamo stanchi e mal nutriti, e non sappiamo con certezza se le zone scelte siano sicure.” Disse con tono aspro prima di tornare a concentrarsi completamente sulla strada che stavano sorvegliando.

“Io non voglio rimanere qui” confessò Puck dopo un sospiro,
“Nessuno di noi aveva voglia di venirci...” rispose Santana con un sorriso amaro
“No, no,”  la interruppe Noah “intendo dire...non voglio morire qui...” continuò abbassando gli occhi “...e rimanerci...” aggiunse.
“Nessuno di noi morirà” affermò sicura Quinn “non lo permetterò, ce la faremo.” termino con sguardo infuocato.
Tutti si fidavano di lei e Santana. Della prima perché era rassicurante e comprensiva, dell’altra perché era fedele e protettiva, anche se non lo dava a vedere.
“Ho una famiglia da mantenere e ho intenzione di farlo.” Disse guardando Santana che annuì convinta.
Era vero. Tutti quelli là dentro ne avevano una , anche lei, e aveva intenzione di tornarci. Voleva rivedere sua moglie, i suoi figli, sentirli provare a parlare spagnolo, voleva essere con loro a rassicurarli sul lettone quando avrebbero avuto paura dei tuoni durante un temporale, voleva esserci al loro primo giorno di scuola, ai primi fidanzati o fidanzate, voleva vedere le prime esibizioni con i Cheerios, o con il Glee, o con qualunque club avrebbero deciso di far parte.

I suoi pensieri furono interrotti da Puck,

ORE 01:57


“Guardate!” esclamò, “qui ad Est, si sta alzando del fumo!”
Eccolo. Quello che da tre mesi speravano non accadesse mai.
“Ci attaccano…” sussurrò Santana sotto shock.
Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma dopo tutto quel tempo aveva incominciato a pensare che non l’avrebbero più fatto, che non li avrebbero mai trovati.
Dopo pochi secondi riprese il controllo di sé stessa.
“Muoviamoci” ordinò “dobbiamo muoverci, sveglia tutti” disse al ragazzo di fianco a lei, che subito si affrettò ad eseguire l’ordine.
“Ci vogliono spingere verso Ovest, verso il quartiere di Karrada” disse Quinn notando altre nuvole di fumo che si alzavano da Sud e da Nord “abbiamo due possibilità: combattere,…”
“…o passare sotto terra…” la interruppe l’altra.
Preparavano una via di fuga alternativa da quando erano arrivati, in caso di necessità. Si trattava di un lungo tunnel sotterraneo che si incontrava in un punto con le fogne della città e che li collegava direttamente con l’altra squadra “dispersa”. Avrebbero preferito evitare, però, quel passaggio, perché era davvero molto lungo, e dopo del tempo lì dentro, poteva risultare difficile respirare, ma adesso non avevano altra scelta.
“Esattamente” confermò la bionda annuendo con sguardo truce. Si guardarono per dei secondi che sembrarono ore. Tutte e due cercavano un barlume di speranza negli occhi dell’altra. Avevano paura.
“Allora andiamo, forza!” ordinò Santana interrompendo il contatto visivo.
 

ORE 02:45

 
Era passata un’ora e mezza da quando avevano lasciato il rifugio, ma a quel gruppetto di sette persone sembrava un’eternità.
Si stavano muovendo in silenzio, ma velocemente.
Erano acquattati contro le pareti, in fila, uno dietro l’altro.
A guidare il gruppo c’erano Puck e un altro soldato di nome James, a chiuderlo Santana e Quinn.
Erano tutti quanti angosciati dalla situazione.
Avevano tutti paura, anche se non volevano darlo a vedere, lo si poteva capire dai loro passi sicuri, che a volte diventavano stentati quando un pensiero particolarmente preoccupante li passava per la mente, dalle mani che cominciavano a tremare, inesorabilmente, ogni qual volta si sentiva un rumore, dai visi, che si contorcevano in espressioni di terrore, ogni volta che il tremore alle mani produceva un rumore dannatamente inquietante per cui si aveva sempre il timore di veder sbucare da una curva un soldato nemico, pronto ad uccidere pur di salvarsi, e anche ogni volta che gli occhi si socchiudevano in un momento di rimorso, pensando a tutte le volte che si era stati costretti a farlo per la stessa ragione.

C’era stato un momento, però, in cui i soldati avevano sbarrato gli occhi e si erano sforzati di fermare il tremore delle mani, tutti e sette contemporaneamente.

-Cos’è stato?-

Chiese in un sussurro una ragazza al centro del gruppo. Sapeva che cos’era quel rumore, come tutti in quel gruppo, ma chiese conferma lo stesso, nella speranza di essersi sbagliata.

-Voci…- rispose Santana, consapevole che anche senza una risposta, la ragazza avrebbe capito lo stesso.
Come avevano fatto ad essere così stupidi? Era ovvio che avrebbero controllato ogni possibile zona di fuga, compreso il sottosuolo! E sicuramente non se ne sarebbero andati così, senza lasciare qualche trappola in giro per sicurezza.

-Quinn, dobbiamo essere più attenti, avranno piazzato qualche gran--

Ma non riuscì a finire la frase che già qualcosa stava saltando in aria, qualcosa vicino a lei.
Un fischio fortissimo le invase le orecchie, prima che il buio, la polvere, e il silenzio l’avvolgessero.

ORE 03.00
________________________________________
…I will tell your story and keep you alive.

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Vi prego…non odiatemi…
*evita mattoni, stivali…*
E che…
*…forconi, coltelli…*
Finito? Volevo dire che…
*…computer, scrivanie, sedie, tastiere, mouse e webcam*
* Si nasconde in un rifugio anti-atomico*
Ok bene, come stavo dicendo, manca ancora una parte!
Sì insomma, alla fine ho notato che diventava lungo più a meno come I Promessi Sposi (riga più, riga meno…), perciò ho diviso anche “l’ultima parte” in un ulteriore “ultima parte”, quindi vi prego non uccidetemi o non saprete mai più la fine.

Avete calmato tutti gli istinti omicidi adesso?
Se la risposta è no, datemi almeno il tempo di scusarmi per il ritardo sia nella pubblicazione del capitolo che quello per le risposte alle recensioni, e per dirvi che aggiornerò tutto il prima possibile.
Ok, ora che ho detto tutto potete uccidermi tranquillamen-AAAAAAAARGGGGGGGGH!!!!!!!!!



Sbianca
Ps: grazie per chi segue, e per chi vorrà ancora seguirmi dopo questo finale di semifinale (?)
Ma cosa cazzo ho scritto?? “finale di semifinale” da dove mi è uscito? Non rispondete, vi prego, non siate volgari …

  
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