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Autore: GiuliaFray    20/08/2012    1 recensioni
Ho scritto questa storia alcuni mesi fa per una mia carissima amica, appassionata come la sottoscritta del personaggio Cam di questa saga. Inizio col pubblicare il prologo. Spero di poter fare il resto anche con gli altri capitoli!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Secondo

 

L'istruzione è cosa ammirevole,

ma ogni tanto ci farebbe bene ricordare che non si può mai insegnare

quel che veramente vale la pena di conoscere.

Oscar Wilde 
 

 

Una mano calda le circondò la vita. Si voltò verso il ragazzo accanto a lei. Ian le sorrideva raggiante, mostrandole i suoi denti bianchi e perfetti. Il caldo la soffocava, c'era un'afa insostenibile che avvolgeva l'ambiente come un sudario.

Fortunatamente erano proprio sopra una cascata, più precisamente le cascate Bridal Veil nell'isola meridionale della Nuova Zelanda. Era il loro posto segreto, si recavano lì talmente spesso che ormai era diventata un'abitudine, un modo per distrarsi dalla realtà e passare dei momenti meravigliosi assieme. Sara era certa di sognare, anche se non era esattamente un sogno perché aveva già vissuto una volta tutto ciò, aveva già provato quella sensazione di calore al contatto con Ian. Era come se fosse ritornata indietro nel tempo ma era sicura di non aver aperto un Annunziatore. L'ambiente era come lo ricordava: la vegetazione pura e incontaminata li circondava, l'acqua limpida scorreva sotto i loro piedi per poi gettarsi giù dalla rupe lungo l'alveo verticale della cascata.

-Sei pronta?- le sussurrò Ian all'orecchio, senza preoccuparsi di superare il fragore delle cascate perché era certo che lei lo avrebbe sentito. La massa castana di capelli scintillava alla luce del sole, il suo petto nudo luccicava per l'infinità di goccioline d'acqua che lo solcavano. Portava un paio di pantaloncini da bagno arancioni attillati, che gli fasciavano le gambe muscolose. Sara invece indossava un ridicolo costume da bagno intero verde acqua: odiava quel costume, ma non aveva trovato altro da indossare per quell'escursione.

-Sì, e tu?- gli rispose, con un tono di voce basso come il suo. Per tutta risposta Ian scoppiò in una fragorosa risata, come se non avesse aspettato altro che quella domanda. Le afferrò una mano e si portò il dorso alle labbra, senza smetterla di fissarla negli occhi. Le strizzò un occhio e la strattonò davanti. Un secondo dopo erano sospesi in aria, come se stessero volando ma le ali non erano spiegate, stavano cadendo come semplici umani. Prima che i due entrassero in acqua, la vista della cascate scomparve e Sara venne catapultata in un luogo completamente diverso.

S

Lo avrebbe riconosciuto tra centinaia, migliaia, milioni...

Si trovava nel posto in cui da millenni desiderava tornare: il Bosco della Vita, in Paradiso. La foresta lussureggiante si stagliava contro le nuvole divine, un giardino ricco e rigoglioso, come nessun altro sulla terra. Lì le anime degli angeli venivano concepite, create, messe in vita come se fosse la cosa più semplice che si potesse fare, ma Sara sapeva quanto risultasse difficile per il Trono realizzare un'anima diversa da tutte le altre in modo che nessuna potesse somigliare ad un'altra, creando così un senso di continuità ma al contempo di dissonanza. Percepì la presenza di un'altra anima accanto alla sua, altrettanto splendente, amichevole e ospitale. La riconobbe all'istante: Arriane. Sara capì ogni cosa: si trovava in Paradiso, nel giorno della sua nascita. Con i suoi ricordi era finita lì. Che strano.

Lei e Arriane erano nate nello stesso giorno, nello stesso momento e fin dal primo momento avevano subito un'attrazione reciproca. Il loro legame di amicizia incondizionata era cominciato quel giorno, in quel posto, senza che nemmeno si conoscessero. Sara si voltò verso l'amica e le sorrise con calore. Arriane ricambiò e Sara ebbe l'impulso di piangere. L'anima non sapeva ancora quali dolori avrebbe patito in futuro, quali sofferenze fisiche e morali l'aspettavano frementi, non conosceva ancora Tess, che le avrebbe cambiato la vita. Prima che le lacrime le sgorgassero dagli occhi lo scenario cambiò di nuovo, tutto attorno a lei divenne sfocato e le turbinò attorno vorticosamente fino a svanire del tutto.

S

Maledetto caldo. Era stata catapultata di nuovo in un posto bruciante come il fuoco a contatto con la pelle. Ma c'era una differenza tra la Nuova Zelanda e l'ambiente nel quale era finita ora: si trovava in un deserto, infinito e arido. Le dolevano le spalle e apprese che il dolore proveniva dalle ali. Era un tormento sconfinato, come se gliele avessero strappate a forza. In una sola occasione si era sentita così straziata, ossia dopo aver terminato la Caduta, dopo aver attraversato dimensioni multiple e trilioni di miglia per ben nove giorni e nove notti. Possibile che dovesse rivivere quello spasimo che desiderava tanto scordare per sempre? Cadde in ginocchio e appoggiò le mani al suolo arido e rovente. Il sole batteva su quella distesa illimitata di sabbia non permettendo la nascita di qualsiasi forma di vita.

Ma la sua anima non era sola. Sentiva che c'era un altro angelo nei paraggi non molto lontano da lei. Lo riconobbe subito non appena scorse un profilo spigoloso all'orizzonte.

Cam.

Stava camminando verso di lei.

Sara ricordò. Era stato quello il posto nel quale si erano conosciuti davvero. Cioè, sapevano già dell'esistenza dell'altro in Paradiso ma forse per timidezza si erano limitati a scambiarsi qualche occhiata in tralice, a sfiorarsi quando si recavano nella Radura per qualche congresso solenne. Non si erano mai scambiati una parola. Di certo un deserto sconosciuto non è il luogo più romantico che esista per far conoscenza con la persona che amerai in eterno, ma almeno avevano avuto la possibilità di essere sé stessi per la prima volta in presenza dell'altro.

-Chi sei?- le chiese Cam. Sembrava distrutto: i suoi capelli erano sporchi e impastati, indossava una tunica ridotta a pochi stracci lacera e dall'odore nauseabondo, le labbra erano esangui e le guance sporche di sangue come il resto del viso coperto di lividi violacei. Era scalzo e barcollava come un bambino che muove i primi passi. Dopotutto Cam era come un bambino sulla Terra, non conosceva nulla a riguardo, scrutava tutto ciò che lo accerchiava con estrema curiosità, come un gattino di pochi giorni che apre gli occhi per la prima volta. Sara sorrise. Ricordava come Cam si era dimostrato ostile nei suoi confronti all'inizio. Alla fin fine era un'estranea per lui, spuntata all'improvviso in un deserto. Sara era la prima persona che Cam avesse incontrato dopo la Caduta e anche lui lo era stato per lei. Non si erano riconosciuti immediatamente dopo essersi incontrati. Era come se la Caduta avesse resettato le loro menti, avesse fatto ricominciare tutto daccapo.

La figura flessuosa del ragazzo cominciò a tremolare dapprima con delicatezza poi con più violenza. Di nuovo tutto scomparve.

S

Sara correva attraverso un sentiero in un giardino fiorito ma il vestito ingombrante le intralciava la corsa. Era vestita elegantemente: il suo abito, definito dalla moda barocca del tempo Andrienne, era di un color crema delicato e semplice, le scendeva vaporoso fino ai piedi che calzavano un paio di ballerine bianche intonate con l'abito. L'indumento scendeva fino a terra allargandosi in cerchi sempre più ampi, aderendo al busto con una profonda scollatura, dilatandosi infine in un amplissimo strascico.

I capelli, in teoria trattenuti da un'artificiosa acconciatura, erano stati liberati con furia dalla stessa Sara al termine del concertino organizzato in onore della figlia terribilmente stonata del duca di Brighton, alcune decine di chilometri di distanza da Londra. Ora la chioma fluttuava nell'aria con naturalezza.

Sara sapeva da chi stava fuggendo. Cam, all'epoca il grazioso e affascinante Sir. Cameron Briel, studioso dell'arte barocca, la stava inseguendo scherzosamente dopo aver sopportato a malapena la sua lontananza per ben tre ore. In realtà erano stati assieme nella stessa stanza per tutto il tempo ma non avevano potuto parlarsi né toccarsi o prendersi per mano come facevano sempre.

Era tardo pomeriggio e il banchetto per la smorfiosa Juliette era appena terminato dopo che lei aveva gettato in faccia a un maggiordomo una fetta di carne di maiale poco cotta per i suoi gusti. Il padre aveva interrotto il tutto con tono brusco, provocando le risatine sommesse degli ospiti invitati. Cam era scoppiato in una potente risata come se fosse la cosa più divertente che si potesse verificare, al che tutti gli ospitanti erano stati contagiati dalla sua ilarità. Il duca erano diventato rosso in viso e dopo aver afferrato Cam per il bavero gli aveva intimato di non avvicinarsi più alla sua abitazione, con quel suo orrendo accento francese. Cam con tutta la sfrontatezza possibile gli aveva risposto, esibendo il suo miglior accento inglese come umiliazione per quell'uomo odiosamente arrogante: -Questa non è la vostra casa, Sir. Aurélien. Voi siete solo un ospite.- Si era mors il labbro inferiore per cercare di smettere di ridere e comporre un discorso dignitoso. -Il conte Cavendish vi ha solo invitato. La vostra bella faccina appartiene alla France, centre du monde pour son... -

Prima che Cam avesse potuto esplodere in uno dei suoi famosi insulti, Sara lo aveva raggiunto con una falcata e gli aveva pizzicato il bicipite. Il ragazzo si era ripreso subito e si era liberato con sorprendente facilità dalla presa ferrea dell'omaccione puzzolente d'alcol.

Sara inciampò e cadde a terra sul sentiero di ciottoli, sbucciandosi i palmi delle mani. Venne subito raggiunta da Cam che la aiutò ad alzarsi porgendole una mano morbida ma forte al contempo. Lei accettò la proposta d'aiuto per poi gettarsi tra le sue braccia. Le loro labbra si trovarono e si unirono in un bacio che entrambi desiderarono non avesse mai fine. Sara provò una sensazione di vertigine allo stomaco, tutto attorno a lei sbiadì e capì che sarebbe presto diventata preda di un altro ricordo.

S

Un urlo infantile in lontananza le risuonò nelle orecchie. Sara aprì gli occhi, curiosa di sapere in quale altro luogo i suoi ricordi vividi e persistenti l'avessero portata.

Un sole estivo risplendeva su una distesa di grano rinsecchito dalla calura, il cielo chiaro e perfetto incombeva su di lei, gli alberi verdi e rigogliosi delimitavano il contorno del vasto campo nel quale si trovava. Si riscosse quando una mano piccola e paffuta le strattonò la veste da contadina. Sara abbassò lo sguardo e incrociò n paio di occhi azzurri e luminosi appartenenti a un volto grassottello e graziosi con le guance paffute e imperlate di sudore. Lo riconobbe subito: era Tavio, un bambino romano figlio di una nobile matrona trasferitasi in campagna alla morte del marito. Non riuscì subito a ricordare l'anno preciso, ma di certo era durante il dominio di Augusto sull'Impero Romano. La matrona Julia nutriva un profondo affetto per quel magnanimo imperatore ed era certa che chiamando suo figlio come lui, Augusto ne sarebbe stato fiero.

-Stanno arrivando- disse Tavio con voce stridula come se fosse spaventato. Sara ricordava che il bambino aveva avuto paura dei soldati dell'esercito che ogni tanto si allenavano nella cavalcata in campagna.

-Chi, Tavio?- Lo prese in braccio, accorgendosi di quanto fosse pesante per la sua età e accarezzandogli i capelli cercò di tranquillizzarlo. Il tentativo fu invano: il bambino fece una smorfia e si mordicchiò il labbro tremante. Sara aveva il compito assegnatole dalla stessa Julia, della quale era amica, di occuparsi di lui, quindi conosceva molto bene Tavio e sapeva che tra non molto sarebbe scoppiato in lacrime. Infatti, come se lo avesse invitato a farlo, quello cominciò a singhiozzare e affondò il viso nella sua spalla.

-I soldati... Ci uccideranno?- Parlava in un perfetto latino e a Sara sembrò di essere ritornata a scuola durante una lezione di lingue. -No, Tavio. Non ci uccideranno.-

Lo strinse forte a sé, baciandogli il collo cicciotello e arretrò fino a raggiungere l'ombra accogliente di un alto faggio. -Non ci faranno nulla. Cavalcheranno soltanto- gli intimò, stendendolo sul grano soffice. Si sedette accanto a lui e gli mise la testa in grembo.

Tavio emise un sospiro e non appena si adagiò cadde in un sonno profondo.

Sara rise. Tavio aveva la capacità di addormentarsi subito e in qualunque posto. Si mise comoda appoggiandosi al tronco dell'albero e aguzzando la vista. Sapeva che da un momento all'altro Cam e Alan sarebbero apparsi rispettivamente su uno stallone nero e un uno snello frisone bianco latte. Si rilassò pensando alle labbra di Cam sulle sue e chiuse gli occhi, godendosi il calore sulla pelle. Uno scalpitio glieli fece aprire e un sorriso le spuntò sulla bocca. Due sagome trotterellanti di maestosi e muscolosi cavalli apparsero all'orizzonte. Due giovani uomini a petto nudo e dai capelli scuri li conducevano sorridenti. I loro occhi erano visibili anche a distanza, verdi e blu, terra e cielo. Si avvicinavano rapidamente al punto in cui Sara si trovava e il ragazzo con gli occhi blu sventolò allegramente la mano in segno di saluto. Una fitta di delusione la pervase. Perché Cam non la salutava, anzi evitava di incrociare il suo sguardo? Sara ricambiò il saluto, sfoderando un sorriso forzato. Cam non sorrideva più e quando si trovarono a pochi metri dal faggio discese da cavallo e si inginocchiò accanto a lei. Il suo sguardo di smeraldo esprimeva preoccupazione, angoscia, paura e... amore. Sara si accorse con un sussulto che il suo petto scolpito era chiazzato di sangue che gli colava lentamente sul torace e gli sporcava il leggero gonnellino portato dai soldati che indossava.

-Cosa è successo?- La voce di Sara tradiva lo sconforto e il disgusto, ma cercò di mantenere moderato il tono per non svegliare il bambino dormiente. Cam inclinò la testa verso di lei e le scoccò un dolcissimo bacio sulla guancia. Alan scese subito dopo da cavallo, lasciando che i due animali meravigliosi pascolassero e si mise alle spalle dell'amico, senza smettere di sorridere. Anche lui era lurido di sangue raggrumato, come se fossero usciti a malapena vivi da un'aspra lotta.

-Il solito. Ian e i suoi.- Sara si voltò allarmata verso Cam che aveva strappato uno stelo di grano e se lo rigirava tra le mani. Il tatuaggio del sole nero sul collo risplendeva alla luce del sole. Senza guardarla rise di disapprovazione. -Avresti dovuto vederli: erano patetici e li abbiamo stesi nonostante fossimo stati in allarmante inferiorità numerica.-

Tavio si agitò tra le braccia di Sara. Alan sogghignò: -Si sta bene laggiù, vero, Tavio?-

Cam gli scoccò un'occhiata truce e Sara vide un muscolo della mascella guizzare di rabbia. Alan emise un grugnito per nascondere una risata.

Ian.

Dunque, le dava ancora la caccia utilizzando l'esercito che si era creato, un esercito di creature angeliche, i Soldati del Cielo. Cam le passò il dorso della mano sulla guancia. -Stai bene, tesoro?- Uno sfarfallio le scombussolò lo stomaco: perché non appena Cam la toccava, nonostante fosse sporco di sangue e quant'altro, si sentiva improvvisamente innamorata? Non fece in tempo a rispondere alla sua domanda che tutto cominciò a sbiadire, a tremolare con veemenza. Cam le mise le mani sulle braccia con delicatezza, Sara lo guardò parlare ma non sentì che cosa stava dicendo. L'ultima cosa che vide furono i suoi occhi verdi, contrastanti sulla pelle vitrea. Venne scandagliata in un altro ricordo.

S

-Tutto questo è semplicemente ridicolo!-

Urla stridule e femminili risuonavano attutite a causa della porta intarsiata e sfarzosamente decorata alla moda orientale alla quale Sara era appoggiata. Si trovava in un corridoio illuminato da torce appese ai muri, l'aria era satura di profumo d'incenso e le pareti erano dipinte di un verde acceso che conferiva al tutto un'idea di antichità. Una sagoma di drago con la lingua biforcuta sporgente era appeso al soffitto e incombeva su di lei in modo inquietante. La sua coda era attorcigliata, ornata di stoffe sgargianti e pietre dall'aria preziosa, gli occhi dell'animale erano rosso fuoco.

Corea.

Ma certo, come avrebbe potuto dimenticare la sagoma che aveva tanto amato a quell'epoca?

-Non è possibile! Avrebbe la possibilità di sposarsi con il nobile più ambito della città e rifiuta la proposta per rotolarsi nel fieno con un garzone, nemmeno nato nella nostra nazione!- continuò la donna.

Oh, bene. Era finita in quell'epoca e in quel giorno, il giorno in cui l'affascinante Su Hyun aveva chiesto la mano davanti alla sua famiglia e lei lo aveva rifiutato in malo modo.

Sospirò. Quella non era nemmeno la sua vera famiglia, la sua vera casa, era solo una situazione temporanea per godersi le meraviglie della terra che aveva sempre adorato. Si era presentata come un sguattera in cerca di aiuto e di lavoro e la famiglia Choi l'aveva accolta. Sara era stata sempre ammirata, apprezzata, anche più delle figlie dei due nobili, Ji Yeon e Min A. Min A si era mostrata sempre amabile nei suoi confronti ed erano diventate molto più che amiche, delle vere sorelle. Ji Yeon era l'esatto opposto. La odiava, la giudicava sempre, come se lei fosse l'immagine dell'imperfezione. Ma Sara conosceva la causa di quell'avversione: Ji Yeon sapeva della sua relazione con il garzone di stalla, Cameron. Sapeva dove andava ogni notte uscendo furtivamente dall'abitazione, dove e soprattutto con chi trascorreva intere giornate. Ji Yeon, però, non poteva averlo come avrebbe desiderato: era stata promessa sposa prima della sua nascita a suo cugino, l'aggressivo Minho.

Sara non voleva più sentire le urla di Ji Yeon così, con un'alzata di spalle, si incamminò verso la stalla di cui conosceva ancora la posizione nonostante fosse passato un sacco di tempo dal 23 a.C. E quel castello fosse un'immensità.

Come un'automa attraversò immense stanze, corridoi, giardini e graziosi ponti lignei che attraversavano fiumiciattoli artificiali abitati da pesci di ogni colore e dimensione, con odorose orchidee galleggianti.

Cam. Pensava a lui soltanto mentre camminava con passo svelto e impaziente. Lo voleva raggiungere al più presto, farsi avvolgere dal suo dolce, forte e adorabile abbraccio, sentire la pelle premere sulla sua.

Sospirò di nuovo e a malapena si accorse di essersi fermata davanti a una stalla di legno d'ebano circondata da peschi odorosi da cui cadevano le foglie chiare e leggere, per posarsi sulla terra fiorita e calda. La porta della stalla si aprì con un cigolio e ne uscì fuori un ragazzo bellissimo dai capelli neri e gli occhi luminescenti.

Sara non riuscì a fare a meno di sorridere. Gli corse incontro e Cam spalancò le braccia ridendo. Non le importava che lui fosse un demone, non le importava del suo tatuaggio con cui Satana lo aveva marchiato, del fatto che non potessero stare assieme come avrebbero voluto, di Ian che le dava la caccia. L'unica cosa che entrambi desideravano era stare assieme e avrebbero lottato fino allo stremo per ottenerla.

-Sei splendida, amore mio.- Sara si allontanò un poco e lo baciò sule labbra, sentendo la passione che si accendeva nei loro corpi. Un rumore di passi risuonò dietro di loro. Si allontanò bruscamente da Cam, senza però districare le sue dita intrecciate a quelle di lui: chi si stava avvicinando sicuramente li aveva già scoperti.

-Cameron.- Sara si voltò e vide una giovane donna coreana vestita di panni laceri e fin troppo grandi per il suo corpo minuto e basso. Era Eun Ae, una graziosa contadina che lavorava nei campi di proprietà della famiglia Choi. Sara aveva capito dal modo con cui guardava Cam che era innamorata di lui. Avrebbero potuto formare una coppia, almeno temporanea: dopotutto appartenevano allo stesso stato sociale e Cam amava le ragazze semplici e timide. Era convinto che dietro quella corazza si celasse un fuoco ardente. L'angelo però pensava che se l'avesse amata lei sarebbe stata distrutta dal dolore quando lui l'avesse lasciata per tornare alla sua esistenza demoniaca.

Sara allontanò le mani da quelle di Cam per non spezzare ulteriormente il cuore a Eun Ae.

-Potresti aiutarmi a portare il fieno?- chiese Eun Ae timidamente indicando una balla a una decina di metri da loro. Cam annuì e le sorrise. Sara si sentì sciogliere e osservando Eun Ae, era sicura che anche lei provasse la sensazione di ghiaccio su una fiamma. Lui rivolse a Sara un'occhiata rapida ma significativa, che voleva dire: Aspettami lì. Torno subito.

Fu in quel momento che Sara notò per la prima volta i suoi abiti. Indossava un paio di pantaloni di seta leggera bianca pieni di toppe e una camicia lurida dello stesso colore. Al contrario lei, come se Cam fosse stato l'immagine della povertà e lei quella della ricchezza, portava un hanbok, il tradizionale abito coreano. Il chogon, la giacca che si indossava sopra l'abito vero e proprio, era viola scuro, mentre l'ampia gonna detta ch'ima, di un rosa pesco, le scendeva fino ai piedi, drappeggiata e sensazionale. I capelli di Sara erano raccolti in un'ampia crocchia, tenuti fermi da un gruppo di tre spilloni ttŏljam, uno dei principali accessori indossati un tempo dalle donne di classi elevate. Uno di loro svettava al centro della testa mentre gli altri due erano stati applicati con cura e un pizzico di pazienza ai lati della testa ed erano decorati con farfalle ornate di perline.

Era stata talmente occupata a fissare il viso di Cam da non rendersi conto di quanto risultassero diversi, una strana coppia per coloro che li osservavano stringersi. Eun Ae e Cam si allontanarono, con le spalle che si sfioravano e un braccio di lui attorno alla vita di lei. Sara sospirò e sussultò subito dopo quando una mano strinse la sua.

Si voltò e si ritrovò davanti ad un viso maschile con gli occhi a mandorla e le labbra carnose. Era Su Hyun, l'uomo a cui era stata promessa in matrimonio.

-Salve, cosa ci fate qui?- La voce di Su Hyun era profonda e incredibilmente affascinante. Il suo carisma era aumentato anche dal fatto che lui fosse il guerriero più giovane e valoroso dell'esercito di Seul. Sara capiva come mai così tante donne lo desiderassero ardentemente. -Potrei rivolgervi la stessa domanda- gli rispose, -dato che questa non è neppure casa vostra.- Sentì la freddezza nella sua voce e se ne pentì vedendo lo sguardo offeso del ragazzo innamorato di lei. Anche lui indossava un hanbok: la versione maschile era un'unica tunica lunga fino ai piedi e quello portato da Su Hyun era giallo, con un colletto bianco e un norigae appeso alla scollatura. Sara ricordava che quello era un suo dono. I norigae erano simboli di desiderio di ricchezza, onore, longevità e prosperità in famiglia. Il suo era blu, le frange si muovevano nella brezza delicata, il loro colore si accordava perfettamente con quello dell'abito. -Io... vi ho vista uscire e vi ho seguita.-

-E perché mai? Desiderate forse parlarmi?-

Su Hyun allungò la mano come se le volesse accarezzare una guancia, poi la abbassò e disse: -Ho sentito della vostra decisione. Dunque avete rifiutato la mia proposta.-

Gli occhi di Su Hyun si inumidirono e Sara si sentì stringere il cuore: lui l'amava sinceramente e, proprio come Eun Ae con Cam, non poteva averla perché il loro amore non sarebbe potuto durare molto a lungo. Così Sara decise di mostrargli almeno un minimo di umanità.

-Mi dispiace molto, Su Hyun. Ma ho una motivazione molto valida. Vi svelo un segreto che mai ho rivelato a nessuno.- Su Hyun si incuriosì e le prese le mani tra le sue, stringendole con dolcezza. -Ditemi, vi prego.- Sara chiuse gli occhi, pronta all'ennesima recitazione della sua lunga esistenza. -Quando ero più giovane mi recai da una profetessa per conoscere il mio futuro e... -

Si bloccò. Non voleva mentire a Su Hyun: lui era sempre sincero con lei, non le avrebbe mai mentito. Eppure doveva farlo o lui sarebbe stato dilaniato dalla consapevolezza di ciò che lei era veramente. Su Hyun annuì per incoraggiarla a parlare.

Fallo per Cam. Questo è un passo avanti per ciò che desiderate per il vostro futuro.

-Questa profetessa mi disse che l'uomo che avrei sposato e avrei amato incondizionatamente sarebbe morto durante la prima notte di luna piena dopo il matrimonio.-

Su Hyun sbiancò. Evidentemente era stato colpito dal tono serio e realistico che Sara sapeva sfoggiare per convincere qualcuno sulla veridicità di una cosa. Ma non si arrese, la forza dell'amore era così forte che riuscì a sconfiggere persino la paura della morte.

-Non mi importa. Io vi amo con tutto me stesso e rischierò la morte se è questo che il destino vuole.- Sara scoppiò in lacrime. Era ciò che desiderava sentire da Cam, una dichiarazione d'amore pura e semplice come quella, ma il suo cuore indurito da Lucifero e dalle sofferenze subite in passato glielo impediva. Fu colta dalle vertigini e tutto intorno a lei si annebbiò. Era proprio quello di cui aveva bisogno, sfuggire dal dolore che quel momento le aveva provocato. Il viso di Su Hyun si piegò in una smorfia di terrore e i suoi occhi meravigliosi furono l'ultima cosa che Sara vide.

S

Era sdraiata supina su un prato fiorito. Guardava il cielo azzurro incombere sopra di lei. Nemmeno una nuvola all'orizzonte, solo qualche uccello solitario ogni tanto si faceva strada attraverso l'aria sparendo subito dopo dalla sua vista. La veduta di quell'atmosfera splendente venne sostituita dal viso di Cam, spuntato dal nulla. I suoi occhi erano fulgidi come non mai, i capelli venivano illuminati dal sole basso nel cielo e le labbra la attiravano con crescente magnetismo.

Le sorrise per poi cominciare a parlare con velocità impressionante: -Vorrei sposarti un giorno, è il sogno più grande che ho e sono pronto ad affrontare qualunque cosa pur di metterlo in atto.-

Sara non resistette più e inclinando la testa lo baciò con passione. Lui ricambiò con altrettanto trasporto, le passò la mano tra i serici capelli lunghi, mentre con l'altra le accarezzava la coscia. Sara sapeva che a separare la mano di Cam dalla sua pelle nuda c'era solo un'irritante gonna di seta sottile. La ragazza grugnì e Cam fece lo stesso, ma non smisero di baciarsi, nemmeno per un secondo. Il desiderio crebbe in lei con prepotenza, il fuoco provocato dalla sua vicinanza la attraversò per intero, dalle doppie punte dei suoi capelli all'alluce a contatto con quello di Cam.

Cam. Cam. Cam.

In quel momento non sapeva pronunciare altro che il suo nome, semplice ed incredibilmente strabiliante. L'avrebbe potuto pronunciare in eterno, le riempiva l'anima, la faceva sentire bene, come una droga della quale più ne fai uso più ne vuoi.

La mano di Sara corse alle sue spalle fasciate da una leggera camicia bianca. Accarezzò le scapole, le cicatrici sottili dalle quali spuntavano le sue ali divine, paradisiache. La ragazza spostò la mano sul petto di Cam, gli slacciò uno dei grossi bottoni della camicia e infilò le dita sotto il tessuto, toccandogli il torace muscoloso. Il tutto senza che le loro labbra si separassero. Lo sentì rabbrividire, tremare di un fremito di immenso piacere.

Entrambi gemettero ma la loro pace venne interrotta quando Cam si staccò da lei. I suoi occhi si staccarono dal viso di Sara per scrutare la foresta circostante. Aveva percepito la presenza di qualcun altro, la ragazza ne era certa. Sbuffò, irritata. Possibile che ogni volta che cercavano di godersi dei bei momenti assieme venivano interrotti?

-C'è qualcuno qui.- Il suo tono di voce era contrariato.

Si volse verso di lei: -Chi stai aspettando?-

-Nessuno. Perché credi che abbia invitato qualcuno?-

Sara si sentì offesa. Cam pensava che lei avesse chiamato qualcuno quando aveva organizzato un loro incontro per starsene soli?

Il ragazzo si scostò da lei borbottando qualcosa sugli intrusi al momento sbagliato. Si tirò in piedi allacciandosi la camicia e scrutando il bosco che delimitava la radura con attenzione. Sara fece lo stesso, improvvisamente infuriata. Cam fece un giro su sé stesso e fermò gli occhi su un punto tra gli alberi, lontani da loro decine di metri. Sara osservò cercando di scorgere un movimento, ma non riusciva a captare proprio nulla in tutta quella vegetazione.

Sentì il ragazzo irrigidirsi al suo fianco. Cam strinse i pugni, serrò le mascelle, fletté le ginocchia in posizione di attacco.

-Che succede, Cam?- La voce di Sara era piena di angoscia: odiava dover temere il futuro quando non sapeva ciò di cui doveva aver paura. -Ian.- le rispose Cam con un ghigno.

Ian?

Lei capì subito: li aveva trovati, di nuovo. Sara e l'angelo si erano separati decenni prima di quel momento nel lontano 1874. La ragazza era scappata da lui sperando che non la trovasse più. Era diventato troppo protettivo nei suoi confronti, assumeva un atteggiamento di violenza nei confronti di chiunque le parlasse, la toccasse, la invitasse a bersi un caffè, alzando addirittura le mani su di lei per mantenere la sua autorità maschilista. Sara non aveva mai sopportato quel suo comportamento, non era libera neanche di passeggiare in un parco soleggiato che subito lui la rintracciava e la rimproverava per essersi allontanata. Lei aveva volato per giorni fino a rifugiarsi in un'isola al largo della Georgia, l'isola di Tybee dove aveva incontrato Cam. Lui le disse che la stava aspettando, come se sapesse del suo litigio con Ian, del posto in cui sarebbe atterrata. In quei giorni trascorsi con lui si era pentita di non essere restata con Cam, nonostante fosse un demone, motivo per cui le schiere del Paradiso davano loro la caccia.

Una sagoma spuntò dalle ombre dei faggi. Sara riconobbe l'andatura come fosse la sua, riconobbe il profilo spigoloso, l'aurea brillante dei capelli illuminati dal sole e qualcos'altro. Ian aveva in mano una stellasaetta.

Uno strillo acuto fuoriuscì dalla bocca di Sara. Quindi era quello ciò a cui Ian voleva arrivare dopo le sue infinite insistenze, voleva ottenere la morte di Cam. Per puro istinto la sua mano afferrò quella di Cam al suo fianco, il quale si rilassò un po'. Un sorriso malizioso apparve sulle labbra del demone, un sorriso che Sara conosceva benissimo perché lo sfoderava ogni volta che si presentava un pericolo, come se Cam non conoscesse paura ma solo una voglia matta di prendere in giro la morte.

Ian ormai li aveva raggiunti. Anche lui sorrideva, fissando insistentemente Sara come a dirle: Vedi? Ti ho trovata. Te l'avevo promesso. Ed era vero. Ian le aveva promesso, giurato che l'avrebbe ritrovata e portata via con sé.

Cam, piegato leggermente come un felino pronto a scattare per agguantare una preda per il collo, disse, con fare canzonatorio: -Ehilà, Ian. Qual buon vento ti porta da queste parti?-

L'altro inclinò la testa di lato e fissò il nemico negli occhi. Sara era sempre stata impaurita da quella sua espressione terribilmente minacciosa.

-Salve a te, Cameron. Sono venuto per riprendermi la mia proprietà, come di mio diritto- e indicò con un gesto pigro della mano Sara, in quel momento impaurita per la sorte di Cam. La stellasaetta nella mano di Ian luccicò, mandando bagliori inquietanti.

-Ebbene- replicò Cam con sicurezza, come se si fosse già preparato quelle battute, -prima dovrai passare sulle ceneri del mio cadavere.-

Ian si sfregò le mani, con un sorriso smagliante sulle labbra: -Non vedo l'ora.-

-Non pensare che sia un gioco da ragazzi.- Va bene, Cam sapeva essere parecchio intimidatorio. Sara stava per prenderlo per le spalle e scuoterlo, urlandogli: Ma sei pazzo? Non vedi che ha una stellasaetta tra le mani? Ma lui la precedette, come al solito.

-Ci batteremo ad armi pari, il che significa niente stellesaette.-

Ian fece un smorfia di disgusto. -Non possiamo batterci senza. Nessuno morirebbe.-

-Non è degno uccidersi davanti alla donna per cui si combatte.-

Sara si sentì esplodere di felicità. Anche questa volta Cam l'avrebbe scampata. Guardò Ian con un'espressione di sfida. Lui rispose al suo sguardo e annuì. Aprì il palmo della mano e la freccia gli cadde dalle mani, finendo per terra con un tonfo.

Sara si precipitò per prenderla. -Questa la prendo io, in caso che qualcuno di voi si azzardi a cambiare idea- disse. Non poteva evitare che i due si scontrassero, era come mettere a bada un cane e un gatto infuriati. Se Cam avesse evitato lo scontro, non avrebbe dormito più per chissà quanto tempo per essersi dimostrato codardo.

I due angeli, che in quel momento rappresentavano le schiere dell'Inferno e del Paradiso, si allontanarono tra loro, ponendosi uno di fronte all'altro. Sara si tirò in disparte, sicura che Cam avrebbe avuto la meglio. Lui e Ian si mossero in cerchio con lentezza e agilità, senza smettersi di guardare. Continuarono a girare per un tempo che parve interminabile, avvicinandosi sempre di più, poi Cam si scagliò contro Ian, colpendolo alle costole con un calcio laterale. Ian indietreggiò, stringendosi il petto con un braccio. Barcollò per un attimo ma si raddrizzò subito dopo. Scattò in avanti e tirò un pugno sul naso di Cam.

Sara gemette impaurita, con la tentazione di separare i due contendenti, ma resistette. Cam si portò la mano al naso e la ritirò sporca di sangue. Guardò Ian minacciosamente, come se lo invitasse a fare di più. Poi con un unico movimento fulmineo afferrò Ian per la testa e lo atterrò. Entrambi lottarono, l'uno per cercare di far restare fermo il nemico e l'altro per liberarsi dalla morsa di ferro. Rotolarono avvinghiati sull'erba, dibattendosi con energia. Cam prese Ian per i capelli e gli sbatté la testa sul prato, più e più volte. Sembrava che il demone stesse per prendere il sopravvento sull'altro quando Sara vide una lama luccicare e colpire il petto di Cam con violenza. La ragazza urlò e cominciò a correre verso di loro, i quali ormai avevano raggiunto il margine della radura. Vide Cam stramazzare a terra con un rantolo, il sangue scuro gli inzuppava la camicia espandendosi in una macchia sempre più grande. Il ragazzo roteò gli occhi, mollò la presa su Ian, il quale si gettò sopra di lui, pronto per accoltellarlo di nuovo con il pugnale.

Sara, però, fu più veloce: lo spinse da parte con forza e si inginocchiò accanto a Cam, accarezzandogli la testa.

-Codardo!- urlò a Ian con rabbia, -Non hai coraggio di affrontare il tuo nemico con onore!-

Cam gemeva accanto a lei, le mani di Sara tremavano per lo spavento che si era presa alla vista del sangue. Le venne voglia di colpire Ian e si scaraventò su di lui. Ian lasciò cadere il pugnale per la sorpresa, la cui lama era intrisa di un liquido viscido e grumoso, e cadde a terra sotto il peso di Sara. Lei gli afferrò il collo con forza. Voleva ucciderlo, strangolarlo per la sofferenza che aveva provocato a Cam. Ian sorrise maliziosamente, come se volesse deriderla per il vano tentativo di fargli del male. Ma Sara era forte, accesa da un'energia rabbiosa, furente...

Il buio l'avvolse con sua sorpresa. Non vide, non sentì più nulla, solo una voce amata e lontana.

Angolo autrice: dopo la mia lunga assenza, sono riuscita finalmente a pubblicare il secondo capitolo della storia. Ringrazio molto Vany, Barbara ed Anto per aver letto e commentato la storia per ora e spero tanto che voi riusciate a continuare la lettura del mio testo. 
Questo capitolo, come di certo avrete notato, è più lungo dei precedenti, ma per me è molto importante perché permette di comprendere il legame che esiste tra Sara e Cam, un legame forte e molto antico.
Nel prossimo capitolo, appariranno personaggi conosciuti dalla lettura della saga originale di Fallen e non.
Un bacione a tutti e grazie ancora! 

 

 

  
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