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Autore: Shark Attack    04/03/2007    8 recensioni
Non riesco a fare bene una sintesi perchè la storia parte con il tempo presente e poi per 3 o 4 capitoli racconta il passato, quindi scrivo un pezzetto tratto dal testo che spero vi incuriosisca!
"Hao le era di fronte. I suoi capelli lunghissimi lo identificavano fra mille e il suo poncho color panna sembrava addirittura più logoro di una volta, anche lui non lo vedeva da un anno.
- …
- Allora, Anna, non mi riconosci?
Non rispose, non sapeva che cosa dire: certo che l’aveva riconosciuto, il “gemello cattivo” del suo fidanzato. Ovviamente non se lo aspettava proprio di trovarselo lì così, all’improvviso, nel cortiletto della sua futura casata. Fece come per voler scendere ma lei si mise subito sulla difensiva.
- Non osare avvicinarti – strinse più forte la collana di perle, facendole tintinnare- Allontanati da questa casa, maledetto!
- Ma che stai dicendo? Anna, sono io- disse con semplicità
-...Yoh?"
E ora, questa Fic è conclusa... Yoh, Hao ed Anna hanno trovato pace e serenità tra di loro e in loro stessi... ma, alla fine, sarà così?
Buona lettura! XD
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hao Asakura, Yoh Asakura
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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TWIN SPIRITS

 

 

TWIN SPIRITS

LA RITROVATA E LA NUOVA FAMIGLIA

 

“SAREMO TUTTI UNA SPLENDIDA FAMIGLIA, VEDRAI”

 

 

 

 

-Chissà che faccia faranno i miei ragazzi vedendomi dopo tanto tempo…

- Sicuramente ti salteranno addosso e ti riempiranno di baci!

Keiko sorrise. – Magari solo Yoh. Hao… non lo vedo da quando l’ho partorito…

- Ma sì, ti vorrà bene anche lui…

- Non credo, la sua vera madre è..

- Allora ti tratterà con indifferenza e sprezzo. – Mikihisa si voltò verso la moglie – Contenta?

Lei lo guardò sottecchi, poi sospirò e tornò a guardare la strada.

- Guarda che io dicevo sul serio.

 

Varcarono la soglia di casa lentamente, misurando ogni passo. Un tempo era stata anche casa loro, e prima ancora casa di Yohmei e Kino. Quella casa veniva ereditata da ogni generazione degli Asakura, e non solo in occasione di un matrimonio.

Yoh ne era già entrato in possesso perché aveva convertito Hao, ed era il minimo che la casata potesse fare per lui. Inoltre aveva deciso che ci sarebbe venuto a vivere col fratello e la fidanzata, nonché qualsiasi amico che ne avesse bisogno.

A volte sembrava un rifugio per profughi, altre volte un minuscolo nucleo familiare, altre un campo di battaglie e altre, più recentemente, un nido d’amore.

Quel giorno era tutto.

Per prima cosa, Keiko e Mikihisa entrarono in salotto, costatando che era un campo di battaglia, con patatine, pop corn, film, cuscini, vestiti e fumetti sparsi dappertutto – senza considerare la spessa coltre di polvere sui preziosi soprammobili. Poi passarono per il corridoio che conduceva in cucina, constatando che almeno quella zona di casa era ancora intatta – salvo per il vetro incrinato di un quadro.

Arrivati in cucina, si ritrovarono di fronte ad una scena che non rientrava in nessuna delle categorie precedentemente elencate: Yoh si stava preparando bacon e pancetta in una stanza pulitissima, senza la minima traccia di sporco.

Quando entrarono, lo fecero con timore: il loro figlio non sembrava più nemmeno lui, era totalmente diverso, un altro ragazzo. Aveva ancora i capelli lunghi e li teneva raccolti in una coda alta, e indossava una tuta da ginnastica di quelle che usava alle scuole medie qualche anno prima. Naturalmente con gran odio per l’odio verso educazione fisica.

Keiko sospirò, serena. – Ciao.

- Ciao – rispose l’altro, senza spostare lo sguardo dalla padella.

- Non ci vediamo da tanto tempo e mi saluti così?

- Beh, non saprei cos’altro dirti…

- Ah! – esclamò Keiko, illuminandosi in volto e battendosi una mano sulla fronte – Che equivoco, tu sei Hao! Scusami, che stupida… Non ti avevo riconosciuto, sai, mi avevano detto che Yoh si era fatto crescere i capelli come i tuoi e vedendoti qui… ti ho scambiato per lui, scusami!

- Capita – rispose semplicemente lui, facendo spallucce.

- Già, avrei dovuto capirlo dalla voce, ma a quest’età la voce dei ragazzi cambia e magari anche quella di Yoh… va beh! Chiedo scusa. Però mi spieghi almeno come puoi essere tanto ordinato in cucina e un terremoto in salotto? Si vede che ci sei stato solo tu lì e…

- Ah, sì, beh… - l’Omnyoji tornò al suo bacon, girandolo con una paletta di ferro – Ieri sera mi stavo annoiando da morire e non potevo nemmeno entrare in camera o andare a dormire che c’erano certi rumori…

- E Yoh?

 Hao sorrise. – Era lui la causa dei rumori.

Keiko lo guardò enigmatica. Lui cercò di tranquillizzarla.

- Lui e Anna, s’intende.

Keiko sbiancò. – Intendi che…

- Sì.

- Ma ha solo sedici anni!

- Non è un impedimento. E poi ne sta per fare diciassette, a giorni…

Mikihisa cercò di dire qualcosa alla moglie, ma questa si scostò da lui e se ne andò al piano di sopra alla carica, come un soldatino.

I due rimasti in cucina si guardarono. Mikey assottigliò gli occhi e squadrò il figlio. – Dirlo con più tatto no, eh?

- E perché? Tanto lo avrebbe scoperto in una maniera peggiore se fosse andata subito di sopra pensando che stesse semplicemente dormendo…

 

Arrivata di fronte alla porta della stanza di Yoh, chiusa, deglutì e sospirò. Si preparò un sermone di cose da dire che faceva paura anche a lei stessa ed entrò nella stanza, tirando piano la porta scorrevole per creare ansia a chi ne fosse stato all’interno.

Era una stanza vuota, il futon gettato per terra e l’armadio che sputava i vestiti come se fosse in indigestione. Invece era solo disordinato, come tutto quello che riguardava Yoh, del resto.

La sua delusione venne dissipata subito dal pensiero che, se lei fosse stata nei panni di suo figlio, sarebbe andata a farlo nel letto matrimoniale. Quindi si voltò sui tacchi e si diresse nella suddetta stanza. Ancora una volta la porta era chiusa.

S’udì un gemito.

Poi la lieve voce di Anna che cercava di svegliare Yoh dicendo che aveva sentito delle voci, proprio mentre Keiko entrava troneggiando nella stanza.

- Signora Asakura! – trillò la ragazza, cercando in fretta e furia un lenzuolo per tirarselo  fino al petto – Non sapevamo del suo arrivo, non…

Lo trovò in fondo al letto, per terra e lontano da dove si trovava prima dell’irruzione nel dolce mondo. Non era mai stata così in agitazione, Anna si sentiva quasi inferiore, tutta nuda e colta in flagrante di fronte alla madre del ragazzo cui si era concessa la notte precedente. Afferrò il lenzuolo e si coprì tutta, mentre il suo viso intonava una splendida variazione scarlatta per la vergogna subita.

- YOH! – tuonò Keiko mentre Anna raggiungeva il suo scopo – Che sta succedendo qui!

La stanza era quasi più sottosopra di quella precedente, salvo il fatto che, essendo la stanza sua e di Mikihisa, era solo sconvolta dai vestiti e dal letto ultrasfatto. E suo figlio, al vedere la madre, sbiancò come lei poco prima.

- Mamma, ma che ci fai… qui… - Anna gli passò un lembo di lenzuolo per coprirsi. Vide il suo volto rosso e sconvolto, e scorse il suo corpo nudo malamente coperto dal lenzuolo che le stava porgendo. Evidentemente sua madre doveva aver fatto prendere un colpo anche a lei.

- Che ci faccio io? Che ci fate voi, qui, piuttosto!

Il ragazzo impiegò appena un secondo a decidere quale tipo di risposta sarebbe stato più efficace: poteva dire “che te ne frega” o “scusami” allo stesso modo di “lo avrai fatto anche tu ai tuoi tempi”. Alla fine optò per una risposta che avrebbe potuto placare l’ira della madre.

- Ma non stiamo facendo niente di male, in fondo, no? Che sarà mai…

- Lo sai che non tollero questo comportamento in casa mia! E’ questo quello che io e tuo padre ti abbiamo insegnato? – le guance le erano diventate scarlatte, era davvero infervorata.

Il sermone continuò per una decina di massacranti minuti, fino a che non si bloccò al rumore di passi provenienti dal corridoio. Mikihisa e Hao fecero capolino da dietro lo stipite della porta entrambi sorridendo e dicendo: – La colazione è pronta!

La situazione invece si congelò. Keiko li bruciò con lo sguardo e Yoh e Anna divennero ancora più bordeaux per la vergogna di essere visti in quella situazione anche da loro due. Anna in particolar modo, visto che erano due uomini.

- Scusate.. – mormorò Yoh, intuendo l’imbarazzo della sua ragazza che gli si stava nascondendo dietro la schiena – Vi spiacerebbe andarvene!?!?!

- Come? Ma… Abbiamo sentito Keiko urlare e… e.. 

Hao comprese ed ebbe il buon senso di tirare Mikihisa per un braccio trascinandolo giù e lasciando la sua frase incompleta. S’udirono per le scale le sue scuse: - Ma io pensavo che foste già vestiti!!!

Keiko chiuse la porta e riprese il sermone. – Tornando a  noi, spero che un episodio del genere non capiti mai più sotto a questo tetto, almeno fino a quando non avrai compiuto diciott’anni e sarai libero di fare quello che vuoi! E In quanto a te, Anna, sappi che…

- Ehi, lasciala stare! – Yoh alzò un braccio come per difendere la sua ragazza, mentre i suoi pugni si stringevano sempre più sul lembo del lenzuolo che poco prima gli era stato passato da lei per coprirsi le parti basse. Ovviamente non c’era nulla da coprire che la madre non avesse già visto a suo tempo, ma l’imbarazzo di rimanere a discutere quasi impotente, col torso nudo e muscoloso in bella vista era comunque enorme – Anna non c’entra niente, è colpa mia, okay! Qual è la punizione?

I suoi occhi decisi incrociarono lo sguardo furibondo della madre, reggendo il suo sguardo più di quanto lei potesse immaginare. Anna deglutì a forza e resse la situazione tenendosi un pochino meno nascosta dietro Yoh, ma comunque altezzosa e pronta a sfidare anche lei la signora Asakura, se ce ne fosse stata la necessità.

Poi, proprio mentre sembrava che la situazione dovesse precipitare di male in peggio, Keiko sorrise.

- Bene, era quello che volevo sentire.

I due ragazzi si sentirono mancare il fiato nei polmoni. Yoh abbassò il braccio facendolo cadere letteralmente e disse: – Come, scusa?

- Sì – disse la donna voltandosi verso la porta per uscire dalla stanza – Volevo vedere se eri davvero pronto per un passo del genere, tutto qui.

Anna prese parola, pronta ad affrontare l’umiltà per superare la situazione e migliorare la sua posizione per quanto potesse fare.  – Mi scusi se l’ho delusa.

Keiko si bloccò sull’uscio e si voltò radiosa. – Non pensarlo minimamente, Anna. Mi hai reso la madre più appagata del mondo. Sbrigatevi a vestirvi, la colazione si fredda!

E uscì.

Yoh e Anna rimasero immobili come statue di sale, imbambolati da ciò che era successo. Dovevano riordinare le idee e in più erano troppo imbarazzati per fare qualcosa di diverso dall’imbarazzarsi.

- Ma… - balbettò Yoh, voltandosi verso Anna – Che significa?

- Penso che abbia dato in escandescenze solo per vedere la tua reazione.

- Non è tutta giusta, allora.

- Io avrei fatto lo stesso.

- Umpf, e figurati!

Yoh si alzò dal letto e si stiracchiò la schiena, sbadigliando sonoramente. – Certo che mio padre è proprio un babbeo…

Anna annuì.

- E anche Hao, insomma… lui lo sapeva e…! – s’illuminò – Scommetto che ha detto che eravamo vestiti ed è salito portandosi su papà per metterci ancora più in imbarazzo!

- Beh, ammetterai che ci è riuscito.

- Già, e alla grande… - ammise lui abbattuto per l’umiliazione di esser stati visti, lui e la sua ragazza, nudi dal padre, dalla madre e dal fratello gemello. Lanciò un’occhiata alla finestra per assicurarsi di non esser stato visto da nessun’altro anche adesso che si erano liberati dal lenzuolo. Fortunatamente la tortura era finita.

La conversazione poi si spostò in camera di lui, mentre pescava tra i vestiti qualche cosa da mettersi su e mentre Anna, nella sua stanza, indossava il suo abituale vestitino nero senza maniche.

- Tua madre cosa avrebbe detto? – le chiese Yoh mentre lei gli trovava una camicia da mettersi addosso – Intendo, al posto di mia madre.

- Forse… nulla – gli lanciò una camicia gialla – Non so. Può anche darsi che mi avrebbe fatto i complimenti per la bella scelta…

- Questo lo stai dicendo tu, però!

- Sì, hai ragione. Complimenti, Anna, per la bella scelta, allora… - concluse lei, e gli stampò un bacio sulla guancia.

 

Quando entrambi fecero capolino in cucina, si accorsero che riuscivano a mantenere un’aria indifferente con più facilità di quanto si erano aspettati l’uno dall’altra poco prima nella stanza. Avevano deciso infatti che non avrebbero più toccato quell’argomento e che, quindi, non sarebbero nemmeno arrossiti o montati su tutte le furie a nessuna delle provocazioni eventuali.

- Finalmente, il bacon si è tutto raffreddato e ora fa schifo… - li salutò Hao, ridacchiando sotto i baffi mentre porgeva loro la padella – Va beh, d’altronde siete arrivati voi in ritardo…

- Tu comunque non ci avevi svegliati – ribattè acido il fratello, intento a versarsi la colazione all’Inglese nel piatto.

- Dovevo? O potevo..? Chissà come vi avrei trovati.. no no no, non avevo voglia di litigare o di lottare ancora per inezie. Altra pancetta, Anna?

E lesse il pensiero di lei. Era molto più acido di quanto potesse trasparire dalla sua espressione. Evidentemente non le era affatto piaciuto il risveglio.

Proprio per quel motivo, durante il pasto nessuno parlò più, eccetto per qualche “passami il..” da parte di uno o dell’altro dei commensali.

Durante la mattinata, invece, furono tutti molto più loquaci ed attivi: MIkihisa era stato avvisato da Yoh stesso del malessere di Hao e dei suoi ‘problemi sciamanici’ ed era questo il motivo per cui era andato a trovarli; Keiko, invece, voleva semplicemente vedere i figli ancora una volta prima di ritornare definitivamente nella residenza dei nonni Asakura.

Quindi, entrambi i genitori si spartirono i figli, Mikey il  maggiore e Keiko il minore. Il primo andò a parlare in salotto e la seconda in giardino. Anna, invece, andò a fare la spesa al mercato con Manta e non si fece rivedere fino al tardo pomeriggio.

- Dunque, stando a quanto mi ha detto Yoh – disse Mikihisa, mentre si sistemava il cuscino sotto al sedere per stare più comodo – Stai perdendo furyoku, giusto?

Hao sbuffò. Era già patetico pensare alle sue disgrazie, figurarsi com’era umiliante doverne discutere per trovare una soluzione col suo secondo padre, per giunta di gran lunga meno esperto di lui in queste faccende, vista la sua misera età! – Sì..

- E non hai sentito nulla?

- Sentito? – il ragazzo alzò un sopracciglio, chiedendosi cosa significasse quella domanda.

- Sì, dentro di te! Un malore, una sensazione, qualsiasi cosa! Magari di inverso alla sensazione che provi quando invece accumuli furyoku.

Appoggiò le mani al tavolo e se ne rimase lì a fissare il figlio in attesa di una risposta, fissandolo da dietro la sua maschera di legno. Perché avesse un becco in mezzo, Hao non lo comprese mai. Lo fissò dunque a sua volta, scrutandone i pensieri: giunse al ricordo di MIkihisa della sua nascita, di quando Spirit Of Fire lo aveva colpito quando lui era ancora un infante. Hao inspirò: non si ricordava questo dettaglio della sua ultima vita, ma quella maschera che aveva di fronte era il risultato di un suo stesso gesto.

Quando hai finito di leggermi i pensieri, puoi degnarti di rispondere? Sono qui per aiutarti”, lesse infine nella sua mente.

- Sì, hai ragione. Scusami, è che… non ci siamo mai conosciuti per bene, non so come misurarmi con te.

Quello che aveva di fronte, si disse Mikey, era un altro Hao. Yoh era stato capace di compiere la più grande impresa mai esistita. E forse non se ne rendeva nemmeno conto.

- Okay. Fa niente, in fondo.. hai ragione pure tu! – alzò le mani come fa un criminale che si arrende, imitandolo solo nel gesto; poi si alzò in piedi, ergendosi in tutta la sua enorme statura, e s’incamminò oltre la porta – Facciamo una passeggiata, ti va?

 

Il fruscio dell’erba sotto ai piedi era magnifico, refrigerante. – Mamma? – chiamò Yoh, vedendo la donna che gli era seduta accanto che, lentamente, si stava voltando verso di lui. Per fissarlo.

- Che guardi? – chiese, scrutandola a sua volta e mandando a memoria tutti i lineamenti dolci del suo viso, fino a perdersi nell’oscurità dei suoi occhi – Perché mi fissi così?

Era tentato di sbirciare nei suoi pensieri per trovare subito una risposta alla sua domanda, ma si trattenne. Era sua madre…

- Cosa guardo, dici? – Keiko sorrise – Sto guardando mio figlio, che domande!

- Ma no! – ironizzò lui – E che altro, mica mi stai guardando per la prima volta!

Il viso di lei s’adombrò un poco. – Per la prima no, certo che no.. ma per l’ultima… non so.

- L.. l’ultima? – Yoh si tirò su a sedere, allontanando la sua attenzione da qualsiasi cosa la potesse distogliere dal discorso – Perché dici così, tu non..

- Sono un po’ malata, non lo nascondo.

Un refolo di vento attraversò il luogo in cui si trovavano, costellando di puntini della pelle d’oca le loro braccia. – Malata?

- Sì, Yoh, mi dispiace dirtelo in questa maniera ma è così: l’altro giorno sono andata in ospedale per accompagnare tua nonna Kino alle analisi mensili e, mentre aspettavo in sala d’attesa, un medico mi ha notata ed è venuto a parlare un po’ con me. Quando Kino è uscita dallo studio, il medico si è congedato e, poco prima di sparire tra i corridoi, mi ha detto “lei ha un cancro, giusto?”. Era una semplice supposizione, ma lo sai come sono fatta io e.. – sospirò, rendendo più lieta la maschera che celava il suo vero volto, che Yoh riusciva a vedere nella mente senza che lei lo sapesse – E così sono andata da un dottore a farmi visitare. Il medico dell’ospedale aveva avuto un intuito incredibile, doveva averlo capito da qualche cosa nel mio viso o nel mio comportamento, non so… fatto sta che è vero: ho un cancro.

A Yoh sembrava che si fosse preparata il discorso tempo prima. Non era affatto sconclusionato, ne impreciso. Era perfetto. Malgrado ciò, la cosa lo stava spaventando a morte.

- Per questo… - cominciò, abbassando lo sguardo e ignorando i saluti del padre e del fratello che, qualche metri dietro di loro, dicevano di stare andando a fare una passeggiata - Per questo hai detto che poteva essere l’ultima volta che ci vedevamo…

Keiko annuì lentamente. – Non ti preoccupare, anche se non so quando giungerà il mio momento, posso dirti con certezza che sono assolutamente fiera di te, Yoh. E questo mi appaga a sufficienza, anche se 39 anni mi sembrano ancora pochi per una vita, al giorno d’oggi…. Hai… trasformato Hao, ed è una cosa magnifica. Ora non mi sento più in colpa per avervi generato! – disse, ridacchiando sotto i baffi per la sua ultima affermazione.  Poi abbassò di colpo la mano che le copriva la bocca secondo la buona usanza delle donne quando ridono e continuò. – In realtà, adesso sono molto più sollevata, davvero. Sapere che Hao non tormenterà più ne la nostra famiglia ne gli altri sciamani..

- E tutto il mondo – puntualizzò il figlio.

- E, sì, tutto il mondo, è davvero un grande sollievo. Una soddisfazione, poi, sapere che è merito tuo.

Yoh incrociò il suo sguardo. – E’ merito tuo, non mio. Tuo, di papà, dei nonni e dell’infanzia felice che mi avete fatto avere. Grazie.

Entrambi distolsero lo sguardo. Lei si mise a fissare le nuvole che scorrevano veloci nel cielo celeste, lui invece abbassò gli occhi impuntandosi su un filo d’erba spezzato. Poi si alzò in piedi, di scatto, come se fosse stato folgorato da un fulmine. – Puoi restare qui da noi fino a che… beh, per quanto vuoi! Non devi per forza tornare dai nonni, resta qui… con me… di tempo ancora ce n’è, no? Ti prego, resta!

Keiko distolse l’attenzione dalle nuvole molto lentamente, quasi svogliatamente. Sospirò dolcemente al figlio, che la guardava impaziente di una risposta, rosso in volto.– Mi spiace dirlo, Yoh, ma tu stesso mi hai dimostrato che non è più tempo di avere la madre sotto lo stesso tetto. Sei grande, ora, e devi continuare da solo. Non fraintendermi, lo sai benissimo che io darei tutto quello che ho pur di rimanere con te ancora un po’, ma non dev’essere così. Non sei un bambino, devi capirlo.

Il vento li sorprese un’altra volta. Yoh aveva quasi le lacrime agli occhi, dentro di se diceva, urlava, “No… no!”, ma più in fondo all’anima sapeva che sua madre aveva ragione, ancora una volta. La voleva ancora con lei, improvvisamente si sentiva come se non avesse passato abbastanza tempo con lei. Si sentiva persino un bimbo sperduto, in qualche meandro dell’anima.

Chinò il capo ed annuì a forza, mentre la madre si alzava e lo abbracciava teneramente, come non si ricordavano di aver mai fatto. Yoh tirò su col naso e cinse a sua volta le spalle di Keiko, rendendosi conto che era alta poco più di lui. Da piccolo aveva sempre fatto a gara con i nonni a vedere chi era più alto, mentre lei, lei era sempre stata molto più alta di lui, l’aveva sempre superato.  

Rimasero lì in quella posa, immobili, per una quantità di tempo che nessuno era in grado di distinguere. La si poteva definire anche una posa comoda, appoggiati e stretti l’uno all’altra senza che niente e nessuno interferisse in alcuna maniera. Poi una foglia cadde dall’albero dietro di loro e l’incanto si ruppe. Keiko salutò il figlio e s’incamminò verso l’ingresso della casa, lasciandolo solo in giardino.

Sua madre sarebbe morta, e lui non avrebbe potuto farci niente. A che era valso, dunque? A che era valso tutto, tutto! Gli allenamenti, il torneo… tutto era finalizzato a vivere in tranquillità, in famiglia. Sarebbe rimasto con i nonni, un fratello e il padre. Niente madre.

Poi un pensiero che si stava sviluppando da un po’ giunse a termine e lo spinse a chiedere: - Mamma! Non puoi guarirti? Con un’operazione, o qualcos’altro…?

La donna era appena sull’uscio quando sentì la voce del ragazzo. – Sì, in teoria sì. In pratica no, è troppo costoso.

Quelle parole colpirono duramente Yoh rompendo qualcosa di sconosciuto, che s’infranse dentro di se in silenzio, come una brocca di vetro.

Keiko varcò l’ingresso e si sedette in cucina, dove Anna stava guardando un telefilm.

Yoh attese ancora in giardino, frullando il cervello quasi letteralmente per cercare soluzioni possibili e realizzabili che avrebbero potuto sottrarre sua madre da quel destino.

- Non c’è niente che tu possa fare. Sono operazioni molto costose.

Si voltò di scatto: la figura trasparente del suo spirito custode era alle sua spalle, con la sua aria fiduciosa e rasserenante velata da inevitabile tristezza.

- Tu dici? Non c’è alcun modo per guadagnare i soldi che servono?

Il samurai annuì, poi gli disse la somma esatta che gli aveva riferito Mikihisa durante il loro incontro prim’ancora che entrasse in casa quella mattina.

- Sono sempre l’ultimo a sapere le cose, eh? – ribatté stizzito lo sciamano, guardandolo sottecchi – Una cosa così importante, poi!

- Oh, ti prego Yoh! Non fare così, proprio perché è importante non te lo abbiamo detto noi ma tua madre in persona! Ti prego, metti da parte l’orgoglio, sei comunque un bambino, dopotutto…

- Stai scherzando! Io non sono un bambino, chiaro!?

- Ah sì? – incalzò Amidamaru. Voleva vedere dove sarebbe andato a parare il suo padrone.

- Sì, ormai sono grande, ho sedici anni e la notte scorsa sono diventato un uomo, quindi non trattarmi più come un bambino!

Lo spirito inarcò un sopracciglio. – Sei diventato uomo? Ma se non hai nemmeno la barba!

- Cosa c’entra, quella varia da persona a persona!

- E allora?

- Pensavo lo sapessi, dalle urlate che ha fatto mia madre.. lo avrà sentito tutto il vicinato!

- Ma che cosa!

- Che ho fatto sesso con Anna! Ma tu dov’eri? Anzi, è da un po’ che scompari per giornate intere, senza farti più vedere…

Amidamaru rimase così tanto di stucco nell’apprendere l’avventura di Yoh che non fece caso a ciò che gli aveva chiesto subito dopo. Ma mentre lo fissava in volto, riusciva a leggergli negli occhi una scintilla tutta nuova, matura.

Annuì e scomparve.

- EHI! Non mi hai risposto! – protestò lo sciamano al vento.

 

- Anna, sappi che sono davvero contenta. Per te e mio figlio, certo non avrei pensato che la scintilla fosse già in azione, ma sono soddisfatta del tuo compito. Sei sempre rimasta al suo fianco, e te ne sono grata.

Posò la tazza di infuso alle erbe che le aveva preparato la ragazza e sorrise. Anna era di fronte a lei, seduta dall’altro lato del tavolino ma non stava sorridendo. – Mi piacerebbe poter contribuire alla spesa dell’operazione. Purtroppo la mia famiglia mi ha lasciata senza dote, e non possiedo null’altro che me.

- E’ più che sufficiente. Per me, il modo migliore di andarsene è senza lasciar nulla in sospeso, e sono contenta che sia così. Quanto ai giorni che mi rimangono.. – tossicchiò un poco, coprendosi la bocca con la mano – Li passerò come se non ci fosse questo spiacevole epilogo, come se dovessi semplicemente pensare a cosa cucinare la sera o dove andare per le vacanze estive. A proposito, tu e Yoh avete già pensato a dove andrete? Porterete con voi anche Hao?

Anna sorrise. – Non credo che lui muoia dalla voglia di venire al mare con noi. Comunque, non abbiamo ancora deciso nulla. Mi piacerebbe andare fuori dal Giappone, però. Dopo il torneo, questo paesaggio mi sta un po’ stretto, non mi spiacerebbe vedere nuovi orizzonti.

- E come ci andrete?

- Con l’oversoul di Amidamaru, è il mezzo più rapido ed economico. Sempre che lui e Yoh non litighino ancora… ultimamente non vanno molto d’accordo, più o meno da quando lui ha messo in atto il suo piano per assomigliare ad Hao.

- E non sono in sintonia?

- Esatto. Nonostante questo, Yoh continua ad aumentare le sue abilità spirituali.

- A discapito del fratello, però.

- Sì… infatti..  temo che dietro al rapporto instabile di Yoh e Amidamaru ci sia proprio questo ìtrasferimento’ di furyoku.

Tacquero. Dall’ingresso si udirono voci, poi passi distinti. Si muovevano lentamente, quasi all’unisono ma si sentiva perfettamente che erano due persone, una più leggera dell’altra. Poi se ne aggiunse una terza, dello stesso peso di quella più leggera.

Hao, MIkihisa e Yoh entrarono nello stesso istante in salotto. Tutti e tre sorridevano. Keiko non lo diede a vedere, ma anche lei era radiosa. Yoh se n’era fatta una ragione e si stava riprendendo. Doveva aver compreso.

- Abbiamo tutti una grande notizia! – annunciò Mikey, allargando le braccia e indicando se stesso e i ragazzi – Hao ha suggerito di fare razzie e saccheggi nei villaggi di campagna per sostenere la spesa dell’operazione e io e Yoh abbiamo aderito all’idea! Contenta, tesoro?
Anna sputacchiò un po’ di tisana, finendo quasi per strozzarsi; riacquisita la sua solita flemma, poi, continuò a sorseggiare altezzosa la bevanda fingendo di non aver sentito quell’idiozia.

Keiko, invece, se la prese a cuore e li sgridò severamente anche solo per aver pensato una cosa del genere, ma ben presto si accorse di esser stata presa in giro. – Ah, ma io… Lo sapevo, non potevate prendere sul serio una simile idea!

E il resto della giornata passò dolcemente, senza intoppi ne amarezze, come i tre giorni successivi. Una sera fecero persino un gioco di società preso da un programma in tv, con quasi le stesse particolarità del quiz. Mentre giocavano, la conversazione, da discorsi del più e del meno, piombò radicalmente nel problema di Hao. Yoh era curioso e non era riuscito a trattenersi per una conversazione privata. Perlomeno, aveva avuto il buon gusto di parlarne telepaticamente.

Perché ti preme tanto, il problema è mio”, aveva risposto acido l’omnyoji, guardandolo sprezzante.

“ Beh, sai com’è… sei mio fratello, e poi la cosa riguarda anche me, non credere!”

Naturalmente, bloccarono il gioco non appena le loro menti si toccarono. Anna comprese subito cosa stessero facendo, ma i due adulti no. Non erano abituati a quelle conversazioni invisibili e vennero bloccati dalla ragazza non appena cercarono di interferire. – Stanno parlando in privato – disse lei, scostando una ciocca di capelli biondi dal viso per farlo risaltare in tutta la sua freddezza – Ultimamente fanno così, invece che appartarsi s’impuntato nella telepatia. E’ una noia quando lo fanno, ma il bello è che non si accorgono più di nulla che accade intorno a loro!

- Pensavo che solamente Hao avesse quel potere – puntualizzò Mikey, sistemando le sue carte in mano – Poi mi ha detto che Yoh lo ha scoperto così, senza accorgersene e io non ci ho creduto.

- Se continuano per più di un’ora, verrà mal di testa prima ad Hao e poi a Yoh, per poi diventare entrambi di un carattere impossibile – continuò Anna.

Keiko li contemplò a lungo. In realtà li stava guardando e non lo stava facendo. Vedeva i suoi piccoli neonati nel loro primo giorno di vita. Ogni volta che ci ripensava, non arrivava mai allo spiacevole momento in cui il maggiore dei due aveva richiamato il suo spirito del fuoco per andarsene via, senza farsi più rivedere per tredici anni. Preferiva modificare il ricordo in modo tale da vederli assieme, anche se tutto era accaduto quando Yoh ancora non era uscito alla luce.

Vide poi, nel presente di quella serata in salotto, Hao sollevare la testa di scatto, come folgorato, per poi voltarsi con espressione stupita verso di lei. Keiko sentì i suoi occhi accesi come il fuoco fin dentro l’anima: erano esattamente come quell’ultimo sguardo prima che se ne fosse andato, come quel saluto silenzioso da neonato.

E lui lo sapeva. Malgrado i ricordi della donna non fossero pensieri leggibili, e lui stesse litigando col fratello, le loro menti si toccarono e Hao sentì i sentimenti di Keiko Asakura direttamente nella sua anima. Come prima cosa sentì il suo amore, denso e profondo come  non lo aveva mai sentito dentro di se. In quel momento, l’omnyoji tornò a pensare alla sua vera madre. Era da allora, dall’epoca in cui viveva con lei, che non sentiva un calore simile. Anche la vicinanza con Yoh e l’intesa con Mikihisa ottenuta quel pomeriggio erano sentimenti molto forti, caldi e rassicuranti, ma non erano minimamente paragonabili a ciò che stava sentendo in quel momento.

Si voltò verso il fratello e comprese. Lui aveva sempre avuto quel calore, ed era in parte anche quello ciò cui anelava quando diceva che voleva unirsi a lui. Voleva divorare il suo spirito quando la sua abilità fosse arrivata al limite, per poi diventare Shaman King. Voleva la sua forza d’animo, voleva quel sentimento, quella stretta al cuore.Comprese anche cosa significasse stare in una famiglia: era quel bellissimo sentimento che stava provando mentre giocava, anche se di malavoglia, ad uno stupido gioco di società. Cosa gli era stato privato per tutta la vita, per tutta la sua millenaria vita! E lo stava scoprendo ora che quella fantastica donna lo stava per lasciare…

Scosse la testa e si preparò a parlare. Sapeva perfettamente che quello che avrebbe appena detto avrebbe rotto il silenzio in una maniera a dir poco clamorosa.

- Ripensandoci, in effetti una maniera per salvare Keiko c’è. E non è fare razzie. – spostò lo sguardo su ogni volto in quella stanza, godendo della loro impazienza e del loro stupore – Non so se ve lo ricordate, ma io sono ancora uno sciamano di grandissimo livello, in grado di utilizzare tecniche mai viste prima. Ho anche appreso, fra le altre tecniche, il Cho Senji Ryakketsu. La tecnica della risurrezione.

Una scintilla si accese in ognuna delle loro menti, meno che in quella di Yoh.

- Ma.. – disse – Così la mamma dovrà morire comunque…

Hao socchiuse gli occhi, guardandolo di sbieco. Il fuoco nelle sue iridi non era più letale, ma comunque raggelante. – Beh, no. Questo solo nel caso non riuscissimo a fare in tempo, l’ho detto per non far svanire le speranze: la resurrezione esiste. Ed è provato, tu stesso, Yoh, sei tornato dall’Inferno una volta.. e Ren circa tre, se non mi sbaglio.

Anna posò sonoramente le carte sul tabellone. – Molte volte, invece, sono state curate le ferite direttamente con questa tecnica. Non puoi fare lo stesso?

- No – rispose l’altro, pacato come sapeva sempre essere – Quelle che si curano sono ferite della carne, e a parte il medico che ha diagnosticato il cancro a Keiko, questa non è una ferita esterna. Almeno fino ad ora. Possiamo aspettare il momento in cui il malore cominci a manifestarsi anche esternamente e poi curarla del tutto. Non male come proposta, eh?

Hao lo aveva detto con aria beffarda, come se stesse gabbando tutti con il suo modo di fare, come se nessuno ci avesse potuto pensare all’infuori di lui. Keiko si alzò in piedi lentamente, poi sembrò svenire mentre il suo corpo dolcemente ed improvvisamente crollava giù, ma in realtà stava semplicemente cercando di cogliere di sorpresa il figlio maggiore per abbracciarlo di gioia. Sapeva bene che un gesto simile lo si poteva fare con degli amici o dei bambini, ma non ci pensò su molto: voleva bene ad Hao, in quel momento più che mai. Lo strinse con forza pari all’abbraccio nel pomeriggio con l’altro figlio, Yoh, e il suo volto bagnò di lacrime la camicia del ragazzo che, impietrito, non muoveva un muscolo e rimase senza fiato. Felicemente senza fiato.

- Grazie… -singhiozzò lei, avvinghiandolo sempre di più – Grazie Hao, figlio mio…

 

- Lo sai.. – chiese Anna mentre sollevava il lenzuolo per entrare nel letto – Lo sai che cosa mi ha detto tua madre mentre mi salutava, prima di partire con Mikihisa?

Yoh rispose con un cenno del capo. – No, che ti ha detto?

- Che è contenta di noi due – spiumacciò il cuscino con forza – E che è convinta che sarò una buona moglie, e un’ottima madre.

- Addirittura! – esclamò l’altro da sotto il letto, in missione per ritrovare il calzino scomparso – E nient’altro? Che magari ti vedrebbe  bene come imperatrice del Giappone, no?

Quando riemerse, un cuscino lo atterrò senza preavviso. – Non mi credi? – ribatté acida lei, senza scomporsi per la botta che il suo ragazzo ha ricevuto cadendo all’indietro.

- Ma certo! Certo che sì, Anna, è che… niente. Anch’io sono sicuro che un giorno saremo una splendida famiglia…  Perché è convinta che sarai una buona madre?

- Ottima – precisò l’altra, prendendo al volo il suo cuscino per poi rimetterlo a posto e sdraiarsi nel letto – Ha detto che se sono riuscita a migliorarti così tanto semplicemente con la mia determinazione, posso benissimo crescere figli diligenti e obbedienti senza problemi. Il che la renderebbe ancora più orgogliosa.

- Oggi praticamente non ha detto altro.. almeno dopo la strillata di stamattina!

Entrò anche lui nel letto, rievocando, senza nemmeno accorgersi, le gesta della notte precedente. Anche la ragazza sdraiata al suo fianco ci stava pensando, ma con malinconia. Mentre rigirava tra le dita una bretellina della camicia da notte, si disse che non riusciva a pensare a niente di più bello, e che probabilmente non lo avrebbero mai più fatto così.

Yoh si voltò su un fianco non appena sentì nei pensieri di lei quella sensazione spiacevole e dilatò la mente per cogliere i pensieri di Hao dall’altro lato del piano che si arrovellavano sul concetto di ‘madre’ e di ‘famiglia’. Probabilmente, prima o poi anche lui avrebbe trovato la ragazza della sua vita e avrebbe rimediato a quel vuoto che lo aveva sempre tormentato. Quando però Hao si accorse che i suoi pensieri non erano più cosa privata si mise a ridacchiare e disse una frase che lasciò molte rogne nel cervello di Yoh. “Non crederai che in mille anni io non abbia mai lasciato nulla dietro di me! E’ solo che… per i miei scopi, l’avevo dimenticato.”

Restrinse il raggio della telepatia alla stanza in cui si trovava in quel momento, la camera da letto matrimoniale che un temo fu dei suoi genitori. Percepì la presenza certa di Anna, oltre alla propria. Ma ne percepì anche una terza, molto debole e quasi inpercettibile.

Si mise di scatto a sedere, ruotando gli occhi attenti e vigili per tutta la stanza. Non c’era nessuno, oltre a loro due.

Ma allora di chi era quella flebile presenza?

Cercò di seguire la sua traccia con molta attenzione, ma ogni tanto scompariva per poi ricomparire alla sua destra. Si voltò: ancora una volta, vide solo Anna.

- Che c’è, Yoh? – chiese lei con voce assonnata, sentendo l’inquietudine del fidanzato.

Lui non rispose per non perdere ancora il contatto. Dilatò al massimo delle sue capacità la mente e continuò a scrutare ogni centimetro della stanza.

Poi, ricondotto ancora una volta nel suo inseguimento nel luogo in cui Anna lo fissava stralunata, comprese. La fissò a sua volta, poi fissò il lenzuolo che la copriva, concentrandosi in un punto ben preciso del suo corpo sottostante. In un’altra stanza della casa, sentì Hao ridacchiare.

- Anna - disse, mentre un sorriso gli si illuminava in volto – Tu... hai già fatto il test di gravidanza?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Bene! Siamo giunti al termine di questa FanFiction che mi ha impegnata dal 30 gennaio 2006!

Non so ben definire questa fine, quindi dirò soltanto che per me la fine migliore è quella che porta ad un nuovo inizio e qui, miei cari lettori, c’e n’è più d’uno! ^^

Come mi sento sollevata! MI è piaciuto molto anche il finale, con l’ultima frase rimasta così in sospeso… già già! ^___^

Naturalmente, ma è quasi palese, devo ringraziare voi tutti, lettori e recensori, per l’enorme ed insperato sostegno che mi avete fornito durante tutta la stesura della fic! GRAZIE!!! GRAZIEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Non so proprio come avrei fatto senza di voi! Ç__ç E la fic è già finita… un po’ di malinconia me la lascia dentro, devo dire… prima mi avvicinavo al pc e dicevo: “ devo aggiornare Twin Spirits!” e ora… devo aggiornare molte altre fic, certo, ma non più questa!

Beh, era naturale. Prima o poi, si finisce. Magari un giorno farò un sequel

Ma bando ai sentimentalismi, ringraziamo questa enorme folla di sostenitori! MI avete fatto raggiungere l’apice del successo, non avevo mai ricevuto così tante recensioni in una fic sola, senza contare questo capitolo sete arrivati a 99 recensioni! Roba da capogiro per una piccola crapa come la mia! Come vi posso ringraziare? Ci sono! Elencherò tutte le povere anime che mi hanno recensita (anche solo una volta) dalla prima all’ultima comparsa!

Ancora grazie! Non immaginate quanto sia importante il sostegno dei lettori!

 

 

a special thanks to:

Mao chan

Miya

Lunetta

kristin

shin-shi

Elie_chan

Yoru

Kia&AlterEgo

Miyu chan

Rachele

Francesca Akira89

Nuwanda

MorganIce

Nanau

Didith

Lady Antares D.L.

Ayako-Chan

inuyashalove

nagoya

didiblack

lucy-92

merryluna

yohandanna

Scintilla

 

 

 

...

 

Mi fate commuovere... ditemi voi se c’è il bisogno di un sequel, io non lo so! Se però il finale di questa fic è enigmatico come quello del manga… lo scrivo subito! ^^

 

Baci,

Shark Attack

 

 

 

 

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TWIN SPIRITS

 

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                THE END!

 

 

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