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Autore: Ignis    21/08/2012    11 recensioni
Siamo in un universo alternativo. Sulla Terra esistono due razze umane dominanti: una è quella dei Terrestri, gli abitanti della terraferma, mentre l'altra è quella dei Marini, gli abitanti dei mari. I Marini hanno soggiogato la razza umana diversi secoli fa e ora la dominano completamente, sfruttandola nelle maniere più disparate.
Louane è una ragazza Terrestre che, come tutti, spera di non essere scelta per essere deportata nel ventre oceanico... ma le sue speranze si rivelano presto vane. In un mondo ostile e sconosciuto come l'Oceano, sarà mai possibile per lei trovare il suo lieto fine?
Tratto dalla storia:
«Nash... mi dici perché hai scelto Wakko, all’asta?»
Lui però sembrava troppo impegnato a decidere cosa indossare ai piedi per prendere seriamente quella domanda. «Era l’unica decente. Un maschio non andava bene per Coco, e non si sarebbe divertita con una troppo grande per lei».
«E non ci sono altri motivi?»
«Dre».
«Nash».
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale Nash fu impegnato a preparare il borsone per uscire. Poi il ragazzo scosse la testa. «Senti, non ci sono altri motivi. Se ci fossero, te li direi. Sei mio fratello».

[Fiction Interrotta]
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Louane fa la conoscenza di Shania, la penultima dei sei figli di Alexander e Alisha King. La bambina è estremamente cagionevole di salute e dall’aspetto molto fragile, ma dalla mente abbastanza vivace da fare a Louane molte domande sulla terraferma. Nel frattempo i misteri si fanno più insistenti, tra lo strano comportamento di Nash e la mancanza d’informazione riguardo i Terrestri in quel territorio. Pare proprio che nessuno abbia informazioni riguardo la terraferma e i suoi abitanti, in fondo al mare: perchè? Nel frattempo, sembra che il segreto dietro il comportamento scontroso e intrattabile di Nash stia per essere svelato...

09. Fratelli e sorelle

Louane, diciotto anni, animaletto domestico di Coco da due settimane con il nome Wakko. Abilità generiche che indicano una buona capacità di adattamento a qualsiasi mansione. Capelli biondi, occhi verde acqua, carnagione chiara, arti snelli, voce dal tono medio-alto con un timbro morbido. Acquistata per la somma di 70.000 ron – metà del prezzo d’acquisto per una capsula antipressione usata. In quel momento, però, ognuna delle sue caratteristiche era assolutamente inutile, perché la sua testa era da tutt’altra parte.
La sua testa, già. La teneva appoggiata ad una mano, al momento, con i capelli biondi che le sfioravano l’avambraccio e lo nascondevano alla vista. Se ne stava stesa a pancia in sotto sul proprio giaciglio in camera di Coco, e gli occhi li teneva fissi su un certo quaderno.
Da quando Dre aveva deciso di regalarglielo, Louane aveva preso a sfogliarlo ogni volta che poteva. Le piacevano troppo i disegni, i tratti che davano forma alle immagini, di qualunque tipo esse fossero. Non solo: quel quaderno era la sua unica prova che i Marini fossero comunque esseri umani quanto i Terrestri. Riusciva a vedere la dedizione con cui Dre aveva definito i particolari e sfumato le ombre, per non parlare dei piccoli errori che si potevano notare a un esame più attento: alla fine nessuno poteva dire di essere perfetto, anche se in generale tutti i lavori erano impeccabili. C’erano anche delle pagine strappate, proprio lì, tra il disegno della ragazza e quello dello squalo tigre.
«Oh, ti prego. Mi fai venire la nausea».
Louane era convinta di essere al sicuro, sotto le coperte, con la tenue luce della finestra a illuminare la stanza, perciò era prevedibile che al sentire quella voce saltasse su con uno squittio e nascondesse di scatto il quaderno sotto il cuscino.
Syona, che se ne stava appoggiata contro lo stipite della porta, ridacchiò sommessamente. «Scusa, tesorino. Ti ho spaventata?» domandò in tono leggero, giocherellando con un ricciolo castano.
«Syona... fammi un altro scherzo come quello dell’altra volta e io...!» ringhiò minacciosa Louane. «Tu... non hai idea di quello che...!»
Syona ignorò i suoi farfugli e si avvicinò a lei con passo svelto, infilando una mano sotto il cuscino e prendendo il quaderno. Lo sollevò subito davanti al viso, facendo un paio di passi lontano da Louane. «Sì, sì, Wakko, ne abbiamo già parlato, ora basta fare chiasso. Se continui ad abbaiare qualcuno finirà per agitarsi» disse in tono noncurante, con gli occhi che le brillavano mentre guardava il quaderno. «Però. Non immaginavo che l’avresti preso sul serio, alla fine. Hai fatto davvero un gran bel lavoro... ed è stato pure divertente». Le rivolse un sorriso sornione.
La bionda in quel momento era nera per la furia. «Divertente?! Per te, forse! Ho passato il più orrendo quarto d’ora della mia vita! Credevo che sarei stata divorata!»
Syona sorrise melliflua. «Siamo nervosetti, eh? Ti ho già detto che la tua paura è una cosa stupida» la schernì, richiudendo il quaderno e appoggiando la mano libera su un fianco. «Sono qui per dirti un paio di cosette, comunque. Primo: scegli la fragola».
Ecco un altro nonsense. «Per che cosa?» domandò Louane irritata.
«Lo scoprirai tra un attimo» disse Syona calma. «E poi...»
Riaprì il quaderno e lo sfogliò piano. Poi lo aprì sulle pagine con la ragazza e lo squalo, dove stavano anche i bordi delle pagine strappate. «...sei curiosa di sapere cosa c’era qui?»
Louane aggrottò la fronte, sporgendosi un po’ verso di lei. «Perché, tu lo sai?»
Non poteva negare di essere abbastanza curiosa. Dre aveva conservato nel quaderno anche i suoi primi lavori, che non si potevano dire belli per eccellenza. E le pagine strappate erano tutte raggruppate lì, quindi non potevano essere solo delle bozze venute male. Di cosa poteva trattarsi?
«Sì, lo so» disse Syona, palesemente soddisfatta di aver attirato tutta la sua attenzione. «È una storia molto interessante, e anche abbastanza divertente, se ci si pensa. Ma, sai, sono faccende private, non dovrei proprio dirtelo...»
Ormai Louane si sentiva presa in giro in tutto e per tutto. «Syona, ormai me ne stai parlando. Di cosa si tratta?» insisté.
«Come siamo curiose, all’improvviso!» ridacchiò Syona deliziata. Fece spallucce. «No, non te lo dirò io. Se lo vuoi sapere, prova a chiedere a...»
«Syona, dai, vieni!»
Il tempismo perfetto di Vic interruppe la loro conversazione. Il ragazzo entrò nella stanza, agguantò il polso di Syona e la trascinò via.
«Dai, sbrigati. Sta per arrivare Coco, se ti vede qui potrebbe innervosirsi. E chi lo sente poi il padrone?»
«Oh, il cucciolotto non vuole essere preso a bastonate? Povero piccolo...» ribatté ironica Syona mentre uscivano, buttando a terra con noncuranza il quaderno.
«Aspetta, Syona!» esclamò Louane, sporgendo inutilmente una mano verso di lei. «Cosa volevi dirmi? Aspetta!»
Ma se n’era già andata. Come al solito Syona prima creava scompiglio, poi spariva. Avrebbe mai avuto pace?
Con un sospiro, Louane riprese il quaderno e lo liberò dalla polvere, rimettendolo poi nella federa del cuscino. Avrebbe proprio fatto meglio a non farsi vedere troppo con quello in mano.
Allo stesso tempo, però, alla lista di misteri se n’era aggiunto un altro: le pagine strappate. Era ovvio che si trattava di qualcosa di importante, ma Syona non si era neanche preoccupata di dirle a chi avrebbe dovuto chiedere informazioni.
...ma cosa le importava, poi? In fin dei conti non era affatto tenuta a ficcare il naso negli affari dei suoi padroni. Lì era un animale domestico: poteva sorridere e fare la carina, magari lamentarsi un po’ quando si faceva male, mai mordere la mano che la nutriva, mai parlare francese, mai cercare di scappare.
Solo che concentrarsi su altro, magari per cercare di distrarsi, la faceva sentire un po’ meno animale domestico del solito. Un po’ più umana.
Quando Coco entrò, Louane si stava sfiorando distrattamente il nastro con il fiocco che aveva legato al collo.
«No, Wakko, cattiva!» la rimproverò Coco, avvicinandosi subito e scansandole la mano per sistemarle meglio il nastro. «Non lo devi togliere mai, capito?»
«Sì, padroncina» rispose ubbidiente Louane.
La bambina sorrise. «Adesso vieni di là, ti faccio il bagno!»

Normalmente Louane aveva la possibilità di lavarsi per conto proprio, ma evidentemente Coco aveva deciso di cambiare registro... e Louane non poteva opporsi al suo volere: ne aveva pieno diritto. Senza che Louane potesse dire la sua – guai a lei se solo ci avesse provato! – venne trascinata nel bagno di casa, dove stavano una vasca enorme e vari prodotti, tra bagnoschiuma, shampoo e balsami vari. C’era anche Rura, che le rivolse un sorriso a metà tra il rassegnato e il comprensivo che fece sentire Louane un po’ più protetta. Se c’era anche lei, poteva essere certa che Coco non facesse casini.
Dopo aver aperto l’acqua e chiuso il tappo per far riempire la vasca, Coco le mostrò due bottiglie di bagnoschiuma. «Dai, Wakko, scegli!»
Louane sollevò le sopracciglia. «Scelgo io?»
Lei annuì convinta. «Sì, vediamo se indovini!»
”Indovinare”? Indovinare cosa? Sembrava proprio che quella mattina nessuno avesse intenzione di dirle le cose come stavano.
Tornò a guardare le bottiglie. Su una c’era scritto “Pesca”, sull’altra “Fragola”. Ora si spiegavano le parole di Syona, almeno in parte: secondo la donna infatti avrebbe dovuto scegliere la fragola.
Louane ci pensò su prima di rispondere. Poteva rispondere “Fragola” e decidere di fidarsi di nuovo di Syona... ma poteva esserci dietro un altro trucco per uno scherzo di pessimo gusto. Altrimenti poteva scegliere la pesca, e decidere di affrontare un rischio che forse c’era o forse no. E se Syona le aveva detto “fragola” proprio perché sapeva che non l’avrebbe scelta?
«Wakko?» la chiamò Coco. «Dai, è facile!»
Oh, basta.
«Pesca» disse Louane.
Coco fece un grandissimo sorriso di dentini affilati. «Hai indovinato! Bravissima, Wakko! Dopo ti faccio mangiare qualcosa di dolce!»
Louane sorrise soddisfatta. Ora era tutto chiaro: ogni volta che Syona le diceva di fare qualcosa, a lei sarebbe bastato fare esattamente il contrario di quello che le veniva detto. Lanciò un’occhiata a Rura, la quale sembrò improvvisamente a disagio. Se un attimo prima Louane era soddisfatta, un attimo dopo era già un po’ nervosa.
In fondo, però, la situazione era ridicola. Dopotutto si trattava solo di scegliere tra il bagnoschiuma alla pesca e quello alla fragola! Non era il caso di farne una questione così importante. Che differenza poteva mai esserci?

«Mi sa che Eyla ce l’ha con te».
Nash aggrottò la fronte. Si stava ancora vestendo, e Dre gli era entrato in camera per chiacchierare... ma quello era l’ultimo argomento che si aspettava. A dispetto della sua espressione, comunque, fece spallucce e continuò a cercare la maglietta nel cassetto.
«Eyla ce l’ha sempre con me. Anzi, credo che per lei essere arrabbiata con me sia diventata una specie di abitudine» rispose.
Il suo tono aveva solo una leggera punta di nervosismo, ma ormai erano giorni che Nash non riusciva ad essere completamente tranquillo. Una cosa che iniziava a preoccupare seriamente un po’ tutti, soprattutto il fratello gemello.
«...ascolta» riprese Dre. «Eyla ti ama».
Nash sbuffò insofferente.
«Ti ho detto “ascolta”» sibilò il fratello. «Se fai qualcosa che la fa arrabbiare, lei prima distrugge te, poi si distrugge da sola».
Nash afferrò con forza la maglietta che aveva in mano e diede uno strattone brusco con le mani, strappandola in due. Poi lanciò le due metà contro il muro. «Ma certo! È Nash quello nervoso, diamo tutti la colpa a lui! Sicuramente è lui che sta diventando sempre più pazzo! È questo quello che pensi, vero?!» tuonò.
Dre aveva incassato la testa tra le spalle. «Non ho mai detto questo. Adesso stai calmo. In questi giorni sembri davvero fuori di testa... spero proprio che Lexi non sia costretta a metterti dietro le sbarre».
Dietro le sbarre, sì. Dove andavano i Marini che diventavano animali. Ma per andarci bisognava fare di più che strappare una maglietta, e lo sapevano entrambi; per questo motivo Nash fece un respiro profondo, rilassò le spalle e prese un’altra maglietta da indossare.
«Non so cosa le prende, di recente. Diventa sempre più gelosa anche per le cose stupide, fraintende quello che dico, si fa film mentali...»
«Ho notato» disse Dre. «È diventata gelosa anche di Wakko».
Vide chiaramente le spalle di Nash sussultare. Inarcò le sopracciglia.
«Nash... mi dici perché hai scelto Wakko, all’asta?»
Lui però sembrava troppo impegnato a decidere cosa indossare ai piedi per prendere seriamente quella domanda. «Era l’unica decente. Un maschio non andava bene per Coco, e non si sarebbe divertita con una troppo grande per lei».
«E non ci sono altri motivi?»
«Dre».
«Nash».
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale Nash fu impegnato a preparare il borsone per uscire. Poi il ragazzo scosse la testa. «Senti, non ci sono altri motivi. Se ci fossero, te li direi. Sei mio fratello».
Uscì dalla camera, seguito a ruota dal gemello. Dre, piuttosto che seguirlo, si diresse in camera propria.
«Buona passeggiata, Nash»
«Grazie... ah, Dre». Nash si voltò verso di lui. «Dov’è finito il tuo quaderno?»
«L’ho dato via. Iniziava ad irritarmi».
Lo sguardo di Nash si incupì. Dre se ne accorse subito.
«Ehi, ehi. Non preoccuparti. È solo un quaderno».
«Sì» rispose Nash, per niente convinto.
Scese le scale, arrivò nell’enorme ingresso.
Coco era già lì, e gli rivolse un bellissimo sorriso appena lo vide. Accanto c’era Wakko, che sembrava sorpresa di vederlo. Non in senso positivo, e Nash non faceva fatica a intuire il motivo.
«Andiamo» disse il ragazzo, avvicinandosi a Coco e lasciandole una carezza distratta sul capo. «Oggi vuoi nuotare, no?»
«Sì! Andiamo!» trillò la bambina, più che allegra che mai.
Fu mentre aprivano il portone di casa, cioè quando Wakko fu piuttosto vicina, che Nash sentì quel profumo.
«Coco» mormorò appena. «Sento un profumo...»
Lei sorrise; pareva piuttosto soddisfatta. «Sì! Ho usato il bagnoschiuma alla pesca! Buono, vero?»
Nash si voltò a guardare Wakko. La ragazza sembrò farsi piccola piccola sotto il suo sguardo, come se temesse di essere trafitta da milioni di coltelli. Una delle cose che lo irritavano di più.
Solo che quella volta non era affatto irritato. Anzi, si sentì stranamente calmo.
«Sì, buono».
Chiuse la porta alle proprie spalle.

Nelle giornate in cui non c’era scuola, Nash e Coco si svegliavano presto per andare a fare una passeggiata in centro, oppure una nuotata al parco; spesso facevano entrambe le cose. Coco probabilmente era affezionata a Nash più che a tutti gli altri suoi fratelli e sorelle: questo perché aveva sempre tempo per giocare con lei, e piuttosto che mantenere sempre quel certo autocontrollo che aveva Dre, Nash si prestava volentieri anche ai giochi più spericolati.
Quel giorno, però, Coco aveva deciso di portare con loro anche Louane, per farle fare una passeggiata e mostrarle più Oceano di quello che aveva messo a fuoco appena arrivata.
A Louane, in una situazione normale, non avrebbe potuto che fare piacere. Non aveva visto granché di Seahorse – non ancora – e il giorno in cui era arrivata non era assolutamente dell’umore giusto per guardarsi intorno senza scoppiare in un pianto disperato. Cosa non proprio lecita se in compagnia dei propri padroni. Lì però c’era Nash, ed era sicura che sarebbe rimasta tutto il tempo tesa come una corda di violino.
Contro ogni sua aspettativa, però, non accadde. Nash aveva preso Coco in braccio, e ora camminavano dietro di lei – da dove la potevano controllare – ridendo e chiacchierando di cose stupide.
«A scuola la maestra ci ha chiesto di disegnare il nostro eroe e di spiegare perché è il nostro eroe!» raccontava Coco, tutta contenta.
«Ah sì? E tu di chi hai parlato?»
«Di Kane!» esclamò la bambina raggiante.
Nash pareva contrariato. «Ma come?! Non hai parlato di me?»
«Ma Nash, tu non sei un eroe, sei un fratello!»
E ridevano, per poi parlare di cartoni animati, di videogiochi, di persone. Sembravano persi nel loro mondo.
Louane ogni tanto si voltava verso di loro, e Nash le lanciava un’occhiata... beh, soddisfatta. Era evidente che la presenza di Coco riusciva a placare parecchio il suo atteggiamento nei suoi confronti: non l’aveva ancora guardata male, neanche una volta.
Erano andati in centro, e intorno a loro giravano parecchi Marini, con pochissimi Terrestri che se ne andavano in giro da soli o controllati. Era quel genere di situazioni in cui Louane, di altezza nella media, si sentiva estremamente piccola; le persone, le porte dei negozi, ciò che si vendeva nei negozi... beh, tutto era semplicemente enorme. Era un lato dell’Oceano cui doveva abituarsi: il fatto che sarebbe stato tutto più grosso rispetto a lei.
«...e poi Capitan Spada si è gettato contro la porta per entrare!» Coco ridacchiò.
«E poi?» la incalzò Nash. «Poi che è successo?»
Sembrava così stupido interessarsi a una cosa così... beh, così infantile. Eppure Nash si stava davvero divertendo, Louane lo sentiva. E non poteva fare a meno di invidiarlo.
«Poi gli è rimasto il naso incastrato nella porta. Fortuna che c’era Tenente Gallo con lui!» Coco rise ancora, fortissimo, poi esclamò: «Ah! Aah! C’è Kynan! Nash, mettimi giù, mettimi giù! KYNAAAAAN!»
Coco iniziò a strillare e ad agitarsi tanto che Nash dovette metterla subito giù. Parecchia gente si era voltata verso di loro.
Il “Kynan” di cui parlava Coco era un bambino che se ne stava più avanti in compagnia di una ragazza. No, a giudicare dalla pelle, probabilmente era sua madre.
«Ciao Coco» salutò il bambino in tono neutro. Poi spostò lo sguardo su Louane. «È quella Wakko?»
«Ah! Sì, sì!»
Louane s’irrigidì mentre Coco le prendeva con poca grazia il braccio – ormai in vari punti era nero, oppure giallognolo, tante erano le volte che veniva agguantata in quel modo – e la trascinava verso il suo amichetto. Dopodichè Coco la costrinse a mettersi in ginocchio davanti a lui.
«Puoi accarezzarla! È buona buona!» lo rassicurò Coco.
Kynan era un bambino intelligente: lo si capiva dal suo sguardo. Lo vide sollevare la mano e chiuse gli occhi.
«Che... che fa?» domandò Kynan. «Ha paura?»
«Non lo so...» fece Coco. «Ehi, Wakko, non chiudere gli occhi! Tienili aperti!»
Louane riaprì gli occhi, ubbidiente, e finalmente Kynan le toccò i capelli.
Fu un tocco estremamente delicato, La manina del bambino la sfiorava appena, e a Louane quasi venne da sorridere.
«È diventata rossa» notò Kynan.
«Sì! Carina, vero? Puoi accarezzarla più forte, però, tanto non le fa male!» disse Coco.
Kynan scosse la testa. «I Terrestri hanno la testa tenera come un uovo di pesce, non lo sai? Bisogna fare piano».
Coco sgranò gli occhi. «Eh?!»
Sarebbe stato divertente continuare a seguire quel discorso sull’essere delicati o essere naturali con i Terrestri, ma in quel momento Louane sentì due mani posarsi sulle sue spalle, e una voce proprio sopra la sua testa.
«Coco, mi presti Wakko un attimo? Intanto continuate a parlare» disse Nash sbrigativo.
«Va bene» replicò Coco ubbidiente.
Louane si rimise in piedi più in fretta che poté, poi seguì Nash due o tre metri più in là.
Il ragazzo si mise a braccia conserte. «Smettila. Lo detesto».
Lei batté le palpebre. «Di che stai parlando?» fece. «Padrone?» aggiunse.
«Di quello» rispose Nash, accennando a Coco e Kynan. «È solo irritante. E non fare quella faccia, sai benissimo di cosa sto parlando!»
Lo sguardo di Louane era semplicemente vacuo. «Eh?»
«Tu... tu stai facendo la carina solo per piacere di più a Coco!» sbottò il Marino, aggrottando la fronte. «Stai cercando di manipolarli, Wakko. Datti una regolata».
Fu il turno di Louane di aggrottare la fronte. «Ma... ma io non sto cercando di manipolare proprio nessuno, padrone!» ribatté. «Quando avrei cercato di farlo? E come, scusa? Io qui sono soltanto un animaletto!»
«Sei arrossita davanti a loro solo per farti guardare di più!»
«Non ci posso fare niente! Diventare rossa non è una cosa che controllo!» ribatté Louane. «È una cosa che faccio quando...»
Quando sono felice.
Le parole le morirono in gola. Si ritrovò a fissare Nash in viso senza sapere più che cosa dire.
Era arrossita perché era felice. Beh, normale: quella era probabilmente una delle poche carezze gentili che aveva ricevuto da quando era arrivata.
Non solo. Stava parlando con Nash tranquillamente, senza preoccuparsi di rispondergli a tono... e lui non sembrava avere alcuna intenzione di volerla azzannare.
Purtroppo, però, durò pochissimo. Nash scosse la testa. «Tu stai soltanto cercando di confonderci le idee. Falla finita».
Distolse lo sguardo, ignorando quello assolutamente confuso di Louane.
L’ultima cosa che Louane sentiva di poter fare a un qualsiasi Marino era il lavaggio del cervello. Non avrebbe saputo da dove cominciare, e sicuramente non era il tipo da mettersi a... sedurre nessuno per ottenere qualcosa: si sarebbe fatta schifo da sola.
Cercare di far valere le proprie ragioni ora, comunque, era impossibile. Era ovvio che Coco stravedeva per il suo nuovo animaletto, e di certo per Dre non doveva essere una cosa normale cedere il suo quaderno a chiunque. Perfino Shania era stata felicissima appena l’aveva vista entrare in camera propria.
Sì, ma Nash? Da come aveva parlato, sembrava che si stesse riferendo anche a se stesso. Louane non ci arrivava proprio: per il momento Nash l’aveva quasi sempre trattata male, e non le sembrava che il ragazzo le concedesse favoritismi, anzi.
Quindi...?
«Nash, Nash! Kynan ha detto che possiamo andare a nuotare insieme! Andiamo? Ti preeeego!» cinguettò Coco, avvicinandosi a Nash e afferrandogli il lembo della maglietta.
Lui fece un gran sorriso. «Certo! Sarebbe divertente».
Mentre i Marini si avviavano insieme verso il parco per nuotare, ridendo e scherzando tra loro e senza degnarla di uno sguardo, Louane si sentì molto più Terrestre del solito.

Il “parco” per i Marini erano altre piscine situate in mezzo a una vasta zona piena di tavolini, sedie e chioschi sparsi qua e là. Erano estremamente vaste, estremamente profonde – alcune raggiungevano perfino gli scogli del fondale oceanico – ed erano piene di vegetali. Era un divertimento silenzioso, quello: ci si entrava per passare del tempo insieme, ma mentre i Marini usavano le branchie non potevano parlare. Se si voleva parlare bisognava per forza riaffiorare in superficie o sedersi ai tavoli, cosa che di solito alla gente che andava lì per nuotare dava parecchio fastidio.
Coco si era assicurata che Louane prima di uscire si mettesse un costume sotto i vestiti, ma Louane dubitava che la sua presenza sarebbe stata una buona idea in un parco. Lì i Marini nuotavano e davano sfogo a tutta la loro voglia di nuotare, e in un certo senso era una valvola di sfogo per gli istinti: certamente Nash o la madre di Kynan non le sarebbero arrivati addosso, ma una bambina dell’età di Coco era portata a fare quel genere di errori.
«Wakko, tu resta fuori dall’acqua» le ordinò infatti Nash mentre si sfilava la maglietta e la ficcava nel borsone, che aveva appoggiato sul tavolino.
Come Louane aveva già avuto modo di vedere in precedenza – ma non in circostanze così tranquille – Nash era più muscoloso di Dre. Non in maniera molto evidente, ma c’era un qualcosa nella forma delle braccia che lo lasciava intuire. Per il resto, era come un qualsiasi altro ragazzo Terrestre: era solo più grosso e più azzurro.
...a che serviva fare paragoni, comunque?
«Oh, perché? Voglio giocare con lei!» si lamentò Coco.
«Sì, anche io!» le fece eco Kynan.
«Non se ne parla, bambini» li redarguì la mamma di Kynan. «Potrebbe farsi male, e comunque non potrebbe andare molto in profondità: i Terrestri possono respirare solo fuori dall’acqua, ricordate?»
«Infatti» disse Nash. «Riuscirete tranquillamente a divertirvi anche senza di lei. Coco, dille di smetterla di fissarmi».
Louane distolse lo sguardo per conto suo e avvampò per l’imbarazzo. Non vide l’espressione che fecero i Marini attorno a lei, né se qualcuno la guardò ancora: era troppo impegnata a fissarsi le ginocchia e a sperare che il calore alle orecchie scemasse in fretta.
L’aveva fissato senza neanche rendersene conto. Tutte le altre volte che l’aveva guardato era stata troppo occupata ad avere paura per mettersi effettivamente ad osservarlo con attenzione, perciò stavolta ci si era soffermata con cura.
Fino a un mese prima, i Marini le sembravano tutti esattamente uguali. E ora? Ora avevano ciascuno un volto diverso.
Forse era stata Shania. O forse Dre, con il quaderno che le aveva regalato.
Non sapeva proprio darsi una risposta. Lì la sua vita non poteva essere “felice”, eppure iniziava a ragionare nel modo sbagliato. Anche prima, per un attimo, aveva desiderato di poter ridere e scherzare insieme a loro, e magari essere più alta, con una pelle azzurra e degli occhi neri come le profondità dell’Oceano.
Sicuramente stava impazzendo. Avrebbe dovuto passare più tempo insieme a Vic, probabilmente, e riabituarsi a una compagnia Terrestre. Non era una cosa sana, desiderare di cambiare natura in quella maniera. Neanche nel proprio subconscio.
«Ehi, tu. Che diavolo stai combinando?» domandò una voce. Louane si voltò di scatto.
Era una ragazza – una bella ragazza, a dirla tutta – e la guardava fisso. Louane aveva sfogliato fin troppe volte il quaderno di Dre per non riconoscere in lei la ragazza ritratta vicino al disegno dello squalo. Batté le ciglia una volta, chiedendosi per un attimo se stava avendo un’allucinazione.
«Chi ti credi di essere, Terrestre? Perché diavolo te ne stai seduta al tavolo? Alzati subito da lì!» le intimò ancora la ragazza, mettendosi a braccia conserte.
Louane non si mosse. «Il padrone mi ha detto che posso farlo, signorina» rispose in tono pacato.
Lei sembrava sul punto di azzannarla. «Come osi?! Sei soltanto una bestiaccia, tu! Sta’ al posto tuo!»
La agguantò per il braccio all’altezza del gomito e con uno strattone la fece alzare. O meglio, Louane si alzò più in fretta che poté: con uno scatto simile da parte di una ragazza Marina, per quanto giovane e fuori allenamento, le si poteva anche smontare la spalla.
«Chi ti credi di essere?» sibilò la sconosciuta.
Louane la fissava smarrita... e, sì, anche spaventata. Non era mai sicuro per un Terrestre rimanere in balia di un perfetto estraneo, ma credeva che almeno lì, seduta al tavolo e senza dare fastidio a nessuno, sarebbe rimasta in pace, esattamente come pensavano anche Nash e la madre di Kynan.
«Io... io s-sono la... sono Wakko... io...» balbettò Louane. Si sentiva sbiancare. Forse sarebbe svenuta: di certo il suo cervello aveva una mezza idea di spegnere la luce.
Lei assottigliò lo sguardo. «Ah, allora sei tu. Ma certo. Sei quella nuova».
Sentì la sua presa farsi più forte contro la carne. Louane si lasciò sfuggire un lamento che aveva cercato di soffocare. Ma faceva male, male, male...
«Sei proprio quella lì... e... questo profumo...»
«Aaaaaah! Aaah!» Louane strillò, una, due volte. Faceva malissimo, sentiva che le ossa si sarebbero accartocciate sotto quella presa, e si chiedeva perché ancora non sentiva il cric che certamente sarebbe arrivato, quello che forse avrebbe messo fine a quello stringere insopportabile. Qualche Marino si voltò verso di loro, infastidito dal chiasso, e qualcuno protestò a voce alta, ma Louane era diventata sorda.
«Chiudi il becco! Chi credi di incantare?» sbraitò la ragazza.
«Eyla, falla finita! Lasciala andare! Non vedi che le fai male? Lasciala!»
Di colpo tra Louane e la ragazza si parò Nash, che prese il braccio della sconosciuta e lo strinse per farle mollare la presa. Con un lamento Eyla fu costretta a lasciare il braccio di Louane, che subito lo riavvicinò al corpo e se lo massaggiò piano. Lo sentiva pulsare dolorosamente e sulla pelle erano rimasti dei segni rossi.
«Sei diventata matta? Mi vuoi dire che succede? Che bisogno c’era di aggredire Wakko in questo modo?!» ringhiò Nash a denti stretti.
Coco intanto si era avvicinata a Louane e le accarezzava piano la testa. «Shh, shh... ti ha fatto tanto male? Stai buona, Wakko...» poi fece una smorfia. «Che... Wakko, che cos’hai? Sei malata?»
Faceva così male che a Louane era sfuggita una lacrima. E non riusciva a smettere di tremare: si era spaventata a morte.
Eyla – evidentemente era lei, la ragazza di cui Shania le aveva parlato – guardò in basso, offesa. «Perché la difendi? Non sai neanche cos’ha fatto».
«Perché, che dovrebbe aver fatto?» ribatté Nash secco. «Eyla, è solo un animale. Un animaletto domestico. Qualsiasi cosa abbia fatto, non c’è bisogno di spezzarle il braccio per punirla... e se mai ce ne sarà bisogno, sicuramente non dovrai occupartene tu».
Probabilmente le sue grida si erano sentite fin sotto l’acqua: ormai erano in tanti nei paraggi a guardare verso di loro. Louane non osava neanche immaginare cosa sarebbe potuto succedere se Nash non fosse uscito dall’acqua così in fretta.
«Anche tu la difendi». Eyla era cupa in viso. «Benissimo. Nash, sei solo uno stupido, sai? Fai il finto tonto, ma il naso ce l’ho».
Nash scosse la testa. «È una coincidenza. Stai farneticando».
«Una coincidenza! Ah! Questa sì che è buona!» sbottò Eyla. «Vieni a parlarmi di coincidenze quando quella ragazza, quella che tu hai pagato settantamila ron, quella che sei andato a comprare personalmente, quella che ha quasi la tua stessa età e vive in casa con te, ha addosso il tuo profumo preferito!»
La Marina si divincolò dalla sua stretta e gli tirò uno schiaffo.
«Sei uno stupido, Nash. Ti odio».
Detto questo si allontanò dal parco a grandi passi, con gli sguardi dei Marini là attorno che la seguivano stupiti.
A Nash era rimasta una chiazza un po’ troppo rossa in viso. Si massaggiò la guancia, lo sguardo cupo fisso a terra.
«Coco... dai, torniamo in acqua».
Coco aggrottò la fronte. «Eyla è stata cattivissima! Ti fa male?»
Nash fece un sorriso amaro. «Un pochino».
Da arrabbiato che era, era diventato parecchio mansueto. Però non guardava Louane neanche di striscio.
Mentre Nash e Coco tornavano in acqua a divertirsi, Louane non pensò di voler essere come loro. Pensò solo che, effettivamente, quel posto non faceva assolutamente per lei.

Rieccomi.
Vipregononuccidetemi.
Sì, è passato quasi un anno dall’ultimo aggiornamento, me ne sono accorta. Ma non è una cosa voluta: vorrei scrivere la storia spontaneamente e non in maniera troppo forzata.
Questo capitolo è forse un po’ più lungo dei precedenti e spero che sia venuto abbastanza bene. Ci vediamo al prossimo: non so quando, non so neanche se vi vedrò... ma so che ci sarà. Di questo sono abbastanza sicura.
Grazie a tutti quelli che nonostante il ritardo disumano continuano a seguire/preferire/ricordare la storia, grazie a quelli che forse lasceranno una recensione, grazie anche a quelli che mi preferiscono come autrice e grazie a quelli che decidono di curiosare nel mio account per vedere se ho scritto anche altre fiction.
...sì, questo era un invito molto implicito.
Al prossimo capitolo!
Ignis

   
 
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