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Autore: alicerovai    22/08/2012    9 recensioni
Un'intensa nebbia angoscia gli abitanti di Duckburg. C'è paura, malinconia: è come se dovesse accadere qualcosa, ma nessuno riesce a capire cosa. Un agonia terribile attanaglia tutti.
Cosa accadrà? Riusciranno a ritrovare la luce?
Nota: i personaggi sono visti come umani. Di conseguenza le emozioni sono più intense, più reali.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La vita ti prenderà per mano e ti porterà via con sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edward sbadigliò.

Cascava dal sonno, e quasi non riusciva a vedere i suoi stessi piedi. Aveva gli occhi appannati.

Vuoi vedere che questa schifosa nebbia mi è entrata negli occhi, alla fine!, pensò innervosito.

Aprì lo sportello dell'auto, vi entrò e si mise a sedere al suo posto di autista.

Sbuffò.

Alzò la manica dal polso e guardò l'orologio: le 7:30 del mattino.

Al diavolo gli orari del cavolo degli aerei, pensò accendendo il motore.

Partì, senza alcuna fretta. Si fece tutti i semafori rossi della città, che non fecero altro che peggiorare il suo umore già nero.

Dopo l'ennesimo rosso, cercò di riordinarsi le idee.

Vediamo... per l'albergo dovrei girare a sinistra. Bella roba... a sinistra c'è solo nebbia... anche a destra... e davanti e dietro... anche in cielo, ovunque è nebbia! Alla fine andremo a far parte noi stessi, di questa nebbia...beh, io giro, spero solo di non incontrare una vecchina che attraversa la strada... Assai improbabile, visto che in giro non c'è manco un'auto...

Pochi metri più avanti si fermò davanti all'albergo, attendendo.

Goldie Glittering entrò nell'auto, in silenzio. Aveva addosso gli stessi indumenti della sera precedente.

« Aereoporto, Edward... » disse.

L'autista preferì non chiederle come mai si era spostata dal deposito a quell'albergo, e come mai adesso voleva andarsene e prima no... si limitò a partire nuovamente in direzione della meta.

Aveva capito che parlarle della festa o di quella notte non era il caso, sin da quando lo aveva chiamato per cellulare, svegliandolo.

« Non vuole bere un caffè, o fare colazione prima di partire? L'aereo parte alle 8:30 e c'è ancora un'ora di tempo... » propose con falsa noncuranza.

« Voglio andarmene, Edward » fu la risposta secca di Goldie.

Tuttavia l'autista non si arrese. « Signora, nel Klondike non eviterà la nebbia... »

« Non voglio fuggire dalla nebbia! » esclamò lei, furibonda d'un tratto.

Si mise il volto fra le mani, affranta.

Edward capì che non era il caso di fare domande.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Donald spense il fuoco sotto la macchinetta del caffè e se lo versò nella tazzina.

Mentre se lo beveva in silenzio, squadrò l'orologio appeso al muro.

Le 7:35.

E non aveva un minimo di sonno.

Era inquieto, dopo la nottata non era più riuscito a prendere sonno.

Si chiedeva se anche Daisy non riusciva ad addormentarsi, e magari, pensò, anche lei si stava bevendo un caffè a quell'ora.

Ripose la tazzina dentro l'acquaio e premette la fronte contro il vetro freddo della finestra. In genere era sempre riuscito a vedere le macchine, la strada e le stelle.

Ma naturalmente adesso non vedeva nulla di tutto ciò. Non si sorprese.

La sua espressione rimase la stessa, ma non riuscì a trattenere un acido pensiero.

Sarai contento, adesso. A cosa credi che serva, condannarci al buio eterno?

Ci stai buttando in un baratro.

Anzi, ci siamo già dentro, e non ne usciremo mai più.

E adesso, cosa conti di fare? Credi che sia servito a qualcosa, eh? Avanti, dillo!

Fece una smorfia, staccandosi dal vetro.

Scusami.

Lo so che ci meritiamo tutto questo, lo so.

Ma a forza di dare bastonate a uno per farlo parlare, alla fine quello muore.

Lo so che il paragone che ho fatto è stupido, ma è stato per farti capire... o notare... che se non vuoi mettere fine a ciò che hai creato e che ti ha deluso... se ci vuoi perdonare... se hai fatto tutto questo per aiutarci... e io spero sia così... beh, questa è l'ora giusta per porre fine alle nostre sofferenze. A meno che tu, ovviamente, non voglia davvero levarti ogni pensiero. Se è così, ti prego fallo subito.

Te ne sarei davvero grato.

 

Ma mi stai ascoltando?

Ci sei?

Diamine, mi dispiacerebbe davvero se scoprissi che sto parlando solo con me stesso!

Insomma, lo avrei fatto per tutta la vita. Sarebbe un problema se mi fossi sbagliato sempre.

Sarebbe una delusione immensa. Penso che non potrei sopravvivere.

 

 

 

Ma insomma, fai come vuoi. Hai sempre deciso tutto tu e sarà così per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Battista stava preparando il caffellatte.

Sapeva che il principale si era addormentato nell'ufficio.

Perlomeno, aveva pensato, con una buona colazione si sarebbe rimesso dalla notte precedente.

E dalla tristezza.

Sarà dura poter continuare come prima, pensò sospirando.

Aspettò che il latte salisse e spense il fuoco. Lo versò insieme al caffè.

Poi prese dei biscotti dalla credenza e li mise accanto alla tazza nel vassoio.

Coraggio, si disse incamminandosi col vassoio verso l'ufficio.

Mentre camminava intento a non rovesciare il lavoro di dieci minuti buoni, con la coda dell'occhio vide l'ora segnata dal vecchio orologio. Le 7:40.

In effetti aveva molto sonno.

Ma si era alzato perché non era riuscito a sopportare l'immagine di Scrooge dormiente sulla scrivania. Si rendeva conto di come poteva sentirsi dopo quello che gli era accaduto nella notte.

Ricordò Goldie che se andava lentamente per le scale. Non l'aveva nemmeno salutato.

Mentre scendeva le scale, un suono familiare lo fece fermare di colpo. Era un suono che non sentiva da molto tempo, e che ricordò aveva sempre amato particolarmente.

Si mise in ascolto.

Era calato nuovamente il silenzio. Ma aspettò.

Battista sussultò, stupefatto.

Eccolo di nuovo, quel dolce suono vivo.

E' il canto di uccellini. È proprio quello.

Com'è possibile?

Riprese a camminare, stranito.

Non li sento da mesi che mi sembrano anni.

E non mi sono sbagliato, è sicuro.

Non ci posso credere.

Possibile...?

Devo saperne di più. Ma prima ancora devo appoggiare il vassoio. E dare la colazione al principale.

Aprì lentamente la porta dell'ufficio senza fare rumore.

Proprio come aveva supposto, Scrooge stava dormendo a sedere sulla poltrona, con la testa sulla scrivania sorretta dalle braccia incrociate.

Accese la luce, non perdendo d'occhio il principale.

Quando si avvicinò, vedendo che Scrooge non si muoveva, si schiarì la voce.

« Signore, la colazione » disse poi, posando il vassoio sulla scrivania.

Scrooge aprì gli occhi, tirando su la testa. Guardò per alcuni secondi Battista e poi ritornò giù, nella stessa posizione di prima.

Battista sorrise pazientemente. « Sono un quarto all'otto, signore. Le ho preparato un buon caffellatte con i biscotti. Non le va? »

Silenzio.

Il maggiordomo, senza perdere la pazienza, si avvicinò alla teca della numero uno. La moneta non c'era. Ricordandosi del gesto di Amelia la notte precedente, la cercò per terra, trovandola. La prese e la mise al suo posto. Mentre lo faceva, gli venne un'idea.

« Signore, lo sa che ho sentito il canto degli uccellini prima? Le stavo portando la colazione, e li ho sentiti. Ne sono certo, sono qui fuori.

Strano, vero? Sono mesi che non si sentono »

Si voltò di poco, guardando il principale di nascosto. Aveva alzato la testa.

« No, ti sei sicuramente sbagliato, Battista. Non ci sono più. Non c'è più niente. È tutto finito, lasciami in pace » e affondò la testa nelle braccia.

« No signore, non è tutto finito. E lo sa perché? » Battista si mise a sedere accanto a Scrooge, sulla scrivania.

« Perché io non voglio che finisca. Non lo vuole nessuno, nemmeno lei. Noi crediamo di volerlo, ma in realtà non è così. Vorremmo certo che tutto questo finisca, ma per far sì che inizi un'altra vita, un'altra storia. Le piacerebbe, vero? Lo vorrebbe tanto. Vorrebbe tanto poter incontrare la signora Goldie in un'altra vita. Vorrebbe tanto poter rivedere i propri genitori per spiegare loro molte cose che non ha mai detto... vorrebbe poter ri-scegliere, vorrebbe tanto poter cambiare scelte già fatte in gioventù! Questo lo vorremmo tutti. Ma non è ancora finita, signore. Manca poco, ma non è ancora l'ora. Ora faccia colazione, che sarà un buon modo per iniziare la giornata. Perché dopo questo giorno ce ne saranno altri e da un punto dovremo pur iniziare, non crede? »

Scrooge aveva le lacrime agli occhi. Guardò Battista.

« Perché dovrei iniziare, Battista? Per me è tutto finito... »

« No signore, gliel'ho già detto. Non è ancora finita. Non è ancora finita perché Goldie non è ancora nel Klondike. E anche quando sarà là, potrà sempre tornare. Nulla ha mai fine, principale... se lo si vuole. E ora, ripeto, faccia colazione. »

Il maggiordomo scese dalla scrivania e avvicinò il vassoio alle mani di Scrooge.

Poi si avviò alla porta.

« Ah, un'ultima cosa... io quei canti li ho sentiti davvero. Ci faccia caso anche lei, se le va »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Brigitta barcollava.

Si sentiva molto meglio, ma aveva un po' di mal di testa. E a causa di questo si era dovuta alzare per prendere la medicina adeguata. Non aveva voluto svegliare Daisy, che era tornata molto tardi ed aveva già fatto tanto per lei.

Mentre scartava la pillola da mettere nel bicchiere d'acqua, pensò che Daisy non le aveva raccontato nulla di ciò che era successo al deposito. Ma lei se lo era immaginato molto bene, sebbene non avesse indizi.

Si chiedeva cos'avrebbe fatto di lì a pochi minuti. Erano dieci alle otto, e non sarebbe certo tornata a letto.

Sciacquò il bicchiere nell'acquaio e lo rimise al suo posto. Accese la radio, mettendosi sul divano.

Davano musica.

Ricordò che fino ai giorni precedenti aveva sentito che quello stesso giorno, secondo i media, sarebbe accaduto qualcosa di catastrofico. Nessuno aveva saputo spiegare cosa, ma la paura si era sparsa velocemente, così come la nebbia e il freddo.

Ricordò di essersi impressionata la prima volta che l'aveva sentito dire. Aveva avuto paura.

Ma adesso solo il pensiero di qualcosa di catastrofico la faceva ridere.

Che caschi il mondo, tanto per me è già tutto finito.

Inoltre, quella mattina era simile a molte altre. La solita nebbia, il solito buio, il solito freddo, la solita malinconia. Nulla di diverso.

Si erano sbagliati, naturalmente.

L'altra volta mi hanno fatto prendere un bel coccolone, per poi scoprire che non era vero. C'era da aspettarselo... ma pazienza, non m'importa... d'ora in poi dovrò solo pensare a fare qualcosa di diverso dal normale. Dovrò cambiare vita.

Si alzò dal divano. Suo malgrado sentiva un groppo in gola.

Sapeva che non sarebbe mai riuscita a fare qualcosa di diverso.

Perché in realtà nulla era cambiato in lei. Era solo più stanca.

Era delusa, ma non arresa.

E questo la faceva star male.

Andò in bagno, per pettinarsi.

Si guardò allo specchio. Vide una bionda con uno sguardo triste, ma non spento, non morto.

E lei voleva che fosse così, che fosse morto. Voleva arrendersi per smettere di soffrire ma non ce la faceva.

Si pettinava velocemente, con forza e con rabbia. Si tirava i capelli, facendosi male e strappandone a ciocche. E la rabbia aumentava, vedendo che stava piangendo di nuovo, per l'ennesima volta.

Poi, un fascio di luce tiepido la fece fermare, come imbambolata, facendole cadere il pettine di mano.

Si voltò verso la finestra da cui proveniva.

C'era...luce.

Il cuore le batteva a mille, le tamburava il petto fino a farle quasi male. Si avvicinò al vetro, incredula e confusa.

Quella palla di luce in cielo era inconfondibile.

Ricordò, stupidamente, di quando anni e anni prima l'aveva studiata a scuola, davanti alla maestra alla lavagna.

E lei non si era mai entusiasmata di vedere quella palla calda (troppo calda, talvolta) in cielo.

Ricordò anche di averla odiata perché a causa sua una volta aveva preso un 5 a scienze.

La palla si chiamava sole.

E in quel momento, per lei era come un'apparizione di un Dio che da troppo tempo era svanito dietro a un muro solido di nebbia fredda.

Amò quella luce.

Sarebbe rimasta ore e ore a guardarla e ammirarla, bruciandosi gli occhi.

Ma un pensiero represso da tempo le passò violento per la mente.

Scrooge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Fermo, Edward! »

La macchina si fermò brutalmente, in mezzo alla strada.

Altre auto erano state fermate davanti a semafori verdi, gialli e rossi.

La gente che aveva in mano pacchi grossi li lasciava cadere per terra, col naso in su incantati a guardare il cielo.

Bambini che correvano avanti e indietro, urlando; mamme che dapprima li rincorrevano a loro volta ma poi si fermavano, guardando su.

Vecchi che si alzavano dalla solita sedia di plastica al bar dell'angolo, guardavano su esterrefatti.

E poi c'era chi piangeva.

Piangeva di gioia.

Goldie uscì dall'auto, incantata da quel cielo blu e da quel sole che li parava dal freddo paralizzante.

Si guardò intorno, cercando la nebbia. E non trovandola, sorrise. Avrebbe pianto come la maggioranza delle persone, ma non voleva perdere tempo.

« Edward... Edward! »

L'autista era rimasto incantato a testa in su con la bocca aperta.

Goldie rise, e si sentì così strana mentre lo faceva.

« Edward, portami sulla collina, al deposito! Dai, sbrigati! »

Salì in macchina prendendo per il braccio l'imbambolato autista che lentamente, senza capire più niente, ritornò in auto e mise in moto.

 

 

 

 

 

 

Daisy correva in strada, più veloce che poteva.

Brigitta era uscita improvvisamente di casa, senza dirle nulla; si era messa addosso il suo cappotto rovesciando nella fretta l'attaccapanni, ed aveva lasciato il portone aperto dietro di sé.

Prima che Daisy avesse potuto urlarle cosa stava facendo, il sole era penetrato nella casa dalla porta aperta e lei era quasi rimasta accecata.

Sbalordita e confusa, si era vestita in fretta e furia e adesso stava correndo sotto quel cielo azzurro come tante altre persone.

Cercava la sua amica, ma si immaginava dove potesse essere diretta; inoltre, sulla collina, davanti al deposito, cominciava a esserci una bella folla.

Mentre correva, sentiva che qualcosa le nasceva dal profondo del cuore, era una sensazione bellissima, le riempiva l'anima, e finalmente lo poteva sentire: era felice.

D'improvviso desiderò abbracciare chiunque le passasse accanto. In particolare però, avrebbe voluto abbracciare una persona e non lasciarla andare mai più...

Donald, dove sei? Vieni qui... stai con me.

Dove sei?

So che ci sei... ci devi essere...

 

 

 

 

 

 

 

Corri, corri!

Finalmente puoi correre libero e felice, senza che nessuno ti fermi, senza che ti faccia male la milza. Ti senti improvvisamente leggero, potresti volare, lo faresti.

È il tuo cuore che vola, strabocchi di felicità, non ti era mai successo.

È bellissimo.

Sorridi mentre corri, saluti la gente, anche quella che hai sempre creduto di odiare.

Sono tutti felici e incantati, c'è pure chi piange.

Piangeresti anche te da quanta gioia hai nel corpo, non ce la fai a trattenerti.

Quella gioia rischia di farti scoppiare da un momento all'altro, ma ne sei geloso, quindi te la tieni dentro e ti fa battere fortissimo il cuore.

Corri, corri Donald...

Come vedi non è finita...

La vita continua più bella che mai.

Adesso va', va' da Daisy!

E vivi sereno, finalmente!

 

 

 

 

 

 

Brigitta correva, correva più veloce che poteva.

A volte inciampava, andava addosso alla gente distratta che ancora guardava in alto, si scusava, e senza cadere ripartiva, più determinata che mai.

C'era una folla immensa, la gente soffocava.

Sembrava che tutta Duckburg fosse lì, ai piedi della collina ammazzamotori.

Brigitta si accorse che molti salivano ed arrivavano sulla cima della collina, ignorando il fatto che fosse proprietà privata di Scrooge McDuck e scansando i numerosi cartelli di avviso.

Sembravano come sotto un incantesimo, che li costringeva ad ammirare quel sole così lucente e bello, ad ogni costo.

Anche lei si sentiva strana, ma voleva vedere Scrooge, non aveva idea di cosa avrebbe voluto dirgli ma lo voleva vedere.

Cominciò a correre in salita, col fiatone e il cuore che le batteva fortissimo nel petto. Per fortuna non faceva molto freddo, quel sole riusciva a riscaldare quanto bastava.

Cercava di farsi spazio fra le persone che aumentavano di minuto in minuto, anche fin lassù. Si scusava in continuazione, non perdendo d'occhio la porta del deposito, che notò essere aperta.

Dapprima si spaventò, pensando a un pericolo.

Poi però si disse che non era certo accaduto nulla di preoccupante, visto che non c'erano stati allarmi e che nessun nemico avrebbe attaccato il deposito in una giornata così.

Il sole era tornato per tutti.

Decise di entrare nel deposito ma si bloccò quando le parve di vedere fra la folla un volto familiare.

Si girò alla ricerca di quel volto allungato e dai lineamenti eleganti, e di quegli occhi di ghiaccio che si erano raddolciti col tempo.

Non lo rivide, ma in compenso vide Scrooge.

« Scrooge! » urlò senza pensare.

Lui non la sentì, era lontano. Le voltò la schiena e continuò a vagare fra la folla estasiata.

 

 

 

 

 

Donald correva ormai senza fiato, ma senza fermarsi.

Aveva cercato Daisy per tutta la città senza vederla, e adesso stava correndo su per la collina, la sua ultima speranza.

Mentre correva, vide un cugino Gastone vagare distratto tra la folla. Era l'unico che non correva o che perlomeno non andava a passo veloce.

Donald non poté non fermarsi. Lo prese per il braccio, bloccandolo.

L'altro si girò ancora più assorto di prima.

Guardò prima Donald in volto, poi guardò il proprio braccio e infine sorrise al cugino.

« Ciao, Donald. Cosa c'è? » disse con strana calma.

« Come, cosa c'è? L'hai visto? È tornato il sole! » Donald lo scosse un po'.

Gastone sembrava in dormiveglia.

« Ah, sì, il sole. Certo che l'ho visto. Ma perché ti agiti tanto? »

Donald si preoccupò non poco. « Diamine, era sparito da mesi! Mi senti, Gastone? Non ti ricordi nulla? Che ti è successo? » lo scosse ancora di più.

« Ma insomma Donald, lasciami! Lo so che era sparito! Non ho perso la memoria! » Gastone si liberò dalla stretta con uno strattone.

Donald lo guardò. « Ma allora perché sei così... strano? Cioè, sei così calmo, così... assorto... »

« Tutti voi lo dovreste essere, eppure vi agitate così tanto! Voglio dire, perché non vi rilassate... e vi godete questo magnifico sole in pura tranquillità... tranquillità... finalmente l'ho ritrovata... » un enorme sorriso si stampò sul volto di Gastone, che fu come illuminarsi.

Donald non l'aveva mai visto sorridere così e ne fu improvvisamente felice.

« Bene, cugino. Sono felice per te! Ora scusami, ma devo trovare Daisy »

Gastone lo guardò, senza smettere di sorridere. « D'accordo, cugino... salutamela... e stammi bene »

I due si guardarono un'ultima volta, poi Donald tornò a correre tra la folla.

Gastone continuò a camminare lentamente...

 

 

Daisy era caduta, era troppo stanca per continuare a cercare Donald.

Era sulla sommità della collina, seduta sui gradini del deposito. Lì la gente non veniva e lei poteva finalmente respirare.

A un passo da lei la gente correva, urlava e rideva ancora. Erano tutti così felici.

Improvvisamente qualcuno la chiamò.

« Zia! Zia! Zia! »

La ragazza si guardò intorno alla ricerca dei tre nipotini, ma non li vedeva.

« Zia! »

« Ah! »

Daisy aveva sussultato; Huey le si era seduto accanto, spaventandola.

Lo abbracciò fortissimo. Subito arrivarono i due fratellini, felici e contenti.

« Ragazzi! Come avete fatto a trovarmi? » domandò lei, entusiasta di rivederli in tale occasione.

« Ma noi non ti cercavamo, zia! Noi siamo venuti fin quassù a cercare lo zio Donald. È stato lui ad accorgersi del sole, ed è andato via di volata. Noi gli siamo venuti dietro, ma lo abbiamo perso vi vista. Così abbiamo deciso di venire quassù, perlomeno qui c'è lo zio Scrooge... » i tre guardarono la porta aperta del deposito.

« … Però credo che non sia nel deposito, adesso » disse Louie.

« Sarà fra la folla. Sono tutti fra la folla. Anche Brigitta è corsa via, prima di me. L'ho rincorsa ma è sparita tra la gente. Credo fosse diretta qui, anzi, sicuramente. Ma che importa, stanno tutti bene, è questo l'importante » Daisy sorrise ancora, le lacrime agli occhi dalla gioia.

« Zia, noi andiamo a cercare i nostri amici. Saranno qui intorno, sicuramente...! Ti spiace? »

« Ma certo che no! Andate a divertirvi, ora che finalmente vi è permesso! »

Si abbracciarono un'ultima volta, poi i nipotini corsero via tra la gente.

Daisy si alzò, pronta a riprendere la ricerca di Donald. Sentiva un irrefrenabile desiderio di vederlo.

 

 

 

 

« Donald!! Donald!! »

Il ragazzo non si fermò, continuò a correre cercando la fonte della voce.

« Donald...! »

Fethry gli andò addosso, e i due quasi caddero a terra.

« Fethry...!! » esclamò Donald, felice di vederlo.

« Hai visto, Donald? Hai visto? » Fethry era eccitato, indicava il cielo sopra di lui.

« Sì, cugino, sì! Il sole! » rispose Donald, con una gran fretta di tornare a correre.

« L'avevo detto! Ti ricordi? L'avevo detto! »

Donald rise, senza sapere perché. « Sì, me lo ricordo! Me lo ricordo bene. Ma ora devo andare! »

Riprese a correre, salutandolo con la mano.

« Siamo stati perdonati, Donald! Siamo stati perdonati! » gli urlava Fethry da dietro, felice.

« Sì... sì... » mormorò Donald, correndo e finendo di salutare il cugino. « Siamo stati perdonati... »

 

 

 

 

 

Goldie chiudeva gli occhi alla vista del sole, non vi era più abituata e le dava noia. Ma avrebbe volentieri passato un'ora ad ammirarlo nel cielo azzurro e limpido, se avesse potuto.

Non stava correndo, anche se la gente la urtava e la spingeva, lei non si arrendeva.

Il suo obiettivo era una sola persona, e fra tante facce con diverse espressioni sperava di vedere la sua, con quegli occhi verdi che tanto amava ma che in passato aveva cercato di dimenticare.

Non lo vedeva, eppure sapeva che era lì, da qualche parte.

Non si sorprese e nessun suono le uscì dalla bocca quando vide Brigitta camminare fra la folla, con i capelli in disordine e la faccia distrutta dalla fatica.

Sapeva perché era lì ma non le venne in mente nulla da fare, se non ricambiare lo sguardo quando ella si girò e incrociò i suoi occhi..

Brigitta sembrò quasi spaventata, ma non disse nulla.

Goldie le sorrise con dolcezza.

L'altra era troppo assorta o distratta per ricambiare il sorriso. Forse era pure imbarazzata.

Poi Goldie si voltò, senza smettere di cercare. Era stanca, si sarebbe voluta stendere per dormire, ma non voleva e non l'avrebbe fatto per nulla al mondo.

Ed ecco che lo vide.

Camminava a passo svelto ed aveva l'aria stravolta di chi non ha dormito tutta la notte. I capelli in disordine, i primi due bottoni della camicia non chiusi e le occhiaie. Ma era lui, era decisamente lui.

« Scrooge... » sussurrò, avvicinandoglisi.

Lui la vide e si fermò.

Gli sembrava troppo strano vederla e per un attimo ebbe come un giramento di testa.

Lei, Goldie, l'unica donna che aveva amato nella sua vita ma che aveva sempre respinto per paura, o per orgoglio, chissà; ma di una cosa era certo: non sarebbe mai riuscito a trovare delle parole adatte per descrivere quel momento, in cui gli si avvicinava sorridendo come non l'aveva mai fatto.

Goldie gli prese le mani, guardandolo.

Rimasero a lungo a guardarsi, incuranti della folla e del sole, incuranti del mondo intero.

« Pensavi che me sarei andata, vero? » gli chiese Goldie, fissandolo.

« Perdonami, Goldie » le strinse le mani, abbassando lo sguardo e vergognandosi di sé stesso.

Lei gli alzò il mento. « No, non dire questo. »

« Credevo di essere chissà chi ma in realtà, ho sempre avuto paura. Lasciai la tua lettera nella neve per paura... non ti ho mai detto nulla per paura... e per orgoglio... La mia vita è valsa la metà senza te... volevo che tu lo sapessi. Non te l'ho mai detto, scusami, non ti ho mai detto nulla e mi è rimasto il rimorso per tutta la vita... che stupido che sono stato... e che vigliacco..! » scosse la testa, sorridendo tristemente.

« Non è mai troppo tardi... e io ti ho già perdonato, molto tempo fa. Come non avrei potuto? »

Lo abbracciò, lasciando che lui la stringesse a sua volta.

 

Era venuto il tempo di amare e perdonare, di ricominciare da capo.

 

 

 

 

 

 

Donald la vide; era di spalle, nel mezzo della folla.

Accelerò il passo e le arrivò addosso, prendendola per la vita da dietro facendola quasi cadere.

Lei si voltò, spaventata. Appena vide Donald gli buttò le braccia al collo.

Rimasero così per molti secondi, poi a Donald venne da ridere.

« Perché ridi? »

« Rido dalla gioia, cara. Rido perché penso all'inizio di tutto questo e alla mia paura.

Rido perché non posso far altro »

Lei lo baciò sulla guancia, sorridendo.

« Come sono felice, Donald. Non hai idea quanto. Ti ho cercato finora, mi ero quasi arresa! Ma, hai visto? Hai visto quant'è bello? Non l'avevo mai guardato bene! »

Lo prese per la mano, guardando il cielo e il sole.

« Hai ragione, Daisy... è così... unico... e non ce ne eravamo mai accorti »

Insieme, mano nella mano, pronti a un nuovo inizio.

Pronti a nuove scelte.

Pronti a una nuova vita.

Pronti a vivere insieme...

Nulla ha mai fine...

Se non si è soli...

 

Ricordalo.

 

 

 

 

 

Brigitta aveva visto Scrooge e Goldie e si era nascosta tra la folla, imbarazzata.

Era già pronta a andarsene, quando una mano le fermò il braccio.

Si voltò timorosa, e appena vide Scrooge, cercò di liberarsi invano dalla stretta.

« Aspetta, ti prego » le disse implorandola.

Lei lo guardò, la stava davvero pregando.

« Non penso tu abbia molto da dirmi...! » disse lei, liberandosi definitivamente.

« Solo una cosa »

Brigitta sembrò pensarci su. Poi acconsentì.

« D'accordo, cosa c'è? »

Lui la abbracciò all'improvviso. Brigitta arrossì fortemente, evitando lo sguardo di Goldie che era dietro lui.

« E' vero quello che ti dissi giorni fa. Ci ho sempre creduto. » disse poi, lasciandola.

Brigitta rimase interdetta. Si sentiva bollire dall'imbarazzo. Ma era felice, felicissima.

« Buon Natale, Brigitta » disse infine lui, sorridendole dopo un attimo di silenzio.

E così, si voltò, sparendo tra la folla con Goldie al fianco.

Brigitta cadde a sedere sull'erba, ripensando alle sue parole.

Dunque, non era ancora finita.

Dunque, aveva ancora una scelta...

E chissà, chissà cosa sarebbe successo.

Ma al momento non le interessava saperlo.

Al momento era così felice di quella sorpresa che non le interessava più nulla.

Era felice.

Tanto le bastava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

25 dicembre, Natale

 

 

 

Oggi a pranzo è venuto John Rockerduck.

Quando l'ho visto, dopo avergli aperto la porta, non mi sono meravigliata.

Scrooge era perplesso, ha brontolato un po' ma ha subito smesso.

Gli abbiamo fatto posto a tavola, e lui ha ringraziato molto gentilmente.

Aveva l'aria serena, e si è divertito. Credo forse per la prima volta in vita sua.

Abbiamo parlato del più e del meno. Abbiamo riso e abbiamo aperto i regali. E ce n'era uno in più.

Il mittente era Amelia.

Ammetto di essermi sorpresa, a quel punto.

Conteneva un bigliettino e un ricettario napoletano.

Il foglietto diceva così:

 

 

Felice buon inizio.

A.

 

 

 

Facile capire che fosse proprio lei.

Naturalmente il ricettario era per me, come ringraziamento per la festa di alcuni giorni fa.

Ho come il sospetto che il biglietto fosse indirizzato quasi personalmente a Scrooge. Lui ovviamente non ha fatto una piega, ma l'ha capito come me.

Inoltre, so che ha mandato auguri di Natale a sua sorella Matilde. Sono stata fiera di lui e gliel'ho detto.

È stata una bella giornata. C'erano proprio tutti, compresa Brigitta e Goldie Glittering. Non credo che partirà tanto preso per il Klondike.

E nessuno le vuole mettere fretta.

Nell'aria c'è serenità, c'è vita. È bellissimo.

La vita è ricominciata.

Io non ho mai smesso di sperare, ma immagino che sorpresa magnifica possa essere stata per quelli che si erano arresi. E ho come l'impressione che non ci ricascheremo per molto tempo.

E comunque, è Dio che sa quando è il caso o meno.

È inutile che ci arrovelliamo, tanto è lui che decide e sarà sempre così.

E lo ringrazio di questo.

 

Adesso vado di là, in salotto. I nipotini vogliono sentire una storia.

Bene, non mi resta che augurare un Buon Natale a tutti.

E ricordate: Dio c'è, e vi ascolta.

È qui per voi.

Con affetto,

 

 

Elvira

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di Spheater.

 

 

E dunque, Human-emozioni è finita...

Bene, sono sicura di aver fatto almeno un centinaio di errori in questo capitolo, che è l'ultimo come già sapete.

Forse non mi convince neanche molto, questo chap, causa probabile il caldo afoso che fa in questi giorni. Ma almeno è finita e spero bene. Spero ne siate soddisfatti. Se non lo è, giuro che sbatto la testa contro il muro.
E' un capitolo lungo, forse troppo pesante, non so... beh non sono io quella che deve giudicare, bensì voi!

Quindi... recensite!

Ringrazio tutti coloro che lo hanno fatto finora e quelli che -spero- lo faranno.

Grazie di cuore.

 

 

-Spheater

  
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