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Autore: Claudia    07/03/2007    4 recensioni
Dopo il proprio matrimonio con l'ultimo discendente dei Malfoy, Ginevra Weasley abbandona i propri affetti ed i propri cari per vivere la sua vita a fianco del consorte. Completamente emarginata dalla propria famiglia, Ginevra conduce una nuova esistenza tanto che la povertà così rinomata dei suo familiari è ormai un lontano ricordo. Tuttavia, il presente è pronto a portare alla luce vecchi ricordi dimenticati e molto spesso, tutt'altro che belli. [Capitoli revisionati]
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Weasley, Ginny Weasley, Hermione Granger | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anatema - capitolo 3

Capitolo 3

Incontro nella Londra Babbana

Abbassò di colpo lo sguardo, sentendo il suo viso infiammarsi poco a poco.

Non le era mai capitato di provare vergogna, o quanto meno disagio con la sua famiglia. Si, quella che stava vivendo era una situazione completamente anomala...

Certo, avrebbe voluto evitare lo scontro diretto, ma quando si prendono grandi decisioni, si pagano anche grandi conseguenze.

"Non so più cosa fare con te! No, a questo punto... dimmelo."

Serrò ancora più fortemente gli occhi, come se si aspettasse uno schiaffo di lì a pochi minuti. La voce calma della madre nascondeva solo un millesimo della rabbia che aveva in corpo. E come biasimarla? Come? Se aveva una figlia come lei.

Teneva gli occhi stretti, vuoi per codardia, vuoi per tutto.

"Tuo padre non lo sa ancora, tantomeno i tuoi fratelli! Hai almeno una mezza idea di come fare a dirglielo?"

"Pensavo che avresti potuto farlo tu al mio posto..." disse remissiva.

"Eh, no tesoro! Dimmi solo un motivo per cui dovrei fare una cosa del genere? Specialmente se non la condivido!"

"Perché sono tua figlia?"

Sua madre rimase in silenzio, si tolse gli occhiali da lettura e prese a strofinarsi gli occhi lentamente. Nel camino il fuoco scoppiettava allegro, disseminando cenere sempre ardente sul pavimento di coccio.

"Ginny... sai benissimo che io dovrei essere la prima ad arrabbiarmi... e sono arrabbiata, beninteso. E anche molto."

La ragazzina osservò la madre intimorita, stringendo con le mani i braccioli della poltrona su cui era seduta.

"... e sai benissimo che tuo padre non avrà il mio stesso comportamento quando verrà a sapere quello che mi hai detto."

Ginny annuì mestamente.

La signora Weasley sospirò, inforcando di nuovo gli occhiali sul naso.

"Non c'è modo per farti cambiare idea?"

La figlia scosse la testa vigorosamente. Un gesto che, alla donna, sembrò molto deciso.

"Allora sarai tu a dirlo a tuo padre."

Ginny sobbalzo sulla sedia, sconcertata e amareggiata, guardando la madre con sguardo supplichevole.

"La mia non vuole essere una punizione. Ma quando prendi una decisione devi affrontarne le conseguenze. E non sei più una bambina, Ginevra Weasley."

Ginny rabbrividì nel sentire il suo nome scandito dal tono duro della madre.

"Merlino Ginny, ma hai idea di cosa stai combinando?"

Avrebbe voluto darle una risposta raggiante, farle capire che lei, a suo modo, era felice. Voleva rassicurarla, perché non aveva modo di preoccuparsi per lei e dirle che, sì, avrebbe affrontato suo padre, ma non le disse niente, chiusa nella sua ostinazione.

Si svegliò di colpo, afferrando le lenzuola nere con la stretta poderosa delle proprie mani. Nel silenzio della stanza sentì il suo respiro affannato e quello di Draco, che sapeva dormire al suo fianco. Non c'era alcun tipo di luce che filtrasse nella camera, in quanto Malfoy odiava la luminosità in qualsiasi sua forma. Si riassettò con gesto meccanico i lunghi capelli dietro alla schiena, sentendo il sudore imperlarle i polpastrelli delle dita. Gettò un piccolo incantesimo sulla sveglia del comodino con il quale potè leggere il numero quattro sul quadrante dell'oggetto.

Aveva di nuovo sognato di quella volta, sognato di sua madre. Era da molto tempo che non le capitava un fatto del genere, ma forse, come pensò in seguito, era una normale conseguenza dell'essersi recata a Diagonalley, rinvangando tutti gli eventi del passato. Un sorriso amaro si dispiegò sulle sue labbra: non sarebbe stata nemmeno l'ultima volta.

"Che c'è? Perché sei seduta?"

La voce impastata di Draco la riscosse dai suoi pensieri.

"Niente, niente... dormi pure. Ho fatto solo un brutto sogno, tutto qua."

Tirò a sè le coperte, gettandosi all'indietro con tutto il peso del corpo. Si portò le lenzuola fin sotto alla gola e chiuse gli occhi sperando di non riprendere il sogno dal punto in cui si era svegliata. Ma dentro di lei, confidava poco nella benevolenza del Signore e si preparò a trascorrere insonne il resto della notte. Immobile, sentì il letto muoversi dalla parte di Draco, mentre parte delle lenzuola la lasciarono scoperta come se trascinate via. Di lì a pochi secondi, una luce sul comodino di Malfoy si accese. Ginevra chiuse gli occhi in due fessure, come feriti da quella luce improvvisa. La figura del marito oscurò in parte la palla luminiscente della lampadina, permettendo alla donna di aprire gli occhi.

"Che c'è?" Domandò Draco deciso.

"Che c'è cosa?"

Chiese Ginevra incuriosita. Molto spesso le domande di Draco si riduciavano a due sillabe, e la cosa a volte infastidiva Ginevra. Osservò l'espressione glaciale del marito che, a prima vista, non sembrava mostrare alcun tipo di preoccupazione. Quando mai è successo? aveva pensato.

"Che genere di brutto sogno?"

Chiese con tono asettico. Ginevra voltò il capo dalla parte opposta e si girò, con il ventre pressato sul materasso, e lo sguardo sprofondato nei cuscini. Non aveva voglia di parlare a Draco di sua madre, non lo aveva mai fatto e non intendeva iniziare simili discussioni, sapendo inoltre che tali discussioni tendenvano ad innervosirlo.

"Niente di speciale. Nemmeno lo ricordo. E ora potresti dormire? Domani non devi andare forse al Ministero?"

"Sì." Rispose Malfoy poco convinto dalle parole della donna.

Non lo guardava negli occhi e questo Malfoy l'aveva notato. Succedeva sempre così quando Ginevra voleva evitare argomenti che non le andavano a genio o che non voleva far sapere. E costringerla a parlare era del tutto inutile, visto che era capace di arrabbiarsi molto facilmente, tenere il broncio per un giorno intero ed alzare la voce anche con lui. Fece spallucce e spense la luce, rigettando la stanza nel buio.

**

"Queste sono le pratiche di stamani, signore. Il profitto mensile del Ministero è aumentato secondo le nostre aspettative, mentre i bilanci della settimana sono positivi."

Johannes Rhine, sottosegretario del Ministero, porse i fascicoli economici sulla scrivania di Draco Malfoy. Squadrò il proprio superiore con aria da intellettuale, calcando il gesto di sistemarsi gli occhiali sul naso. Malfoy non lo degnò di uno sguardo e gettò le carte in un angolo della propria scrivania. Si tolse gli occhiali da lettura e solo allora fissò Rhine con sguardo truce.

"Non è abbastanza. Mi aspettavo un trenta per cento in più rispetto al mese scorso. Per quale motivo il profitto di ora è così basso?"

Rhine lo guardò di traverso, stupito dal fatto che i risultati non lo avessero soddisfatto. Osservò l'uomo biondo di fronte a lui, seduto su una comoda poltrona di pelle nera. Represse una stizza d'odio nei confronti di Malfoy, stringendo i pugni lungo i fianchi. Il solo pensiero che ci fosse Malfoy e non lui dietro al Ministero lo rendeva furioso e non solo per quello, ma anche per il fatto che fin da giovani quell'uomo, il pupillo dei Malfoy, lo aveva sempre superato in tutto, con o senza raccomandazioni. E la loro posizione politica ne era un esempio ecclatante. Potere, denaro, autorità ai massimi livelli. Tutto nelle mani di un unico individuo. Draco Malfoy. Non aveva mai avuto un intelligenza straordinaria... no, sotto quel frangente lui, Johannes Rhine, lo superava di molto; ma quello che Draco possedeva, lui non l'aveva: una famiglia marchiata con il nome dei Malfoy e un padre che a suo tempo era stato un Mangiamorte alle dipendenze di Voldermort. Ma ciò che più odiava in lui era la capacità di accattivarsi ogni persona che contasse qualcosa. Come un ragno intrappola un mosca, così Draco ammaliava tutti coloro che entravano nel suo raggio d'azione. Perfino il Ministro della Magia aveva una fiducia inestimabile nei suoi confronti.

Detestabile.

"Non saprei cosa di dirle."

Disse aspro.

"Non sapete mai cosa dirmi, voi altri. Osannate la vostra intelligenza a livelli indicibili e non sapete mai spiegarmi niente. Io sono uno stupido e voglio delle spiegazioni che, guarda caso, i cervelloni non mi sanno dare. Ironico non trovi?"

Rhine incassò il colpo, rimanendo in silenzio, ma incrementando l'odio nei confronti del suo principale. Sarcasmo o ironia, Draco Malfoy se la poteva permettere, solo per il fatto che stava seduto sopra quella poltrona, dietro quella scrivania.

Draco congiunse le mani, poggiando i gomiti sulla propria scrivania di mogano orientale, ghignando soddisfatto per l'espressione dipinta sul volto di Rhine. Johannes Rhine, uno dei tanti pupazzi che manipolava a suo piacimento e che aspirava, secondo il suo curriculum, a ben altre posizioni... come la sua ad esempio. Eppure lo vedeva come un essere insignificante che arrancava ogni volta per raggiungerlo.

"Vogliamo provarci di nuovo, signor Rhine? So bene che può arrivare a molto meglio."

"Come vuole, tornerò domani con nuovi profitti."

"Bene. E ora se non le dispiace..."

Draco estrasse dei fogli ingialliti dal cassetto della scrivania e notando Rhine sempre nella sua identica posizione, lo squadrò infastidito.

"Signor Rhine."

Come riavutosi in quel momento, il sottosegretario incespicò nei suoi stessi piedi e con difficoltà scomparve dietro alla porta dell'ufficio. Draco scosse il capo, sibilando un imbecille a denti stretti. Da quando aveva preso le redini del Ministero, era circondato da persone stupide e non abbastanza qualificate e degne per lavorare alle sue dipendenze. Le persone di fiducia si potevano contare sulle dita delle mani, in quanto erano molto poche. Ognuno, come lui del resto, veniva al lavoro con l'unico scopo di guadagnarci qualcosa da quella giornata noiosa passata a scartabellare chissà quanti fogli. Tutti pensavano al proprio interesse personale. E questo aveva portato il Ministero ad essere riconosciuto con la fama che si portava appresso.

Nello stesso momento in cui iniziò a leggere i documenti che teneva in mano, una sagoma parecchio estesa comparve dietro alla porta a vetri del suo ufficio. Qualche secondo dopo potè riconoscere il suono di un pugno che batteva sulla superficie legnosa e una voce insistente che voleva essere ricevuta.

"Avanti!"

Sibilò scocciato per l'ennesima interruzione. Una donna grassa, sulla sessantina, entrò sicura nell'ufficio, raggiungendo la scrivania del proprio principale. Dall'espressione bisunta che aveva sotto le lenti degli occhiali, Draco comprese che Mrs. Purple non era una donna da poter facilmente intimorire. Da quel che ne sapeva, quella donna divenuta grassa con la vecchiaia, aveva assistinto nella sua vita ad innumerevoli scontri tra maghi e streghe di primo livello, partecipato alle guerre contro Voldermort e solo con l'età le era stato concesso di vivere tranquillamente con un modesto lavoro di segretaria. Altro non sapeva, e nemmeno ci teneva a saperlo.

"Dica signorina Purple..."

"Il Responsabile del Reparto Dismessi & Rimessi mi ha chiesto di consegnarle questa."

Draco afferrò la lettera che le mani grassocce di Mrs. Purple gli avevano messo davanti.

"Una lettera di dimissioni?"

"Pare che le dimissioni siano state richieste dal signor Arthur Weasley del reparto Manufatti Babbani."

"Arthur Weasley?"

La donna osservò Malfoy con gli occhi di chi sapeva. Mentre Draco strappava il sigillo rosso con cui era stata chiusa la lettera, Mrs Purple lo precedette sul contenuto di essa.

"Gira voce che il signor Weasley sia entrato in possesso di un manufatto babbano senza l'esplicito consenso. Un manufatto che potrebbe essere molto pericoloso se lasciato in mani poco sicure... lei capisce cosa intendo, Signor Malfoy."

"Sì, certo che sì."

"Non so cosa tratti principalmente l'oggetto, ma il signor Weasley è stato chiamato a dimettersi."

"Per quando devono essere firmate le dimissioni?"

"Entro oggi pomeriggio alle quattro, signore. Buona giornata, signore."

Mrs Purple diede le spalle a Malfoy congedandosi in modo frettoloso. Draco fissò il foglio dove a chiare lettere veniva pregata la sua firma per rendere effettivo il rilascio del dipendente. Si passò una mano tra i capelli e si dondolò un poco nella poltrona di pelle. Sapeva che suo suocero era sempre stato un uomo strambo, con la fissa per gli oggetti Babbani, ma mai lo avrebbe creduto così stupito. Non gli serviva certo Ginevra per sapere in quali ristrettezze economiche riversasse la famiglia Weasley; con quelle dimissioni, Weasley sarebbe rimasto un disoccupato e difficilmente avrebbe trovato di nuovo impiego al Ministero.

**

"Si-signora per carità! N-non lo fac-cia!"

Il piccolo elfo Pluff stava seguendo la sua padrona nei lunghi corridoi di villa Malfoy. Ginevra aveva indossato il lungo mantello nero e si stava recando verso il portone principale, intenta ad uscire. Con le grida di Pluff, subentrarono altri elfi domestici che, vedendo la donna, sembrarono impallidire e si agitarono più del solito. Ginevra si bloccò, mentre tre elfi le si erano parati davanti con sguardi preoccupati e anche minacciosi.

"Lasciatemi passare!"

"Non possiamo, abbiamo precisi ordini da rispettare."

"Ordini?"

"Il Signor Malfoy ci ha comandato di impedirle di uscire di casa."

Ginevra contenne un moto di stizza.

"Accidenti! Anch'io sono la vostra padrona! Lasciatemi passare!"

Gli elfi si guardarono titubanti, mentre Ginevra li sorpassò a passo svelto. Questi, riavutisi, le corsero dietro. Le loro voci supplichevoli infastidirono non poco la donna.

"E sentiamo, perché diavolo dovrei rimanere a casa?"

Gli elfi si guardarono ad uno ad uno e poi annuirono all'unisono. Il più anziano, cioè l'elfo che per più anni aveva servito i Malfoy, fece un passo in avanti, strascicando la gamba a fatica.

"Ci è stato riferito che sua Signoria non ha dormito stanotte. Pertanto il Padrone non vuole che lei si affatichi."

Ginevra li guardò basita.

"Ma quando mai si è sentito? Nemmeno quando avevo la febbre a quaranta mi è stato imposto una tale reclusione."

Detto questo, affrettò il passo verso l'ingresso. L'atrio prese a risuonare dei suoi passi.

"Pa-padrona... il Pa-padrone ci punirà!"

"Non finché vivrò io in questa casa."

E così scomparve, mentre le parole magiche da essa gridate risuonavano nell'atrio come l'eco in una valle.

**

La sensazione di stizza contro Draco stava lentamente scemando, mentre entrava in un locale più o meno affollato della Londra babbana. L'unico motivo che l'aveva spinta ad uscire dal Mondo Magico era quello di infastidire il consorte, che non tollerava i suoi comportamenti, definiti da lui stesso, infantili. Era un modo come un altro per avere piccole ma soddisfacenti vendette. Solo in quel momento però, la parte razionale del suo essere stava prendendo in seria considerazione l'idea di andarsene. Non che fosse pericoloso, ma molto spesso era da incoscenti riversarsi nelle strade babbane senza un apparente scopo. Inoltre era vietato fare uso della magia al di fuori del suo mondo, per tanto avrebbe dovuto controllare la sua stretta al manico della bacchetta. Si tolse il lungo mantello per cercare di evitare su di sè gli sguardi curiosi della gente, e si sedette a un tavolo, quasi in fondo al locale.

Un cameriere dall'aria molto composta venne per chiedere la sua ordinazione, per poi scomparire tra la folla del locale.

Il Mondo Babbano.

Essendo un membro effettivo della famiglia Malfoy, non si era più recata a Londra; perché essere una Malfoy era sinonimo di anti-babbano o quant'altro. Strizzò gli occhi come per rinvangare un passato non molto lontano, quando lei, Ginny Weasley, ancora studentessa ad Hogwarts, aveva visitato Londra insieme ai fratelli dietro l'attenta guida del signor Arthur Weasley. Fece un mezzo sorriso ricordando la scena. Fin da piccoli loro padre aveva insinuato in loro una profonda simpatia per il mondo parallelo. E il solo fatto che laggiù la magia era solo considerata come uno strumento di spettacolo, rendeva la cosa ancora più interessante ai suoi occhi. Non solo i babbani non la prendevano in considerazione, ma nemmeno ne conoscevano i grandi vantaggi.

Il cameriere tornò con una tazza fumante colma di cioccolata.

"Grazie."

Ecco, anche quello sarebbe stato un grande vantaggio.

A Diagonalley, come in qualsiasi luogo magico, le bevande venivano servite con la magia, o meglio comparivano dal nulla proprio di fronte alle persone. Mentre nel mondo babbano erano i camerieri che dovevano divincolarsi tra la folla per portare una semplice tazza colma.

Sorrise.

Senza farci molto caso, sentì il campanello, legato alla porta del locale, suonare.

Non fece caso al cliente che era appena entrato, fino a quando un'ombra oscurò parte del tavolino a cui era seduta. Due occhi castani la stavano fissando con insistenza, indecisi se sorprendersi o meno per la visione che avevano di fronte.

"G...Ginny...?"

Sentendo il proprio nome, soprattutto quel nome, Ginevra sollevò il capo un po' sorpresa.

E la reazione fu la medesima.

Con uno scatto, balzò in piedi afferrando le mani della donna che aveva di fronte.

"Hermione! Ma sei proprio tu?"

**

Il pennino d'inchiostro che stava diligentemente strofinando su un importante documento, emise un grumo di china non appena la mano di Draco si mosse violentemente, procurando così una macchia del tutto indelebile sulla superficie cartacea. Nel bel mezzo del suo ufficio un Pluff quanto mai terrorizzato stava tremando come se immerso completamente nel gelo. Qualche istante prima era stato costretto dagli altri elfi, molto più anziani, di andare dal padrone per riportare quanto era accaduto: ovvero che la signora Malfoy si era allontanata dalla villa.

E come consuetudine lo sguardo irato di Draco portò il piccolo elfo a incurvare servizievole la schiena, più per protezione che per altro.

"Che diavolo ci fai nel mio ufficio?"

Malfoy a stento stringeva i pugni, mentre le spalle gli fremevano di rabbia. Era inammissibile che un elfo domestico comparisse dal nulla nel suo ufficio.

"Si-si-signore...."

Draco sbattè violentemente il pugno sulla scrivania, facendo sobbalzare sia Pluff che tutti gli oggetti che vi stavano sopra.

"Avanti, PARLA!"

"Sta-stamani s-sua si-signoria è-è u-uscita di ca-casa."

Lo sguardo di Draco si ridusse in due fessure mentre a chiare lettere meditava grandi punizioni per tutti gli elfi della casa.

"A-abbiamo ce-cercato di fe-fermarla, ma-ma se ne è and-"

"QUANDO VI DO UN ORDINE PRETENDO CHE VOI LO SEGUIATE ALLA PERFEZIONE!"

Pluff si accucciò a terra spaventato dall'improvviso tono elevato del padrone.

"Se mi permette signore, non può tenere sua moglie sempre chiusa in casa."

Draco alzò inviperito lo sguardo verso la porta, mentre Pluff era di nuovo scomparso per la paura lasciando qualche traccia di fumo dietro di sè. Vicino allo stipite della porta stava in piedi una giovane donna, molto avvenente, che portava stretto al petto, un pacco di fogli più o meno importanti.

"Cosa desidera Miss..."

"Cordelia, grazie."

"...Thompson?"

La donna sorrise, facendo spallucce.

"Un uomo come lei non dovrebbe preoccuparsi troppo per la propria moglie... altrimenti l'uccellino in gabbia prima o poi volerà via."

La donna si avvicinò alla scrivania di Malfoy con passo molto suadente, e piegandosi leggermente gli porse alcuni fogli che portava con sè, tenendo a mettere in ben evidenza il suo decolltè.

Draco distolse freddo lo sguardo dalla Thompson e afferrati i fogli, si alzò in fretta chiamando a sè il proprio mantello.

"La trovo molto interessante... come uomo, lo sa signor Malfoy?"

Thompson sorrise melliflua.

Draco si voltò prima di aprire la porta e sorrise a sua volta.

"E' interessata a me o al cognome che porto?"

Detto questo, senza attendere un eventuale risposta della donna, scomparve dietro la vetrata.

Di lì a poco molte persone si voltarono a guardarlo, scoccando sguardi molto eloquenti agli orologi appesi ai muri.

"S-scusi signore...?"

Disse Rhine, sbucando da una pila di fogli.

"Vado via perché ho cose più urgenti da fare. Per qualsiasi cosa..."

Disse a voce alta, facendo sì che la massa lo sentisse

"... per oggi rivolgetevi al qui presente Johannes Rhine. "

L'uomo lo guardò stralunato, mentre Malfoy gli sorrise ironico.

"Goditi la tua sola giornata di gloria."

Detto questo si smaterializzò di fronte a tutti, lasciando attonito sia Rhine che il resto del Ministero.

Poco dopo la sua scomparsa, Cordelia Thompson sbucò fuori dalla porta dell'ufficio di Malfoy. Vide tutti gli occhi delle persone presenti fisse su di lei. E in quel momento, sorridendo maliziosamente, fece il gesto di riassettarsi la gonna.

Gli impiegati non poterono far altro che guardarsi maggiormente stupiti.

  
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