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Autore: MariaChiraOtaku    27/08/2012    0 recensioni
Irene è una ragazza. Nonostante le apparenze non è affatto una ragazza comune. Un evento passato l'ha cambiata e il solo conforto che trova è la musica. Fidarsi degli altri è difficile e l'intrusione del Suonatore, ragazzo misterioso che porta sempre la chitarra in spalla, le farà vedere una nuova faccia di sé.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il giorno dopo, Irene sapeva di non aver fatto un buon compito.
Era una cosa strana: tutte le volte che faceva un buon test sapeva di essere andata bene e dentro di lei cresceva un dolce senso di soddisfazione. Quando succedeva il contrario poteva sentire in bocca il gusto amaro della delusione.
Consegnò il compito alla fine, quando suonò la campanella che sanciva la fine della seconda ora.
La versione era stata  un vero disastro ma lei cercò di non pensarci troppo. Quando era tornata a casa, il giorno prima, aveva aperto il libro di greco ma, invece di studiare, aveva fissato le lettere pensando al Suonatore e, alla fine, aveva chiuso il vocabolario, arrendendosi invece di provare a tradurre una difficile versione di circa quindici righi.
- Allora? – le chiese Enrica, sedendosi sul suo banco.
- Non ci voglio pensare: penso sia la peggiore versione di tutta la mia carriera scolastica – le disse, prendendo i libri di storia, l’ora seguente. – A te? -.
- Come al solito – le rispose, agitando le gambe.
Enrica non si abbatteva mai, o almeno non davanti a lei. A casa dava libero sfogo ai suo sentimenti, questo Irene lo sapeva, ma ammirava la sua forza d’animo.
- Immagino che a te, invece, sia andata bene come al solito – disse Irene, rivolgendosi a Marta.
Marta era il classico genio della classe, quello che prende i nove in tutte le materie senza studiare che un’ora al giorno. Nonostante ciò, Marta era una ragazza incredibilmente insicura e temeva i brutti voti come la peste. Non era altissima e teneva i capelli biondi perennemente legati in una coda alta, il che conferiva al suo volto allungato un’espressione da vero secchione. Inoltre gli occhiali squadrati accentuavano la visione.
- Non lo so, forse ho sbagliato le ultime due righe – le rispose, torturandosi le mani. Enrica alzò gli occhi al cielo e non rispose, mentre Irene sorrideva.
- Certo: sarai sicuramente bocciata! – intervenne Carlo. – Come dovevi essere bocciata l’anno scorso e quello prima ancora. Ma forse dimentico che sei passata con la media del nove entrambi gli anni – disse, schernendola.
- Solo fortuna – gli rispose Marta. – Questo è l’anno buono che mi bocciano, ti dico! -.
- Ma taci – la riprese, dandole una bottarella sulla testa.
Marta si massaggiò la nuca e sbuffò. – Non fare tanto il saccente, tu -.
Carlo si passò una mano tra i lunghi capelli marroni e i suoi occhi neri si accesero, divertiti. – Possibile che tu debba mettere una parola difficile in tutti i discorsi che fai? Sei proprio senza speranze! -.
Marta gli tirò uno schiaffetto sulla schiena e iniziò a spiegargli il significato della parola saccente, mentre Carlo sbadigliava vistosamente.
- Quei due sono proprio fatti l’una per l’altra – disse una voce, dietro di loro.
Irene si voltò e si specchiò negli occhi chiari di Laila.
- Ma che dici? Non fanno che litigare! – le fece notare Enrica, sorpresa.
- Ma guardali, invece. Scommetto che si metteranno insieme entro la fine dell’anno! – propose, illuminandosi. Adorava scommettere. Scommetteva su tutto e puntualmente vinceva.
- Io scommetto di no: questa volta di sicuro non ci prendi – le rispose Irene.
- Oh, oh a quanto pare Laila ha una sfidante! – gridò Luca, avvicinandosi alle tre.
- Tanto vincerò: io vinco sempre! – puntualizzò Laila, scuotendo i capelli castani per dare maggiore forza alla sua affermazione.
- Bé, forse ti devo ricordare che una scommessa l’hai persa – la contraddisse l’altro.
Laila alzò un sopracciglio, sorpresa. – Ma è stato anni fa! Ho steccato solo una volta in vita mia! -.
Irene sapeva che si riferivano alla volta in cui Laila scommesse di prendere un sette all’interrogazione di storia e, invece, prese sei e mezzo. Quel giorno era rimasto negli annali della classe e Luca glielo rinfacciava sempre, quando ne aveva bisogno.
Poi entrò la professoressa di storia e tutti tornarono ai loro posti.
Irene aveva come compagno di banco un ragazzo. Le professoresse avevano deciso di accoppiare gli ultimi tre ragazzi rimasti a delle ragazze, poiché non volevano che facessero gruppo chiuso.
Il suo compagno si chiamava Andrea: era altissimo e aveva i capelli neri, tagliati corti, gli occhi marroni ed era molto piacevole, come ragazzo: ricordava di portare i libri quando toccava a lui, le passava gli appunti e le spiegava la matematica, materia che a lei proprio non andava giù.
Solo grazie a lui era riuscita a passare senza portarsela durante l’estate.
- Hai studiato? – le chiese, passandole il libro di storia.
- Certo che no; la prof mi ha interrogata la volta scorsa. Riprenderò a studiare storia la settimana prossima -.
Lui scosse la testa, divertito.
La giornata passò tranquilla. Uscirono a mezzo giorno e decisero di non tornare a casa per pranzo ma di comprarsi qual cosa in un bar.
Fuori scuola si incontrarono con altri amici; in realtà erano i loro vecchi compagni di classe che erano stati bocciati, ma loro avevano comunque tenuto i contatti.
- Hey! – li salutò Martina. Era una ragazza alta e snella, con lunghi capelli biondi e gli occhi azzurrissimi. Era molto simpatica, ma aveva i suoi difetti: non riusciva a mantenere la concentrazione per più di cinque secondi consecutivi. Inoltre i suoi genitori venivano dalla Germania, quindi iniziava a parlare tedesco improvvisamente, senza far caso alle loro facce spiazzate.
Insieme a lei c’erano Marco e Laura, con altri due loro nuovi amici.
Irene si sentì un attimo spaesata da tutta quella folla, poi vide Enrica vicino a Laila e si tranquillizzò.
Decisero di andare a mangiare in un locale non molto lontano, giusto per prendere qualche panino.
Si stavano avviando, quando Irene ricevette un messaggio.
Era dal Suonatore, che la invitava a mangiare con lui, se per lei andava bene.
Irene arrossì e Enrica se ne accorse, perché le si avvicinò di colpo.
- Non è da te arrossire così – la riprese, scherzosa.
Senza dire una parola Irene le fece leggere il messaggio.
- Ma dai! – disse Enrica, leggendone il mittente, - Hai fatto colpo sul Suonatore! Incredibile! -.
Irene arrossì ancora di più e le tirò una leggera gomitata. – Zitta, scema. Secondo te devo accettare? Voglio dire, ieri ci siamo visti, ma non so se posso stare da sola con lui tutto un pranzo -.
- Certo che si! – la confortò Enrica, intenerita da quella sua parte così timida, - Insomma, se lui ti invita non puoi non accettare! -.
Irene era ci pensò su. – Ma tue e gli altri…? -.
- Ti copro io – le promise. – Tu però vai. Ti prego, non ti capiterà più un’occasione così! Inoltre non esci con un ragazzo dai tempi di Matteo, un anno fa. Ti farà bene stare un po’ con un uomo niente male come il Suonatore -.
Irene ci pensò su qualche secondo, poi rispose al Suonatore che si potevano vedere in mezz’ora a piazza Vanvitelli.
- Così si fa! – la incitò Enrica, dandole una pacca sulla spalla. Irene era ancora insicura: aveva paura a restare sola con un ragazzo. Il giorno prima non aveva previsto di incontrarlo quindi non aveva dato peso alla cosa. Ma non era sicura di poter avere un appuntamento con Giulio.
Temeva che, alla fine, non avrebbero trovato alcun argomento di conversazione e che lui l’avrebbe trovata noiosa. Forse si sarebbe anche pentito di averla invitata a pranzo.
Enrica, quasi le leggesse nella mente, disse. – Certo che se lui vuole vederti… deve essere interessato -.
Irene deglutì e non poté fare a meno di sorridere. Trovava ancora strano che un ragazzo la trovasse attraente. Certo, lei sapeva di non essere brutta. I capelli corvini, lunghi e setosi, e gli occhi neri, il corpo snello e le gambe lunghe. Nonostante ciò non si trovava bellissima: il viso era troppo lungo per i suoi gusti, la mani leggermente tozze e il naso troppo piccolo.
Marco era stato il suo primo ragazzo ed erano stati insieme per due mesi, al terzo anno. Lui era carino e gentile, ma fumava come un pazzo e aveva il vizio di farsi le canne, a volte. Lei aveva cercato di non farsi condizionare da queste sue pecche ma, alla fine, avevano troncato.
Arrivarono a piazza Vanvitelli e Irene sentì il cuore iniziare a battere forte.
Una volta lì avvisò gli altri che non restava con loro a pranzo ma non disse loro dell’appuntamento, per evitare domande. Enrica le fece l’occhiolino e mimò un “Imbocca al lupo” prima di allontanarsi con gli altri.
Irene sospirò e si diresse alla metrò. Come immaginava trovò il Suonatore con la chitarra e l’amplificatore a cantare.
Non appena la vide lui le sorrise e gridò forte le ultime parole della “Canzone del Sole”.
Irene gli si avvicinò quando lui ebbe finito. – Non sapevo ti piacesse la musica italiana – gli disse sorpresa.
- Non mi dispiace – le rispose, spegnando l’amplificatore. – Com’è andato il compito di greco? -.
Lei era piacevolmente stupita dal fatto che lui lo ricordasse, e gli rispose con una smorfia. – Meglio non parlarne -.
- Immagino sia in parte colpa mia – scherzò, mettendo la chitarra nel fodero.
- Tutta colpa tua – chiarì lei.
- Cosa? No, carina, sei tu che ieri sei venuta a cantare. Quindi non sono stato io ad importunarti, anzi, se mai è stato il contrario -.
- Che fai, ti lamenti della mai compagnia? – gli chiese mentre uscivano dalla metrò.
- Esattamente – le disse, facendole la linguaccia.
Lei gli diede un piccolo pugno che lui schivò con tranquillità.
Giulio si lasciò sfuggire una risata e lei sbuffò.
Mangiarono un panino per strada e parlarono tutto il tempo, soprattutto di musica.
I loro gusti erano molto simili e Giulio sapeva tantissime cosa riguardo a note ed accordi, che da sempre avevano affascinato Irene. Si fece spiegare molte cose riguardo alle note, in modo da poter paragonare in modo più dettagliato le persone. Scoprì le minime e le semiminime, i bemolle e i diesis. Lui le disegnò sul quaderno un pentagramma e le segnò tutte le note. Non aveva studiato con un insegnante, erano tutte cose che aveva imparato da solo.
Irene rimase affascinata dagli accordi. Si sedettero su una panchina e lui le mostrò il giro di Do.
Le fece sentire vari modi per ritmarlo, dal più lento al più veloce.
Le passò la chitarra e lei cercò di suonare.
- Premi più forte – la incitò, poiché il suono usciva steccato. Lei cercò di premere di più sulle corde, ma i polpastrelli le facevano male.
Allora lui si avvicinò e poggiò le sue dita su quelle di lei.
Irene deglutì, ma cercò di far finta di nulla, dato che lui si mostrava così tranquillo. Notò, però, che il suo sorriso non era sincero, piuttosto mirato a farla arrossire. Inoltre le sue mani non erano impacciate ma esperte. Di sicuro non era la prima ragazza a sperimentare le magie della chitarra del Suonatore.
- Chissà quante ragazze avrai incantato così – mormorò. Lui alzò un sopracciglio.
- E questo come lo devo interpretare? -.
- Bé, stavo solo pensando che forse io non solo la prima che cerchi di accalappiare con questo trucco – considerò lei, cercando ancora di far vibrare le corde.
Giulio sembrò stupito. – Tu credi che io faccia così con tutte? -.
- Non lo so – gli rispose, alzando gli occhi. – Dimmelo tu -.
Gli occhi chiari di lui erano tristi. Irene lo capiva dalla lucidità innaturale delle pupille.
- Scusa – disse, abbassando di nuovo gli occhi, imbarazzata. – Non avrei dovuto -.
Il Suonatore scosse il capo. Poi tacque. – Vuoi fare qual cosa che non ho mai fatto con nessuna? – le chiese dopo un po’.
Lei lo guardò, stupita e felice. Giulio le sorrise e le prese la chitarra di mano. La ripose nella custodia e le porse la mano caricandosi la chitarra in spalla.
Lei la strinse, titubante. 

  
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