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Autore: damonslaugh    29/08/2012    6 recensioni
Come la vita di una perfetta adolescente puo' cambiare, facendola diventare un'altra persona e farla chiudere in se stessa.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Era passato un po'  di tempo dalla morte di mio fratello. Il mio nome è Roxanne, sono un'adolescente particolare. Ho i capelli neri come il carbone che sfiorano delicatamente le spalle, una carnagione notevolmente chiara, intensi occhi grigi, mani delicate, corporatura fine e sorriso sgretolatosi con il tempo. Non vado dietro ai ragazzi o mi vesto di rosa come le ragazze della mia età. Non so perchè mi odino tutti, io non faccio altro che starmene per i fatti miei. Non sono una una persona molto socievole, anzi non lo sono per niente. Prima non ero così, ero una ragazza allegra, piena di ambizioni ed amici. Il cambiamento tra quella che ero e quella che sono è avvenuto a causa del mio compleanno. Pochi giorni prima del mio compleanno a scuola non si faceva altro che parlare della serata in discoteca di qualche settimana prima, a me non importava niente ma le mie amiche continuavano a dipingere la discoteca come il paese delle meraviglie.  
<< Devi assolutamente fare la tua festa lì >> Mi diceva la mia amica Jennifer, detta Jen, quello era il suo nome. Aveva quei boccoli biondi che le scendevano fino alle spalle, capelli soffici come la neve, occhi magnetici di un color azzurro sbiadito con qualche sfumatura di bianco ed un sorriso splendente come tanti gioielli. Jen era una ragazza distratta e spensierata ma in compenso aveva voti molto alti ed un perfetto equilibrio, cose che a me scarseggiavano.
<< Rox, diventerai la regina delle feste >> aggiungeva sempre quando si tirava in ballo il problema del festeggiamento del mio compleanno imminente. Facevo finta di ascoltarla mentre parlava per ore sul fatto di essere popolari, a me sinceramente non importava neanche prima. Ero arrivata al limite di sopportazione e mi venne in mente solo una frase per farla smettere di blaterale 
<< Va bene Jen, chiederò ai miei genitori per questa maledettissima festa. Ora basta.. >>   credevo fossero semplici pensieri ma fu tutto il contrario, perchè lo dissi ad alta voce e gli occhi della ragazza luccicarono di felicità mentre mi abbracciò forte. Non potevo deluderla, non proprio quando avrei fatto l'unica cosa di carino da quando eravamo amiche. Avrei provato a chiedere ai miei genitori per la festa di compleanno. Le ore delle lezioni passarono troppo in fretta, in un'altra circostanza sarei stata felice ma sinceramente non avevo voglia di tornare a casa. Durante tutte le lezioni scrissi un ipotetico discorso che avrei potuto fare ai miei genitori per persuaderli all'idea della festa.  
<< Non sarebbe più semplice non dire niente e trovare una scusa con Jen? >> pensai.
 No, non volevo mentirle, anche se assumeva un atteggiamento strano a volte, era la mia migliore amica. La campanella suonò, ciò significava che le lezioni erano finite ed era il momento di andare a casa. Mi incamminai fuori dalla classe, percorrendo il lungo corridoio ed infine lasciai l'edificio. Improvvisamente comparve Jen al mio fianco con il suo quaderno rosa fluorescente, tutto ordinato e profumato.  
<< Tieni ho scritto qualche scusa e qualche bozza di discorso da dire ai tuoi genitori >> mi disse, porgendomi il quaderno.  Abbozzai un mezzo sorriso, non sapevo che dire 
<< Ehm.. grazie >> dalla mia bocca uscì solo questo. Salimmo sul pullman e ci dirigemmo verso i sedili dietro ma ovviamente erano occupati, perciò optammo per i primi due sedili.
<< Se tu fossi popolare il posto dietro è un tuo diritto >> iniziò Jen, assillandomi per tutto il tragitto sull'importanza dell'essere popolare e di come quella festa mi avrebbe aiutato.  
<< Vedrai sarà una festa da urlo! >>  ripeteva Jen
 << Di urli ce ne saranno parecchi.. da parte dei miei genitori..  >>  commentai con un filo di sarcasmo.
<< Oh, devo scendere >> si accorse dispiaciuta.
<< Non dimenticare il tuo.. >> non riuscì a finire la frase che rimasi immobile con il quaderno in mano mentre la ragazza mi guardava da fuori il finestrino.
 << Ti servirà, domani mi racconti >> mi salutò mentre il pullmino ripartiva faticosamente, io ricambiai con un lieve gesto della mano ed un mezzo sorrisetto amichevole. Sarei dovuta scendere alla prossima fermata, il panico iniziò a prevalere su tutto, sarei voluta restare dentro il pullman fino alla mattina seguente. L'autista si fermò e, aprendo le porte, io scesi goffamente. A passi lenti mi dirigevo verso casa, attraversai nervosamente il cortiletto, frugai nel mio zaino in cerca delle chiavi ed entrai in casa. Ad aspettarmi c'era la mia gatto, Summer, che saltò subito tra le mie braccia, la accarezzai dolcemente. Alzai lo sguardo lentamente e lo vidi, mio fratello Sam. Il ragazzo era più grande di me, aveva i capelli neri che gli calavano davanti al viso coprendo gli occhi castani contornati di verde, la carnagione leggermente più abbronzata rispetto alla mia, con un sorriso sincero e mani forti. Era un rapporto davvero speciale quello che si era creato tra noi, invidiabile direi, avremmo dato tutto per veder sorridere l'altro. Quando mi voltai lo vidi sorridere e, lasciando che il gatto svincolasse dalle mie mani, corsi lungo il corridoio fino alle sue braccia che mi strinsero forte. 
<< Ciao sorellina, qualche problema? >> Chiese mentre le mie braccia lo stringevano in un lungo e caloroso abbraccio, mi sentivo particolarmente protetta e al sicuro tra le sue braccia. Ci sedemmo sul divano e gli raccontai tutto, Sam riuscì a farmi tirar fuori emozioni che fino a poco prima tenevo nascoste. Ero impaurita, felice, rassicurata, infastidita e stranamente sollevata nello stesso tempo. Dopo una lunga chiaccherata fui pronta a parlare con i miei genitori, presi la mano di mio fratello e ci dirigemmo verso la cucina dove mia madre preparava il pranzo e mio padre era indaffarato con  il giornale. Mi schiarì la voce, attirando l'attenzione su di me, strinsi la mano di mio fratello ed iniziai.
 << Volevo chiedervi una cosa riguardo il mio compleanno >> dissi viccagliamente sottovoce 
<< Dicci cara, qualcosa non va? >>  chiese gentilmente mia madre 
<< Emh.. più o meno.. >> feci una pausa, presi un bel respiro e ricominciai << Vi volevo chiedere se potevo festeggiare il mio compleanno, in una discoteca>>  i loro occhi si sgranarono e le sopracciglia si infossarono 
<< Un paio di settimane fa c'è stato un evento e ha riscosso molto successo. Vi prego, lasciatemela organizzare >> fu tutto molto strano. Avevo passato la giornata ad organizzare un discorso di senso compiuto ed ora, presa dal panico, non riuscivo a spiccicare parola.
 << La porterò io e la andrò a riprendere! Starà con me! Ogni tanto passerò di lì e vi terrò informati su tutto.. >> promise Sam, ecco che un altra volta gli ero debitrice. I miei genitori si guardarono negli occhi, si creò un silenzio imbarazzante che fu rotto dalla voce melodica di mia madre 
<< Non è da te cara tuttavia, dato che Sam ci ha promesso di tenere d'occhio la situazione..>>  si fermò, il mondo e il tempo si fermarono, il mio cuore si fermò,  quando mio padre riprese il discorso
<< Allora puoi organizzare, ma niente cose fuori dai limiti signorina >> si raccomandò, riprendendo le parole di mia madre. Non sapevo se fare i salti di gioia, rimanere perplessa o dare capocciate alla porta, ringraziarli fu l'unica cosa che feci. Mia madre, Nicole, era una donna giovane, capelli biondi e morbidi come la seta, modi aggraziati, camminava impettita con un sorriso raggiante ed enormi occhi grigi. Mio padre, Michael, era invece un omone alto e massiccio, capelli neri come la notte, occhi verdi e con una goffaggine inaspettata.  Ci sedemmo a mangiare, fu un pranzo stranamente in silenzio e mi piaceva. Finito l'abbondanza di cibo cucinata io e Sam sistemammo i piatti ed andammo via dalla cucina. Percorremmo a lunghi passi il salone, dirigendoci verso il corridoio per poi salire le scale ed arrivare nella mia camera. Le pareti della stanza riprendevano il colore del cielo, appesi c'erano tantissimi quadri che ritraevano perlopiù me e mio fratello, a un angolo della stanza c'era la mia scrivania piena di oggetti inutili e tanta confusione, nell'altra estremità un grande letto con accanto una finestra che si affacciava sulla casetta sull'albero del giardino di casa e vicino alla porta tempestata di scritte c'era un dondolo ad ovetto. Entrammo nella camera e ci sistemammo sul letto.
<< Dobbiamo pensare ai preparativi per la festa >> disse con uno strano entusiasmo mio fratello, sorridendo.
<< Non mi importa più di tanto>> confessai 
<< Lascia la scelta delle decorazioni alla tua amica e la prenotazione del locale a me. Tu occupati delle persone invitate>>  ribbattè mio fratello sorridendo e, facendomi l'occhiolino, si alzò, mi scoccò un bacio sulla fronte e uscì dalla mia camera. Mi sedetti sul dondolo ad ovetto, carta e penna in mano, feci mentalmente il punto della situazione ed iniziai a scrivere determinata  la lista degli invitati. Passarono ore e sulla pagina bianca risaltava solo un nome: "Nessuno". Strappai il foglio, lo accartocciai e lo buttai per terra. Ricominciai da capo, mi venne in mente il vero primo nome, avevo una scritture fine e delicata, scrissi in stampatello "Jen" e poi il vuoto più totale. Lasciai il foglio sulla scrivania, aprii la finestra e mi arrampicai su un ramo robusto fino alla casetta sull’ albero, entrai ed iniziai a pensare. Senza che io me ne accorgessi spuntò la luna e le stelle iniziarono a brillare alte in cielo, sprofondai nel sonno. Mi risvegliai la mattina seguente a causa di un gran fracasso proveniente dalla mia sveglia mezza rotta, ero in camera mia, ma come ci ero arrivata? La risposta era chiara: Un angelo custode chiamato Sam veglia su di me e mi protegge. Mi alzai subito dal letto, mi preparai, misi in spalla lo zaino, feci colazione, salutai il mio fratellone e mi incamminai fuori la porta, diretta a scuola. Arrivata al cancello intravisi Jen, mi feci posto tra qualche studente e mi avvicinai a lei
 << Rox, allora? Com'è andata? >> mi chiese impaziente, io le raccontai tutto aggiungendo infine un piccolo dettaglio che avevo dimenticato  << Devi pensare tu alle decorazioni ma..>> feci una pausa << ..non ho la minima idea di chi invitare >> spiegai  quando Jen rispose sorridente: << Penso a tutto io, la faremo il giorno del tuo compleanno >> strabuzzai gli occhi, guardandola sbigottita.
 << E' tra tre giorni! >> esclamai ansiosa.
<< Dov'è il problema? Dì a tuo fratello di prenotare ed al resto penso io >> ribattè con il tentativo di  rassicurarmi ma non mi aiutò affatto, avrei voluto obbiettare ma la campanella suonò e lei svanì insieme alla massa di studenti verso le aule. Le lezioni le passai a scarabocchiare sui quaderni come al solito, quando suonò la campanella di fine lezioni mi sentivo stranamente sollevata e mi diressi subito al pullman dritta verso casa. Non vidi Jen per tutto il giorno, nè a ricreazione nè all'uscita e non sapevo se essere felice o preoccupata,
<< Di sicuro starà organizzando mille cose come al suo solito >>  mi ripetevo. Scesi dal pullman ed entrai velocemente a casa raccontando dettagliatamente la conversazione di stamattina a mio fratello
 << Già sapevo tutto >> mi disse, per un secondo mi passò per la testa che Sam potesse essere un veggente 
<< Ma come.. >> non mi lasciò finire la frase che mi interruppe 
<< Mi ha chiamato Jen stamattina >>  ora si spiegava tutto, mi disse in oltre di aver già prenotato. Ero sbalordita. Gli sorrisi e iniziammo a parlare del più e del meno, delle lezioni e dei professori. Il legame con mio fratello era speciale, me ne rendevo conto, non era solo il mio fratellone ma anche il mio migliore amico. I giorni successivi passarono in un baleno e l'ansia per la festa saliva ancora di più. La mattina del grande giorno fu diversa da tutte le altre, arrivai a scuola e persone di cui non conoscevo l'esistenza mi salutarono, alle lezioni mi arrivarono continuamente bigliettini con scritto quanto aspettavano ansiosi la festa, come si sarebbero divertiti e che ero una "bomba". Questa volta sul pullman i posti in fondo furono riservati per me e Jen, mi sentivo continuamente osservata e scrutata da mille occhi.
<< Ho sempre ragione. >> ripetè Jen per tutta la mattina. 
Una cosa non sapevo, che quella popolarità sarebbe durata ben poco. Il pomeriggio andai a cercare un vestito adatto con mio fratello e  Jen, dato che il mio guardaroba era povero e mi era stato vietato di andare in jeans e maglietta. Girammo due ore prima di trovare il vestito adatto ed anche Jen se ne comprò uno bellissimo. Il mio vestito era nero, con una scollatura sul petto, mi scendeva fin sopra le ginocchia ed era contornato da luccichini grigi che facevano risaltare i miei occhi e naturalmente accompagnato da tacchi insopportabili neri e fini. Il vestito di Jen invece era rosa confetto, le scendeva giù fin sotto le ginocchia, era di velluto con una fascia di brillanti che le cingevano la vita. La grande sera arrivò; uscì di casa tutta truccata e acconciata, salutai i miei genitori ringraziandoli ancora, salì in macchina con Sam e ci dirigemmo al locale. Sam mi lasciò davanti l'entrata.
<< Divertiti, io sono qui intorno se hai bisogno di qualcosa, chiamami quando devo venire a riprenderti >> mi disse facendomi l'occhiolino, poi aggiunse << Mi fido di te, sei davvero bellissima. >>  e sgommò via, non feci in tempo a focalizzare la scena che Jen mi trascinò dentro. Volti mai visti mi fecero gli auguri, la musica alta, luci colorate e tante ragazze urlanti, questa era la discoteca e sinceramente non sembrava niente di speciale, decisi comunque di divertirmi e lasciarmi trascinare dalla musica. Ballai sopra quelli che venivano chiamati "cubi", scartai i regali, ringraziai tutti, tagliai la torta eccessivamente grande ed ammisi di essermi divertita abbastanza. Le persone iniziarono ad andare via ed io ne approfittai per chiamare mio fratello "Arrivo subito", rispose. Tutti erano andati via, persino Jen ed io mi ritrovai da sola lungo una strada buia e stavo morendo di freddo, chiamai più volte ma mio fratello non rispondeva, lasciai messaggi su messaggi ma niente. Le ore passarono e io finì per fare l'autostop ad una vecchia signora per tornare a casa, ero sfinita e appena aprì la porta di casa mi trovai schiaffata davanti la cruda realtà e tutto il divertimento di quella serata sfumò in pochi secondi. Mia madre piangeva, mio padre piangeva, il gatto era impazzito e il mio cuore cessò di battere. Era la fine, la fine di tutto.
  
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