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Autore: Disorientated Writer    30/08/2012    4 recensioni
Anno 1216: la pazzia di Gant potra' essere stata fermata, ma la Crociata Albigese no, e in tutta la Linguadoca infuriano battaglie tra i cristiani e gli Occitani.
Nella corte di Filippo Augusto si nasconde una persona pronta a tutto per aiutare la Chiesa ad estirpare l'eresia dall'intero territorio Francese. Pronta perfino ad uccidere il Re, se necessario.
Il Sud della Francia è messo a ferro e fuoco, e da Nord sbarcano flotte di mercenari inviate dai Baroni Inglesi che appoggiano l'incoronazione del piccolo Enrico III, minacciando gravemente l'armata del principe Luigi che a stento riesce a tener testa ai baroni e i loro mercenari.
In questo momento di grande tensione, Hyperversum decide di fare la sua parte, catapultando nel medioevo due fratelli, separandoli e incrociando le loro strade con quelle delle parti in guerra.
Perché se tutto puo' cambiare in un secondo, c'è qualcosa che non muterà mai: l'incredibile, immensa, sfortuna di Ian Maayrkas, il Falco del Re.
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[STORIA IN FASE DI RIEDITAZIONE! POSSIBILI CAMBIAMENTI DRASTICI.]
Fanfiction dedicata a Silvia :3
E possa Guillaume de Ponthieu essere sempre in vostro favore!
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donna Barrat, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Isabeau de Montmayeur, Nuovo personaggio | Coppie: Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Terzo: Quando riuscirò a pronunciare tutti questi strambi nomi, farò festa … beh, dopo che Ian avrà fatto la sua, ovviamente.

 
 
 








Il pomeriggio seguente, una volta che i medici si furono assicurati della mia salute, Guillaume de Ponthieu mi mandò a chiamare.
Mentre attraversavo i corridoi del castello di Chatȇl-Argent mi sentii incredibilmente a disagio. E piuttosto piena di paura, devo dirlo. Insomma, cosa voleva da me un Signor Conte, imparentato con il Re di Francia e blablabla?
Tanto per la cronaca, Isabeau si era divertita a illustrarmi tutti i possibili legami della famiglia Montmayeur-Ponthieu, quella mattina.
E io, ovviamente, costretta a letto com’ero, non avevo potuto sottrarmi alla tortura.
Non che la presenza di Isabeau fosse sgradevole, per carità, ma sentirla blaterare di tutti i morti, vivi, cani, gatti e pappagalli di ogni singola famiglia era stato estenuante.
Mi lisciai le pieghe dell’abito azzurro, che la sopracitata Riccioli d’Oro mi aveva prestato.
Non mi trovavo per niente bene in quelle vesti medioevali, con la gonna, il sottogonna, il cinturone in vita e compagnia bella. L’unica cosa positiva di quelle vesti antiquate- molto, antiquate- erano i mocassini, come voleva la moda dell’epoca.
Quella stessa mattina era venuto anche Ian a trovarmi. Mi aveva preannunciato una possibile richiesta del Conte di parlarmi in privato, così mi aveva dato qualche dritta su cosa dire e cosa no, ad esempio tutti i vari costumi dell’era moderna, le armi e compagnia bella. l
Pensandoci bene, non era stato granché d’aiuto. L’unico consiglio utile fu: ‘rispondi sempre con sincerità, qualunque cosa ti chieda.’
Ad un tratto, il servo che mi aveva guidata in giro per il castello si fermò davanti ad una massiccia porta di legno scuro.
Borbottando qualcosa in francese, si allontanò, non prima di avermi fatto il solito inchino.
Era da quella mattina che i servi, i medici e tutti gli altri si apprestavano a farmi un inchino dopo l’altro, biascicando qualcosa di piuttosto rispettoso in francese.
Feci un respiro profondo e bussai alla porta.
« Come in, mademoiselle. »
Tossicchiando, aprii la porta, e mi ritrovai in un ampio studio dalle pareti di pietra chiara, con una spaziosa scrivania al centro e alcune poltroncine sparse lì davanti. I muri erano tappezzati di libri, soprattutto in latino, da quello che potei notare.
Guardai il conte de Ponthieu. Era un uomo vicino ai cinquanta, con i capelli scuri leggermente brizzolati e le sopracciglia leggermente arcuate.
Feci il qualcosa molto simile ad un inchino che meglio mi riuscì e aspettai, lì impalata, che Guillaume dicesse qualcosa.
Invece, rimase in silenzio per cinque minuti buoni, mentre sistemava delle carte e non mi degnava di uno sguardo.
Stavo per urlargli qualcosa quando alzò gli occhi dai fogli e mi fece un sorriso piuttosto glaciale.
Rabbrividii. Quell’uomo iniziava seriamente a farmi paura, con tutta la sua aura da ‘I-Do-What-I-Fuckin-Want-Whenever-I-Want’.
« Sedetevi, prego. »
Obbedii, cercando di infilarmi in testa che dovevo usare anche io il ‘voi’.
« Immagino che sappiate perché vi trovate qui, mademoiselle. » mi disse ancora Guillaume, fissandomi negli occhi.
« Perché voi possiate decidere cosa fare di me, monsieur? » risposi, sulle spine, agitandomi nella poltroncina azzurra che il conte mi aveva indicato.
Lui annuì, pensieroso.
« Innanzitutto, voglio sapere una cosa: siete una persona affidabile? »
Rimasi piuttosto spiazzata dalla notizia e lo osservai con il sopracciglio inarcato, senza riuscire ad impedirmi di rispondere: « Beh, se anche non lo fossi, non glielo direi certo, no? »
Mi morsi il labbro immediatamente. Cacchio. Non dovevo essere così precipitosa con le risposte, Ian me l’aveva detto.
Invece di arrabbiarsi, il conte fece quello che sperai di interpretare come un sorriso.
« E ditemi, venite dallo stesso luogo remoto, oltre le Colonne d’Ercole, dello scudiero di mio fratello? »
Non avevo la più pallida idea di chi fosse lo scudiero di Ian, ma evidentemente Guillaume non voleva parlare chiaro. Comprensibile, visto che la porta di legno scuro non sembrava capace di contenere tutte le conversazioni.
« Oh, sì. » risposi, stringendomi nelle spalle e senza sbilanciarmi troppo.
Lui annuì nuovamente e iniziò a pormi domande dopo domande, mettendomi sempre più alle strette: chi sono i miei genitori? Il mio nome completo? Facevo qualche lavoro nella mia terra d’origine? Come c’ero arrivata in Francia?
L’ultima domanda mi mise un po’ a disagio. Come lo spiegavo un computer ad un uomo del XIII secolo?
« Oh,beh, ecco, io … » prima che potessi formulare una frase di senso compiuto, Ian e Isabeau fecero il loro ingresso trionfale nello studio di Ponthieu, salvandomi in extremis. Per il momento.
« Ben arrivati. Stava giusto per raccontarci come è arrivata qui. » disse il conte ai nuovi arrivati, ma senza staccarmi gli occhi di dosso per un secondo.
Ian fece un segno d’assenso con la testa e mi guardò, in attesa.
Okay, ora sì che ero a disagio.
« Beh, ecco … diciamo che ho litigato con mio padre. Sì, insomma, noi due ci odiamo a vicenda e compagnia bella. Mio fratello e io abbiamo, hum, deciso di venire qui per … beh … evitare di vederlo per un po’, ecco. Siamo capitati in mezzo alla banda di briganti e … basta. » terminai, velocemente.
Detta così non era niente di particolarmente degno di nota. Anzi, probabilmente alle orecchie del conte suonava anche piuttosto ridicola come storia.
« E riesci a richiamare la mela? » mi domandò Ian, con la fronte corrugata.
Io scossi la testa, stupita del fatto che nominasse la mela di Hyperversum con tranquillità davanti a quei due medioevali. Non ero molto ferrata in storia, ma sapevo per certo che la stregoneria non era molto ben vista, a quei tempi.
Ian annuì, cupo, ma non disse altro.
Fu invece il conte di Ponthieu a rivolgermi l’ennesima domanda.
« Conoscete il francese, dama Harley? » mi domandò, scrutandomi.
Io scrollai le spalle.
« Conosco solo qualche parola, monsieur. » dissi, passandomi una mano dietro il collo, a disagio. Non mi piaceva il modo in cui quell’uomo mi guardava, per niente.
« E quali? »
« Oh, beh … Bonjour, Je t’aime e … omelette au formage. » snocciolai, probabilmente con un pessimo accento e arrossendo all’ultima frase. Forse quella era il caso di ometterla, anche se Guillaume, Ian e Isabeau sembrarono trovarla piuttosto divertente.
Bene, ora mi avrebbero messa a fare il giullare di corte.Yeeeah.
Ponthieu mi guardò pensieroso, con le braccia conserte strette al petto.
Io rimasi in silenzio, aspettando non so quale verdetto.
« Bene, bene, Harley. Credo di aver trovato il mondo di rendervi utile ai miei scopi. » esclamò d’un tratto, facendomi trasalire.
« E cioè? » domandai, visto che Ponthieu non sembrava voler dare altre spiegazioni.
« Dama Isabeau ha dei lontani parenti nelle terre dell’estremo Nord, in Finlandia. Vostra madre era finlandese, o sbaglio? Bene, voi siete venuta qui a trovare la vostra adorata cugina, dopo che avete perso i genitori in un terribile incendio e perso vostro fratello in un’imboscata dei briganti. Per venire qui siete partita da Turku e avete attraversato il mare su una nave Inglese e per giungere qui in Francia avete dovuto attraversare l'intera Inghilterra. Questo spiegherebbe perché sapete bene lo svedese e l’inglese ma nemmeno una parola di francese, a meno che qualcuno non voglia ordinare un omelette al formaggio. » proclamò, rendendoci partecipi di una storia probabilmente inventata al momento.
Lo osservai. Poi guardai Isabeau e suo marito, che sembravano stupiti quanto me, poi scrollai le spalle.
Andiamo, ero finita nel medioevo, avevo perso mio fratello, stavo indossando un sottogonna e mi ritrovavo a parlare con un vero conte di Francia del XIII secolo.
C’era altro che poteva stupirmi?
« Trovo che sia un buon piano, fratello. Abbiamo bisogno di lei. » disse Ian, pensieroso.
Anche Isabeau annuì, e io mi ritrovai in meno di dieci secondi catapultata nella famiglia dei Montmayeur.
« In fondo, Harley e Isabeau hanno i capelli dello stesso colore, e alcuni lineamenti del viso potrebbero assomigliarsi, se non contiamo gli occhi azzurri della prima e castano chiari dell’altra. » continuò Ponthieu.
Tutti mi guardarono, e io feci cenno di sì con la testa.
Ero ufficialmente diventata Harley Aires Karjalainen Cugina dei Montmayeur.
Povera me, come se avessi bisogno di aggiungere qualcos’altro al mio già chilometrico nome.
 
La settimana seguente fu un susseguirsi di … assolutamente niente, in effetti.
Chatȇl-Argent era un castello tranquillo, e il feudo dei Montmayeur – Ponthieu ancora di più.
Ancora non avevo capito perché al conte servisse una cugina di Isabeau  e non potesse semplicemente presentarmi per quello che realmente ero, ma okay. Ian mi aveva detto che Guillaume era solito usare delle persone come pedine dei suoi misteriosi giochi e che non dovevo darci troppo peso.
Ceerto.
Quando me l’aveva detto, avevo resistito alla voglia di urlargli ‘Non sono solo una pedina dei vostri giochi’ alla Peeta Mellark, ma mi ero trattenuta.
Isabeau si era presa il compito di istruirmi su tutto ciò di cui c’era bisogno, compresa la pronuncia dei nomi che proprio non mi riusciva, nonostante avesse già due figli a cui badare.
Quando appresi la notizia, ridacchiai. Certo che Ian si era dato da fare, una volta arrivato nel medioevo.
Avevo preso in simpatia quel ragazzo- anche se proprio di ragazzo non si può parlare, dal momento che aveva quasi dieci anni in più di me.
Quella mattina, Riccioli d’Oro mi stava raccontando della Crociata albigese e di tutto ciò che ne era seguito – Gant l’Imbecille, gli Occitani e l’attentano alla vita di Ian e del cavaliere di Roquemar – quando una serva venne ad avvertirci dell’arrivo di alcuni ospiti che avevo sentito nominare nei racconti di Isabeau.
Seguimmo la domestica fino al cortile del castello, dove trovammo Ian e Guillaume impegnati a salutare i nuovi arrivati, che si rivelarono un ragazzino di quindici anni, una donna dai capelli rosso fuoco che doveva essere la madre e un uomo alto e imponente, dai capelli castano scuri e lo sguardo piuttosto gelido e inquietante.
Ma nel medioevo erano tutti così o solo io avevo la fortuna di beccarli tutti nel giro di una settimana i Signori Sorriso Smagliante, mi domandai scendendo le scale.
Dopo che Isabeau ebbe salutato tutti, mi invitò ad avvicinarmi con un gesto della mano.
« E lei è mia cugina, Harley Karjalainen. È venuta qui dalla lontana Finlandia. » mi presentò, lanciandomi la sua speciale occhiata che avevo imparato ad interpretare come ‘inchinati’.
Feci una riverenza e osservai meglio gli ospiti.
Quello che Ian presentò come Geoffrey Martewall stava per dire qualcosa quando venne interrotto da uno dei suoi soldati che portava una bambina bionda in braccio.
I castellani sembrarono piuttosto sorpresi dall’arrivo della piccola e Martewall lanciò loro uno sguardo di scuse.
« Lei è Alice, la figlia di mio fratello Peter ... la madre è morta e nessuno poteva prendersi cura di lei, perdonatemi. » disse, a mo’ di scuse, mentre la bambina sorrideva a tutti i presenti.
Io la osservai, curiosa. Che c’era di male nel portare la nipote a zonzo per la Francia?
« Ah. La figlia bastarda di ser Peter Martewall. » borbottò Ponthieu, guardando la bambina.
Tutti sembravano piuttosto imbarazzati dall’inconveniente, e ancora non riuscivo a capire perché. Insomma, nella mia scuola precedente, molti genitori non erano sposati, eppure nessuno guardava male i loro figli.
Sì, ma qui stiamo parlando di ottocento anni fa’, dove le donne sono ancora considerate inferiori e devono indossare mille strati di gonna,pensai subito dopo.
Persa com’ero nei miei pensieri, non mi accorsi che la piccola Alice era scesa a terra e mi si era avvicinata, sorridente.
Mi resi conto di essere ancora lì in Francia solo quando la piccola iniziò a tirarmi la gonna dell’abito.
« Alice, lascia immediatamente la signorina! » esclamò la tata al suo seguito.
Io scrollai le spalle e presi in braccio la bimba, sotto gli occhi esterrefatti dei presenti.
« Be’? Non avete mai visto qualcuno prendere in braccio una bambina? » domandai, già stufa marcia del pensiero medioevale.
Martewall ridacchiò, scambiandosi un’occhiata con Ian, mentre Beau, il ragazzino dai capelli rossi, mi osservava stupito.
Ah, bene. Avevo di nuovo detto qualcosa di troppo. Accidenti ad Hyperversum che non era lì ad aiutarmi.
 
Quella sera, cenammo tutti insieme intorno al grande tavolo di legno della Sala Grande, come l’avevo mentalmente rinominata.
Nonostante fossi lì da una settimana, ancora non riuscivo ad abituarmi al fatto che la forchetta non fosse ancora stata inventata e che dovevo mangiare la carne munita solo di cucchiaio e coltello.
« Be’? Non avete mai mangiato della carne, mademoiselle? » mi domandò ironico Martewall, seduto accanto a me.
Io feci una smorfia e continuai imperterrita a mangiare, o meglio, a provarci.
Isabeau, seduta alla mia sinistra, mi prese il pugnale-coltello-quellocheè e affettò il tutto. La ringraziai con un cenno della testa.
Mi guardai intorno. Teoricamente avrei dovuto sentirmi fuori posto, addirittura sotto shock, nel mangiare con dei veri feudatari del XIII secolo, ma la cosa sembrava risultarmi normale.
Dopo le crisi nervose dei primi giorni, avevo finalmente realizzato che mi trovavo là per davvero e non era un’allucinazione. E ora, seduta a tavola, mi sembrava una cosa perfino normale il mio viaggio nel passato.
No, la mia sanità mentale non era al massimo della sua forma, lo so.
« Com’è andato il viaggio, ser? » chiese Ponthieu, quando i servi portarono a tavola l’insalata. Che dovevo mangiare con il cucchiaio. Repressi l’istinto di sbattere la testa contro il tavolo.
« Molto bene. Non abbiamo avuto contrattempi. » rispose educatamente Martewall, spezzando il pane ed intingendolo in quella che doveva essere zuppa di qualcosa non meglio identificato.
Bleah. Sospirai, sentendo fortemente la mancanza dei cari vecchi cheeseburger.
« Quando siete arrivata, dama Harley? » mi domandò Brianna d’un tratto, facendomi trasalire.
« Oh, ehm … la settimana scorsa, madame. » risposi, in un borbottio indistinto.
Lei annuì e tornò ad occuparsi del suo piatto.
Sulla tavolata scese il silenzio per una decina di minuti buoni, fino a che Ian non decise di dare una bella notizia al resto del mondo e orribile alla sottoscritta.
« Tra due settimane terremo qui un ballo in onore dell’arrivo della cugina di mia moglie. Che ne dite, Geoffrey, rimarrete fino ad allora? » domandò con fare casuale, lanciandomi un’occhiata di ammonimento, che poteva voler dire solo: ‘non provare a dire niente o ti stacco la testa’.
I nuovi arrivati sembrarono sorpresi dalla notizia, ma il cavaliere accettò di restare per la festa in mio onore.
Chissà se faranno una torta con la mia faccia sopra, pensai, ironica.
« Con la scusa, verranno molti feudatari. Così potremmo discutere della situazione inglese. » aggiunse, scambiandosi uno sguardo con Ponthieu.
Ah. Quindi la famosa cugina finlandese serviva solo per una festa? E bastava dirlo subito!
« Verranno anche i vostri compagni d’arme, immagino. » domandò Brianna, rivolta a Ian.
Da quando il signor Conte Cadetto (come mi aveva spiegato Isabeau) aveva dato la notizia del ballo, Ponthieu Senior era diventato quasi invisibile. Beh, un ballo è pur sempre un ballo.
« Certo. E, naturalmente, Etienne de Sancerre si porterà dietro sua moglie Donna. »
Oh santo Jack, e questi ora chi erano? Silenziosamente, provai a ripetere il nome del tipo che Ian aveva nominato prima.
Niente. Perché non potevano chiamarsi Gino, Pino e Tino, questi conti francesi? Erano nomi così facili da pronunciare!
Dopo cena, Isabeau mi trascinò nei suoi appartamenti, con la scusa di dover dare un’occhiata ai piccoli Marc e Michel.
« Sai cucire, Harley? » mi domandò, una volta che la porta si chiuse dietro di noi.
Io annuii, non riuscendo a capire dove voleva andare a parare.
« Sì, beh, me la cavo. Perché? » okay, lo ammetto: da grande sarei voluta diventare una stilista. Adoravo creare e cucire personalmente i miei abiti. Bene, addio alla maschera della dura.
Lei sorrise, maliziosa.
« Che ne diresti di farmi un abito originale? Potresti prendere spunto da quelli che indossi nella tua terra natia. »
La osservai, stupita. E con terra natia ero certa che non intendesse la Finlandia.
Mi limitai ad annuire, pensando che tanto Isabeau non poteva sapere cosa si indossasse normalmente in America, quindi avrei potuto tranquillamente modificare un normale vestito medioevale e spacciarlo per un vestito d’alta moda americana.
Lei sorrise, nuovamente.
« Oh, non dirlo a nessuno. Voglio che sia una sorpresa per Jean. » mi disse, con fare cospiratorio.
Io sospirai.
Ero arrivata da solo una settimana e già dovevo fare la cugina-servetta per Riccioli d’Oro. 










Madamoiselle's corner: 
Omelette au formage a tutti!(?)
Questo capitolo è un po', come dire ... inutile di transito. 
Ebbene sì: Andrew è scomparso e non ho intenzione di dirvi dov'è finito (
♥) e Harley è "ufficialmente" entrata nella famiglia Montmayeur. So che le cose sembrano confuse al momento (sembrano? Sono confusa anche io!), ma preesto chiarirò tutto uwu.
E per quanto riguarda la parte dell'abito ... COLPA DI ISABEAU, IO NON VOLEVO SCRIVERLO çuç 
Alice Martewall. Tenete d'occhio quella gnappetta ;)
Ps. 'Turku' era la capitale Finlandese dell'epoca, spero, visto che Wikipedia è un'essere inutile e io non sono ricoperta di libri di storia come il nostro Falchetto uwu. 
Se ci fosse una qualsiasi incongruenza storica, vi prego di farmelo sapere! C:

Bene, ho finito di sclerare :')
xoxo,
Madamoiselle Nina.
   
 
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