Ringrazio tutti per le
recensioni, ecco il capitolo finale.
Ore 23.00
-Ho sposato il più grande fesso dello stato!-
E Wilson avrebbe detto che aveva ragione.
Chi altri sarebbe saltato giù dal letto per uscire in una notte
piovosa come quella… per andare dove poi? A bussare a una porta che sarebbe
rimasta quasi sicuramente chiusa.
-Sei proprio uno stupido James Wilson- Sussurrò mentre infilava
le chiavi nella serratura dell’auto.
Provò di nuovo a comporre il numero di House. Suonava a vuoto. Persino
la segreteria telefonica era staccata.
Ma dove sarebbe potuto andare House, la vigilia di Natale e per
di più in crisi di astinenza?
Elencò mentalmente le persone a cui avrebbe potuto rivolgersi: i
genitori? No, li evitava come la peste. Stacy? Già e con Mark di mezzo… no,
nemmeno House sarebbe stato tanto stupido. La Cameron? L’avrebbe avvertito.
Forse…ma dopo il colloquio di quel pomeriggio anche no. La Cuddy? L’avrebbe
rispedito a casa.
Che fosse tornato in ospedale? Già e a far cosa?
E se invece fosse uscito, con quella pioggia e …
Wilson scacciò in fretta quell’idea.
-Maledizione…- il semaforo era diventato rosso all’ultimo
istante.
Più probabile che House avesse dato fondo al flacone di
pastiglie che si era procurato.
-Stupido stupido stupido- mormorò a denti stretti.
E se fosse capitato a lui? Se si fosse ritrovato a Natale, senza
lavoro, alle soglie dell’arresto, prossimo al ritiro della licenza, solo…
E se il mio migliore amico mi avesse tradito?
Svoltò a destra. Non mancava molto.
“E’ colpa mia” pensò mentre premeva sull’accelleratore.
E tutto per la sua assurda e impropria mania di mettere il naso
ovunque. Anche questo era stato uno dei motivi di discussione con Julie, al
tempo del loro matrimonio.
In realtà non riusciva a spiegarselo nemmeno lui. Non riusciva a
spiegarsi perchè invece di tirar dritto dopo la fine del lavoro non si metteva
subito in macchina e filava dritto a casa, invece di fermarsi a scambiare due
chiacchiere col paziente che il giorno dopo avrebbe avuto un intervento
delicato.
Né era in grado di capire perché si premurasse di
offrire un caffè alla madre afflitta della stanza XXX,o perchè
si fermasse a fare due tiri a calcetto con House, solo per sapere com’era
andata a finire con quel paziente particolarmente riottoso.
E se Julie avesse sospettato che spesso trascorreva la sua pausa
pranzo ad ascoltare i problemi di cuore dell’infermiera di turno del suo
reparto…
Gliel’aveva detto anche House: lui aveva una netta propensione
ad attaccarsi ai casi disperati.
Quella volta gli aveva
risposto male, ma solo perché House aveva visto giusto. House gli aveva detto
quello che non voleva sentirsi dire.
Da nessuno.
E quando poi
le persone si rimettono in sesto tu…
Non aveva saputo cosa rispondergli, a parte dirgli che
farneticava. Non era vero, non farneticava, era proprio così, ma non gli
importava. Così come non gli importava di perdere il posto di primario …o
almeno, certo non ne era affatto contento, ma se avesse dovuto scegliere, come
poi era stato costretto a fare, tra
House e il suo lavoro…
“E il risultato qual è stato?” di nuovo la voce di Julie, al suo
fianco.
-Un disastro…- mormorò Wilson rallentando nei pressi di una
scuola. A volte bisogna lasciare che le
cose vadano come devono andare, non si può porre un rimedio a tutto. Aveva
detto così anche la Cuddy.
Ma lui non poteva, semplicemente non poteva lasciare che le cose
finissero così.
-Non se posso ancora farci qualcosa- Sussurrò rivolto a se
stesso.
E cosa poteva fare ancora? Cameron avrebbe detto che aveva fatto
fin troppo. Non ce l’aveva con lei per quello che gli aveva detto quel pomeriggio,
lei vedeva solo una parte del problema…
L’ho denunciato a un mastino rabbioso animato da un perverso
desiderio di vendetta, gli ho fatto togliere il lavoro, gli antidolorifici, lo
sto mandando in galera. Il minimo che posso fare è offrirgli il mio aiuto. Se
ancora lo vuole… e Wilson dubitava che
l’avrebbe voluto ancora dopo quella notte. Il mio aiuto anche se lui lo
rifiuta, come aveva fatto quella sera, quando gli aveva chiesto che programmi
avesse e se non preferisse la compagnia di una persona alle pillole.
Per tutta risposta House gli aveva rivolto un’espressione
sdegnata.
Non si sarebbe più fidato di lui, ammesso che l’avesse mai fatto
fino in fondo. Ormai era quasi arrivato.
“Dopotutto l’amicizia non si basa forse su questo?” si domandò
Wilson accostando.
In quel momento il telefono squillò. Chiuse la macchina e prese
automaticamente la chiamata.
Era Julie.
Si bloccò nel mezzo della strada.
Un’auto suonò il clacson.
-C-come? Julie non capisco…-avvicinò di più il telefono. Dal
cellulare proveniva un mormorio soffuso, una specie di singhiozzo prolungato,
incomprensibile.- Julie non…
Cosa???!Ti ha lasciato???- gridò Wilson avvicinandosi al portone
d’ingresso. Cercò affannosamente le chiavi con la mano rimasta libera. House
non gliele aveva mai chieste indietro.
-Non potresti venire qui?- la voce di Julie suonava
insolitamente stanca.
Wilson rimase impietrito.
-Julie io…-Dalla finestra filtrava una pallida luce, allora era
a casa…
-Io…-Perché doveva succedere tutto in quel momento? Perché?
Silenzio, anche dall’altro capo della linea.
Wilson udì distintamente il suono dell’apparecchio che veniva
chiuso di scatto.
-Julie? Julie??-Niente.
Aveva messo giù.
Wilson rigirò il telefono tra le mani per qualche secondo poi lo
infilò in tasca.
Bussò.
fine