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Autore: thecarnival    31/08/2012    11 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA CAUSA: ESAMI UNIVERSITARI.
Lei: ventisette anni, francese di nascita ma italiana d'adozione.
Lui: italiano, meglio dire, romano D.O.C.
Lei: vive in un piccolo appartamento in una zona tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad un modesto lavoro che tuttavia sta iniziando ad odiare, perché è propria a causa di esso che ha visto infrangere le sue aspettative sul vero amore e sugli uomini: l'organizzatrice di matrimoni.
Lui: condivide casa con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei, ama il suo lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche donne: è uno spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed è la principale attrazione del locale.
Entrambi pensano che l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà per soffrire.
Le loro vite si intrecceranno per caso e il caso non li lascerà più allontanare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Undress my heart.'
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A chi sogna di andare in un locale di stripper.
Agli incontri nei supermercati.
Al destino.




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TRE.


La musica era assordante, ma non quanto le urla delle donne presenti in sala; che poi mi chiedevo come facessero a urlare per così tanto tempo: avevano tutto quel fiato? Mina e Giulia erano rispettivamente alla mia destra e alla mia sinistra e partecipavano anche loro allo spettacolo, soprattutto Mina che fischiava al ballerino dalla folta chioma bionda. Giulia si voltò verso me dicendomi qualcosa, ma io vedevo solo le sue labbra muoversi. Parlò più volte invano.
- Ho capito solo “panna”.
La musica si interruppe nel momento esatto in cui io urlai a squarciagola quella maledetta parola. Il locale non era molto grande e con la musica spenta tutti mi sentirono, anche quel Geremia dal palco, che mi fissava divertito e incuriosito.
- Signore, per chi non la conoscesse quella è la donna che ha avuto l'onore di assaggiarmi ieri.- Disse al microfono quello stronzo, scatenando l'ira di tutte. - Non siate gelose, preferisco di gran lunga voi.
Anche se avrei voluto ficcargli il microfono in bocca e la bomboletta della panna spray su per il sedere, rimasi al mio posto con le braccia conserte a guardare lo spettacolo, sbadigliando di tanto in tanto quando sentivo, o più che altro vedevo, il suo sguardo addosso. Non che mi stessi annoiando davvero, ma non volevo fargli capire che in fondo mi piaceva. Lo spettacolo intendevo; non si meritava questa soddisfazione. 
- Lo stai mangiando con gli occhi.
- Ma chi? Tu sei ubriaca! - Mina storse la bocca in una strana smorfia e si voltò per godersi la fine dello spogliarello.
Come previsto, e come già sapevo, rimase completamente nudo, solo il suo aggeggio era coperto da un minuscolo pezzo di stoffa colorata. Mina e Giulia, come tutte le donne là dentro, urlavano come forsennate, alcune addirittura lanciavano banconote da venti euro in su e rose rosse sul palco: mi vergognavo per loro.
- E' stato fantastico.
Giulia era la più entusiasta e non riusciva a smettere di ridere e saltellare sul posto, il che mi sembrava strano dato la sua indole seria e posata. 
- Prima dello spettacolo successivo abbiamo il tempo di fumare una sigaretta? 
- Un altro? Non vi è bastato? Vi prego, ragazze, sono esausta, andiamo a casa.
Mi guardarono sconvolte, come se fossi un alieno atterrato per rapirle e sezionare il loro cervello – Casa? 
- Forse non hai capito,- Mina si alzò dalla sedia e mi puntò il dito contro il viso. – Noi ce ne andremo solo ed esclusivamente se ci cacceranno.
E poi, soddisfatta della sua minaccia, se ne uscì a fumare la sua sigaretta lasciandomi con Giulia e i suoi ormoni canterini.

Anche il ragazzo con i capelli biondi lunghi rimase nudo e io esultai perché significava che potevamo andarcene a casa: lo spettacolo era finito. Le luci si accesero improvvisamente e la voce dello speaker ci invitava a uscire dal locale in modo ordinato e, preferibilmente, silenzioso. Sulla seconda parte ero molto d'accordo dato che quelle oche non avevano fatto altro che starnazzare per quattro ore di fila. Era stato uno strazio per le mie orecchie. 
- Non ci credo che stiamo andando a casa, davvero, non posso crederci.
Sbottai quasi arrivata all'auto di Mina, con le lacrime agli occhi per la felicità; quest'ultima però scomparve non appena mi accorsi che mancava il mio cellulare dalla borsa. Imprecai in tutte le lingue che conoscevo, e non era un modo di dire, dissi le peggiori parolacce, prima in inglese e poi in francese, almeno ero sicura che nessuno mi capisse.
Non era possibile che quel giorno fossi così sfigata da perdere anche il telefono, cos'altro poteva succedermi? Una cacca di uccello in testa? Essere messa sotto da un camion?
La porta principale del 'Ladies Night' era già stata chiusa: mi veniva da piangere e mi sentivo la protagonista di una stupida storia romantica dove alla fine la “lei” si sarebbe riscattata di tutti i suoi guai innamorandosi e sposando il più figo della città; le solite storie dei romanzetti Harmony che leggeva mia nonna da giovane in pratica.
Bussai svariate volte come una furia alla porta sul retro, quella da cui ero uscita prima che arrivassero le mie amiche e, finalmente, dopo qualche minuto, qualcuno venne ad aprirmi.
- Grazie al cielo sei tu.
Riccardo, quel ragazzo gentile che avevo conosciuto in prima serata, mi era apparso, ancora mezzo nudo e sorridente.
- E' successo qualcosa?
- Niente di grave, ma credo d'aver lasciato il cellulare qui e mi serve, sai ci lavoro e...
- Entra pure, ti aiuto a cercarlo.
Sarebbe stato un po' difficile concentrarmi con lui in mutande davanti, ma cercai di fare finta di nulla e andai spedita verso il divanetto dove mi ero seduta per rilassarmi in attesa di quelle due traditrici: controllai più di una volta e dovunque ma del telefono nessuna traccia, neanche tra i cuscini.
Dovevo stare calma anche se sapevo già che non l'avrei trovato, quella era la giornata della mia sfiga assoluta: come avevo potuto pensare che almeno una cosa sarebbe andata per il verso giusto?
- Forse è al tavolo.
- Lo spero, ho tutti i numeri delle mie clienti là dentro.
Il mio tono dovette risultare piuttosto patetico e disperato perché Riccardo si avvicinò e poggiò una mano sulla mia spalla, consolandomi; sussultai al suo tocco, ma mi rilassai all'istante e gli sorrisi per ringraziarlo. Non so per quanto restammo in quel modo, a guardarci negli occhi ma mi rassicurava, tutto di lui mi dava l'impressione che il mondo fosse un posto migliore e la vita qualcosa di incredibilmente meraviglioso: forse i suoi occhi castani troppo giovani ed espressivi, forse il suo sorriso contagioso o forse i suoi modi di fare dolci e irresistibili allo stesso tempo.
- Che succede qui?
Interruppi il nostro dialogo visivo quando sentii quella voce. Ormai avevo imparato a conoscerla e avrei saputo distinguerla anche tra altre mille.
Quel tizio, di cui non ricordavo mai il nome, si era avvicinato a noi e aveva stampato sul viso un sorriso insopportabile.
- Stavo aiutando Emily a trovare il suo telefono.
- Chi è Emily?- La sua aria strafottente mi faceva salire il sangue al cervello più del previsto. - Oh, la biondina. D'accordo ti aiuto io, tu vatti a vestire.
Mi lasciai scappare un lamento, non solo perché cercare il cellulare con un Riccardo mezzo nudo era piuttosto piacevole, ma anche perché stare sola con... Mr Panna era una vera e propria tortura.
- Ho già cercato qui, dovrei tornare al tavolo, forse per sbaglio è caduto.
- D'accordo.
Era semplice: dovevo solo comportarmi da persona seria e matura così da poter instaurare un dialogo civile con lui. 
Sul tavolo non c'era traccia del mio blackberry nero e neanche sugli altri o per terra. Sbuffai rassegnata e arrabbiata: ce l'avevo con me stessa, con la mia sbadataggine e con quello stronzo del Karma.
- Tranquilla biondina, perso un cellulare se ne compra un altro.
Cosa avevo detto riguardo il dialogo civile? - Mi serve quello perché lì ho i numeri delle mie clienti.
- Posso darti i numeri delle mie di clienti, se vuoi.
Lo ignorai e mi incamminai verso il retro del palco, da lì sarei arrivata alle quinte e poi all'uscita di sicurezza e sinceramente non vedevo l'ora di uscire dal locale e non metterci più piede perché ero stufa di panna, ragazzi che si spogliavano e donne assatanate che urlavano: rivolevo la mia vita, la mia tranquillità, la mia routine e un paio di ciabatte comode.
- Dai aspetta non volevo offenderti. Milla, aspetta.
- Mi chiamo Emily, non sforzarti di ricordare il mio nome quando non hai neanche un briciolo di cervello per distinguere la destra dalla sinistra.
Fece una smorfia strana, ma poi scrollò le spalle e mi rispose ugualmente: - E' che non capisco perché ti serva proprio adesso il cellulare.
- Perché io ci lavoro con quello. Ho un lavoro serio, IO.
- Calma, calma non c'è bisogno di mordere. Non ho ancora fatto l'antirabbica.
Questo era troppo, non solo mi dava inutili soprannomi, mi seguiva dovunque e si divertiva a punzecchiarmi con battute idiote, ora si metteva pure a offendermi dandomi del cane rabbioso? 
Ebbi la sensazione di diventare verde come Hulk e di avere il fumo che usciva dalle orecchie.
- Ma chi ti credi di essere? Solo perché quattro ninfomani urlano il tuo nome ogni sera, questo non ti da il diritto di sentirti un Dio sceso in terra. Ora togliti perché sono stufa di vedere la tua faccia di plastica.
Lo superai ed aprii la porta, sorrisi felice e soddisfatta perché mi ero finalmente sbarazzata di quel pallone gonfiato. Avrei voluto fare la danza della vendetta o della goduria, insomma qualche danza che mi permettesse di rivelare al mondo il mio stato d'animo.
- Eppure prima non la pensavi così.
Non era possibile, quel ragazzo non si arrendeva mai! Mi voltai e lo vidi uscire e raggiungermi; mi guardava, il suo sguardo mi aveva immobilizzato, come se avesse qualche potere magico.
- Prima, durante lo spettacolo, mi stavi mangiando con gli occhi.
Risi – Assolutamente no, mi avrai confusa con qualcun'altra.
Scosse la testa. - Eri proprio tu, mi fissavi e sbadigliavi, ma so benissimo che era tutta una messa in scena.
- Ammettendo che fosse vero, cosa ti cambierebbe? L'ho detto prima che hai mille occhi puntati addosso ogni sera.
Le sue labbra formarono un ghigno divertito e seducente e solo in quel momento mi soffermai più del dovuto a guardarle, erano così carnose e lui era vicino, troppo vicino.
- Sì, ma nessuna di quelle ragazze riuscirebbe ad eguagliare il tuo sguardo di questa sera.
Quel sussurro all'orecchio mi fece rabbrividire e quelle parole mi sembrarono un sogno, come se me le fossi immaginate.
Lo vidi allontanarsi, con le mani nelle tasche dei jeans e fischiettare una canzone sconosciuta. Mi risvegliai da quello strano limbo solo quando scomparve dalla mia vista e finalmente salii in auto; Mina e Giulia mi guardavano sconvolte. Molto probabilmente avevano assistito alla scena di pochi istanti prima ma, non avevo proprio la voglia di parlarne: ero davvero stanca e tutto quello di cui avevo bisogno era mettermi a letto e dormire.


A Roma c'eran2.761.477 abitanti: non sapevo quante fossero le donne, ma era impossibile che proprio quel giorno che avevo deciso di stare a casa a riposare e a permettere ai miei piedi di ritornare ad avere una forma decente e naturale, una decidesse di piombare in ufficio e scegliesse ME come sua wedding planner; ME che tra le tante cose ero rimasta a casa a riposare.
Avevo tantissime cose da fare, come finire di leggere un libro stupendo,  “You Saved Me” , che  avevo iniziato mesi prima, ma che a causa dei mille incarichi di lavoro non avevo mai avuto il tempo di finire; aveva avuto un successo incredibile e tutti al mondo ne parlavano, solo io dovevo tenermi lontana dalle notizie per evitare spoiler sul finale. Una cosa era certa, non appena il film fosse uscito al cinema mi sarei precipitata a vederlo, non potevo perdermi l'occasione di vedere Ryan Gosling sul grande schermo.
Mi immersi nella lettura: risse, spari, film porno, lentiggini e battute divertenti; amavo quel libro perché riusciva a trasportarmi in un mondo a parte, ogni volta infatti perdevo la cognizione del tempo, tanto che non mi accorsi che era già l'ora di pranzo e io non avevo nulla da mangiare. L'ultima volta che avevo fatto la spesa un dinosauro aveva divorato un bambino.
Per fortuna il supermercato più vicino era nell'isolato accanto, perciò indossai una tuta e andai a piedi, un po' di moto mi avrebbe solo fatto bene.
Non avevo molta voglia di cucinare, quindi presi qualche sugo pronto, dei pacchi di pasta, piadine e degli insaccati; in realtà non avevo neanche voglia di vivere in quel momento, sarei solo rimasta distesa sul divano con i piedi a mollo, dato che erano ancora gonfi.
Quando passai di fronte al reparto dolciumi e schifezze mi illuminai, presi la tavoletta di cioccolato bianco e persi qualche minuto per decidere tra quella con le nocciole e quella con gli smarties, ogni volta era un proprio calvario.
- Guarda che il cioccolato fa ingrassare e tu dovresti solo dimagrire.
Mi innervosii e alla fine presi entrambe lanciandole nel cestino che avevo in mano. Ovviamente ignorai quella voce, quello era il mio giorno di riposo, quindi Mr Panna non esisteva, era solo il frutto della mia mente malata.
Forse ero come Izzie di Grey's Anatomy, avevo qualche male incurabile e lui era la proiezione del mio inconscio...
Mi voltai per guardarlo e toccarlo, quel pensiero mi spaventò un bel po' perché sinceramente avrei preferito vederlo ogni secondo e ogni istante che essere sul punto di morte.
- Sei tu vero? Non ti sto immaginando.
- Se il cioccolato ti fa questo effetto, biondina, dovresti smettere.
Stupida io che avevo pensato, anche se per un istante, che non fosse reale perché lui era lì, di fronte a me, con un capellino con il simbolo di NYC in testa, un cardigan grigio con dei bottoni neri sul petto e un paio di jeans scuri.
- Se non ti va bene come sono vestito posso cambiarmi o spogliarmi.
Arrossii e mi affrettai a rispondere, di certo non volevo che si mettesse a dare spettacolo dentro quel supermercato. - No. Posso sapere che ci fai qui, mi segui? Mia madre è un avvocato. Posso richiedere un'ordinanza restrittiva e...
Mi interruppe scoppiando a ridere, odiavo quando lo faceva soprattutto perché non trovavo nulla di divertente nelle mie parole – Perché mai dovrei seguirti? Sono qui per fare la spesa, questo è il supermercato più vicino a casa mia.
Il mio cervello collegò le sue parole in pochissimo tempo: lui abitava lì vicino. Per poco non mi venne un colpo! Non era possibile, quella era davvero una congiura. Non appena arrivata a casa avrei lanciato del sale alle mie spalle contro il malocchio. Mi voltai verso lo scaffale e presi talmente tante tavolette di cioccolato da riempire la metà del cestino, avevo bisogno della mia dose di zuccheri e affetto; volevo godermi quel lunedì  di riposo in santa pace.
- Tua madre l'avvocato non ti ha insegnato che è cattiva educazione non salutare le persone.
- Oddio, ma perché non mi lasci in pace? Sto cercando di ignorarti, fallo anche tu.
- D'accordo t'ignorerò, ma in questo modo non riavrai il tuo telefono indietro.
Presi anche una confezione di patatine, quel ragazzo mi avrebbe fatta ingrassare per la disperazione. Lo guardai impaziente, volevo solo andarmene e sperare di vederlo il meno possibile.
- Un mio amico è molto bravo con il computer, diciamo che potrebbe farti riavere il tuo numero di telefono...
Lo guardai scettica – Quindi tu non hai il mio telefono.
- No. Quel coso sarà già in vendita in qualche mercato.
- E come fa questo tuo amico a ridarmi il mio numero?
- Questo non posso dirtelo. Mi dovresti scrivere il numero telefonico e comprare una scheda nuova.
Sbarrai gli occhi incredula quando capii – ODDIO! Volete clonarmel... – Mi tappò la bocca prima che concludessi la frase e mi fulminò con lo sguardo.
- Sei impazzita e vuoi farci arrestare per caso?- Negai con il capo e lui continuò – Adesso toglierò la mano e tu dovrai dirmi, senza urlare, se accetti o no. D'accordo biondina?- Alzai un sopracciglio e annuii. Nonostante la situazione, aveva usato quel soprannome insopportabile. - Perfetto. 
- Ti darò quello che ti serve, ho bisogno di quel numero.
- Sai, non capisco proprio perché sei così fissata: potevi benissimo cambiarlo e darlo in giro.
- Tu non capisci e poi io sono una donna di mondo.
- Tu il mondo lo hai inglobato.- Disse squadrandomi dai piedi alla testa.
- Guarda che non sono neanche in sovrappeso, quindi stai zitto.
- Credevo che solo una tua tetta pesasse quanto una donna normale.- Si portò anche un dito sotto al mento per rendere il momento ancora più catartico. 
- Sei davvero un insolente.- Mi voltai, cercando di andarmene e borbottai qualcosa in francese, sperando che lui non mi sentisse. -Il n'est pas possible, il est insupportable. Une persécution. *
- E sei pure Francese! Ma in Francia non sono tutte bassine, magroline e carine?
Mi bloccai per rispondergli: mi aveva stufata. - Oh, sì. Infatti mia madre mi ha portato via prima che tutti mi esibissero come fenomeno da circo.
- Come Dumbo.- Chiuse gli occhi per qualche istante come se stesse pensando a qualcosa di troppo intelligente o... - Sei il Dumbo di Parigi.- O troppo cretino.
- La smetti di darmi soprannomi? 
- Devo pur trovare quello giusto, no? 
Lo conoscevo da quanto, una settimana? Forse di più ma lo odiavo come quel lontano cugino di campagna di mia madre, Louis, o come diavolo si chiamava. Insomma, quel cugino, ogni Natale e festività, veniva in casa nostra con il solito regalo, gli scarti della sua mucca o del suo agnello appena macellato, e camminava soddisfatto per casa vantandosi di come aveva sventrato l'animale in meno di dieci secondi: un nuovo record familiare. Mi chiedevo perché mia madre lo invitasse sempre.
Ecco, quello spogliarellista era come  Louis, si vantava per le cose sbagliate ed era una presenza di certo non gradita.
Per l'ennesima volta da quando l'avevo incontrato e conosciuto al Ladies Night, cercai di ignorarlo e mi voltai, dirigendomi velocemente alla cassa e facendo mente locale: non volevo dimenticare nulla perché non volevo mettere piede in quel supermercato di lì a un mese per evitare di incontrarlo ancora.
- Biondumbo non scappare, ci stavamo divertendo.
- Va au Diable. **
Ci provai davvero a ignorarlo, feci anche la fila con le altre persone in attesa di pagare gli acquisti, ma quello mi stava dietro e non aveva intenzione di mollarmi.
- “Ah, mama mia el Diablo
Ah, Ariba ariba el Diablo
Ah, mama mia el Diablo”
Risi scuotendo la testa arrendendomi alla sua tortura, si era messo a cantare una canzone satanista al mio orecchio ed ero convinta che se non gli avessi dato la giusta attenzione avrebbe istituito un concerto, seguito da uno spogliarello, proprio dentro il supermercato, magari sopra il rullo della cassa, e le clienti insieme alle commesse avrebbero urlato e applaudito come facevano tutte le donne del locale ogni sera.
Era abituato a dare spettacolo ed essere al centro dell'attenzione, io invece preferivo restare anonima e in disparte; ecco perché lo zittii prima che tutti ci guardassero e iniziassero a commentare l'accaduto.
- Sono quarantasei euro e ventinove centesimi; grazie.
Contai i ventinove centesimi, quella commessa era così tirchia e antipatica che mi avrebbe dato anche l'un centesimo di resto e io non lo volevo. 
- Sa, dovrebbe far pace con il suo ragazzo, io non me lo lascerei scappare uno così.
Per poco non soffocai con la mia stessa saliva, quella non solo aveva osato darmi un consiglio sulla mia vita privata, a me, che i matrimoni e l'amore erano il mio pane quotidiano; ma poi si era messa a fare gli occhi dolci e da cucciolo smarrito a... coso; perché scordavo il suo nome?
- Hai ragione, Elisa. Ma sai com'è no... quando si litiga poi il sesso è ancora più bello.
Le fece anche l'occhiolino e lo tirai per i due passanti posteriori dei jeans, prima che dicesse altro di ancora più sconcio o si inventasse la mia posizione sessuale preferita perché sì, non lo conoscevo da molto, e ancora sì, non ricordavo il suo nome, ma avrei scommesso qualsiasi cosa che sarebbe stato in grado di farlo!
- Ma cosa ti è saltato in mente, qui la gente mi conosce e ho una reputazione da mantenere. Io ho un lavoro serio e se mi faccio coinvolgere in queste situazioni rischio di perdere le mie clienti. 
- Dio, sembravi mio padre. Mi è bastato mettere le tette al posto della pancia ed eravate uguali, certo lui è un po' pelato e somiglia a...
Non ero mai stata una persona permalosa, impulsiva e impaziente, ma, accidenti! Quel tizio aveva la capacità di farmi diventare un mostro; gli diedi una spinta mandandolo a quel paese e poi, finalmente, mi incamminai verso casa, girandomi ogni tre per due per controllare se mi stesse seguendo. Non volevo che scoprisse dove abitavo o me lo sarei ritrovata in casa ogni giorno.
Iniziavo a pensare che davvero qualcosa o qualcuno me lo stesse facendo di proposito a farmelo incontrare ovunque; una volta avevo visto un film “I guardiani del Destino”, questi tizi, questi guardiani, agivano in modo da mettere in ordine e sulla giusta strada il destino degli uomini. Ecco, forse c'era un guardiano, o forse era semplicemente il fato, che metteva sulla mia via quel ragazzo. Avrei solo dovuto oppormi a quella forza e riuscire a scamparvi!







*****

Prima che lo dimentichi:
INIEZIONE D'AMORE è la storia di Chiara (Fallsofarc) di cui ho parlato nel precedente capitolo; avevo dimenticato il collegamento e il link. Vi consiglio di leggerla perché non solo è scritta bene e da Chiara, ma perché da un importante messaggio... non ve lo dico, ve lo faccio scoprire da sole! MUHAAHHA.
Seconda cosa importante:
YOU SAVED ME di Roberta (RobTwili) Non è un libro, non è un film (non ancora almeno) ma è sempre una storia qui su EFP e che vi stra consiglio di leggere, perché è figa e perché i personaggi sono shipposi e bellerrimi; e poi perché se non lo fate, Ryan stesso viene a casa ad uccidervi.
Il riferimento di Izzie di Grey's Anatomy è quando lei inizia a vedere Danny dovunque nonostante lui fosse morto anni prima. Riesce anche a toccarlo e baciarlo. Poi si scopre che lei ha il cancro al cervello ecco perché aveva quelle allucinazioni ed ecco perché Emily dice che preferirebbe incontrare Geremia piuttosto che essere in punto di morte.
Non so se si può clonare una scheda telefonica, ma in questa storia, nel mio mondo e nella mia fantasia si può; quindi l'amico di Geremia riuscirà a recuperare tutti i numeri di Emily e il suo vecchio numero utilizzando non so quale programma del pc e poi Emily sarà in debito con Mr Panna per sempre xD
Non parlo neanche una parola di francese, e sinceramente mi sta anche sul cavolo come lingua ma ho stranamente ho voluto tentare questa strada. Le frasi che leggete sono tradotte con google, quindi se trovate errori è colpa sua.
* Non è possibile, è insopportabile. Una persecuzione.
** Vai al diavolo.
Quella non è una canzone satanista, ma un pezzo di canzone de “El diablo” dei Litfiba.
Infine, il film “
I guardiani del Destino” esiste davvero, questa volta non è nessuna storia di EFP, vi consiglio di vederlo perché è davvero carino, anche se poi, per qualche giorno, mi sono fatta dei flash assurdi!
Pff, le note sono sempre lunghissime :O per fortuna questa volta non ho parlato a vanvera.
Come sempre ringrazio i seguiti, preferiti e ricordati e quelle meravigliose persone che dedicano 5 minuti del loro tempo per lasciarmi qualche parola.
Grazie per aver letto; spero che la visione del trio mezzo nudo sia stata di vostro gradimento.
Grazie ad
Elle. <3
Saluti pannosi.


   
 
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