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Autore: VaniaMajor    31/08/2012    4 recensioni
Ultimo capitolo della trilogia dello Scettro dei Tre. Le rinascenti forze di Takhisis continuano a minare la vita dei fratelli Majere. I Cavalieri di Solamnia premono per avere Steel in custodia, mentre Katlin cerca di recuperare la sua magia e Crysania viene messa alla gogna a causa della sua relazione con Raistlin. Sul futuro grava la minaccia di una totale distruzione...
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
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Author’s note: Eccomi qui con un nuovo capitolo dopo tanti mesi. Mi dispiace immensamente avervi lasciati in questo modo, ma ho passato un periodo poco piacevole della mia vita, soprattutto per ciò che concerne la salute. Niente di grave, ma una patologia agli occhi mi ha impedito di dedicarmi alla scrittura. Pian piano guarirò e ricomincerò, fortunatamente questa lunga storia non è lontana dalla sua conclusione. Ci incamminiamo, anche se piano piano?

CAPITOLO 26
UN INCONTRO MAI AVVENUTO


Katlin uscì dalla camera con uno stato d’animo molto più calmo rispetto a qualche momento prima. Ci sarebbero stati tempo e modi per chiarire la questione con Dalamar, per ripensare al cedimento che suo malgrado aveva avuto durante la notte. Una parte di sé al momento era confusa e umiliata, anche se animata da una speranza così informe da risultare irritante, e l’avrebbe distratta se solo gliene avesse data la possibilità. Quanto avvenuto non doveva intaccare la sua professionalità. La attendeva un confronto con Raistlin e non aveva intenzione di farsi trovare impreparata. Anzi, la prospettiva le restituiva un po’ di lucidità.
In parte, se l’era aspettato. Avendo frugato in casa dei gemelli e incrociando Raistlin lungo la via, non era impossibile che il giovane tanto astuto avesse avuto qualche sospetto sui nuovi arrivati. O forse suo fratello era irritato perché le chiacchiere di Dalamar avevano entusiasmato Caramon e ciò andava contro i suoi piani di viaggio verso Wayreth? Voleva raccomandare loro di farsi i fatti propri? In un modo o nell’altro, era destino che si incontrassero, come l’assenza della gemma nella memoria del fratello dimostrava. Quello sarebbe stato lavoro per Dalamar. In un modo o nell’altro, Katlin voleva riaverla entro sera.
Lanciò all’elfo un’occhiata di sbieco e non lesse agitazione sul suo volto. Era inespressivo, professionale come sempre. Avrebbe lasciato a lei l’onere di gestire la situazione. Lui avrebbe agito in seguito, a seconda di come si fossero messe le cose.
«Mi spiace davvero, signora, ma il giovane Majere ha tanto insistito…» mormorò Otik, precedendoli nella sala comune.
«Non hai ragione di preoccuparti, oste. – gli disse Katlin, garbata – Sono sicura che il ragazzo avrà avuto un buon motivo per chiedere di parlare con noi.»
Entrarono nella sala comune, deserta a quell’ora del mattino. La luce del sole entrava copiosamente dalle finestre e dalla porta spalancata, tingendo d’oro la polvere nell’aria. Un ragazzone in piedi vicino alla soglia si voltò di scatto, esibendosi in un sorriso nervoso. I suoi occhi guizzarono subito verso uno dei pochi angoli in ombra, come a voler cercare conferma sul comportamento da tenere. Caramon era sulle spine: brutto segno.
Katlin fece un cenno del capo al suo giovane gemello e poi si diresse con Dalamar al tavolo ove li attendeva Raistlin, che si stava alzando in piedi per riceverli con irritante lentezza. La donna dovette reprimere l’urgenza di sorridere. Vedere Raistlin tanto arrogante quanto giovane, con quel suo viso serio ancora salvo dalle devastazioni della Prova, stuzzicava il suo senso dell’umorismo. Fortunatamente, la situazione poco allegra e la nostalgia che quella visione le instillava frenarono sul nascere qualsiasi spunto di ilarità fuori luogo.
Raistlin, dal canto suo, scrutava con attenzione i nuovi arrivati, ricordando solo all’ultimo istante di alzarsi a salutare per mostrare almeno una superficiale cortesia. Non sapeva con che razza di gente aveva a che fare e non voleva scoprirsi subito. Caramon lo raggiunse al tavolo, agitato, e quasi fece cadere la sedia nel tentativo di scostarla dalla tavola per farsi posto. Il giovane trattenne una smorfia di fastidio per la goffaggine del gemello, ma quel giorno preferiva averlo accanto: se i due stranieri avessero assunto un atteggiamento ostile, Caramon l’avrebbe difeso a qualunque costo.
Badò poco all’elfo, che aveva comunque catalogato la sera prima come un tipo ben più pericoloso di un servo qualunque…senza contare la sua identità di elfo rinnegato, unica spiegazione a un rapporto di servitù verso un essere umano. Si concentrò sulla donna, di cui finalmente riusciva a vedere il volto in piena luce. Era giovane, doveva avere l’età di Kitiara, anche se i capelli scuri acconciati dietro la nuca lasciavano intravedere parecchi fili bianchi. Il viso era pallido e piuttosto anonimo, gli occhi blu lo guardavano con un misto di blanda curiosità e supponenza a cui Raistlin non credette per un solo istante. L’aveva osservata con attenzione, la sera prima, al tavolo. Mentre l’elfo attaccava discorso, il volto in ombra gli era sembrato intenso, pieno di una brama incomprensibile. Gli occhi le luccicavano come pugnali. Quello che vedeva ora non era il vero volto della signora del nord, che forse aveva qualcosa da nascondere.
«Buongiorno. Io sono Katlin ‘Ym Adoonan.- disse lei – E voi, mi dicono, siete i gemelli Majere.»
«Caramon e Raistlin Majere, sissignora.- intervenne Caramon, allungando la grossa mano cordiale- Ci spiace disturbarvi, ma Raist voleva parlare con voi e anch’io…cioè…la vostra guardia del corpo ci parlava di Palanthas e…»
«Taci, Caramon.- disse Raistlin, tentando di rimanere calmo- E ritira quella mano. Una signora di buona famiglia non stringe la mano ai villici.»
Caramon lasciò subito cadere il braccio con un commovente imbarazzo sul volto. Katlin ne fu dispiaciuta, ma preferì lasciare Raistlin nelle sue convinzioni…sempre che fossero tali. Si sedette con Dalamar accanto, conscia che gli occhi di Raistlin la scrutavano con ben più che mera curiosità.
«Siete originaria di Haven ma vivete a Palanthas, a quanto ci ha raccontato la vostra guardia del corpo.- esordì Raistlin- Posso chiedervi cosa vi porta a Solace, se non sono indiscreto?»
«Lo siete.- rispose lei, facendolo irrigidire – D’altra parte, non vedo perché non dirvelo. Sono qui per condurre un affare delicato.»
«Con Flint Fireforge?» chiese il giovane, che aveva spremuto per bene Otik.
«Non esattamente.» ritorse Katlin, senza sbilanciarsi.
«Un affare che vi porta a camminare di notte per un paese che non conoscete senza la vostra guardia del corpo?» la provocò Raistlin. La donna di fronte a lui sollevò appena un sopracciglio. Il suo autocontrollo era ammirevole. «Ci siamo incrociati sulle passerelle, ieri sera. Non ricordate?»
“Eccoci qua. Ieri mi ha riconosciuta e gli sono sembrata sospetta.” pensò Katlin, sollevata nel capire finalmente cosa aveva portato Raistlin da lei. Eppure, era sufficiente come motivazione? Per quanto potesse forse averlo insospettito vedere una giovane nobile, che in teoria aveva fatto credere di essersi ritirata in camera, sola di notte lungo le passerelle, poteva essere un motivo sufficiente perché una persona schiva come Raistlin si interessasse tanto?
«La mia sicurezza è affar mio. Inoltre non rammento di aver incontrato uno di voi, solo una figura che si nascondeva nell’ombra. Immagino che anche a Solace sia lecito prendere una boccata d’aria.» rispose, con voluto sarcasmo.
«Una delle poche cose che è sempre lecito cercare e prendersi senza chiedere il permesso, sì.» ritorse Raistlin. Vide che la donna stringeva appena le palpebre e si congratulò con se stesso per averle fatto perdere almeno un po’ della sua studiata indifferenza.
«Il vostro tono non è molto cordiale, Sh…giovane Majere.- intervenne l’elfo, il volto cupo- Sembra quasi stiate accusando la mia signora per aver avuto l’ardire di permettersi una passeggiata.»
«Raist, il signor elfo ha ragione.- borbottò Caramon, preoccupato- Perché parli così? Perché sei arrabbiato?»
«Una passeggiata che vi ha condotto verso una dimora vuota dei proprietari, signora?- insistette Raistlin, ignorando tutto ciò che non fossero quegli occhi blu che di attimo in attimo si facevano più duri- Per cercare cosa?»
L’elfo scattò in piedi e Caramon lo imitò nello spazio di un secondo, stendendo protettivamente il braccio davanti a Raistlin, che non aveva fatto una piega.
«Non vi permetto di rivolgervi con questo tono…» sibilò Dalamar, minaccioso.
«Non provate ad alzare le mani su mio fratello, voi!» sbottò Caramon, che non aveva dubbi su chi difendere, benché egli stesso fosse sbalordito dalle velate accuse di Raistlin a quella signora bella e gentile. Non sapeva cos’era successo, ma il malumore di Raist era cominciato la sera prima, quando erano tornati a casa. A cosa era dovuto?
Qualsiasi ulteriore peggioramento della situazione fu evitato dalla giovane donna, che alzò una mano a frenare la sua guardia del corpo.
«Dalamar, perché tu e il fratello di questo giovane mago non uscite a…prendervi una boccata d’aria?- disse, ironica- Io e il giovane Majere ci chiariremo meglio per i fatti nostri.
«Io non lascio Raist!» sbottò Caramon.
«Signora, non credo sia il caso…» protestò Dalamar, che in realtà attendeva quel momento fin dal principio. Raistlin ristette, incerto, poi intercettò l’occhiata della giovane donna e corrugò la fronte.
«Vai, Caramon. Non mi succederà niente.» disse al gemello con voce calma. Caramon non parve convinto.
«Sei sicuro, Raist?» borbottò.
«Certo! Credi forse che questa signora abbia intenzione di tagliarmi la gola, con Otik che va avanti e indietro?» lo sferzò Raistlin con sarcasmo. In realtà, non si fidava di quella donna. Per niente. Nei suoi occhi, però, aveva letto la verità: si trattava di qualcosa di serio, probabilmente legato alla magia. Non si sarebbe lasciato sfuggire quell’occasione.
Zittito dalla ragionevole obiezione del fratello, Caramon si decise a uscire insieme a Dalamar, le spalle un po’ curve. Raistlin attese che fossero lontani entrambi prima di guardare di nuovo in volto la straniera. Si trovò di fronte una donna del tutto diversa, carismatica se non bella. I lineamenti di lei tornarono a dargli la bizzarra sensazione di stare guardando sua madre.
«Va bene, Raistlin Majere. Di cosa mi accusi? Parla chiaro.» gli disse. Non gli piacque la punta di divertimento nella sua voce.
«Vi siete introdotta in casa mia, ieri sera.» rispose, brusco.
«Perché avrei dovuto?» chiese la donna.
«Cercavate una cosa che Flint non ha più…e che ora credete abbia io.» disse lui, pratico.
«E ce l’hai?» ritorse lei, con un sorrisetto. Raistlin si strinse nelle spalle magre.
«Forse.- non si sbilanciò- Non do niente per niente.»
La donna rise piano, annuendo.
«Sì, mi pare giusto. Va bene, giochiamo a carte scoperte.- disse, facendo un gesto vago con la mano- Si tratta della gemma rossa che Flint teneva in casa e che ora possiedi tu. E’ mia.»
«Ah sì?» chiese Raistlin, scettico.
«Hai avvertito la sua magia, non è vero?» continuò la giovane donna, come se avesse deciso di non dar peso ai suoi interventi. Raistlin corrugò la fronte ma non rispose. «Non si tratta di un veicolo per incantesimi, se è questo che credi. In realtà, è totalmente inutile per qualsiasi mago che non sia io.»
«Voi siete una maga?»
«Una Veste Rossa.- ammise lei- Servo Lunitari. Sorpreso?»
Raistlin storse la bocca. Quindi lei era una di quelle maghe che avevano timore ad andare in giro con la veste dell’Ordine? Il suo rango poteva spiegare meglio lo strano rapporto con l’elfo, eppure non era convinto.
«Non sento provenire magia, da voi. La state celando?» chiese con voce venata di palese scetticismo.
«Non esattamente.- sospirò lei- Per vicissitudini che non ho voglia di raccontare, la mia magia mi ha abbandonata da quasi un anno, solidificandosi nella gemma che ora è nelle tue mani.»
«Cosa…?!»
«Hai avvertito il suo potenziale. Non cercare di ingannarmi, Raistlin.- lo avvertì – E’ una pietra sanguigna, grande quasi quanto un pugno. Sappiamo entrambi di che si tratta, non prendiamoci in giro.»
«Va bene, parliamo chiaro.- disse Raistlin, brusco- Chi siete voi? Se questa famosa pietra cristallizza la vostra magia com’è possibile che sia stata trovata a Solace?»
Katlin corrugò la fronte. A quel punto nemmeno lei poteva tirarsi indietro.
«Avrei preferito non dirtelo, ma…come ti dicevo, sono una maga. Anche Dalamar lo è. Veniamo davvero da Palanthas, come vi è stato raccontato ieri sera, ma io non sono nobile e lui non è la mia guardia del corpo.»
«Questo l’avevo intuito, grazie.- commentò il giovane, sarcastico – Dunque?»
«Il fatto è che noi non siamo di questo “tempo”. Veniamo dal futuro.» Raistlin continuò a guardarla impassibile, così gli svelò quel poco che poteva dirgli senza temere di fare danni. «Siamo i tuoi apprendisti, Raistlin. Sei stato tu a mandarci a Solace per recuperare la mia magia.»
***
«Ne sei certo?» sussurrò Tanis, prendendo Caramon in disparte.
«Più che certo. Coglieranno questa occasione per far scappare Ariakan, Raist è stato molto chiaro…e sai che le sue informazioni sono sempre esatte.» borbottò.
«Tranne quando gli fa comodo che non lo siano.» venne spontaneo mormorare a Tanis, scuotendo poi la testa di fronte all’incupirsi del guerriero. «Non mi fraintendere, Caramon, ma tuo fratello non mi è mai sembrato molto preoccupato per le sorti del ragazzo.»
«Non per Steel, ma anche lui ha i suoi motivi per volerlo vivo e nei nostri paraggi. Prova ne è che ha voluto parlargli attraverso lo specchio.» sospirò Caramon, decidendo di non prendersela per l’ovvia verità detta dal Mezzelfo.
Avevano incontrato Tanis solo un’ora prima. Il Mezzelfo era andato loro incontro partendo dalla fortezza dei Cavalieri, deciso a offrire una scorta ulteriore vista la situazione delicata. Era rimasto molto sorpreso di trovare Crysania in mezzo a loro, anche se Lord Gunthar era stato raggiunto da una missiva dei chierici dell’Ordine che chiedevano se i Cavalieri di Solamnia avessero recenti notizie della Reverenda Figlia…
Ora Crysania sedeva a lato della strada, insieme a Steel e Tasslehoff. Il suo viso era pallido e un po’ sofferente per i pensieri che non l’abbandonavano, nonostante l’intervento dello stesso Paladine. Tasslehoff cercava di alleggerire l’atmosfera, ma anche Steel era chiuso a chiave dentro se stesso a doppia mandata. Steven Sharphalberd stava parlando con i cinque Cavalieri giunti insieme a Tanis, forse raccontando loro del singolo attacco di cui erano stati vittima.
Caramon non aveva potuto fare a meno di notare che la naturale agitazione del ragazzo al pensiero di iniziare una nuova vita si era come modificata dopo la conversazione privata avuta con Raistlin. Steel sembrava essere sempre immerso in pensieri cupi, come se la sua mente stesse arrovellandosi su una questione importante che non riusciva a dipanare. Caramon avrebbe voluto insistere per farlo parlare di cosa lo crucciava, ma era restio a sollecitare troppo suo nipote. Rispettava il suo silenzio come aveva rispettato quello di Sturm.
«Quindi Raistlin farà sapere ai maghi dove e come i Grigi tenteranno la sortita?» chiese ancora Tanis, incerto. Caramon annuì. «E’ un suicidio da parte loro, Caramon.»
«Lo so, ma forse il gioco vale la candela.- mormorò il gigante- Per loro, Ariakan e Steel sono due pedine troppo importanti. Non credo che io e te possiamo renderci conto di quanto. Non siamo gente che guarda nel futuro.»
Tanis gli lanciò un’occhiata stranita, poi sorrise e gli batté una mano sulla spalla.
“Dovrei aver imparato a non sottovalutare Caramon.” pensò, provando un po’ di nostalgia per quel ragazzo tutto muscoli e niente cervello che le battaglie e gli orrori vissuti avevano reso un adulto affidabile e disilluso.
«Non ci siamo accorti dei maghi di guardia fuori dalla fortezza, uscendo per venirvi incontro. Questo mi induce a pensare che tu e Raistlin abbiate ragione: se i Cavalieri non si sono accorti del Conclave in allarme, non si accorgeranno nemmeno dei Grigi finché non sarà tardi.» disse a voce bassa, per evitare di farsi sentire da Steven e dagli altri soldati.
«Se gliene parlassimo ora, riceveremmo i soliti commenti ottimisti.- disse Caramon, scuotendo la testa- Forse Steven mi darebbe retta, ma il piano di Raistlin rimane il migliore. Sapremo dove e quando i Grigi attaccheranno. I maghi faranno il primo tentativo di fermarli, così i Cavalieri avranno il tempo di capire e reagire.»
«E speriamo che vada tutto bene.- Tanis aprì le braccia in un gesto di frustrazione- Noi cerchiamo di stare attenti a Steel. Di più non possiamo fare, sembra che ci remi tutto contro.»
Caramon sogghignò.
«Come sempre, Tanis. Fortunatamente, gran parte del nostro gruppo è riunito al suo fianco e nelle difficoltà peggiori tendiamo a dare il meglio!»
Tanis sorrise suo malgrado, poi aprì la bocca per chiedere se c’erano notizie di Katlin, ma fu interrotto da Tasslehoff, che aveva fatto una corsa fino a loro.
«Steven dice che si parte.- li avvisò, accennando al cavaliere biondo, che li stava guardando e annuì nella loro direzione- Andiamo? E’ un pezzo che non metto piede in una fortezza solamnica e devo dire che ne ho una certa nostalgia, anche se non saprei dire come mai…non è che siano molto divertenti…»
«Il tuo desiderio sarà presto esaudito.- disse Tanis, con un sospiro- Un’ultima domanda: notizie di Kat?»
«L’ultimo a vederla sei stato tu.- rispose Caramon, scrollando le spalle con volto cupo- Non ne ho idea.»
«Raistlin non ci ha detto nulla quando ci ha contattati, ma dovrebbe essere indietro nel tempo con Dalamar.- disse Tasslehoff, a sua volta pensieroso- Immagino che ti abbia detto della gemma che è scomparsa dopo che quello sciamano…cioè, un intero gruppo di draconici…ci ha attaccato.»
«Sì, ha accennato qualcosa a me e a Dama Crysania.» ammise il Mezzelfo.
«Beh, se Raistlin sta preparando un assalto col botto immagino che quei due torneranno presto.- considerò il kender- Kat e Dalamar sono forti e Raist gli avrà detto di tornare per tempo.»
«Lo penso anch’io.» disse Caramon, un po’ stupito dall’analisi acuta del kender.
«Speriamo solo che Steven non la prenda male. Che quei due sono tornati insieme, voglio dire.» aggiunge Tas, rovinando la buona impressione e costringendo il gigante a tappargli la bocca con una mano. Si sentì a disagio sotto lo sguardo stupefatto di Tanis, mentre Tas si sbracciava nel tentativo di liberarsi e riprendere a respirare.
«Sono tornati insieme?!- sbottò il Mezzelfo – Da quando?! E cosa c’entra Sharphalberd?»
Caramon lasciò andare Tasslehoff, che prese fiato boccheggiando, e spostò il peso da un piede all’altro, sulle spine.
«E’ una lunga storia…» cominciò.
Steel, nel frattempo, veniva riscosso dai suoi pensieri dalla mano delicata di Crysania, che gli si era poggiata su una spalla. Alzò lo sguardo su di lei, che conosceva ancora poco ma di cui sentiva di potersi fidare.
«Andiamo, Steel? I Cavalieri hanno fatto cenno di volersi mettere in cammino.» gli disse, pacata. Lui annuì e si alzò, afferrando la sua sacca e controllando la corta daga alla cintura. Si rese conto in un secondo momento di avere ancora gli occhi grigi di lei puntati addosso.
«Mia Signora?» chiese, perplesso e un po’ inquieto. Da quando aveva parlato con Raistlin Majere, temeva in ogni momento di lasciar trapelare qualcosa della loro conversazione, del piano azzardato del mago. Quella donna era il capo dei Chierici di Paladine, quindi forse poteva leggere in lui anche le cose più nascoste…
«Non devi essere preoccupato, giovane Steel.- disse lei, procurandogli un tuffo al cuore- Se la tua scelta di diventare Cavaliere è stata presa in piena coscienza, non devi concedere a chi ti vuole male di rovinarti questo momento. Sono sicura che Caramon e Tanis si prenderanno cura della tua incolumità…e del tuo sogno.» Sorrise, un gesto di dolcezza che la rese meno algida. «Paladine ama chi sa sognare. Sono sicura che tua zia Katlin deve averti già detto qualcosa di simile.»
Steel si scoprì a sorridere a sua volta, trascinato dalla benevolenza della chierica e dal ricordo delle parole di sua zia, che lo spronavano a cercare la propria strada a qualsiasi costo. Questo parve bastare a Crysania, che era ignara della vera motivazione del suo turbamento. La donna si diresse verso Caramon, Tanis e Tasslehoff, lasciandolo ai suoi preparativi. Non vide il sorriso di Steel morire in un’espressione incupita, i suoi occhi venarsi di un misto di timore e risolutezza.
Prima di inseguire il suo sogno, Steel si era preso l’onere di aiutare gli zii a sconfiggere i malvagi e, per quanto avesse paura, non aveva intenzione di tirarsi indietro.

   
 
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