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Autore: Jaccquelyn    31/08/2012    14 recensioni
Ognuno vive a modo proprio, siamo noi a decidere cosa fare di noi stessi.
Eppure a volte questo non è possibile e vieni costretta a seguire dei severissimi codici.
Ma c'è sempre un modo per esprimersi, bisogna solo trovarlo.
Così, quando lo scopri, capisci qual'è il tuo ruolo nel mondo.
Ma cosa succede se ti fidi delle persone sbagliate?
Se tutta la tua esistenza viene scombussolata, con poche parole?
Nella vita reale, non in quella dei film, c'è davvero un lieto fine?
E c'è posto,in tutto questo, per l'amore?
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Adesso nella mia casa regna il silenzio. Sono le nove e mezza passate e tutta la mia famiglia dorme. Tutta la mia città dorme. Sono le nove e mezza passate e inizia il mio lavoro.

Esco di casa, facendo attenzione a non fare rumore, ma senza troppe precauzioni. Anni di abitudine mi dicono che nessuno si sveglierà. Neanche se facessi cadere un vaso a terra, ma preferisco non farlo per risparmiare domande inutili. E perché non potrei usare la storia del ‘sono entrati ladri in casa’ dato che ladri non ce ne sono, qui.

Percorro tutta la città quasi di corsa, arrivata all’albero x incontro Buck.

-Hey- gli sussurro per salutarlo. –Che faremo oggi?-

-Non lo so.- mi risponde Buck scuotendo la testa. –Vieni.- sposta l’albero dove appare un buco grande quanto il perimetro di quest’utimo. Buck mi prende da sotto le ascelle a mi aiuta ad entrare. Non ci sono scale. Scivolo lungo la superficie e atterro su una ventina di puff, sistemati in quel punto per non farci male.

Mi alzo e mi sposto, quando do il via a Buck scende anche lui. Camminiamo sulla roccia e varchiamo un arco dozzinale, per trovarci nella sala di ritrovo, per così dire.

Ci sono ancora poche persone e Phillips, il capo, non si vede. Però c’è qualcun altro che vedo, una persona alta e muscolosa quanto Buck, ma senza il suo cipiglio serio.

-Liam!- urlo. Qui non ho paura di gridare, di dire esattamente quello che penso e dire il mio parere, qui posso essere me stessa.

-Leena!- urla lui di rimando e viene accanto a me. Mi cinge con un braccio e mi bacia la fronte. –Nuova nottata, eh? Chissà che faremo..- dice pensieroso. Ogni notte c’è qualcosa di nuovo, non puoi mai sapere in cosa ti andrai a cacciare, ma ormai ci sono abituata. Ci siamo abituati quasi tutti, in realtà, a parte i nuovi.

Il più ‘vecchio’ è proprio Buck, che è stato il primo ad entrare. È lui che sceglie chi entra e chi no. Noi diciamo chi potrebbe essere un valido candidato, lui lo spia per un po’ e vede se va bene. Se non va bene per lui non puoi opporti.

Mi siedo tra Liam e Buck e aspettiamo. Iniziano a venire tutti e li saluto con un cenno del capo man mano che passano. Poi, finalmente, entra Phillips. E’ un adulto molto combattivo e nessuno sa guidare una spedizione meglio di lui.

-Ci siamo tutti?- tuona, con la sua voce imperiosa e autoritaria. All’inizio può far paura e, soprattutto, intimidire. Ma se lo conosci capisci che è un tipo apposto. Ovviamente non è di qui, lui viene da Londra, una grande città.

-Sissignore.- risponde Buck prontamente, dopo una veloce occhiata in giro.

Phillips inizia a formare dei gruppi. Mi ha messa in quello più numeroso, ma non bado molto a questo. Quello che noto è che non sono nel gruppo di Buck e Liam, e io sono sempre con loro. Mi accorgo, inoltre, che nel loro gruppo non ci sono ragazze.

-Gruppo A – dice Phillips. – Voi venite in missione con me.- i ragazzi annuiscono e iniziano a camminare verso il varco che gli è stato indicato. –Gruppo B- continua, riferendosi a noi. –Oggi allenamento. Sapete dove andare.- con questo dovremmo essere congedati, infatti lui si volta per raggiungere i ragazzi. Anche il resto del mio gruppo inizia ad andare. Ma io sto un attimo ferma.

Perché mi hanno diviso da loro? Cosa devono fare oggi? È talmente pericoloso che neanche io, che sono una delle migliori che hanno, posso andare? Non mi va che vadano da soli. Non che Buck e Liam non sappiano badare a se stessi, o non siano bravi, anzi. Ma io devo avere il controllo della situazione e averli vicini.

-Phillips- dico prima che varchi la soglia. Lui si gira sorridendo. Mi conosce e probabilmente sapeva già che avrei obbiettato. –Dove andate?- chiedo, perché non voglio ammettere di voler chiedere cosa lui pensava.

-Oh.. in missione.. – risponde evasivo, ma senza smettere di sorridere. –Perché?-

-Niente.- ribatto seccata. – Ma.. mi chiedevo se potevo essere utile, magari..-

-Leena- esordisce lui aumentando l’ampiezza del suo sorriso. –No, grazie. Oggi non ci servirai.-

-Ma io sono molto efficiente!- protesto.

-Devo andare, il treno parte.- dice sempre sorridendo e voltando i tacchi.

 

Che missione devono fare? Ora questa domanda mi martella la testa. Che missione? Che missione? Perché non posso andare?

Mi rendo conto distrattamente che non ho ancora mosso un passo, quindi varco la soglia e vedo il treno dell’addestramento, contrassegnato da un’enorme D arancione davanti a me. Non c’è nessuno dentro. Gli altri sono già andati, bene.

Salgo sul treno e rivolgo un veloce saluto a Cesar, il conducente. Mi lascio cadere sul sedile. Tengo il conto. Uno, due, tre, quattro… dodici. È andato abbastanza piano, oggi. In dodici secondi siamo in Irlanda, a Mullingar.

Scendo dal treno ed esco da sottoterra attraverso una piccola scaletta di legno. Mentre sono a metà qualcuno, da sopra, mi porge la mano. Una mano che conosco.

Sorrido. –Ciao, Niall.- dico. È un biondino perennemente allegro, mio compagno di allenamento e me lo ritrovo spesso anche nelle missioni, penso che abbiamo lo stesso grado di preparazione. L’unica differenza è che io abito in Ighilterra e lui in Irlanda. È un biondo tinto sempre allegro, nonostante il suo lavoro.

-Oggi anche tu qui, eh? Odio quando non ci fanno andare, ci perdiamo tutto il divertimento.- commenta lui con un sospiro.

-Già..- sbuffo io. Ma la mia mente è altrove.

-Non gli succederà niente.-

-Mmm?-

-A Buck e Liam. Tranquilla, non gli succederà niente.- annuisco. Probabilmente è vero. Insomma, finora sono successi ben pochi incidenti gravi, no?

Andiamo insieme verso il primo esercizio, gli anelli in legno. È un esercizio abbastanza faticoso e richiede forza nelle braccia, ma è anche uno dei miei ‘cavalli di battaglia’.

Ci sono due colonne lontane e tra queste un lungo filo con degli anelli attaccati. Due anelli vicini, per le due mani, poi ad una generosa distanza gli altri due. Devi dondolare, saltare, fare quello che puoi per arrivare agli altri. Se cadi, sei nel fango.

Percorro il filo facilmente e lo faccio al contrario, iniziano a farmi male le braccia ma non mollo.

-Vai, Dixon, un altro paio.- mi urla il coach da sotto. È facile dirlo, per lui. Ma continuo a farli. Ho fatto tre volte andata e ritorno senza mai fermarmi quando mi siedo su una delle colonne. –Dixon!- tuona il coach. –Perché ti sei fermata?!-

-Le braccia. – ansimo. –Facevano male.- scuote la testa indignato, ma so di dargli molte soddisfazioni. Molte più di tanti altri ragazzi.

Ma io parto avvantaggiata. Ho iniziato che avevo solo sei anni, quindi mi alleno da tutta la vita. Per i nuovi arrivati è più dura.

Passo da un esercizio all’altro a seconda dei comandi del coach, poi, sfinita, mi siedo per un po’ su una panchina. Mi raggiungono quasi immediatamente Aaliyah e Harry, un riccio di qui. Entrambi sono nuovi, ma, mentre Harry sembra riuscire perfettamente in tutto, Aaliyah, la mia compagna di tavolo, fa pena. È brava solo nel tiro del giavellotto, ma non serve a molto. Siamo evoluti ormai e devi saper tenere in mano un fucile almeno quanto sai tenere in mano un bicchiere d’acqua.

-Come sta andando?- chiedo, più a Harry che ad Aaliyah.

-Bene. – mi risponde appunto lui. –Ma non sono portato per arrampicarmi, mi sa.-

-Un po’ di allenamento e ce la farai.- lo rassicuro. E ne sono davvero convinta, perché è un portento. Ci sarà molto utile, tra qualche mese.

 

Riprendo l’allenamento ma, nel bel mezzo della mia corsa ad ostacoli, vengo interrotta da una campana, segno che molti di noi se ne devono andare. Non tutti siamo di Holmes Chapel. In questo campo sono riuniti Holmes Chapel, Bradford, Oxford e, ovviamente, Mullingar. Holmes Chapel, Oxford e Mullingar fanno tutto di nascosto, Bradford lo fa allo scoperto quindi rimane. Noialtri torniamo al treno.

 

Stavolta arriviamo alla base in nove secondi, non è andato piano almeno. Prima, considerando i soliti orari, era in un ritardo pazzesco, ma tanto c’ero solo io.

Il Gruppo A non è ancora tornato. Dove sono?

Mi siedo in un angolo da sola, non ho voglia di parlare. Di solito nel tempo che rimane tra la fine dell’addestramento o della missione e l’inizio della nuova giornata mi scateno, in fatto di parole. Ma bisogna contare che di solito ci sono Buck e Liam con me. Ora no e non ho intenzione di proferir parola finchè non saranno al mio fianco.

Passa un’ora. Ne passano due e sono le sei del mattino.

-Perché non mi hanno mandata con loro?!- urlo, non riuscendo più a trattenermi. Sebbene non mi sono rivolta a nessuno in particolare né ho fatto nomi tutti sanno a chi mi riferisco, perché ci conosciamo tutti.

-Calmati, ora verranno, vedrai.- mi rassicura, o almeno ci prova, Dreda, una di quelle ragazze che porta perennemente le treccine e sorride a tutti.

-Calmarmi?! Calmarmi, dici?! Come cavolo faccio se siamo in guerra e forse li hanno mandati in campo aperto?! Come posso calmarmi?! Potrebbero essere già morti!!- finita la sfuriata mi accascio di nuovo a terra e nascondo il volto tra le mani, senza piangere.

-Sai com’è Phillips. Non succederà niente di male a nessuno di loro.- continua Dreda dandomi una pacca sulla spalla.

Non me ne frega niente di Phillips, vorrei dire. Di sicuro li hanno portati in guerra e a quel punto Phillips diventa un soldato come un altro, punto.

Si, siamo in guerra. Se lo dicessi in paese probabilmente mi arresterebbero, ma è la verità: tutto il mondo è in guerra. Tra le materie prime che sono sempre più rare e il crollo delle borse era chiaro che sarebbe scoppiata a breve. Noi, come Inghilterra, abbiamo qualche alleato (tra cui l’Irlanda), ma ci sono paesi, come la Russia, che combattono da soli. In uno stato d’allarme così grave c’è bisogno dell’aiuto di tutti i cittadini per combattere. Ma alcune città hanno chiuso le porte all’esercito e preferito avere un diploma di bella città piuttosto che aiutare la propria patria. Una di queste, com’è evidente, è la mia. Quello che il sindaco di ogni diversa città di questo genere non sa, è che c’è un’associazione segreta che addestra i giovani per mandarli a svolgere varie mansioni. A volte andiamo proprio in guerra. A volte facciamo le spie. Ci sono vari incarichi da fare e non capita mai che facciamo tutti quanti l’allenamento, c’è sempre qualcuno in missione.

 

Accetto la tazza che mi porge Dreda e ne bevo avidamente il contenuto. È una bevanda molto più forte ed avanzata del caffè, ma ha più o meno lo stesso scopo con un sapore migliore. Ti fa rimanere sveglio tutto il giorno. A meno che non sia il tuo cervello ad impartire l’ordine di dormire (nel riposo pomeridiano, ad esempio), questa bevanda è in grado di farti stare in forze per ventiquattro ore, fino alla prossima. Se non ci fosse, tutto questo programma non si potrebbe attuare.

 

Alle sei e mezza iniziamo ad uscire, perché dobbiamo rientrare nei nostri letti per le sette, quando saremo svegliati. Sono un po’ esitante perché gli altri non sono ancora tornati, ma dopo cinque minuti mi costringo a salire. Percorro nuovamente la città insieme agli altri e li saluto man mano che si fermano davanti le loro case, poi entro nella mia e mi sistemo nelle coperte.

Ho due minuti per dormire. Ovviamente non ci riesco e alle sette in punto precise vengo richiamata dalla campana. Mi lavo, mi vesto e faccio colazione con una semplice tazza di latte.

Quando arrivo a scuola la prima cosa che faccio è guardarmi intorno in cerca di Buck o Liam. Quest’ultimo è più difficile da trovare, in genere, ma Buck è nella mia stessa classe quindi entro pazientemente nell’aula.

Mi siedo al mio posto e quando lui entra ansimante sorrido mostrando tutti i denti, e lui fa lo stesso. Poi alzo le sopracciglia e lui mi fa cenno per dirmi che non è il momento di parlare. Stanotte. Si, se non ti portano di nuovo via, penso. Ma ha ragione, non possiamo parlare qui.

 

A mensa Zayn non mi toglie gli occhi di dosso e capisco dal suo sguardo che c’è qualcosa che non va, sta pensando a qualcosa che non può dire e che riguarda me. Nei dodici minuti in cui possiamo parlare non mi rivolge la parola ma continua a studiare il mio comportamento, ignorando le ripetute proposte di Louis ad accennare una conversazione.

Io nel frattempo cerco di ignorare lui, perché non voglio avere problemi di nessun genere. Soprattutto con lui che, a mio parere, nasconde tanti segreti dietro i suoi sguardi inquisitori.

 

Eseguo tutto il mio programma alla perfezione, dalla dormita ai compiti, ma poi non so cosa fare quindi vado in cerca di Liam, che non ho visto a scuola.

Fuori casa però mi aspetta una sorpresa: Zayn. Un po’ me lo aspettavo in realtà, ma speravo di sbagliarmi.
Non mi dice niente, non mi saluta né mi sorride. Inizia a camminare e so che si aspetta che io lo segua.

Invece entro velocemente in casa e mi richiudo la porta alle spalle. Spio dalla finestra, senza farmi vedere, cosa sta facendo. È parecchio confuso e anche un po’ arrabbiato, poi un lampo di comprensione gli attraversa gli occhi e se ne va soddisfatto.

Quando sono sicura che è abbastanza lontano, esco di casa. Non so precisamente perché lo evito. Ma per qualche motivo non voglio parlare con lui, non me la raccontano giusta, i suoi occhi. Perché è da molto che ho imparato a leggere gli occhi della gente e i suoi mi dicono solo mistero mistero mistero. E questo non mi piace.

 

Cammino cautamente verso casa di Liam, ma purtroppo devo passare anche davanti quella di Zayn. Prima controllo che non sia sulla strada, poi che non sia alle finestre o balconi, infine passo di corsa.

Continuo a camminare fino ad arrivare al limitare della città, dove sta casa di Liam, ma prima di poter bussare qualcuno mi ferma. E stavolta non mi invita silenziosamente a seguirlo, ma mi spinge verso un albero.

-Che hai fatto ieri notte?- sussurra Zayn per non farsi sentire, ma con tono accusatorio.

-Ho dormito. Come te. Ora se permetti devo andare da Liam.- lo liquido.

-No, non hai dormito. E neanch’io. Non riuscivo a chiudere occhio e ho passato tutta la notte a guardare il panorama fuori dalla finestra, non che fosse un granchè. Non è successo niente di strano, a parte due volte. Prima sei passata, per venire verso questo lato. Poi sei tornata. Cos’hai fatto?- dice, sussurrando tutto arrabbiato.

-Una passeggiata.- rispondo liberandomi dalla sua presa. –Ciao, Zayn.-

-Lo scoprirò, sai? Sono bravo in queste cose. Se non me lo dici tu lo saprò da me.-

Non gli rispondo e vado dritta a casa di Liam mentre lui mi passa davanti per andare via. Non lo scoprirai, Zayn. E’ una cosa più grande di te, lascia perdere.

   
 
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