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Autore: Dicembre    01/09/2012    1 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Trentanove - Un libro
 
 


 
 
 
Non aveva risolto nulla e per lui era davvero una cosa insolita.
 
Non era riuscito ad andare a fondo alla questione dei minatori, né era riuscito a pensare ad una soluzione. Aveva delegato Sir Christopher, che era andato con loro, ed era poi tornato al castello.
 
Cleto era arrivato al tramonto e aveva riportato quello che era successo fra Luppolo e Chiaro.
 
Aaron sapeva che quella era una definitiva rottura fra i due e che questo avrebbe inevitabilmente portato Nero ad andarsene.
 
Doveva andarsene. Forse sarebbe tornato sì, ma ora doveva andarsene.
 
E il solo pensiero gli toglieva il fiato.
 
 
 
 
 
Quella mattina il castello gli parve stranamente vuoto. Non incontrò Cencio, non incontrò Forgia. Luppolo sembrava essere scomparso. Persino la servitù e gli altri abitanti del castello che spesso si affrettavano fra i corridoi, indaffararati e di fretta, sembravano non esserci.
 
Chiaro cominciò quindi a girare senza una meta precisa fra le mura di quella che ormai considerava una prigione, da alcuni mesi a quella parte.
 
Mura imponenti e grigie, mura dalle quali presto si sarebbe separato.
 
C’era un’ala del castello per lui inesplorata, tappezzata di porte che conducevano ad altre porte. Chiaro decise di scoprire dove tutti questi passaggi portavano.
 
Si sentì un po’ un bambino alle prese con un gioco e sorrise.
 
Si fermò poi davanti ad un portone diverso dagli altri, più alto ed imponente.
 
Aprendolo, non credette ai propri occhi: una stanza circolare ricolma di libri.
 
Era una biblioteca.
 
Chiaro aveva dato per scontato il fatto che ce ne fosse una a Castel Thurlow, mai però avrebbe pensato fosse così ben fornita e dalla forma così bizzarra e circolare. Notò un piccolo corridoio e poi un altro ancora, che portava in quella che Chiaro ritenne essere la stanza principale. Rimase senza fiato: il soffitto era in vetro ed era così luminoso che dovette coprirsi gli occhi per i raggi del sole che filtravano attraverso.
 
Chiaro rimase a bocca aperta guardando la volta e l’incredibile quantità di libri che aveva di fronte agli occhi.
 
Si diresse casualmente verso uno scaffale ed iniziò a vedere quali fossero i titoli.
 
Probabilmente molto era lavoro dei monaci di St. George,. Si chiese se anche nel castello ci fossero degli amanuensi, ma poi scosse la testa: ne avrebbe di certo sentito parlare prima.
 
I libri erano divisi per argomento e per lingua. Chiaro si soffermò su uno in particolare, polveroso, schiacciato dai suoi due vicini che erano molto più grandi.
 
Sembrava quasi chiedergli di tirarlo fuori di lì.
 
La copertina era in pelle scura e non riportava scritte né sulla spina, né sopra.
 
Chiaro lo sfilò, per leggerne il contenuto.
 
 
 
 
 
“E’ stato proprio lasciato lì di proposito, ma tu guarda il caso…” bisbigliò una voce lontanissima.
 
“Hai deciso di prendere tu l’incarico?”
 
“Altrimenti tu non ti troveresti qui, mi sbaglio?” la figura si scostò i capelli carmini da davanti agli occhi “Potrebbe essere il mio ultimo incarico, questo. E finalmente potrei tornare libero”
 
L’uomo di fianco a lui con lunghissimi capelli bianchi sorrise: “Non sai neanche se verrai chiamato”
 
“Vero” rispose il rosso mettendo il broncio “Sarebbe brutto se tutte le mie speranze fossero vane”
 
“Potresti sempre occuparti di qualcun altro”
”Ayel ma che dici?” rispose Esse avvicinandosi all’angelo così tanto da intrecciare le sue dita ai capelli bianchi del suo interlocutore “Sono stato allertato, e se davvero verrò chiamato, almeno questo noiosissimo lavoro da Raccoglitore finirà in bellezza”
 
Ayel sorrise: “Non vedi l’ora di mettere le mani su Aaron”
”Fosse così semplice, l’avrei giù fatto. Ma sai come la pensa il tuo capo a riguardo, e poi il mio capo…” continuò cantilenando lasciando scorrere via le parole “Devo solo fare il bravo un’altra volta. Una sola e poi tornare nel luogo a me più congeniale”
 
“Nel cerchio dei Sobillatori”
Esse annuì divertito “Non potrò più vederti, e questo mi spiace…” sospirò, in tono beffardo, ma per un attimo il suo sguardo divenne serissimo “Se solo potessi corromperti” aggiunse poi sfiorando con le dita la bocca dell’angelo che flemmatico, non fece nulla, se non scostare delicatamente la mano di Esse dal proprio viso.
 
“Rinunciaci”
 
“Rinunciare? A te? Fossi matto!” Rise, vestendosi come uno dei giullari di palazzo – i folli – che in quegli anni affollavano le corti dei nobili della Terra.
 
“Certo che non mi dona molto questo vestito…” disse poi rivolto ad Ayel “Ma tu non ridi mai?” continuò sconsolato “Io mi vesto e mi svesto, ti punzecchio e ti parlo… Ma tu davvero non ti diverti mai?”
 
Ayel guardò il demone e non rispose. Gli occhi verdi di Esse scrutarono a lungo Ayel, ma il demone non disse più niente.
 
Riportò poi il suo sguardo alla biblioteca dove Chiaro s’era seduto sul divano in seta rossa e s’era messo a sfogliare quello strano libro nero.
 
 
 
 
 
Chiaro decise di portarselo in camera. Chi avrebbe notato la mancanza di un solo libro fra mille altri? Quel libro riportava formule segrete e disegni per comunicare con l’aldilà. O questo almeno era quello che appariva ad un primo sguardo.
 
Chiaro pensò fosse un libro che Lord Aaron aveva a causa di quella sua capacità di apparire avvolto da un’aura divina. Magari Lord Aaron traeva la propria forza proprio da scritti quali quelli riportati nel libro fra le mani di Chiaro.
 
Il cavaliere pensò che leggendo bene quello che c’era scritto, magari anche lui avrebbe potuto esercitare quel fascino che Lord Aaron sembrava in grado di esercitare su tutti e liberare finalmente Nero da quella trappola in cui era evidentemente caduto.
 
 
 
Stava ancora pensando a Nero quando se lo vide di fronte a sé, sulla porta della sua camera.
 
Fu grato di aver appena appoggiato su uno scaffale il libro rubato, cosicché apparisse appoggiato lì da sempre.
 
“Sei già di ritorno…”
 
“Cleto m’ha chiamato”
 
“E per dirti cosa?”
 
“Ho già incontrato Luppolo…”
 
Chiaro sbuffò : “E ovviamente ritieni che sia lui ad aver ragione”
 
Nero scosse la testa: “Chiaro, lo sai, è finita”
 
“Finita? Cosa vuoi dire?” chiese Chiaro preoccupato.
 
“Non importa quel che penso io. Ormai davvero, non importa più nulla. La convivenza fra te e Luppolo a questo punto è impossibile. Con gli altri è difficoltosa…”
 
“Quindi il gruppo si scioglierà?” lo interruppe Chiaro “Quindi non è colpa mia se succederà, ma di Luppolo!”
 
“Ti fa stare così bene sapere di chi è la colpa? Davvero pensi di non aver fatto niente perché questo accadesse?”
 
“E’ solo il corso naturale delle cose” alzò le spalle Chiaro “Né tu, né io avremmo potuto evitarlo”
 
“Questo è vero, ma ugualmente, sarebbe dovuto avvenire in maniera diversa”
 
“Quindi ho ragione, pensi che io sia nel torto”
 
Nero guardò il fratello a lungo, poi sospirò: “Di certo non hai fatto niente per evitare lo scontro!”
 
“Io non ho fatto niente? IO?” Chiaro si ritrovò a gridare “Ma se quello lì…” ma fu interrotto da un gesto di Nero.
 
“Non sono venuto qui per fare da paciere, né tanto meno per prendere le parti di qualcuno”
 
“Certo, le mie non le prendi mai” disse Chiaro imbronciato.
 
“Sei un bambino…” lo rimproverò Nero “Che cerca sempre qualcuno che gli dia ragione perché non è sicuro a sufficienza di averla”
 
Chiaro non rispose, ma guardò Nero con espressione spocchiosa.
 
“Non è affar mio se il gruppo si scioglie” disse poi “Che Luppolo se ne vada dove vuole e faccia quello che vuole. Sarò solo contento se non lo dovrò più rivedere”
 
“E gli altri? Non t’interessa rivedere Cencio, Guardia, Levante…”
 
Chiaro di nuovo scosse la testa, con aria indifferente “Vivrò bene anche senza di loro”
 
Nero sorrise amaro: “Ecco perché nessuno prenderà mai le tue parti…”
 
“Che cosa vuoi che m’interessi?” Chiaro alzò la voce “Che vuoi che m’interessi di chi prenderà le mie parti? Mi dovrebbe interessare l’opinione di un ladro? Di un cosacco? O dovrei persino interessarmi all’opinione di uno scozzese?”
 
“Basta così Chiaro!
 
“No, non basta così, perché voglio che tu capisca anche me! Io sono più felice così”
 
“E perché mai dovresti essere più felice, Chiaro? Che cosa farai dopo?”
 
Chiaro rispose la cosa che gli sembrava più ovvia: “Beh, io e te torneremo a casa, no?”
 
Nero sorrise prima, poi non riuscì a trattenere la leggere risata che ne seguì.
 
“Ora capisco tutto il tuo entusiasmo” disse poi serissimo.
 
Chiaro sorrise contento, ma Nero proseguì.
 
“Io non torno a casa tua, Chiaro. Cerca di fartelo entrare in testa, perché io non tornerò mai lì”
 
Il fratello divenne pallido: “Ma come… Non c’è altro da fare…Hai voluto…hai… e ora, non è tempo di tornare?”
 
“L’unico posto dove io tornerò sarà qui”
 
Chiaro tremò e tossì, a corto d’aria: “Perché qui?” Chiese in un sibilo. “Perché vuoi tornare qui? Non c’è niente qui! NON C’E’ NIENTE QUI”gridò  afferrando per la maglia Nero “Io… Io lo ammazzo. E’ un essere inutile, debole e zoppo eppure tutti sembrano pendere dalle sue labbra. Tu compreso Nero” la voce di Chiaro tremava d’ira “E io questo non posso sopportarlo. Vederti così schiacciato e prigioniero!” Lo guardò negli occhi lasciandosi prendere dalla foga“GIURO CHE LO AMMAZZO! LO UCCIDO! LO..”
 
Non riuscì a terminare la frase perché si ritrovò di colpo spalle al muro, sbattuto con violenza contro la parete.
 
Due vasi appoggiati al mobile lì vicino caddero, andando in mille pezzi.
 
“Torcigli un capello, Chiaro, e ti giuro davanti a Dio, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia, non solo mi vendicherò su di te, ma sulla casa che ami tanto. Su tutto ciò che è Lannart o appartiene ai Lannart.” Gli occhi di Nero erano così scuri che Chiaro tremò. Il fratello non gli era mai parso così minaccioso.
 
“Non dirò altro, perché non è necessario. Toccalo e ti prometto, Cain Edward Exton Lannart, che non ti darò più pace.”
 
Se ne andò lasciando Chiaro ancora a ridosso della parete, tremante.
 
Nero non lo chiamava più col suo nome da quando aveva lasciato casa loro. Risentirlo pronunciare il suo nome per esteso gli aveva raggelato il sangue. Ormai, Chiaro, non poteva fare più niente.
 
S’accasciò a terra, piangendo.
 
 
 
 
 
Nero sospirò, coprendosi con la mano gli occhi sperando di trovare un minimo di sollievo. Ma neppure lì, solo, sul torrione dove sempre bruciava alto il fuoco per i viandanti, il cavaliere riusciva a trovare pace.
 
Conosceva troppo bene Chiaro per fidarsi. Le sue minacce probabilmente l'avrebbero fermato per un po', ma Nero non era sicuro che l'avrebbero fermato per sempre. Preso dalla totale irrazionalità, Chiaro era capace anche di gesti di cui dopo si sarebbe pentito. Era l'eredità dei Lannart, quel leggero filo di follia che scorreva nel suo sangue. Non così marcato come nei suoi genitori, ma comunque presente.
 
Nero non poteva rischiare che accadesse qualcosa a Aaron. E per questo doveva andarsene.
 
Sentì una fitta di dolore a quel pensiero, ma sapeva che lasciare quel posto era l'unica soluzione razionale da prendere. E da prendere subito.
 
Sarebbero andati a Londra, da Re Edoardo, per poi con ogni probabilità tornare in Francia... Ma sarebbero andati tutti? Oppure davvero, ognuno avrebbe intrapreso strade diverse?
 
Nero non sapeva neanche quale sarebbe stata la sua.
 
Tornare.
 
Ma con Chiaro tornare non sembrava possibile. Il fratello non avrebbe mai accettato quelle terre di Cornovaglia come proprie.
 
Sarebbe quindi dovuto tornare da solo, Nero però non poteva scrollarsi di dosso la responsabilità di aver già abbandonato Chiaro una volta.
 
Poteva farlo una seconda?
 
Scrollò le spalle. Chiaro era il figlio di tutto ciò da cui Nero aveva voluto allontanarsi, ma non per questo poteva portare sulle sue spalle le colpe dei genitori. 
 
Era confuso e non riusciva a districarsi fra quei mille pensieri: c’era Aaron da cui voleva tornare, che voleva rivedere nelle fredde notti invernali; c’era Chiaro che lo spingeva lontano da quelle terre.
 
 
 
Il cavaliere fermò per un istante il corso dei suoi pensieri per rendersi conto che già dava la sua partenza come cosa fatta.
 
Era solo una questione di giorni, poi sarebbe andato lontano.
 
Colpì con violenza il cornicione: non c’era salvezza per lui.
 
Ciò che più voleva gli era sempre stato precluso.
 
Quella breve parentesi che era stato Castel Thurlow era lì a ricordarglielo.
 
  
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