2. PERNSIERI INQUIETI
Geoffrey Martewall sedeva stanco nel suo studio,
riprendendo
forza e ripensando a gli ultimi avvenimenti.
Era particolarmente inquieto; sebbene fosse riuscito a
riprendersi il
castello e a mettere in salvo quel poco che rimaneva della sua famiglia
e del
suo esercito, era chiaro che il peggio doveva ancora venire. Adesso il
re si
sarebbe imposto con il terrore agli altri baroni, e solo i più impavidi
avrebbero ingaggiato battaglia. In più tutti vedevano LUI, e non certo
il
Delfino di Francia, come “direttore” di quell’orchestra stonata e
malinconica.
E solo il pensiero di dover guidare il ribaltamento politico del suo
paese, gli
metteva i brividi; non si preoccupava molto per la sua vita, se così si
poteva
definire, ma temeva per quelli che, in piena fiducia, lo avrebbero
seguito.
Molti lo consideravano uno degli uomini più coraggiosi e forti
d’Inghilterra,
ma nessuno sapeva meglio di lui, che non era così.
Era forte con le armi, questo sì, e aveva la
capacità di mostrarsi impassibile al resto del mondo… ma lui era in
realtà fragile,
e la maschera dell’insofferenza che molti dispregiavano, era l’unico
modo per
sopravvivere. Molti erano i sentimenti contrastanti nel suo cuore, ma
di tutto
questo, sul suo viso echeggiavano solo durezza e disprezzo. Non poteva
farci
niente, era più forte di lui. Malgrado ciò, sentiva che non poteva
continuare
così. Aveva bisogno di sfogarsi, di confidare le sue paure
a qualcuno.
Il Leone scosse la testa contrariato. Non
era il momento di abbandonarsi ai sentimentalismi! Non poteva
permettersi di turbare
ancora di più la quiete con le sue preoccupazioni.
E poi c’era sua sorella, Leowynn. Dopo tutto
quello che aveva trascorso nell’ultimo mese, angosciarla ancora di più
era come
ucciderla. A questi pensieri , la rabbia gli portò un groppo alla gola
e
contribuì a ricoprire il suo viso ed il suo cuore con quella solita
maschera, per continuare la commedia della
vita, di
quella vita che di comico aveva ormai ben poco. Pensando a sua sorella,
gli
tornò in mente quello che aveva detto al suo cavaliere, Kerwik, poco
prima.
Aveva da un po’ carpito il sentimenti nascosti che
legavano
il giovane e sua sorella, e aveva dovuto
farsene una ragione. Personalmente, avrebbe preferito trovare alla
bella e giovane
Leowynn una sistemazione fissa e più sicura. Ma sua sorella non era uno
scacco
da spostare a piacimento sulla scacchiera. Era adulta e sapeva disporre
della propria
vita. In più l’idea di doverle imporre un matrimonio di convenienza,
gli dava
il volta stomaco. Quelle poche volte che l’aveva sentita discutere
dell’argomento
con il padre, era stata molto chiara sul fatto che non si sarebbe fatta
manovrare
sulla questione; voleva sposare un uomo di cui fosse innamorata, e non
le
interessavano minimamente posizione sociale, e tanto meno, economica…
e, dopo
tutto, aveva ragione. Anche Sir Harald Martewall aveva tentato spesso
di farla
incontrare con giovani conti e aristocratici, e lei gli aveva concesso
il suo
tempo, ma senza alcun risultato.
Adesso però, era Geoffrey il più grande
e il suo tutore. Ma questo non contava: le
avrebbe concesso la mano di chiunque lei
avesse chiesto. E c’era da dire che Kerwik non gli dispiaceva nemmeno
tanto;
almeno aveva la certezza che fosse un brav’uomo, leale, fedele… e che
non si
sarebbe sposato per interesse ma per amore. In caso contrario, il leone
aveva
già i metodi per risolvere pacificamente – più o meno- la situazione.
Suo sorella
poteva sposare il primo che passava per la strada o il più ricco dei
principi,
ma l’importante era che la persona scelta non osasse neanche pensare di
ferirla
moralmente o fisicamente.
I suoi ragionamenti vennero bruscamente interrotti
da un
servo che bussò alla porta e , dopo aver ricevuto il permesso di
entrare, diede
annuncio che la cena era servita nel salone al piano inferiore.
Geoffrey, riluttante, congedò il servo con la
promessa di scendere
a breve. Non era assolutamente propenso ad una serata di compagnia e
avrebbe
volentieri cenato con pane e formaggio seduto nel suo studio. Ma era
meglio non
allarmare la sorella che, non vedendolo a tavola, si sarebbe certo
preoccupata
per le sue condizioni di salute. No, non era proprio il caso. Lasciò la
stanza
e , rassegnato, si diresse
alle scale.