Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: Something Rotten    03/09/2012    1 recensioni
Sorrise, pensando a quanto il suo ragazzo amasse la routine a tal punto, da ricreare fedelmente ogni mattina la stessa macchia scura di caffè nello stesso punto del giorno precedente. Ed era forse quella propensione innata per la routine che l'aveva fatto innamorare di lui; era come se nel caos di quella vita frenetica, quelle piccole cose creassero un qualcosa di stabile e di duraturo nel quale credere e sperare. Tanto il giorno dopo sarebbe andata nello stesso modo, perché angosciarsi?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Secondo capitolo! Siamo ai tanto sperati venti passi, che, stando alla lunghezza delle gambe del piccolo Iero, per una persona normale dovrebbero equivalere a cinque ù_ù


I climbed a thousand steps without a single imprint.

 Twenty Steps;

" We only See Each other at Weddings and funerals"
Image and video hosting by TinyPic

Si piegò sulle ginocchia, lasciando sul palmo della mano paffuta di un bambino qualche moneta risonante. Si perse negli occhi verde smeraldo del bambino, che parvero ridere ancor prima della sua bocca. Gli avrebbe chiesto il nome, gli avrebbe augurato di fare una vita migliore, se la ressa di gente, che premeva per entrare nella metro, non l'avesse spinto verso i tornelli dell'entrata; gli rivolse un semplice saluto, beandosi dell'ennesimo ampio sorriso dei suoi occhi verdi. " Passa una buona giornata, " gli augurò la madre del bambino, che lo teneva stretto al petto, come a volerlo proteggere. " Anche lei!" le urlò, ma le parole si persero nel rumoroso riecheggiare di voci estranee.

Percorse qualche passo, prima che la sua attenzione fosse catturata da un'insegna abbastanza grande e colorata da non poter passare inosservata; pubblicizzava un nuovo fumetto che, stando alla pulizia dei tratti e alla fedeltà della riproduzione del volto umano, doveva essere un piccolo capolavoro. Il suo sorriso, se possibile, si allargò ancor di più: aveva finalmente trovato il modo per espiarsi da tutte quelle piccole mancanze come la colazione saltata, le notti in solitaria e la totale assenza di condivisione di attimi ai quali erano soggetti da un po'. Si appuntò mentalmente il nome del fumetto e, sperando di non dimenticarselo strada facendo, avvicinò il pass al sensore a lettura ottica dei tornelli; le porte si aprirono e lui le attraversò, seguendo la ressa fin di fronte alle porte di una metro già piena. Fece qualche passo all'indietro, decidendo di prendere la successiva; anche solo un granello di polvere in più avrebbe potuto rompere quel precario equilibrio in cui si reggevano quei corpi ingarbugliati fra di loro, anche il più piccolo oggetto avrebbe mandato in frantumi quella realtà perfetta che si era creata nell'intreccio di braccia, volti e gambe. Posò a terra la ventiquattrore, osservando con un cipiglio le persone che, spintonando e calciando, tentavano di entrare a far parte di quella matassa disumana di pelle ed ossa; chissà perché tutti non potevano attendere qualche minuto in più, chissà perché andavano così di corsa; che c'era di così importante ad attenderli alla fine di quella maratona improbabile?

" Quanto bisogna attendere per la prossima metro?" gli chiese un passante. " Tre minuti," gli rispose lui, guardando il timer rosso, che dava libero sfoggio di sé di fronte a quello sfondo scuro. " Che sono tre minuti in confronto all'eternità!" esclamò il passante, dando una parvenza di risposta a quella domanda taciuta. Lui annuì vigorosamente, perdendosi nell'osservare la metro sfrecciare di fronte a sé, chiudendo gli occhi quando le figure dei passeggeri, sospinte dalla gran velocità, assunsero la forma di tante ombre oblunghe e nere, che parvero essere le mani scheletriche della morte, così vicine a quelle dei Dissennatori di quel vecchio libro. Le ombre sembrarono dirgli: "siamo venute a prenderti", ma lui non le ascoltò, contando mentalmente i passi che avrebbe fatto una volta uscito dalla metro per raggiungere il chiosco dei libri; venti.

Riaprì gli occhi solo quando anche la seconda metro fermò il suo veloce viaggio di fronte alla banchina; la scoprì semi-vuota, e non poté fare altro che gioirne. Si voltò cercando il volto benevolo del passante, ma non lo trovò; forse aveva tenuto gli occhi chiusi quel tanto che bastava per permettergli di entrare nella cabina, o forse aveva deciso che sei minuti non fossero niente in confronto all'eternità che tutti anelavano. Mai pensò che quel passante fosse stato un tiro mancino della sua mente.

Scelse il sedile più esterno, quello che di fronte a sé non aveva il vetro trasparente, ma il muro bianco; vedere le ombre che si formavano fuori dal vetro lo aveva spaventato da sempre, o forse da qualche giorno o settimana; non se lo ricordava, ma credeva che fosse un dettaglio insignificante, un po' come stabilire se fosse nato prima l'uovo o la gallina. Che importava saperlo? Tanto ormai quella fobia era lì, e sapere quando fosse cominciata non l'avrebbe certamente estinta.
La metro si mosse, cominciando la sua folle corsa verso il capolinea; fu un passaggio graduale dal movimento impercettibile alla velocità estrema. La sua testa vorticò come ogni volta, il suo petto si strinse in una morsa dolorosa, ed il suo stomaco fece una giravolta. Alzò il volume della musica, e cercò di prestare attenzione solo alle parole urlate dal cantante, quasi che distrarsi dalla velocità lo facesse star meglio. Quando il suo stomaco smise di minacciarlo di tirar fuori tutto quello che conteneva, capì di essere arrivato a destinazione.

" Siamo arrivati al capolinea?" chiese, voltandosi verso il signore seduto alla sua destra. "Lui sì, tu no. " gli rispose quello, senza neanche alzare lo sguardo. Lui sgranò gli occhi, credendo che la musica, ancora alta nelle sue orecchie, avesse storpiato le parole dell'anziano signore. "Come?" rimarcò, sfilandosi una cuffietta ed adagiandola sul ventre. " Sì, e se non si sbriga a scendere da qui rischierà di rimanerci intrappolato." concluse risoluto l'anziano, alzandosi dal suo posto e percorrendo l'esima distanza che lo divideva dalle porte aperte della metro con passo strascicato. Lui si affrettò ad alzarsi dal suo posto, ed uscì dall'abitacolo poco prima che le porte si chiudessero alle sue spalle. Salì con rapidità le scale che conducevano all'esterno, e si beò dell'aria fresca che colpiva con raffiche cadenzate il suo volto accaldato.

Il chiosco dei giornali era aperto per metà, segno che non dovevano essere ancora le nove, orario dell'apertura effettiva. L'edicolante era intento a raccogliere i giornali dal marciapiede, posizionandoli in bella mostra nel piccolo espositore giallo; tirò un sospiro di sollievo quando vide la copertina dalle tinte fosche del volumetto pubblicizzato nella metro. Percorse quei venti passi che lo dividevano dall'edicolante, e lo salutò con un ampio sorriso. " Frank!" esclamò quello, sorridendogli appena. " Sono in anticipo?" chiese lui, dando una leggera pacca dietro la sua schiena. " Sì, non mi aspettavo di vederti così presto in effetti..." gli rispose, togliendo un quotidiano dalla pila ancora adagiata sul marciapiede, e porgendolo al ragazzo.
" Anche questo vorrei," gli disse Frank, indicando il volumetto. L'edicolante guardò perplesso il punto preciso che Frank, con il suo dito, stava indicando, ma poi gli rivolse l'ennesimo sorriso. " Ne ero più che sicuro," ammise. " Te ne avevo messo persino uno da parte, sai per paura che finissero..." Frank annuì; con tutta la pubblicità che tappezzava la maggior parte dei mezzi pubblici era più che normale avere una simile paura. Saldò il suo conto, e se ne andò per la sua strada. " A domani!" disse. " A domani, Frank." gli rispose quello, continuando nel suo lento lavoro di mettere al proprio posto tutta quella carta stampata, che aveva ancora l'odore acro d'inchiostro e polvere.

Quando voltò l'angolo, uscendo dalla visuale dell'edicolante, sfogliò senza attenzione il fumetto e rise di gusto quando lesse il titolo dell'ultimo capitolo: Ci incontriamo solo ai funerali e ai matrimoni; se non avesse già letto il nome dell'autore avrebbe sicuramente pensato a Gerard: quella era decisamente la loro frase...


   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: Something Rotten