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Autore: Scarr    04/09/2012    3 recensioni
C'era una volta, una ragazza che, a causa della sua adolescenza difficile, aveva deciso di diventare la Cacciatrice più brava, diventando anche superba e senza amici. Qui non ci sono principi o reami incantati. C'è solo un ragazzo, un semplicissimo ragazzo, che le farà scoprire il significato della fiducia, e, soprattutto, dell'amore.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Capitolo due.

 

Mio padre diceva che, senza la mamma, sarebbe stato un uomo incompleto.
Diceva che, secondo lui, una persona non poteva sperare di vivere così bene e a lungo senza qualcuno accanto.
Qualcuno che amava.
E che amava lui.
E mia madre lo amava, eccome.
Si vedeva nelle più piccole cose, negli sguardi, nei gesti.
Io non avevo mai provato niente del genere, e c’è stato un periodo in cui aspettavo ansiosa che qualcuno arrivasse e mi facesse sentire la più bella del mondo, o, almeno, la più bella per lui.
Mi ricordo che da adolescente avevo avuto una piccola cotta per un ragazzo che incontravo per strada, un ragazzo con i capelli castani e gli occhi azzurri come il cielo.
Era gentile, e mi sorrideva quando ci incontravamo.
Non ci eravamo parlati molto, sapevo soltanto che si chiamava Jake.
Era il periodo delle sfide, degli insulti.
E prima di poter sapere qualcosa in più di lui, cambiammo villaggio.
Ho passato tanto tempo a pensare che magari, se lo avessi conosciuto meglio, ci saremmo innamorati, e la mia vita ora sarebbe completamente diversa.
Ma non potevo cambiare il passato.
Mia madre, quando ero triste per aver fatto qualcosa di sbagliato, mi stringeva forte e diceva:
-Annabelle.. non essere triste. Non si può cambiare il passato, ma ricorda: tu puoi fare in modo di cambiare il tuo futuro. Ora che sai cosa non devi fare, cercherai di non farlo mai più. La vita è così, piccola. Ma errore dopo errore, sarai la donna più forte e coraggiosa di tutte, perché hai imparato dai tuoi errori, non li hai ignorati.
Ora mia madre non c’è più.
E con lei se ne sono andati anche i suoi insegnamenti.
In realtà, li tenevo ancora scrupolosamente dentro il mio cuore, come se fossero una cosa preziosissima che preferivi lasciare lì a impolverarsi, piuttosto che prenderla e avere paura che si rompi.
Ma sapevo che era inutile lasciarli lì.
Avevo deciso di ignorarli, e ora ne subivo le conseguenze.
Quanto avrei voluto che fosse qui, a guidarmi verso la strada giusta.
Probabilmente non l’avrebbe fatto. Probabilmente mi avrebbe detto:
-Io non sono te, non ho i tuoi stessi sogni, o le tue paure. Devi decidere tu cosa fare, e qualunque cosa sceglierai, io sarò comunque fiera di te, perché hai pensato con la tua testa.
Era tutta colpa mia.
Io avevo preso quei funghi.
Io li ho dati loro.
Io ho ucciso i miei genitori.
Che cosa c’era da imparare da tutto questo?
I miei genitori si amavano. Speravo che questo li avrebbe tenuti insieme per sempre.
Nulla può andare storto quando due persone si amano, no?
Già, lo pensavo anch’io.
Ora, mentre tornavo a casa dal palazzo, cominciavo a pensare che, io che non avevo mai amato veramente nessuno, ero già morta dentro.
L'amore è la più mortale tra tutte le cose mortali: ti uccide sia quando ce l'hai che quando non ce l'hai.
Arrivai a casa mia fradicia di sudore per la corsa, e stanchissima per la lunga giornata.
Quel giorno avevo fatto uccidere dieci Ribelli, e ne avevo arrestato uno.
Il pensiero mi fece ridere.
Non avevo mai fatto arrestare nessuno, soprattutto perché non avevo mai fatto caso a quali colpe avessero commesso.
Ma quell’Andrew Evans aveva davvero una faccia tosta a rispondermi in quel modo.
E adesso aveva quello che si meritava.
Dopo essere entrata in casa, mi tolsi la divisa e la gettai sul letto. Dopodiché aprii la porta sul retro che dava sul fiume e mi immersi nell’acqua gelida.
Avevo davvero una bella casa.
Non molte persone del villaggio potevano dire di avere la casa, a due piani per di più, proprio sul fiume, e ancora meno di poterci fare tranquillamente il bagno.
Ma non avevo mai fatto caso a queste cose.
Già, è vero. Troppo impegnata? E a fare cosa, di preciso? Ah, sì. Uccidere la gente. Anche gente che ha rubato galline.
Non poteva essere vero. Andrew mentiva.
Il re e la regina non avrebbero mai mandato ad uccidere gente che faceva cose del genere.
Loro volevano bene a tutti noi. Per noi volevano il meglio.
O no?
Ancor prima di pensarci su, scacciai quei pensieri, e me ne tornai in casa.
Mi misi la camicia da notte e mi spazzolai bene i capelli, salii le scale e mi preparai per tornare nel Rosso.
Ma, prima di chiudere occhio, sentii dei colpi alla finestra.
All’inizio pensai di essermelo immaginato. Insomma, chi era così stupido da andare a bussare alla casa della cacciatrice?
Ma poi li sentii di nuovo, quei ticchettii.
Così andai alla finestra, la aprii e mi affacciai dal terrazzo.
E rimasi a bocca aperta.
Andrew Evans, quell’Andrew Evans, mi sorrideva in mezzo ai cespugli, con in mano dei sassolini.
-Gesù!- esclamai. Ero semplicemente spiazzata.
-Ehm, no. Sono soltanto io. Posso entrare?
-Puoi.. cosa? Entrare? Fai sul serio?- Chi è che ritornava nella tana del lupo dopo esserne uscito?
-Non dovresti essere in prigione?!
-Già, be’. Sono scappato. In realtà non è stato difficile, la guardia dormiva. E per quanto riguarda la ragazza fuori.. insomma, mi hai visto? Non poteva dirmi di no.
Se era arrivato fin qui per raccontarmi le sue conquiste, poteva benissimo andare a quel paese.
-E allora? Cosa vuoi da me?
-Mi sembrava ovvio. Devi nascondermi.
-Si. Ma perché?
-Perché, se non fossi stato abbastanza chiaro, sono scappato. E devo trovare qualcuno che mi nasconda. Tu sei la prima persona che mi è venuta in mente.
-No, aspetta un attimo: tu sei scappato di prigione, dove io ti ho mandato, poi scappi, e vieni da me, la persona che ti ha arrestato. Dimmi un po’, hai qualche problema?
Sembrò offeso all’inizio, ma si riprese subito rendendosi conto che il tempo stava passando, mentre parlavamo.
-Senti, se non vuoi farmi entrare, dovrò usare le maniere forti.
-Ah, si? Cioè?
Si schiarì la gola, poi iniziò a cantare.
Era incredibilmente stonato, e per poco non mi misi a ridere.
Poi mi ricordai chi ero, la mia immagine, o, più precisamente, la mia maschera.
Non potevo certo permettermi di farmi vedere con uno sconosciuto che canta sotto il mio terrazzo.
E, in qualcosa come due secondi, decisi che lasciarlo entrare sarebbe stata la scelta migliore.
-D’accordo. D’accordo! Smettila! Puoi entrare.
Sfoderò un sorriso da un orecchio all’altro, poi si arrampicò sui rampicanti di quel lato della casa.
In pochi secondi, era di fianco a me.
C’erano alcune cose che non avevo notato quella mattina: le cicatrici che aveva vicino all’orecchio, gli occhi che, con meno luce, sembravano più scuri, e i capelli che dietro il collo si arricciavano leggermente.
-Carina la camicia da notte.- disse.
Non ci avevo proprio fatto caso.
Tentai in tutti i modi di coprirmi di più, incrociando le braccia al petto, ma riuscii soltanto a far sghignazzare Andrew.
Stranamente, sorrisi anch’io.
Mi piaceva tirar fuori quella parte di me, qualche volta.
Quella che è capace di sorridere, e che ha il coraggio di far entrare un completo sconosciuto in casa sua.
O quella che risponde «Miele» alle domande.
Forse con lui avrei potuto essere.. sì, me stessa.
Oh, ma per favore.
Smettila, smettila, smettila.
Non potevo essere me stessa, né ora, né mai.
E, mentre cercavo di ficcarmi quest’idea in testa, dei colpi risuonarono dalla porta d’ingresso.
Oh, no. Non promette niente di buono.

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Ehi! Ma ciao!
La nota sarà corta: mi sono impegnata davvero tanto questa volta, e sono soddisfattissima.
La frase L'amore è la più mortale tra tutte le cose mortali: ti uccide sia quando ce l'hai che quando non ce l'hai. è presa da 'Delirium' di Lauren Oliver.
Spero che il capitolo vi piaccia quanto piace a me!

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