Yuriy
Ivanov non reggeva davvero più quella situazione. Il rancore verso le altre
persone che vivevano assieme a lui nel monastero, l’odio verso le persone che
di lui avevano fatto la loro bambola…lo disintegrava. Yuriy si stava lentamente
frantumando. Un pezzetto alla volta, lui stava sparendo. Stava morendo anche
esteriormente…sì, perché la sua anima era morta da tanto tempo. Era stato
quello, infondo, l’esperimento della Borg meglio riuscito: liberarlo
dall’anima, dai sentimenti d’amore e amicizia. Yuriy era, in questo modo,
diventato una macchina fredda, distaccata e calcolatrice. Un cyborg. Un automa
crudele e bellissimo.
La cosa
peggiore, era sicuramente l’autoconvinzione di Yuriy: Yuriy era sicuro di non
saper amare. Lui credeva che quello che provava nei confronti di Kei
fosse…amore, certo. Ma un amore diverso. Era come se glielo “dovesse”, se così
si può dire. Lo sognava tutte le notti,
bramava a lui più della mezza pagnotta della quale si cibava. Viveva per
lui. Ma non si rendeva conto che quel sentimento era davvero l’amore che
sognava. Eppure di lui, gli era rimasta solo quella piccola, stropicciata e
stupida foto. C’era Kei, in quella foto. Avrà avuto si e no otto anni. Era in
piedi, aveva il viso, già tatuato, sereno.
Tuttavia,
quando Yuriy l’aveva visto per la seconda volta, ai Mondiali di Beyblade, Kei
gli era sembrato completamente diverso. Era cambiato. Prima era un dolcissimo
angioletto. Ora si era evoluto, era diventato un dio. Era stupendo, in una
parola. Il fisico perfetto, quegli occhi così profondi, così belli…
E Yuriy
l’aveva amato, senza sapere che quel sentimento non era “gratitudine”. Sapeva
bene di usare il verbo “amare” solo quando pensava a Kei. Sapeva bene che le
persone spregevoli che gli giravano attorno, volevano unicamente il suo corpo o
la sua forza. Sapeva che loro non lo “amavano”. Ma l’avrebbe capito. Prima o
poi avrebbe compreso che anche lui sapeva amare. Che quell’emozione era
tutt’altro che morta, in lui. Che le sue paure erano infondate.
Quella
mattina, Yuriy, si era svegliato di soprassalto, perché aveva sentito un gran
fracasso, in quel luogo solitamente silenzioso. Sentiva dei passi fuori dalla
sua stanza. Gente che correva su e giù. Mobili che venivano spostati, nella
camera di fronte alla sua. Così, s’era alzato ed era andato a farsi la doccia.
Poi aveva indossato una maglia e un paio di pantaloni ed era uscito a
controllare. C’erano i monaci in delirio. Correvano portando avanti e indietro
secchi d’acqua e scope, da quella camera, che da sempre era disabitata. Una
volta c’era Kei, in quella stanza. Yuriy ebbe come un presentimento e una lieve
scossa gli percorse tutto il corpo, eccitandolo. Poi si era convinto che fosse
frutto della sua immaginazione.
Nessuno si
accorse di niente quando lui sgattaiolò lontano dalla sua stanza e entrò, dopo
aver bussato, nell’ufficio di Hito Hiwatari.
-ti aspettavo,
Yuriy…- gli aveva detto l’altro, con un sorriso vizioso.
-chi si
trasferisce, nella camera davanti alla mia?- aveva risposto con una domanda,
Yuriy.
-arriverà
questa sera verso le sei e si fermerà con noi…per sempre, mi auguro…ma sai
meglio di me, com’è mio nipote. So che farai del tuo meglio per farlo sentire a
suo agio…- l’aveva detto con una nota maliziosa, con l’aria di qualcuno che sa.
Ma Yuriy non lo ascoltava più. Kei era tornato! Kei, il suo Kei! -…se esageri,
Yuriy, lo dovrò spostare…no, anzi, questa volta agirò su di te. Già. Se non
vuoi finire di nuovo a fare la puttana per qualche mio ricco amico, dovrai
stare tranquillo e non dovrai infastidire mio nipote.- lo stava minacciando.
Una volta lo aveva costretto a prestare servigi di quel genere ad alcuni nobili
russi. Era stato un inferno e Hito lo sapeva bene. Si trovava davanti ad un
bivio, ora: poteva scegliere di fregarsene di Hito e dei suoi amici e di mostrare
a Kei tutto il suo amore. Oppure poteva scegliere ciò che era meglio per lui,
cioè starsene buono e guardare Kei da lontano, mantenendo tuttavia questa
maschera di freddezza.
Se avesse
potuto, avrebbe scelto la seconda. Ma quando vide Kei, si rese conto che la
seconda strada era bloccata da un enorme masso, su cui lampeggiava una scritta
scorrevole: DESIDERIO - PASSIONE - AMORE. E poi di nuovo DESIDERIO. In pratica,
quel masso era invalicabile. Non poteva passare oltre.
Aveva passato
tutto il pomeriggio cercando di autoconvincersi che Kei era un ragazzo come
tanti, che era brutto e stupido, che stava con Rei. Non c’era riuscito, ma
almeno si era costruito una maschera di puro ghiaccio e l’aveva indossata,
quando aveva sentito che qualcuno apriva la porta davanti alla sua stanza.
Poi era uscito
e l’aveva visto. Era solo, aveva già congedato i monaci e stava cercando di
aprire la porta con il masso di chiavi che gli avevano dato. Addosso aveva una
maglietta senza maniche, blu e un paio di pantaloni larghi e azzurri. Yuriy
credeva che il leggero suono che sentiva, fosse il suo cuore che protestava
perché non riusciva più a battere. Invece era il lettore CD che Kei aveva
appeso ai pantaloni e che usava per ascoltare musica ad un livello troppo alto,
attraverso le piccole cuffiette.
Lui non
riusciva davvero a respirare. Si sentiva stupido, con i pantaloni neri e la
maglia nera che indossava. E si sentiva ancora più stupido, mentre allungava
una mano, toccando la spalla di Kei. Il ragazzo sussultò e si girò, vedendolo.
-chi sei? Ah
no, aspetta, ti ho visto al torneo…sei quello che ha combattuto contro Takao.
Ti chiami…Yuriy, ecco.- il cuore di Yuriy, che nel frattempo aveva ripreso a
battere, perse un colpo. Si ricordava a malapena il suo nome, nonostante fossero
stati a letto assieme…! E lui che nel pomeriggio non faceva che provare ad
autoconvincersi che Kei non lo meritava e cose simili solo per non pensare a
che sapore avevano le sue labbra e a cosa gli avrebbe detto quando si sarebbero
visti.
-sì…tu invece
sei Kei Hiwatari, vero?- aveva chiesto, rimanendo freddo. Era difficile,
dannazione. Era maledettamente difficile, rimanere freddo davanti a quel viso
stupendo, davanti a quel corpo degno d’un dio.
-sì, sono io.
E pare che da oggi abiteremo di fronte…- l’aveva detto giusto per dire. Si
vedeva, non era per portare avanti la discussione. Ma Yuriy ne fu in un certo
qual modo felice. Voleva chiudersi in camera e piangere, piangere
disperatamente, piangere per ore. Non poteva essere vero, non poteva essersi dimenticato
di lui…
-già…- e si
era girato, pronto ad entrare in camera…ma una mano diafana, s’era appoggiata
alla sua spalla, fermandolo…
-tu hai quasi
battuto Takao ai Mondiali. Ti sfido. Dopo cena, ti aspetto fuori dalla mensa.-
e detto questo, Kei entrò in camera. Yuriy invece rimase a fissare la porta
della sua stessa stanza (perché ricordiamo, era girato di spalle) per alcuni
minuti…
Quello…era un
appuntamento? No, di sicuro stava fraintendendo tutto. Quello era una semplice
sfida a beyblade. Già, una sfida che aveva accettato senza apparente
entusiasmo. In realtà era ebbro di felicità. Sarebbe stato per chissà quante
ore, da solo, a lanciare trottoline con Kei! E si sa che le trottoline
stimolano l’appetito sessuale.
Nonostante
ormai fosse pienamente convinto che quella era una semplice sfida a beyblade,
non era riuscito ad evitare di vestirsi in modo sensuale. Camicia rosso-sangue,
quasi totalmente aperta, pantaloni neri, aderenti e stivali neri. Certo, non
era comodissimo, ma di sicuro faceva un’ottima figura. Non che di solito
facesse schifo, anzi…
Aveva mangiato
in fretta e furia ed ora se ne stava fuori dalla mensa, in piedi, stringendo
ossessivamente Wolborg…aveva paura che Kei si fosse scordato della loro sfida.
O forse aveva paura che non si fosse
dimenticato. Prima, infatti, aveva passato diverse ore a pensare a cosa gli
avrebbe detto…a come avrebbe fatto a nascondere il desiderio. Ma non gli era
venuto in mente nulla. Kei era il suo sogno, la sua vita…come poteva riuscire a
celarlo? Certo, lui era stato abituato ad essere freddo ma…non fino a quel
punto!
Era semplice
essere freddi quando si uccideva qualcuno…
Ma esserlo con
Kei…era impossibile.
Si era messo a
fissare un punto indefinito davanti a se, quando qualcuno gli si era piazzato
davanti. Lui guardava senza vedere e ne scorgeva solo i colori…temeva fosse
Borkov. L’avevano di nuovo scoperto. Era spacciato. Nel dolore, s’era accorto
che gli occhi gli bruciavano, a forza di tenerli aperti. Così, chiuse gi occhi,
per poi riaprirli…e si rese conto che quello che aveva davanti era Kei, non
Borkov. Non Hito. Non un monaco. Non era stato scoperto. Quello era Kei. Era
davanti a lui e lo guardava sorpreso, forse per la sua espressione.
-ciao…- aveva
detto Yuriy, guardandogli gli occhi…erano così incredibilmente belli, gli occhi
di Kei. Li avrebbe guardati per ore, per giorni, per anni…
-muoviamoci.-
chiaro e coinciso. Forse un po’ troppo. Ma cosa s’era aspettato? Pensava forse
che l’avrebbe salutato in gran stile? Che gli avrebbe chiesto come stava? Sì,
povero illuso. L’aveva sperato. E in un luogo dove la speranza era l’unica cosa
che ti permetteva di vivere, quel suo angusto, indiscreto sogno era tutto.
Tuttavia, l’aveva seguito, senza parlare. Erano usciti dal monastero ed erano
andati nella dependance riservata ai combattimenti. Era lugubre e scuro, quel
posto. Solo la bellezza di Kei, pensava Yuriy, lo rischiarava un poco.
Il ragazzo dai
capelli argentati s’era messo di fronte a lui e a separarli c’era il beyblade
stadium. Avevano preso i caricatori e i rispettivi beyblade…ed avevano
lanciato.
La sfida era
stata lunga, nonostante ci fosse un solo match. Yuriy si era imposto di non
pensare a niente. Kei invece voleva solo vincere. Eppure finì pari. I beyblade,
ad un certo punto, s’erano allontanati dallo stadio come se non volessero più
combattere, tornando in mano ai rispettivi blader. Kei e Yuriy erano rimasti a
bocca aperta.
-cosa diavolo
significa?- aveva chiesto Kei. Ma nessuno sapeva, neanche lui, se l’aveva
chiesto a Dranzer, a Yuriy o a se stesso. Yuriy aveva scosso la testa, ancora
stupito.
Kei
dopo un po’ s’era riscosso e aveva voltato le spalle a Yuriy, andando verso la
porta.
-buonanotte-
aveva mormorato. Yuriy aveva risposto “buonanotte” ed era rimasto lì. Kei
invece, se n’era andato.
Perché Wolborg
e Dranzer s’erano rifiutati di combattere, dopo un po’? Sembrava quasi che
fossero dotati di forza propria.
Alla fine, anche Yuriy era uscito da quel luogo, anche se era ancora un po’ sconvolto e pensieroso. Ma fuori dalla porta, ad aspettarlo, aveva trovato l’ultima persona che avrebbe voluto vedere: Boris.
Yuriy e Boris avevano una relazione, da quando Kei aveva abbandonato i Demolition Boys, tornando dai Bladebrakers. Forse stavano assieme ma in verità, Yuriy non faceva altro che sanare l’appetito sessuale di Boris. Anche perché Ivanov non stava bene con Huznestov…spesso, infatti, si perdeva nel ricordo del ragazzo dalle gote tatuate e trascurava Boris. L’altro invece, voleva Yuriy. Lo voleva davvero…lo amava. Ufficialmente, comprendeva che l’altro non avrebbe mai potuto ricambiarlo, se non altro perché, come dicevano tutti, lì dentro, Yuriy non era capace di amare. In realtà non ci credeva affatto. Boris aveva capito molto bene che il ragazzo provava qualcosa di profondo verso Kei e questo non gli andava giù. S’innervosiva soprattutto quando Yuriy si serviva della scusa “io non so amare” per togliersi dalle situazioni “imbarazzanti”, come quando andavano a letto assieme e Boris gli sussurrava parole dolci. Non esigeva questo atteggiamento, da parte del ragazzo dagli occhi di ghiaccio. Quindi lo picchiava. Yuriy si lasciava picchiare. E questo mandava Boris in bestia, più di quanto già non fosse, se questo fosse stato possibile. Non sopportava il fatto che Yuriy si fosse indebolito fino a quel punto. Lui aveva iniziato a desiderarlo per via del suo carattere, più che per l’infinita bellezza. Questo indebolimento portava Boris a comportarsi in modo freddo e cattivo, con Yuriy. Voleva che tornasse quello di una volta.
Dall’espressione
che aveva, Boris doveva aver capito che Kei era tornato. Yuriy aveva deciso di
andare avanti dritto e di ignorare Boris. Così fece. O, almeno, ci provò.
-fermati.- la
voce profonda. Era arrabbiato. Yuriy si fermò…normalmente non l’avrebbe fatto,
ma era troppo debole per mantenere la sua maschera di marmo e proseguire per la
sua strada. Avrebbe fatto la puttana con Boris, quella notte, visto che gli
riusciva così bene. Ormai lo era a tutti gli effetti. Boris se non altro era
giovane. Pensare questo, lo fece sorridere malinconicamente. -sei stato con lui fino ad adesso. Cosa c’hai fatto?-
aveva cominciato a nevicare e i fiocchi gli cadevano sui capelli,
imprigionandosi fra quei fili di seta scarlatta. Aveva freddo…s’era vestito
troppo poco.
-mi ha sfidato
a beyblade, io ho accettato e ci siamo fronteggiati.- aveva spiegato tutto,
infondo. Aveva detto quello che avrebbe detto Kei. Non poteva di certo
esprimere il suo pensiero. Eppure Boris non c’aveva creduto. Non si era mai
fidato di lui. S’era avvicinato di fretta, l’aveva preso per un braccio e
l’aveva girato, in modo da guardarlo in faccia. Poi gli aveva dato una sberla.
Lo Yuriy capo dei Demolition Boys avrebbe certamente risposto a quella sberla
con un pugno in pancia. Ma lui non era più quel genere di persona. Non era più
quello Yuriy. Ora era uno Yuriy appena nato, uno Yuriy piccolo e sprovveduto,
di cui tutti si servivano, chi per un motivo, chi per un altro.
-non mi piace
quando menti. Dimmi la verità. Hai fatto sesso con lui, vero? Quanto ti ha
pagato? Oppure ci sei stato gratis, perché lui è “il tuo Kei”?!- era davvero
infuriato, Boris. Yuriy era stato zitto e l’aveva guardato. -allora? Muoviti,
rispondi!- Yuriy, tuttavia, continuava a tacere. Boris gli aveva lasciato
andare il braccio ed aveva fatto qualche passo, per poi tornare vicino a Yuriy.
-Quello stronzo arriva qua, si prende la mia puttana e fa finta di niente? Ma
che si uccida, quel fottuto bastardo!- l’aveva urlato. Era fuori di sé. Ma
quelle offese se le sarebbe dovute risparmiare. Yuriy scattò in avanti e gli
piantò il pugno nello stomaco, facendolo cadere. Poi si era buttato sopra di
lui e l’aveva guardato con gli occhi gelidi e minacciosi.
-non osare più
offendere Kei…picchia e insulta me quanto vuoi, ma Kei lascialo stare…sennò non
rispondo delle mie azioni. Sono stato sufficientemente chiaro, Boris?- Yuriy si
alzò e fece qualche passo, prima di voltarsi a guardare Boris -cercati un altro
ragazzo, tienimi come puttana come fa Borkov, se vuoi, tanto non m’interessa.
Ah…e poi, è meglio se sei tu a suicidarti, piuttosto che lui, sai?- e se ne
andò, tornando di fretta nella sua stanza.
Chissà se se
la sarebbe presa, Boris…molto probabilmente sì. Comunque non avrebbe più offeso
Kei…almeno di questo era sicuro. Tuttavia, quando entrò nella sua stanza vi
trovò Borkov. E con lui, non sarebbe di certo riuscito a cavarsela.
Ed infatti
andò come aveva previsto. C’era solo da sperare che Kei non avesse sentito
niente. Pensandoci, Yuriy si rese conto che anche se Kei sentiva…cosa poteva
importargliene? Kei aveva davvero dimenticato tutto. Ne aveva avuto la
conferma. Tra l’altro, nonostante non fosse passato tantissimo tempo
dall’ultima volta in cui erano stati a letto, si ricordava di lui solo perché
aveva combattuto decentemente contro Takao. Era quello…l’importante, per Kei?
Il fatto che aveva combattuto contro Takao? Non contavano i gemiti, le urla di
piacere e le dolci carezze scambiate nello spogliatoio del beyblade stadium?
Non ricordava più l’eccitazione aumentata dalla paura di venire scoperti…di nuovo?
Possibile che tutto ciò fosse andato perso come una rosa nera in un campo di
tulipani corvini?
Si addormentò
con questi pensieri in testa, da solo, con la stanza che odorava di sesso…
L’indomani si
alzò perché qualcuno aveva bussato alla porta. Lui odiava venire svegliato e
s’innervosì ancora di più quando scoprì che erano appena le 5 del mattino. Era
sceso dal letto controvoglia, solo perché l’individuo continuava a bussare.
Aveva mormorato un “arrivo” ed era andato ad aprire. Aprì la porta, vestito unicamente
di una morbida vestaglia, che gli arrivava fino alle ginocchia e sfregandosi
gli occhi con una mano…
-buongiorno.-
monotono. Volto inespressivo. Forse era rimasto un colpito nel vedere che era
vestito solo di quella vestaglietta candida. Kei invece, aveva un pigiama che
gli donava alla perfezione…Yuriy stette per svenire, quando lo vide.
-oddio…ciao
Kei…scusa le condizioni ma stavo dormendo…- se era una persona qualsiasi
probabilmente sarebbe morta pugnalata. Ma Kei…era un caso speciale. Yuriy infatti
si era spostato un po’, lasciandolo entrare e richiudendo la porta. Era
imbarazzato ed aveva il cuore che batteva fortissimo. -siediti…là…- mormorò
Yuriy, indicando una poltrona e rifacendo frettolosamente il letto…
Kei si
sedette. Yuriy poi, gli si mise davanti, osservandolo con sguardo inquisitorio…
-potresti fare
meno rumore la notte?- chiese, Kei. Lo guardava ma Yuriy non avrebbe mai saputo
dire se quella che aveva il ragazzo dai capelli argentati era un’espressione
divertita, scocciata o indifferente. -non m’interessa quello che fai…certo,
dall’atteggiamento esaltato e dalla faccia da maniaco che aveva Borkov quand’è
uscito dalla tua stanza, è facilmente intuibile…tuttavia, io la sera voglio
dormire. Perché se non dormo poi divento nervoso, suscettibile, incavolato,
insopportabile, antipatico e, per finire in allegria, violentemente permaloso.-
Yuriy rimase interdetto. Dopo un po’, scoppiò a ridere. Non vide il sorriso di
Kei solo perché aveva gli occhi chiusi.
-io…cercherò
di fare più piano…- riuscì a dir, calmandosi. Kei annuì. -comunque…non è come
pensi tu…- aveva aggiunto poi, Yuriy. Il suo viso stava assumendo un piacevole
color magenta.
Kei alzò le
spalle e socchiuse gli occhi, storcendo un po’ le labbra…
-se lo dici
tu…tuttavia non è affare mio quello che fai tu la notte.- aveva detto. Poi
s’era alzato e aveva fatto un paio di passi verso un armadio con le porte in
vetro…aveva guardato oltre i vetri, scorgendovi alcune foto…-quel bambino…mi
assomiglia tantissimo…- e si girò, osservando Yuriy, che sgranò gli occhi
azzurri e corse verso Kei, mettendosi fra il ragazzo e l’armadio…
-è…solo
un’impressione…- guardò Kei negli occhi, prima di continuare -forse…è meglio se
esci da qui...se ci vedono assieme...ti mandano via…di nuovo…- Kei lo guardò
senza capire. Evidentemente non aveva inteso il motivo di quel “di nuovo” e
dell’imbarazzo di Yuriy.
-ci vediamo a
pranzo.- aveva detto Kei, prima di uscire, chiudendo gentilmente la porta. Si
sarebbero allenati tutto il giorno, ognuno per conto proprio…però avevano il
pomeriggio libero. Questa libertà nasceva dal fatto che erano i più forti, lì
dentro.
Yuriy
comunque, aveva rischiato più d’un infarto in quei pochi istanti. Si sentiva
gli occhi di Kei addosso e, nonostante quello del ragazzo dai capelli argentati
fosse uno sguardo impassibile, sentiva chiaramente che lo scrutava…non poteva
percepire quali fossero i suoi pensieri, non sapeva se in quegli istanti Kei
pensava a cosa fare o se, più semplicemente, stesse ripensando a quella foto.
Già, la foto. Yuriy aveva mentito…Kei aveva visto giusto…quel bambino gli
assomigliava perché quello era lui da piccolo. Era una delle poche foto che
Yuriy aveva di Kei…ed era perciò la cosa più preziosa che possedeva. La teneva
in quell’armadio e spesso andava a guardarla…
-ho sbagliato tutto…dannazione…- mormorò Yuriy, stringendo forte i pugni e guardandosi le nocche che, a causa della forte stretta, erano diventate bianche…si era reso conto di aver detto qualcosa di troppo…e sperava sinceramente che Kei non se ne fosse accorto, anche se si rendeva conto che, dall’espressione che aveva assunto il viso dell’altro ragazzo dopo che lui ebbe finito di parlare, la sua speranza aveva già un piede nella fossa.