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Autore: Medea00    07/09/2012    14 recensioni
Tratto dal cap. 5:
“Voi avete bisogno di protezione, e io della vostra spada. Mi donerete i vostri servigi e mi accompagnerete durante il mio compito.”
Blaine fissò Kurt per lungo tempo, come indeciso.
“Che compito?” Chiese, e lo sguardo serio dipinto sul volto del ragazzo fece sparire ogni minima traccia di dubbio.
“Devo cercare una persona.”
Non disse chi; non disse come, o per quale motivo. Semplicemente, sperava che capisse. Dopo quanto avevano passato, potevano vantarsi della loro fiducia?
“Va bene.”
Quasi non riuscì a credere alle sue orecchie.
“Davvero?”
“Sì. Mi fido di voi.”
“Perchè?”
“Perchè in voi ho visto più bene di quanto ce ne sia mai stato nel mio lord.”
“...Da dove provenite, Blaine?”
Ma lui non rispose.
Klaine. Medieval AU. Interazione con molti personaggi di Glee. Scritta per puro divertimento. I personaggi non mi appartengono.
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 3

 

 

Non doveva fidarsi di lui, lo sapeva bene. Non poteva fidarsi di nessuno, era quella la verità.

Ma quella luce che aveva pervaso i suoi occhi, quel sorriso che gli aveva illuminato il cuore,  quelle furono delle cose dalle quali non riuscì ad allontanarsi.
E poi era stato così gentile, al mercato, e così incredibilmente coraggioso e altruista quando aveva sconfitto quelle guardie per lui.
Giusto, all’inizio lo aveva scambiato per una ragazza. Beh, contando il suo singolare tono di voce, poteva succedere; e poi, d’altro canto, lui aveva deciso bene di assecondare quella falsa supposizione per garantire la propria sicurezza; ricordò il suo sguardo sbigottito nel trovarsi di fronte a quella rivelazione, e gli scappò un sorriso: non se l’aspettava davvero; ma poi, lo colse un dubbio: non si aspettava di trovare un ragazzo, ma di trovare un principe?

“E’ magnifico avere il Giglio blu come nostro ospite” proferì il marchese De Gaulle, con un cipiglio tanto odioso quanto inquietante, mentre avanzava con tutto il suo lunghissimo mantello di velluto verso di lui.
“Vostra altezza, stento a riconoscervi.” Squadrò da capo a piedi il giovane Hummel, storcendo appena la bocca: “Così combinato assomigliate a… a un plebeo.”
Kurt non batté ciglio e con un tono alquanto pungente rispose: “Mi dispiace arrecarvi tanto disturbo con il mio abbigliamento. Ad ogni modo, vogliate scusarmi, ma non dovrei davvero essere qui. Ho un affare urgente da sbrigare, e-“

“Ma che fretta avete, mio signore? Lasciate che la ospiti almeno per questa notte in una delle mie stanze, i miei servi saranno felicissimi di onorarla.”
Kurt sembrò esitare, ma sapeva bene che non aveva molte opzioni da prendere in considerazione: se rifiutava, oltre a risultare incredibilmente scortese, dove sarebbe andato? E con quali mezzi? Era meglio sistemare un po’ le idee prima di intraprendere un viaggio che sarebbe stato chissà quanto lungo e faticoso. Ringraziò allora per l’offerta e gentilmente chiese l’occorrente per farsi un bel bagno caldo; il marchese non fece obiezioni, mandando subito due donne pronte a servirlo, e in quello stesso istante sussurrò qualcosa ad una delle guardie che li avevano assaliti giusto qualche ora prima.
“Riguardo a quell’incidente…sono terribilmente, incredibilmente mortificato, mio signore.”
Kurt non si voltò, arrestandosi in mezzo alla sala ed inarcando appena un sopracciglio: sebbene quelle parole fossero sembrate umili, il suo tono viscido e quel ghigno spezzato trapelavano tutto il contrario.
“Non vi preoccupate – si affrettò a dire – non potevate saperlo, come avete detto voi, è stato un incidente.”

“Per fortuna che non vi siete fatto del male. Quel ladruncolo sciattone avrebbe potuto portarvi via una mano.”

Fu allora che i loro sguardi si incrociarono, e quello di lui, agli occhi soddisfatti del marchese, apparve considerevolmente incrinato.

“…Prego?”

“Il ladruncolo. Quella scimmietta da quattro soldi che non fa altro che saltellare qua e là. Come si chiama?”

“Anderson, signore.” Rispose una guardia, con il suo stesso tono incolore.

“Anderson, giusto… “

Ecco spiegato il perché di tutti quei soldi; ecco spiegato il perché di tutta quella agilità. Blaine era un criminale. Quella rivelazione lo rese ancora più titubante di prima: quando lo avevano trascinato giù nelle segrete in cuor suo aveva anche sperato che ne sarebbe uscito presto, magari, attraverso una manovra di convincimento sul marchese da parte sua. Ora era tutto complicato. Decisamente più complicato.

“Vostra altezza, debbo proprio ringraziarvi: sono mesi che quel saltimbanco rubava i soldi alle mie carovane che passavano per la strada Maggiore, e senza lasciare l’ombra di una traccia. Lui e quegli altri due manigoldi che ne sanno una in più del demonio. Avevo perfino messo una taglia, lo sapevate? Ma alla fine, grazie a voi, è caduto dritto dritto tra le mie braccia.”

“Cosa ne farete di lui?” Si ritrovò a chiedere, con il volto inconsciamente impallidito e i muscoli paralizzati per la tensione.

Ma era una domanda stupida: sapeva benissimo cosa succedeva a chi si macchiava di furto alle alte cariche nobiliari.

“Decapitazione. Non c’è nemmeno bisogno di fare un processo, viste le circostanze; agiremo domani al tramonto.”

“Marchese De Gaulle, mi sento in dovere di informarvi di una cosa: non so quanti affronti possa avervi causato quel ragazzo, ma oggi pomeriggio mi ha salvato la vita. Mi ha difeso dalle vostre guardie, se devo essere sincero.”

Quella notizia, totalmente inaspettata, fece vacillare soltanto per qualche secondo la compostezza del signore, che, subito dopo, scrollò leggermente le spalle e risolse la questione assumendo un tono banale: “Beh, mi dia la descrizione di questi cavalieri, e provvederò immediatamente ad aggiungere due teste alla lista per domani sera.”

Non era quello il modo con cui voleva aggiustare le cose.

“M-ma…se voi…”

“Mio signore – lo interruppe subito, cordiale, eppure, con una vena di malizia- è la legge di vostro padre: il mio compito, è solo quello di farla rispettare”.

Un sentimento amaro e disgustoso cominciò a penetrargli fin dentro l’anima, mentre il marchese, con un ghigno compiaciuto, si accingeva a dare ordini per la sorveglianza del detenuto.

Sarebbe morto l’indomani; sarebbe stata tutta colpa sua.

 

 

 

Kurt preferì ignorare la visione di quella cella fredda e buia, fatta unicamente di mattoni e legno, dentro la quale se ne stava Blaine seduto su una nicchia di paglia – con ribrezzo optò dovesse essere il suo letto – e con la schiena appoggiata al muro, un dito che giocherellava con dei filacci della sua tunica ancora strappata. Sotto di quella, si potevano intravedere alcuni lividi e tagli, che attribuì allo scontro avvenuto al mercato, non sapendo, invece, che era consuetudine per gli uomini di De Gaulle non essere affatto delicati con i prigionieri. C’erano altre celle schierate intorno alle sue, ma nessuna di quelle sembrava essere abitata; l’unica fonte di luce proveniva da una lanterna posata sul bancone molto lontana da loro, davanti al quale, di solito, stava la guardia; mentalmente, memorizzò quel posto di controllo, ma poi si destò dai suoi pensieri ricordandosi di avere una cosa più importante da fare.

“Sei un ladro.”

Blaine si stupì non poco di vedere il volto del principe a pochi passi dal suo, che lo osservava attentamente da oltre quelle sbarre di ferro battuto. Per un momento restò a fissarlo con la bocca semi aperta, in parte perché non comprendeva granché le sue parole, in parte perché si era smarrito nella profondità dei suoi occhi.

“Hai rubato i soldi del marchese.”

“Non ti ho mai detto come li ho ottenuti.”

Kurt lo guardò accigliato: “Ma non mi hai nemmeno detto di averli rubati.”

Lentamente, lo vide alzarsi in piedi, ignorando il dolore e tutto il resto, e avvicinarsi un poco alle sbarre; l’orgoglio e la sincerità mostrati da quel ragazzo non fecero altro che scaturire in lui gli stessi sentimenti.

“Sei un ladro.” Ribadì Kurt.

“E tu sei un bugiardo.”

Preso perfettamente in contropiede, il ragazzo boccheggiò qualche parola senza suono, e alla fine rimase in silenzio, non sapendo bene cosa dire: aveva approfittato del fraintendimento di Blaine per fingersi un plebeo e farsi scortare lungo tutto il mercato; no, forse, non era proprio quella la verità: non aveva potuto rivelare la sua identità ad uno sconosciuto, ma, allo stesso tempo, non era riuscito a separarsi da lui. E se lui lo aveva scambiato per un contadino, un manovale o un anonimo viandante, che differenza c’era? In fondo, era sempre la stessa persona, no?

Blaine, approfittando di quella pausa, sfruttò la vicinanza dei loro volti ed osservò quella pelle che sembrava essere fatta di seta, così come tutti quei lineamenti dolci e delicati, che aveva immaginato spesso durante quelle ore al mercato. Adesso che ne aveva l’occasione, non solo esaudivano ogni sua aspettativa, ma perfino di più: quel ragazzo era bellissimo. Aveva sentito parlare di lui, come qualsiasi cittadino vivente sotto al suo regno, dopotutto; il “Giglio Blu”, così veniva chiamato, nelle storie popolari e nelle dicerie di corte. Eppure, nemmeno i più lieti canti dei bardi più esperti erano riusciti a dare giustizia a ciò che, in quel momento, stava ammirando con i suoi umili occhi: era alto, esile ed affascinante, dalla postura elegante e un sorriso che toglieva il fiato. La sua carnagione, incantevolmente nivea, creava un contrasto strabiliante con i suoi occhi, blu, grigi, e talvolta anche verdi, quando la luce si posizionava in modo particolarmente favorevole. Sembravano come delle stelle: sembravano brillare di luce propria.

Infine, c’era un’altra cosa, che si sapeva del principe Kurt, e che nessuno aveva mai evitato di sottolineare; ma lui dentro di sè sapeva che fosse vero, lo aveva saputo nel momento in cui era stata fatta quell'assurda conversazione, quando ancora non sapeva chi fosse: girava voce che Kurt fosse interessato agli uomini. Non era un pettegolezzo, e nemmeno una discriminazione, quanto, in realtà, un vero e proprio dato di fatto che lui stesso aveva confermato, giusto qualche ora prima. Dopotutto, molti degli dei che loro stessi pregavano in quel piccolo regno erano nati da rapporti omosessuali. Nessuno aveva problemi a riguardo. E quello, in effetti, era uno dei principali motivi che aveva spinto Blaine ad emigrare lì.

Ad un tratto, quando vide il viso del principe arrossire leggermente, e quando si rese conto di essersi soffermato sin troppo in quella silenziosa contemplazione, abbassò velocemente la testa a terra arretrando di un timido passo. Era un segno di riverenza.

“C-chiedo scusa, mio signore. Non volevo mancarvi di rispetto.”

Doveva imprimere quel piccolo dettaglio nella memoria: lui era un principe. Ma il problema era che, per un momento, lo aveva scordato anche Kurt.

“N-non vi preoccupate, non siete stato scortese.”

Invece sì; ma quei due che si erano parlati prima non erano un principe ed un ladro, ma quei ragazzi che, senza saperlo, si erano conosciuti quel pomeriggio nella campagna, poco fuori le mura della città; entrambi ripensarono a quell’incontro, così diverso dalla situazione attuale, ed entrambi giunsero alla stessa conclusione: era stato proprio bello essere loro stessi, almeno per una volta.

Adesso stavano lì, l’uno di fronte all’altro, con lo sguardo perso nel vuoto e un l’imbarazzo che regnava nell’aria. Il primo a riprendersi, per forza di cose, e un po’ per abitudine, fu Kurt.

“Allora? Dove sono i soldi?”

“Quali soldi?”

“Quelli che avete rubato al marchese.”

“Perché…?”

“Perché posso ancora salvarvi, se riconsegnate tutto l’oro che gli avete sottratto.”

A giudicare da un sorriso tirato ed un sospiro sarcastico, Kurt capì che la via più facile non sarebbe stata ovviamente intraprendibile.

“Non li ho io, e credo che ormai siano irrecuperabili.”

Palesemente seccato, incrociò le braccia e scandì: “In quale bordello o tavolo da gioco li avete spesi?”

“In nessuno.” Rispose allora Anderson, un po’ più stizzito e, allo stesso tempo, indeciso. Kurt non capì: a cos’altro gli sarebbero serviti, così tanti soldi?

“Probabilmente i miei colleghi avranno già disperso tutto ciò che era rimasto. Non c’è niente da fare.”

“Ma lo capite che siete in grave pericolo? Lo capite che ne va della vostra vita?”

“Certo – affermò, guardandolo per un momento con i suoi occhi dorati – lo so.”

Nella sua mente continuava a chiedersi il perché di tutto quell’interesse nei suoi confronti; ma prima che potesse esserci qualsiasi altra risposta, la guardia fece cenno al principe di salire su, mentre il suo senso di colpa non faceva che aumentare.

 

 

 

De Gaulle si presentò alla porta della sua camera, dopo aver fatto un profondo inchino, e aver ordinato a delle serve di servirgli da bere. Dopo qualche frase di circostanza circa il tempo e il banchetto di quella sera, alla fine, giunse al nocciolo della questione: “Sono preoccupato, Vostra Altezza. E’ da prima che vi vedo fortemente turbato.”

“Oh, mi dispiace, Lord De Gaulle. Immagino di essere un po’ stanco, tutto qui.”

“Non siete costretto a mentire – fece lui, e detto quello si avvicinò un po’ di più al ragazzo, sussurrandogli con sicurezza – so tutto.”

Deglutendo più volte e cercando di non entrare nel panico, Kurt disse: “Tutto…cosa?”

“So tutto della vostra situazione. Me ne ha parlato il vostro fidato consigliere, Lord Morton.”

Oh. Dunque, sapeva; era ovvio, il consigliere avrà avvisato i subordinati più fedeli al re. E chi altri sapeva, allora, di quella sconveniente situazione? In poco tempo tutti i pensieri che era riuscito ad accantonare tornarono in superficie, facendolo sentire completamente inutile e, allo stesso tempo, soltanto un giovane ed inesperto ragazzino. Spaventato, per di più.

“I-io… -balbettò, titubante, mostrandosi unicamente per quello che era – non so cosa fare… non so come fare e-e mio padre-“

“Non vi preoccupate, mio principe – lo rincuorò il marchese – è un compito molto difficile il vostro, ma ci sono io ad aiutarvi.”

La sua mente rielaborò con velocità le sue parole: era un uomo fidato del consigliere, aveva prestato giuramento al re. Poteva credergli, forse, anche se sembrava un uomo subdolo e sostanzialmente venale, ma dopotutto era il primo a diffidare dalle apparenze; in quel momento, influenzato dalla sua tenera età e da quel tono volutamente gentile, decise che aveva bisogno di essere aiutato da qualcuno. Aveva solo diciannove anni, non poteva fare tutto da solo.

Ringraziò un’altra volta il marchese e questo lo lasciò finalmente riposare nella sua stanza; Kurt, finalmente solo, si accasciò sul letto libero di annegare nei suoi pensieri; molti erano tristi, tetri, e riguardavano cose molto al di là della sua portata.

Ma c’era anche una piccola parte, qualche immagine, un volto, che si collegavano inevitabilmente a quel ragazzo rinchiuso nelle segrete. E fu più forte di lui: decise che doveva aiutarlo in qualsiasi modo, anche se avrebbe rischiato di essere scoperto e discreditato dal marchese. E doveva agire quella stessa notte.

 

 

 

“Ti stai divertendo, pulce!?”

Blaine si rifiutò per l’ennesima volta di rispondere a quelle provocazioni, continuando a fingere di dormire, o meglio, essere svenuto a suon di colpi; i lividi gli bruciavano così come tutte le ossa del corpo, ma era la cosa migliore, fino a quando non avrebbe trovato un modo per farla franca o, almeno, sopravvivere.

Fortunatamente la guardia si bevve la sua farsa e si sedette al tavolo, intagliando senza troppa voglia un angolo del tavolo con un coltellino affilato. Era piuttosto lontano dalla cella di Blaine e decisamente fuori dal suo raggio visivo; non c’era motivo di preoccuparsi della presenza di uno o dell’altro, entrambi si stavano facendo gli affari propri, e Blaine, per la precisione, aveva voglia soltanto di prendere il muro a testate. O a calci, per evitare un eventuale mal di testa.

Perché il principe Kurt era sceso a trovarlo, quel giorno? Perché era sembrato così preoccupato? Non riusciva assolutamente a toglierselo dalla testa, ma doveva smetterla. Kurt era un principe. Non aveva bisogno di lui. Non ora che era di nuovo se stesso; non ora che era al sicuro dentro le mura di un marchese.

O forse, non poi così tanto.

“Ehi, tu” gracchiò un uomo verso la guardia, che Blaine riconobbe essere una delle guardie che in modo alquanto gentile lo aveva trascinato in catene.

“Sage, che diavolo vuoi!?”

“Rilassati, ci sono dei nuovi ordini dal marchese.”

Ci fu un secondo di silenzio, e poi, dei passi silenziosi che si avvicinavano alla sua cella: dopo essersi assicurati che il prigioniero fosse ancora in stato di incoscienza ripresero a parlare, ma sempre sottovoce.

“Allora? E’ proprio lui, è il Giglio Blu?”

“In persona. Al marchese per poco non è venuta la peste quando l’ha visto. Se non fosse stato per il ladruncolo non l’avremmo mai trovato.”

“Già, si sono sputtanati a vicenda. Che idioti!”

Il cuore di Blaine si strinse in una fitta lancinante, mentre cercava con tutto se stesso di non fiatare e ascoltare ogni secondo di quella conversazione.

“Ha detto che dobbiamo agire stanotte; un lavoro pulito, senza sbaffature.”

“Eh eh, si ritroverà di fronte ai suoi dei prima che possa aprire i suoi occhietti azzurri. Sarà facile... proprio come spezzare il gambo di un fiore.”

Delle risate gutturali, e poi quel rumore pesante di passi si fece sempre più lontano, fino a scomparire del tutto.

Fu in quel momento che Blaine si alzò in piedi di scatto, avvicinandosi alle sbarre, cercando di scorgere una delle due guardie, o un qualsiasi straccio di chiavi in grado di aprire la sua cella.

Ma non c’erano.

Non c’era nemmeno il pugnale con cui prima la guardia stava intagliando il bancone, lasciando soltanto una profonda e perfetta spaccatura.


 

 
 

***


Angolo di Fra


Per ringraziarvi, vi rimando a questo post.
E adesso che vi ho addolcito la pillola (lol) vi annuncio che la prossima settimana non posso aggiornare, visto che parto domani e sarò fuori all week. Sorry :(

 

   
 
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